Scienza, centri della
(v. museo: Museografia scientifica e I musei delle scienze, App. V, iii, p. 594)
Numerosi c. d. s. sono sorti in tutto il mondo, dalla fine degli anni Sessanta, per sensibilizzare il pubblico alla cultura scientifica. Concepiti senza collezioni storiche, ma con exhibits - congegni ideati per illustrare contenuti scientifici e tecnologici attraverso esperienze interattive, per provare il gusto della scoperta - in molti paesi essi sono identificati con la locuzione inglese science centre, secondo l'uso introdotto dalle prime istituzioni che nel 1973 concorsero a formare negli Stati Uniti l'Association of Science-Technology Centers (ASTC). Sarebbe improprio denominare musei questi centri, che non si pongono il compito di conservare ed esporre le testimonianze materiali del passato, ma svolgono una funzione educativa. Lo stile didattico che li contraddistingue è stato inaugurato nel 1937 a Parigi dal Palais de la découverte, ma ha iniziato a diffondersi solo nel secondo dopoguerra, per trovare poi la sua piena realizzazione nell'Exploratorium di San Francisco.
Fondato nel 1969 dal fisico F. Oppenheimer, l'Exploratorium si è affermato come il modello di una nuova filosofia partecipativa - basata su un'alta interattività tra il pubblico e gli oggetti - in cui il visitatore è introdotto ai vari campi della scienza e della tecnica da esperienze volte a innescare un processo autonomo di scoperta (per es. di tipo percettivo) e da percorsi di visita più liberi, organizzati per 'isole' tematiche, non secondo allestimenti cronologici o tassonomici; nel tempo, sono stati creati più di 750 exhibits interattivi, per esplorare direttamente sia fenomeni naturali difficilmente osservabili come il tornado, sia più comuni come l'eco. Oltre all'Exploratorium altri centri sono stati modello e fonte di ispirazione; tra questi l'Ontario Science Centre di Toronto (1969) e l'Exploratory di Bristol, fondato dal neuropsicologo R. Gregory nel 1987 e chiuso nel 1999.
In trent'anni sono stati aperti molti centri di varie dimensioni, rafforzando una tradizione già consolidata in paesi come gli Stati Uniti e il Canada o dando un nuovo impulso in altri meno avvezzi a tale esperienza. Nel Terzo Mondo i science centres sono stati sostenuti in modo particolare, anche in quanto agenti di sviluppo economico e promozione sociale delle comunità locali; per es. in India dai due esistenti negli anni Settanta si è passati ai quasi trenta attuali. L'incremento è legato al fatto che l'educazione scientifica si presenta come una necessità per tutti i paesi, avanzati e non, impegnati a rispondere alle sfide dell'innovazione, ma è anche connesso alla consapevolezza che per suscitare interesse verso la scienza e la tecnologia l'insegnamento scolastico non è sufficiente e deve essere integrato con l'educazione informale.
L'istruzione impartita a scuola, anche detta formale - organizzata secondo un programma, un curricolo predefinito - spesso è risultata troppo fondata sulla memoria del sapere, su un modello trasmissivo della conoscenza, e troppo poco su una partecipazione attiva del soggetto che apprende. Nel processo di rinnovamento in atto nella diffusione della cultura tecnico-scientifica una linea di sviluppo è stata individuata nell'educazione 'informale' - che al centro del processo pone il soggetto che apprende con le sue curiosità, le sue abilità, i suoi interessi - e nella creazione di strutture in cui essa si realizza, tra cui i science centres. Accusati di superficialità, ma apprezzati perché capaci di creare un ambiente in cui familiarizzare con le scienze, questi centri offrono risorse importanti (mediateche, aule multimediali, sale cinematografiche con schermi Imax o Omnimax) sia per l'educazione scientifica di base sia per l'educazione permanente, un campo previsto in espansione per la comprensione di scienza e tecnologia da parte del pubblico adulto.
Gli anni Ottanta e Novanta hanno assistito a una crescita del settore, fino al 1992 di tipo esponenziale, poi rallentata e con aspetti di crisi legati a più fattori, quali l'avvento di nuovi modelli di comunicazione e la crescente competitività nel settore del tempo libero. I science centres sono ormai oltre 1100 e insieme ai musei delle scienze contano su un totale mondiale di visitatori annui superiore ai 180 milioni. Questa crescita si è riflessa nell'attività delle organizzazioni internazionali più importanti, in cui i nuovi centri hanno affiancato i musei in un'intensa produzione nel campo espositivo, ma anche editoriale e formativo, in un processo di fecondo scambio reciproco.
L'ASTC, avente sede a Washington, riunisce più di 400 istituzioni prevalentemente americane e contempla la presenza di oltre 40 paesi. In Europa, l'ECSITE (European Collaborative for Science, Industry and Technology Exhibitions), fondata nel 1989, vede la partecipazione di circa 250 membri - science centres, musei e altri soggetti - per la maggior parte europei; essa promuove la collaborazione in Europa, anche in vista di una politica di cooperazione con l'Africa e l'America Latina. Nei paesi in via di sviluppo sono nate reti organizzative legate alle differenti aree geografiche, quali la Red-POP (Red de Popularización de la Ciencia y la Tecnología en América Latina y el Caribe), nel 1990, o la più recente Asia Pacific Network of Science and Technology Centers, nel 1997. Dal 1996 con cadenza triennale si svolge un congresso mondiale volto a portare in un foro comune le organizzazioni sorte nelle differenti parti del mondo; il primo Science Centre World Congress si è tenuto a Vantaa in Finlandia, il secondo a Calcutta nel 1999, il terzo si terrà a Canberra nel 2002.
Nel corso di questo sviluppo i science centres hanno consolidato una tradizione e un'identità riconosciute, influenzando anche i musei con il proprio modello educativo.
Se nei primi decenni del Novecento la partecipazione interattiva con gli oggetti esposti era già stata sperimentata dal Deutsches Museum di Monaco, dal Science Museum di Londra e dal Museum of Science and Industry di Chicago, negli ultimi decenni i musei delle scienze hanno potuto avvalersi dell'esperienza dei nuovi centri per integrare l'interattività nelle proprie esposizioni, tradizionalmente orientate all'oggetto. Significativo è il caso del Science Museum di Londra che nel 1986 ha inserito un science centre al proprio interno, aprendo una sezione di exhibits interattivi rivolta ai bambini, il Launch Pad.
Sotto l'etichetta science centre, tuttavia, tale processo ha visto nascere istituzioni molto eterogenee, dunque di difficile classificazione. Alcuni tentativi avanzati - in termini temporali di 'generazioni' a partire dalla storia dei musei delle scienze - sono apparsi talora schematici e riduttivi per un campo in continua evoluzione. Una suddivisione in sei tipologie ideali è stata proposta da un recente progetto di ricerca condotto dalla Fondazione Giovanni Agnelli (1998): centri di servizi per la didattica, lunapark scientifici, agorà scientifiche, monitor dell'innovazione, incubatori dello sviluppo locale, città della scienza. Si tratta di modelli astratti, che non s'incarnano in centri particolari, ma identificano alcune funzioni; i science centres nati nel mondo sono ivi considerati la combinazione originale e differente di più d'uno di questi tipi.
Tra i centri stranieri aperti negli ultimi anni ricordiamo a Barcellona il Museu de la Ciencia de la Fundació 'La Caixa' (1981), a Parigi la Cité des sciences et de l'industrie (1986; v. museo, App. V); a Cardiff Techniquest, nato nel 1986 e attivo nella nuova sede dal 1995; a Canberra l'Australian National Science and Technology Centre Questacon (1988); a Vantaa, in Finlandia, Heureka (1989); a Calcutta Science City (1996); ad Amsterdam il newMetropolis Science and Technology Center (1997), costruito su progetto architettonico di R. Piano e divenuto l'emblema degli aspetti di crisi degli anni Novanta.
In Italia, il processo già avviato agli inizi degli anni Ottanta in alcune città, come Bologna e Roma, ha trovato un quadro di riferimento nella prima legge sistematica per la diffusione della cultura scientifica, la l. 28 marzo 1991 nr. 113, modificata con la l. 10 genn. 2000 nr. 6. Molte iniziative temporanee sono state realizzate in tutto il paese, evidenziando la necessità della costituzione di un organico sistema nazionale; a Trieste e a Napoli esse hanno condotto all'apertura di due nuovi centri permanenti. A Trieste, l'esperienza del Laboratorio dell'immaginario scientifico, nata nel 1986 da una mostra che illustrava attraverso immagini scientifiche le attività di ricerca della città, ha prodotto varie iniziative fino all'apertura (1999) nell'area di Miramare di un centro permanente che, pur mantenendo l'immagine come tema principale, consente ai visitatori di esplorare diversi argomenti. Questa realizzazione - collegata allo sviluppo produttivo della ricerca di base caratterizzante l'area tecnologica di Trieste (v. parchi tecnologici, App. V) - ha visto attuare una proficua linea di collaborazione con altri musei, in particolare con il Deutsches Museum di Monaco, e con i paesi del Terzo Mondo. A Napoli, l'attività svolta dal 1987 dalla Fondazione IDIS (Istituto per la Diffusione e la Valorizzazione della Cultura Scientifica) ha dato luogo alla costruzione nell'area di Bagnoli della Città della scienza, un centro che, oltre alla funzione educativa del science centre, si propone quella di incubatore di attività produttive. Inaugurata nel 1996, nelle sezioni espositive - che si estendono anche all'aperto su un'area di 40.000 m² - la Città della scienza offre la possibilità di esplorare svariati campi, tra cui: matematica, energia e ambiente, percezione, meccanica, biologia, botanica, zoologia, astronomia, vulcani, corpo e salute, scienza e storia, musica, arte e scienza. Altre città hanno svolto numerose iniziative, soprattutto in occasione della Settimana della Cultura scientifica e tecnologica ideata nel 1991 dal ministro A. Ruberti e promossa annualmente dal MURST (Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica). In primo luogo Firenze e Milano, sedi dei due principali musei scientifici esistenti in Italia: a Firenze l'Istituto e Museo di storia della scienza (v. museo, App. V) ha realizzato varie mostre di risonanza internazionale su temi di interesse storico, facendosi anche promotore di una vasta rete di iniziative diffuse sul territorio regionale; il Museo nazionale della scienza e della tecnica 'Leonardo da Vinci' di Milano, nato nel 1953, all'impianto tradizionale ha affiancato nuove proposte, tra cui laboratori interattivi curati dalla sezione didattica del museo. A Roma il MUSIS (Museo Multipolare della Scienza e dell'Informazione Scientifica), partendo dall'idea di un museo costituito da una struttura centrale e da una serie di poli situati in luoghi differenti, attraverso un'articolazione di tipo diffuso ha promosso attività presso le istituzioni locali e itinerari scientifici sul territorio; nel 1999 si è approdati al progetto di una Città della scienza. Anche altre città attraverso programmi innovativi hanno mirato alla creazione di un centro permanente: Bari, con il Centro interdipartimentale di servizi per la museologia scientifica; Bologna, in cui fin dagli anni Ottanta il Comune ha proposto un Centro di scienza tecnica industria e ha realizzato importanti manifestazioni di rilievo nazionale con la collaborazione dell'università e dei centri di ricerca locali; Perugia, con il progetto Perugia Officina per la scienza e la tecnologia; Torino, dove nel 1998 la Provincia ha promosso un science centre capace di riunire le iniziative esistenti, tra cui la mostra Experimenta, che da anni diffonde i contenuti di centri stranieri come l'Exploratorium di San Francisco.
Pur nella varietà, nel tempo si è evidenziata per i c. d. s. una tendenza comune a individuare una missione più ampia (formazione delle nuove generazioni, legame con il territorio, partecipazione dei cittadini al dibattito sulle scienze e sulle tecnologie), e ad affermare, insieme al valore della visita e del contatto con oggetti ed esperimenti reali, la centralità dell'utilizzazione delle risorse. Per quanto riguarda il pubblico, sempre maggiore attenzione è rivolta ai bambini. Questa scelta nasce da motivazioni economiche, in quanto tiene conto di un notevole aumento del turismo familiare; fondamentalmente essa discende, però, dalla convinzione che per creare interesse per la scienza - come anche per favorire nei giovani le vocazioni scientifiche nel corso degli studi - è essenziale sviluppare in età precoce la capacità di esaminare la natura e l'attitudine a farlo attraverso l'osservazione e gli esperimenti.
Generalmente, i science centres contengono una sezione per l'età evolutiva, sezioni che ormai vengono promosse anche nei musei d'impianto classico, come il Science Museum di Londra; la Cité des sciences et de l'industrie di Parigi fin dall'inizio (1986) ha contemplato l'Inventorium e dal 1992 ha aperto un'area di 3000 m² chiamata la Cité des enfants, che è diventata un modello per altri centri nel mondo; la Città della scienza di Napoli ha l'Officina dei piccoli. In tale campo non è trascurabile il contributo dato dai musei dei bambini che, seppure non istituiti come c. d. s., già da tempo giocano un ruolo importante al riguardo. Essi introducono in modo ludico, per es. mediante il gioco con bolle di sapone, ruote o palloncini, molti temi di interesse scientifico, quali luce, colore, movimento; propongono avventure sperimentali che attraverso ponti, computer, pompe, motori conducono i piccoli visitatori a scoprire che cos'è la tecnologia. Negli Stati Uniti una tradizione museale per l'età evolutiva si è affermata già nella prima metà del Novecento: al primo museo dei bambini, nato a Brooklyn nel 1899 sulla base di idee pedagogiche innovative nella linea del pragmatismo, sono poi seguiti il Children's Museum di Boston (1913) - un punto di riferimento per le istituzioni museali anche all'estero - e molti nuovi centri sorti in numerose città statunitensi, tra cui Washington nel 1942. In altre parti del mondo i musei dei bambini sono invece istituzioni recenti: il Museo de los Niños di Caracas è del 1982, il Castello dei bambini di Tokyo è del 1985, mentre Eureka! - il primo creato in Inghilterra a Halifax - è del 1992. Altri sono in corso di realizzazione, tra cui il Museo dei bambini di Roma. Il primo in Italia è stato, nel 1997, la Città dei bambini al Porto antico di Genova: costruita sul modello della Cité des enfants, presenta temi ed esperienze di tipo scientifico e tecnologico, come il vivente, l'isola dei cinque sensi, la casa in costruzione, il cantiere, le scoperte, lo studio televisivo; si rivolge a un pubblico compreso tra i 3 e i 14 anni, con ammissione degli adulti quali accompagnatori.
Nel campo delle attività sono state avanzate proposte nuove, affiancate dall'azione di una valida e multiforme editoria scientifica, che dalla didattica museale ha spesso mutuato contenuti e metodi. Le nuove proposte hanno mirato ad arricchire l'offerta sia di questi centri sia dei musei scientifici, entrambi impegnati a confrontarsi con uno scetticismo crescente del pubblico verso la scienza e a mantenersi concorrenziali con altre strutture commerciali come i parchi a tema (per es. quelli della Disney in Florida) che, sorti nel settore turistico e del tempo libero, sono mete alternative per i visitatori dei science centres.
Molte attività sono state condotte all'esterno, oltre le mura delle istituzioni: programmi educativi organizzati come servizi di prestito; mostre itineranti, quali il Travelling Discovery Centre del Natural History Museum di Londra e il Science Circus di Questacon (Canberra). Sono state anche concepite iniziative di rilievo europeo, come Chemistry for life, un progetto innovativo avviato nel 1997 dall'ECSITE con il supporto dell'industria chimica e dell'Unione Europea per esaltare le sinergie delle strutture partecipanti e rendere disponibili ai membri ECSITE quattro differenti categorie di prodotti museali utili a presentare la chimica al grande pubblico (exhibits hands-on, laboratori e workshops, spettacoli e dimostrazioni, multimedia).
In alcuni casi sono stati progettati centri in spazi aperti (outdoor science centres), ossia parchi scientifici di tipo didattico in cui esplorare i fenomeni attraverso l'uso di elementi naturali. Il primo è sorto a Bombay (1979), poi seguito da altri, quali il Parque de las Ciencias di Granada (1995) - nel quale insieme a una sezione espositiva al coperto è contemplato un ampio itinerario all'aperto su tematiche ambientali - e il Garden of Science del Weizmann Institute di Rehovot in Israele (1998); vari sono, inoltre, in fase progettuale, come in Italia l'Esploratorio sul Lago Trasimeno. Parchi simili sono stati talora creati a complemento di science centres esistenti; è il caso del Science Playground, aggiunto successivamente al New York Hall of Science del 1986.
Negli ultimi anni le trasformazioni più radicali sono state introdotte dalle nuove tecnologie interattive basate sul computer grazie a due innovazioni fondamentali: la possibilità di elaborare immagini statiche e in movimento e lo sviluppo delle reti di interconnessione tra computer. Gli strumenti oggi disponibili - dalla stazione multimediale interattiva nelle sale espositive al museo virtuale in rete - si presentano come un'occasione per intervenire sulla dimensione sia informativa sia interattiva e partecipativa dei science centres; in quanto tecnologie della comunicazione, questi strumenti consentono di arricchire leggibilità, contestualizzazione, tematizzazione del messaggio che i nuovi centri intendono trasmettere.
Le principali critiche rivolte ai science centres sono, da un lato, di avere presentato i fenomeni scientifici isolati e privi di un contesto, dall'altro, di avere presunto di suscitare interesse nei visitatori per il solo fatto di poter toccare, manipolare (hands-on) gli exhibits, ma anche di non aver considerato aspetti fondamentali della scienza del Novecento o di non aver curato sufficientemente la qualità degli allestimenti. Da tempo la sfida per questi centri è stata quella di riuscire a impiegare tutti i mezzi disponibili (exhibits interattivi, guide, oggetti, attività, grafici, audiovisivi) per creare allestimenti più tematici e contestualizzati. Le nuove tecnologie hanno ampliato gli orizzonti di questi mezzi. Hanno permesso, in laboratori detti virtuali, la simulazione di fenomeni altrimenti inaccessibili all'osservazione o alla sperimentazione diretta, quali la fisica dell'elettromagnetismo e la vita artificiale. Hanno anche resa possibile la fruizione a distanza dei beni culturali fino ad arrivare alla realizzazione di musei virtuali, intesi come collezioni di immagini, suoni, testi, documenti e altre risorse informative registrati su supporto digitale, a cui accedere per via elettronica (v. anche beni culturali e ambientali: Beni scientifici, in questa Appendice). Il superamento dei vincoli fisici nella fruizione delle risorse attraverso la rete Internet ha indicato una nuova linea di sviluppo per l'offerta del servizio museale; musei scientifici e science centres sono attualmente presenti in rete con siti per i quali si può individuare una tendenza a svilupparsi da una situazione di semplice vetrina elettronica a un ambiente evoluto, caratterizzato da un aumento delle informazioni on-line e del contributo di partecipazione dei fruitori. Un esempio di museo virtuale evoluto è dato dal sito dell'Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze, che offre informazioni, servizi e un prototipo di visita virtuale della sala principale dell'Istituto (la sala di Galileo); esso fornisce suggerimenti e promuove attività, con approfondimenti utili all'elaborazione di percorsi originali di apprendimento.
L'introduzione del pubblico al mondo digitale è divenuta essa stessa parte dei compiti educativi dei c. d. s.: nascono al loro interno aule multimediali, come la sezione Cybermétropole del Palais de la découverte di Parigi; partono nuovi programmi, per es. di lavoro condiviso in rete. L'emergere dei science centres alcuni decenni fa portò attraverso il fare, con le esperienze interattive, un reale cambiamento nel modo di presentare la scienza al pubblico. Oggi si prospettano mutamenti sostanziali per lo sviluppo futuro di questi centri, che con le tecnologie multimediali e di rete hanno modo di esprimere il potenziale educativo di cui dispongono ben oltre i propri confini, ma si trovano anche a dover cercare nuove strade per rispondere alle difficili sfide del mercato.
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