CENNI di Francesco di ser Cenni
Risulta immatricolato nell'arte dei medici e speziali nel 1369 (Colnaghi, 1928) ed elencato tra i pittori fiorentini nel 1415 (Gualandi, 1845). Del 1393, è infatti un affresco rappresentante la Madonna in trono con angeli e le Virtù cardinali e teologali nel palazzo comunale di San Miniato al Tedesco, mentre sembra siano da riferire al 1383 gli affreschi di S. Donato in Polverosa a Firenze (Bellosi, 1966). Altri dati chiave per la ricostruzione dell'attività di C., solo di recente riconsiderato dalla critica, sono, oltre alla firma e alla data 1410 iscritta negli affreschi di S. Francesco a Volterra, la documentata appartenenza al pittore della tavola con S. Girolamo nel suo studio del Museo di arte sacra di San Miniato al Tedesco (Catalogo del Museo, 1966, p. 21) del 1411 e la decorazione a fresco della chiesa e dell'oratorio di S. Lorenzo a San Gimignano eseguita nel 1413 (Carli, 1962). A questo si devo aggiungere la data 1400 iscritta su un trittico nella chiesa di S. Giusto a Montalbino la data 1408 iscritta su un polittico della Pinacoteca di Volterra intorno a queste opere certe e sicuramente datate se ne possono raggruppare altre, riferitegli dalla critica recente (Baldini, Zeri, Boskovits specialmente), che integrano il breve catalogo dal Cavalcaselle (1897) già riconosciuto al pittore, facendolo ritenere per uno dei più piacevoli e vivaci interpreti del gusto fiorentino fra Trecento e Quattrocento.
Se, come sembra, è da ritenersi autografo il trittico del 1370 in S. Cristofano in Perticaia di Rignano, riferito a C. dal Boskovits (1968), la prima attività del pittore sembra prendere le mosse nell'ambito orcagnesco, rifacendosi anzi allo stesso Andrea per la chiara impaginatura e la sintetica concezione plastica nonché per quei caratteristici schiacciamenti che si notano soprattutto nei panneggi. Tale avvio in ambito orcagnesco, piuttosto che, come aveva supposto la vecchia critica, da Agnolo Gaddi, la cui influenza si aggiunge in un secondo tempo, sembra cofermato da altre opere verosimilmente giovanili, quali la Madonna col Bambino dell'università del Kansas (Lawrence, U. S. A.), parte centrale di un polittico ricostruito dallo Zeri (1963), che sembra unatrasposizione in chiave domestica e profana, ma sul piano di un gusto decorativo di ottimo livello, delle solenni immagini di Andrea e non tanto, come ha invece supposto il Boskovits (1968), una precisa ripresa da Maso. Di derivazione orcagnesca sono anche, ad esempio, le opere con la Natività e con l'Adorazione dei Magi affrescate nella fiorentina chiesa di S. Donato in Polverosa (1383); in questi affreschi non mancano però contatti ben individuabili con altri pittori contemporanei, quali Giovanni del Biondo e Andrea di Bonaiuto, e riprese arcaizzanti addirittura da Taddeo Gaddi, specie nella tipologia di alcune figure.
A questa fase di C., contraddistinta da un fare alquanto luminoso e largo, da una lucida e compatta stesura cromatica, che accompagna una ispirazione tenera e domestica, specie nelle sue gentili Madonne, appartengono con certezza la Madonna di Argiano, la tavola di Vicchio di Rimaggio con le Nozze mistiche di s. Caterina e santi, nella quale ancora scoperta è la derivazione orcagnesca per alcune figure (s. Pietro e s. Andrea specialmente), l'Annunciazione di Cortenuova e la Madonna di S. Martino a Maiano ad affresco, cui si legano da presso gli affreschi, purtroppo frammentari, in S. Francesco a Castelfiorentino (pressoché identica è l'edicola in cui sono accolti il S. Francesco di Castelfiorentino e la Vergine di Maiano). Meno persuasiva è invece l'attribuzione, avanzata dallo Zeri (1963) e dal Boskovits (1968), alla primissima fase di C. del gruppo di dipinti del così detto "Maestro della Santa Caterina Kalin". Vicinissima agli affreschi di Castelfiorentino è poi la Madonna col Bambino del Museo civico di San Gimignano, dove nelle vesti del Bambino torna quella stesura luminosa e trasparente, che caratterizza la suggestiva immagine della Fede nell'affresco con S. Francesco a Castelfiorentino.
Questa fase di C., per la quale sono state ricordate le opere principali nell'ordine ritenuto cronologicamente più probabile, deve essere tutta compresa entro lo scadere del Trecento (e in parte entro l'ultimo decennio) o poco oltre, se la tavola di Montalbino, del 1400, esibisce caratteri già alquanto diversi e, pur legandosi strettamente al gruppo sopraindicato, mostra con chiarezza quale sarà la nuova strada percorsa dal pittore, sì da costituire un prezioso anello di congiungimento con le opere tarde di Cenni. Pur nella costante chiarezza dell'impaginazione e nella bella eleganza delle immagini, si nota, infatti nel trittico del 1400 un caratteristico irrigidirsi della linea di contorno, un notevole arricchimento, nei panneggi e nella descritione dei particolari interni, che indica la conoscenza degli sviluppi raggiunti dal linguaggio gotico d'Oltralpe e pone C. tra i primi rappresentanti in Toscana del gotico internazionale: egli assume dunque un ruolo di non trascurabile importanza storica. Ma il trittico del 1400 prelude anche al fare più trito e meccanico di opere come il polittico di Volterra del 1408 o gli affreschi con Storie della Croce e Storie di Cristo, della chiesa di S. Francesco a Volterra, del 1410. In questi ultimi, in parte derivati nell'iconografia da quelli del coro di S. Croce a Firenze, assai forte si rivela l'influenza di Agnolo Gaddi, anche per il modo di comporre le popolose scene, i cui sfondi salgono alti a riempire tutto lo spazio del quadro. Nel 1411 è documentata la tavola del Museo diocesano di arte sacra di San Miniato, rappresentante S. Gerolamo nel suo studio e nella predella, certo di mano di un collaboratore S. Girolamo penitente:nel quadro la descrizione attenta e minuta dello studio, dei libri e di ogni oggetto è affidata, ad una linea precisa indagante sottile, accompagnata da un colorismo smagliante e freschissimo, che trovano il loro emblema nell'araldico leone accucciato ai piedi del santo.
Assai più liberi e fantasiosi, rispetto al ciclo volterrano, si rivelano gli affreschi della chiesa e dell'oratorio di S. Lorenzo in Ponte a San Gimignano, eseguiti nel 1413: nella Madonna in gloria, ridipinta su una precedente forse di Simone Martini (Carli, 1962) di cui si conserva solo la testa, gli angeli che circondano la mandorla hanno pose sempre variate e vivaci, aggiungendo grazia alla bella composizione. Un comporre più ordinato e solenne si riscontra anche nel grande affresco col Cristo al Giudizio, la Vergine, gli apostoli e gli angeli, in cui assai scoperta è l'adozione dei moduli stilistici del gotico internazionale; su questa via il brano più avanzato è però un frammento rappresentante Gentiluomini e dame che fanno musica in un fiabesco giardino, di una eleganza cortese e domestica a un tempo, che si indovina ancora nonostante il deplorevole stato di conservazione. Tornano in questi affreschi i complessi tabernacoli di orcagnesca memoria, sotto cui si impostano figure di Santi ed anche un ulteriore ricordo orcagnesco, dal grande Inferno di S. Croce a Firenze, nel frammento di analogo soggetto della decorazione di Cenni. Attraverso queste opere, e molte altre che la critica moderna gli ha restituito, C. si rivela artista di ricca e varia cultura, importante storicamente per il precoce accostamento al linguaggio gotico internazionale di cui fu uno dei primi rappresentanti in Toscana, ma anche artista vivace e dotato di una personalità inconfondibile seppur non altissima, che seppe creare opere sempre di buon livello per l'accurata fattura, e talvolta anche liricamente commosse.
Fonti e Bibl.: [M. Gualandi], Mem. originali ital. riguardanti le Belle Arti, VI,Bologna 1845, p. 179; A. Crowe-G. B. Cavalcaselle, St. della pitt. ital., Firenze 1897, II, pp. 206-208; A. Venturi, Storia dell'arte, V,Milano 1907, pp. 827 s.; G. D., Un paesaggio realista del C., in Vita d'arte, V (1910), pp. 149-154; R. van Marle, The Development of Ital. Schools of Painting, III,The Hague 1924, pp. 561-564; D. E. Colnaghi, A Dict. of Florent. painters, London 1928, p. 69; R. Salvini, L'arte di A. Gaddi, Firenze 1936, p. 153; U. Baldini, in Mostra di affreschi staccati [catal.], Firenze 1957, pp. 345; Id., II Mostra degli affreschi staccati [catal.], Firenze 1958; p. 7r; F. Antal, La pittura fiorentina e il suo ambiente sociale, Torino 1960, pp. 296, 467 s., 473, 495; U. Procacci, Sinopie e affreschi, Milano 1961, p. 243; E. Carli-G. Cecchini, San Gimignano, Milano 1962, pp. 69, 80, 86; P. Dal Poggetto, Arte in Valdelsa [catal. della mostra a Certaldo], Firenze 1963, pp, 36 s. (rec. di F. Zeri, in Boll. d'arte, XLVIII [1963] p. 247); B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance, Florentine School, London 1963, I, p. 47; D. Lotti, Proposte per il catal. del museo di San Miniato, in Bollettino dell'Accademia degli Euteleti, XXIX(1965-66), 38, p. 21 e tavv. X, XI; L. Bellosi, La mostra di affreschi staccati al Forte di Belvedere, in Paragone, XVII(1966), 201, p. 79; M. Boskovits, Ein Vorlaüfer der spätgotischen Malerei in Florenz: C. di Francesco di Ser. Cenni, in Zeitschrift für Kunstgeschichte, XXXI(1968), pp. 273-292; F. Zeti, Sul catalogo dei pittori toscani del sec. XIV nelle gallerie di Firenze, in Gazette des Beaux-Arts, CX(1968), p. 71; D. Wilkins, Maso di Banco and C. di Francesco..., in The Burlington Magazine, CXI(1969), pp. 83-85; Firenze restaura [catal.], Firenze 1972, p. 46; B. F. Fredericksen, Catal. of the paintings in the J. P. Getty Museum, s. l. 1972, p. 8 (polittico con Incoronazione d. Vergine e santi, già coll. marchese della Stufa, Firenze: Boll. d'arte, XLVIII [1963] p. 255); M. Boskovits, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinasc., Firenze 1975, pp. 76-78, 285-294; The Burlington Magazine, CXIX(1977), p. XIV (foto di un desco da parto in vendita da Sotheby, studio di C.); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 281.