CERCHI, Umiliana (Emiliana), beata
Figlia di Oliviero (Vieri, Ulivieri) e della prima moglie, forse una Portinari, Umiliana nacque a Firenze nel 1219 e fu, forse, la secondogenita dei sette figli che Ulivieri ebbe dal primo matrimonio. Destinata dalla politica familiare alle nozze, nel 1234, non ancora sedicenne, andava sposa ad un Bonaguisi (ma altri propendono per il maggiore dei Mazzaracoli): in questo stesso periodo il biografo della beata, Vito da Cortona, pone l'inizio della sua conversio, caratterizzata da una intensa attività caritativa e devozionale che sembra rispondere ad un frustrato desiderio di rinchiudersi tra le mura del convento delle clarisse di Monticelli che in quel tempo aveva già accolto numerose fanciulle delle famiglie fiorentine più abbienti sotto la guida della sorella di s. Chiara, Agnese.
Nei cinque anni di matrimonio, durante i quali la C. ebbe almeno due figlie, la sua attività fu divisa tra le opere di santificazione personale e gli impegni della casa. La morte del marito, per il quale prodigò cure materiali e spirituali convincendolo in extremis a restituire i male ablata con l'usura, la liberò dagli obblighi familiari e domestici, aprendo la via all'ulteriore sviluppo della sua conversatio mistica. Dopo il consueto anno di vedovanza, trascorso in casa del marito, dove lasciò i figli, la C., appena ventenne, tornò presso il padre, ma a nessun costo accondiscese alle sue pressioni e a quelle dei familiari che la volevano indurre a nuove nozze. Visto inutile ogni sforzo, Oliviero le estorse con l'inganno i diritti dotali, che con ogni probabilità la C. voleva destinare alla sua entrata nel convento di Monticelli; questo episodio fu determinante per la sua successiva vocazione eremitica. Infatti, da quel momento, dichiarandosi "non filia sed famula" in casa del padre, sembra quasi troncare ogni legame con la famiglia, ritirandosi in una torre delle case dei Cerchi. Da questo periodo ha inizio la vita della C. come reclusa: la sua camera diviene una cella, in cui attua una rigida ascesi fatta di digiuni, preghiere, esercizi espiatori. Contemporanea alla reclusione nella torre - interrotta solamente per le quotidiane pratiche devote e per le consuete attività caritative, oramai limitate dalla sua personale povertà - è l'assunzione di un abito semireligioso, quello degli ascritti all'Ordine della penitenza (definiti in volgare con gli appellativi di pinzocheri, bizzochi, coniugati, ed altri), che il biografo della C., Vito da Cortona, inusitatamente per la Firenze del tempo, definisce "Tertius Ordo".
Proprio questa espressione del cronista è alla base dell'inesatta attribuzione alla C del ruolo di "fondatrice" a Firenze di questo Ordine, che contava invece nella città già a partire dagli anni 1221-1224 numerosi proseliti organizzati in forma confraternitale tra i quali tuttavia non abbiamo gli elementi per ascrivere il nome della beata. La C. e la sua esperienza spirituale sembrano piuttosto doversi ricollegare al contemporaneo fiorire nella città toscana di piccole comunità femminili più o meno autonome, votate alla penitenza. Nella sua generazione possiamo isolare il momento iniziale del fenomeno, evidentemente stimolato dalla mistica mendicante, e nella C. si può individuare l'emblema che il suo agiografo - in un più vasto quadro di "politica" pastorale - volle farne per incentivare una forma, devozionale che fruttava elemosine, portava nuovi devoti, aumentava il credito del convento francescano sia sul piano sociale sia su quello religioso. La C. non fu dunque né la prima né la fondatrice, ma solo il nome di maggior spicco dei primi gruppi articolati della penitenza femminile fiorentina, quelli stessi che parallelamente all'evoluzione dell'Ordine della penitenza nell'ultimo scorcio del Duecento, e solo allora a Firenze, saranno accomunati nella definizione di Terz'ordine.
Dei sette anni trascorsidalla C. nella segregazione della torre il biografo ha lasciato un ricordo quasi iconografico, intessuto di motivi miracolistico-devozionali adatti ad impressionare il lettore o l'ascoltatore del suo racconto con una gamma di temi: dalla forte devozione eucaristica alla frequenza ai sacramenti, alla devozione per la Vergine madre, in un Leitmotiv genericamente anticataro. Gli spunti cultuali della C. non si fermano qui: anch'essa, secondo gli schemi di un misticismo diffuso mostra, attraverso le indirette reminiscenze dell'agiografo - a sua volta raccoglitore delle indiscrezioni di fra' Michele degli Alberti, suo confessore -, una spiccatissima tendenza cristocentrica che si esplica secondo le forme tradizionali, dal culto dell'infanzia di Gesù fino alla consueta staurolatria basata sulla meditazione attorno alla passione ed alle piaghe del Signore, alla quale è legato anche per la C. il "dono delle lagrime" ed il complesso meccanismo della "compunctio cordis". Non è estraneo al quadro, infine, il completamento teologico di una simbolica volgarizzazione del mistero trinitario; motivi devozionali, questi, che sono una costante della mistica femminile centroitaliana di ispirazione mendicante e che hanno un preciso parallelo nel di poco precedente fenomeno del movimento femminile beghino delle Fiandre.
Nell'alternarsi cronologicamente poco chiaro della metacronica visione agiografica la C. giunse finalmente alle soglie della morte; era il 19 maggio del 1246.
Frattanto i francescani si erano per così dire "impossessati" del suo corpo e si accingevano a trasformarlo in taumaturgica reliquia; da parte sua, Ardingo, uno dei vescovi più significativi del Medioevo fiorentino, la indicava, come modello di vita ai laici ed alle donne della città, mentre, con tutta probabilità, disponeva che i minori istituissero un vero e proprio processo per legalizzare e pubblicizzare il culto della C., che si prestava a divenire il punto di riferimento etico e devozionale della vasta fioritura della penitenza privata femminile con la quale il vescovo, lungamente impegnato nell'attività antieretica condotta dai domenicani, intendeva forse contrastare il successo incontrato proprio nell'ambiente femminile dalle dottrine catare.
Del resto, che la biografia della C. dovesse rispondere anche a funzioni di propaganda anticatara, ben lo dimostra il preambolo che frate Ippolito pone a giustificazione della sua redazione del racconto dei miracoli operati dalla beata; preambolo che, pur seguendo gli schemi usuali dell'invettiva contro ipotetici denigratori suona, nella situazione fiorentina del tempo, come chiaramente rivolto agli eretici. D'altro canto coloritura politica assunta dalla lotta all'eresia, nella misura in cui essa era sorretta da certe fasce nobiliari ghibelline, autorizzava anche lo slittamento da una propaganda genericamente anticatara verso una vera e propria organizzazione del "dissenso" nei confronti della autorità politica del momento, e finiva con l'approdare ad una sorta di campagna filoguelfa. Si possono spiegare così alcuni passi della biografia della C. (per esempio, la stessa figura del demonio si presta ad un tipo di analisi in questo senso, dato che il genere di esemplificazione che egli introduce può essere interpretato alla luce di considerazioni politiche), oppure certi miracoli filoguelfi che Ippolito da Firenze, estensore di questa seconda parte della Vita della C., attribuisce al suo intervento. Particolarmente significativo a questo proposito è il caso di Benvenuta, una serva di Bellincione Adimari che, accusata di parteggiare per i fuorusciti guelfi e messa alla corda dai saraceni al servizio di Federico d'Antiochia, viene liberata per l'intervento miracoloso di Umiliana; così pure l'episodio del non meglio identificato nuncius della corte pontificia, anch'egli arrestato dai ghibellini, che evade miracolosamente dal carcere per intercessione della Cerchi. Significativi, alla luce di queste implicazioni politiche della sua biografia, sono anche alcuni silenzi, tra i quali spicca la massiccia assenza di esponenti della casa Cerchi tra i testimoni della santità della congiunta, e questo in un momento - gli anni dal 1246 al 1250 - in cui la tattica di equilibrio politico adottata dalla famiglia non richiedeva compromissioni con gli Ordini mendicanti, veri e propri portabandiera e fautori della causa pontificia e quindi - pur con le doverose riserve sulle fazioni fiorentine - filoguelfa. Non è inutile ricordare, a questo proposito, come, proprio negli anni centrali della esperienza mistica della C. i domenicani avessero segnato della croce (equiparandoli in tal modo ai tradizionali crociati) un gruppo di "ortodossi" guelfi incaricati della difesa della fede, minacciata dal podestà e dalla nobiltà ghibellina. Benché il comportamento dei francescani (sui quali le funzioni inquisitoriali sarebbero ricadute solo nella seconda metà del Duecento) fosse stato, forse, più moderato di quello di Ruggero Calcagni e di Pietro Martire, anche il convento di S. Croce - come del resto poco più tardi quello dei servi di Maria - sarebbe divenuto uno dei centri dell'impegno politico a favore del guelfismo; col mutare delle sorti politiche del Comune, i Cerchi, specialmente negli ultimi anni del Duecento, non avrebbero più avuto bisogno di minimizzare i loro rapporti con la sede fiorentina dell'Ordine serafico che, ancora ai tempi della loro congiunta, era troppo legata agli esiti della politica di sostegno alla S. Sede negli anni caldi della scomunica di Federico.
Ai francescani, poi, l'assunzione di potenzialità devozionali e taumaturgiche, quali si sarebbero rivelate ben presto le spoglie della C., non poteva che giovare sia nel più vasto quadro delle scelte devozionali dell'Ordine - che, oltre a riproporre i temi tradizionali della conversio e dell'acciperepoenitentiam, tendeva a incentivare il modello dell'imitatioChristi per il tramite dell'imitatioFrancisci - sia a livello locale nel contribuire a fare della sede fiorentina un centro di attrazione devozionale. Si spiega così l'immediata compilazione della Vita della C. da parte di una delle figure più considerevoli tra i frati allora presenti nel convento fiorentino, quel Vito da Cortona che la storiografia minoritica pone tra i "vestiti" direttamente da s. Francesco e da lui personalmente inviato come provinciale nella lontana Romania. E così come d'eccezione fu il biografo, a testimonianza dell'impegno che i francescani posero nella diffusione dell'exemplum della C., anche il nome di colui che la seguì come confessore e guida spirituale, fra' Michele degli Alberti spicca tra i protagonisti del primo trentennio di storia fiorentina dei minori. Queste dunque, per sommi capi, le chiavi per interpretare il perché del nascere dell'agiografia e del culto della C.; l'evoluzione che quest'ultimo ebbe è invece legata all'affermarsi politico e sociale della famiglia Cerchi ed al rapporto che la consorteria istituì con l'Ordine francescano e con la Curia pontificia; in questa luce vanno interpretate le prime narrazioni: delle translationes del corpo della beata, presso il quale la tradizione popolare, rinvigorita dalla memoria scritta che ne aveva lasciato frate Ippolito nei tre anni successivi alla morte della C., volle si verificassero frequentemente miracoli e guarigioni.
Il culto pubblico ebbe inizio all'indomani della sua morte: tracce della diffusione popolare si trovano sparse in fonti disparate, dalla testimonianza trecentesca di Franco Sacchetti a quella quattrocentesca della devozione per la C. di Feo Belcari. Divenuto particolare appannaggio devozionale delle terziarie regolari di S. Elisabetta in capitolo, l'interesse cultuale per la C. non scomparve dalla devozione dei Fiorentini e trovò un momento di rilancio nel periodo della Riforma cattolica e nel corso del Seicento. Non estranea a questo rilancio fu la politica familiare dei Cerchi in epoca medicea, quando si intese dare attraverso la C. nuovo lustro al casato. In questo contesto di "promozionalità" nobiliare va inserito il primo tentativo, compiuto nel 1625, per giungere al riconoscimento apostolico del culto attraverso la autorizzazione a celebrarne l'ufficio. A questo scopo l'arcivescovo A. M. de' Medici preparò un primo incartamento processuale che fu inviato alla S. Sede. La generale revisione dei processi di canonizzazione voluta da Urbano VIII impose tuttavia una nuova procedura che richiedeva, come pregiudiziale della dichiarazione di beatificazione, il riconoscimento dell'antichità del culto. Si dovette pertanto iniziare un nuovo processo "de cultu ab immemorabili prestito", che fu promosso nel 1690 da Alessandro di Vieri de' Cerchi ed autorizzato dal pontefice il 24 luglio 1694. L'anno successivo si concesse l'ufficio e la messa con rito semplice nella città e diocesi di Firenze.
Il Seicento conobbe anche un rifiorire di interesse storiografico relativo alla C. che fece capo al suo maggiore studioso fino ai giorni nostri, Francesco Cionacci.
Fonti e Bibl.: Della Vita della C. si vedano i seguenti codici latini antichi: Firenze, Bibl. Laurenziana, Laurenziano, XI, plut. XXVII dextr. (sec. XIV): contiene la copia più antica della Legenda latina di fra' Vito ed i Miracoli di frate Ippolito da Firenze; Ibid., Laur. Gaddiano, XXIV, plut. LXXXIX inf. (sec. XV), di derivazione dal preced.; Ibid., Laurenziano, XI, plut. XXXV sin. (sec. XIII-XIV): breve vita (il primo e l'ultimo, insieme a un comp. della Vita latina di fra' Vito fatta da Raffaele Maffei da Volterra, unitamente al processo del 1625, furono pubbl. in Acta Sanctorum, IV, Maii, Antverpiae 1685, pp. 385-418). Si vedano inoltre i seguenti cod. latini tardi: Firenze, Bibl. nazionale, Magliabechiano, cl. XXXVIII, cod. XXI (sec. XVII; materiale raccolto dal Cionacci per la monografia sulla C. comprendente: la trascrizione della Vita di Vito da Cortona; un'altra Vita di Mariano da Firenze, sec. XV-XVI, che il Cionacci ebbe da Vitale da Polo nel 1672; un'altra Vita di Raffaele Maffei da Volterra, sec. XVI, pubblicata da S. Razzi, Vite delle donne illustri per santità; un'altra Vita di Francesco Venturi, sec. XVII; una Vita di frate Francesco Bordoni edita in Variarum Resolutionum et Consiliorum Regularium, II, Parma 1648); Arch. di Stato di Firenze, Carte Cerchi, ff. 150, 155 bis (altro materiale raccolto dal Cionacci per la monografia sulla Cerchi). Cfr. inoltre i seguenti volgarizzamenti: Firenze, Biblioteca Riccardiana, Moreniano 149 (sec. XIV-XV); Firenze, Libreria del palazzo Ricasoli, cod. 128 (già XXVI), cc. 1-36 (questi due codici furono collazionati da D. Moreni per l'ediz. della Leggenda della b. U. de' C.,Firenze 1827, nel tentativo di ricostruire il testo di un perduto codice antico); una Vitina volgare del secolo XIV fu edita da G. Battelli, La leggenda della beata U. de' C.,Firenze 1940; Firenze, Biblioteca Riccardiana. Riccardiano 1333, cc. 116v-133r (secolo XV; manoscritto ignoto agli eruditi, segnalato da P. A. Lopez, Descriptio Cod. Franciscanorum, cit.). Cfr. inoltre i martirologi fiorentini: Firenze, Biblioteca Laurenziana, Plut. XXI,cod. 30, c. 50, (secolo XV): Martirologium Romanum, 19 Maii; Ibid., Biblioteca nazionale, Magliabechiano, cl. XXXVI, cod. LXXI (sec. XV): Calendario delle feste e sacre della Chiesa di Firenze, 19 maggio; Ibid., Bibl. Marucelliana, Inc. 4. A. VI. 88: Martirologium Romanum per Franciscum de Bonaccursiis, Firenze 1486, derivato dal Laurenziano di cui al punto primo. Cfr. le seguenti altre memorie manoscritte: Firenze, Bibl. nazionale. Strozziano, II, I, 322; Ibid., Magliabechiano, cl. XXV, cod. CCCCXI, c. 196; Ibid., Magliabechiano, cl. XXXVIII, codd. XXI, XXII. XXXVIII; Ibid., Poligrafo Gargani, nn. 547, 549, 562, 565, 574; Ibid., Necrol. Cirri, sub voce Cerchi; Ibid., Carte Passerini, sub voce Cerchi, nn. 187, 217; sub voce Portinari, nn. 171, 190; Ibid., Giuliano di Giovanni di Giuliano de' Ricci, Priorista fiorentino, quartiere di S. Croce, famiglia Cerchi; Arch. di Stato di Firenze, Carte Cerchi, f.145: processo per il culto ab immemorabili; f. 146: carteggio riguardante la vita della beata; f. 148: memorie diverse e carteggi relativi ai tentativi fatti per il culto della beata; f. 149: decreti per la messa, lezioni, ufficio, orazioni; f. 151: carteggio relativo al processo di canonizzazione; f. 152: memorie delle feste in onore della beata e legati per la predetta; f. 153: ritratti, iscrizioni, medaglie, memorie del culto; f. 156: copie del processo di canonizzazione; f. 158: panegirici; f. 159: composizioni in lode. Cfr. inoltre le seguenti fonti edite: Vitus Cortonensis De B. Aemiliana seu Humiliana vidue tertii ordinis S. Francisci, in Acta Sanctorum, IV, Maii, Antverpiae 1685, pp. 385-403; Hippolitus Florentinus, Miracula intra triennium ab obitu parata, ibid., pp. 403-407; Bartolomaeus De Pisis, De conformitate vitae B. Francisci ad vitam D. Iesu, in Analecta Franciscana, IV(1906), pp. 361 a.; F. Sacchetti, Sermoni evangelici, lettere ed altri scritti,a cura di O. Gigli, Firenze 1875, p. 216; Id., Delle novelle di Franco Sacchetti cittadino fiorentino, a cura di G. Bottari, Firenze-Napoli 1724, p. 227 n. 3; Marianus Florentinus, Compendium Chronicarum Fratrum Minorum, in Arch. franciscanum historicum, II (1909), pp. 106, 310. Cfr. inoltre M. Poccianti, Cathalogus Scriptorum Florent., Florentiae 1589, sub voce Hyppolitus; F. Bocchi, Bellezze della città di Fiorenza, Fiorenza 1591, pp. 195 ss.; S. Razzi, Vite dei santi toscani, Firenze 1626, III, pp. 286-295; Id., Vite delle donne illustri per santità, Firenze 1606, III, pp. 49-54; F. Cionacci. Compendio della vita della beata U. de' C., Firenze 1673; Id., Storia della beata U. de' C. vedova fiorentina del Terz'Ordine di San Francesco, distinta in IV parti etc.,Firenze 1682; A. Terrinca, Geneal. etrusco-minoritica, Firenze 1682, pp. 249, 280; V. da Filicaia, In lode della b. U. de' C., Canzone, Firenze 1694; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, col. 119; G. M. Brocchi, Le vite dei santi e beati fiorentini, Firenze 1742-1761, I,1, pp. 201-236; G. Richa, Notizie storiche delle chiese fiorentine, divise ne' suoi quartieri, Firenze 1754-1762, I, p. 76 ss.; II, pp. 150-60; H. Sbaraleae Supplementum et castigatio ad scriptores trium ordinum S. Francisci, Romae 1806, p. 690; F. Frediani, Leggenda della beata U. del C., in prosa e versi, Prato 1853; Acta Canonizationis B. Humilianae de Cerchiis, Romae 1890; L'Aureola serafica, vite dei santi e beati dei tre Ordini di S. Francesco, a c. di P. Leone, Quaracchi 1898, II, pp. 358-365; Bibliotheca hagiographica Latina antiquitatis et mediae aetatis, Bruxelles 1898-1911, nn. 4041-4044; I. Del Lungo, La donna fiorentina del buon tempo antico, Firenze 1906, pp. 20 ss.; R. Davidsohn, Forschungen zur Gesch. von Florenz, IV,Berlin 1908, p. 417; P. A. Lopez, Descriptio codicum franciscanorum bibliothecae Riccardianae Florentinae, in Arch. francisc. histor., IV (1911), pp. 749 ss.; G. Golubovich, Bibl. bio-bibliografica della Terra Santa…, Quaracchi 1913, pp. 129-149; Z. Lazzeri, La beata U. d. C.,in Studi francescani, VII (1921), pp. 196-206; A. Van Den Wingaert, De Sanctis et Beatis Tertii Ordinis iuxta codicem Mariani Florentini, in Arch. francisc. histor., XIV (1921), p. 35; G. Fornaciari, Arte e vita mistica nella Firenze di Dante, Firenze 1926, pp. 139 s.; La Leggenda della b. U. d. C.,Firenze 1932; Arturus a Monasterio, Martirol. Franciscanum, Romae 1938, pp. 185 s.; Mamiliano Dal Giglio, La beata U. de' C.,Firenze 1940; G. Kaftal, Saints in Italian Art. Iconography of the Saints in Tuscan Painting, Florence 1952, p. 487; G. G. Meersseman, Dossier de l'ordre de la Pénitence au XIIIe siècle, Fribourg 1960, p. 179; C. C. Calzolai, Santi e beati fiorentini, Firenze 1965, pp. 77-80; R. Davidsohn, Storia di Firenze, II, 2, Firenze, 1969, pp. 181-187; A. D'Addario, Aspetti della Controriforma a Firenze, Roma 1972, p. 7; A. Benvenuti, Fonti e probl. per la storia dei penitenti a Firenze nel sec. XIII, in Collectanea franciscana, XLIII (1973), pp. 279-301; M. Bertagna, Sul Terz'Ordine francescano in Toscana nel sec. XIII, ibid., pp. 267 s.; U. Procacci, Una lettera del Baldinucci e antiche immag. Della b. U. d. C., in Antichità viva,XV (1976), pp. 3-10; M. R. Franco, La b. U. de' C., Roma 1977; A. Benvenuti Papi, L'impianto mendic. in Firenze; un probl. aperto, in Mélanges de l'Ecole française de Rome, LXXXIX (1977), p. 606; Bibliotheca sanctorum, III, coll. 1132-1134.