CERERE (Ceres)
Antichissima divinità italica della vegetazione e dei campi, C. fu venerata a Roma come in altre città del Lazio e dell'Italia centrale.
Venne identificata con la greca Demetra già sul principio del V sec. a. C. e tale rimase per tutta l'età romana, mentre in questa forma sincretistica il suo culto andava diffondendosi dappertutto: in ciò finì col sostituirsi anche all'altra divinità indigete Tellus, che in realtà aveva con Demetra anche maggiori punti di contatto.
Nel 496 a. C. il dittatore A. Postumio Albino votò a C., Libero e Libera (corrispondenti a Demetra, Dioniso e Kore) un tempio che fu dedicato tre anni più tardi: lo adornarono con pitture e terrecotte gli artisti Damophilos e Gorgasos (Plin., Nat. hist., xxxv, 154) ed ovviamente è da ritenere che costoro abbiano in questa circostanza raffigurato tra l'altro anche la dea C.; un simulacro in bronzo di C. fu fatto poi nel 485 col peculio di Sp. Cassio, giustiziato perché aspirava alla tirannide (Liv., ii, 41, 10; Plin., Nat. hist., xxxiv, 15; cfr. Plin., Nat. hist., xxxiv, 30).
Non possediamo immagini della C. italica, e tutte le rappresentazioni figurate di questa dea sono posteriori al tempo in cui era avvenuta la sua identificazione con Demetra: ciò naturalmente ha influito sulla iconografia di C. per la quale non doveva esistere una particolare tradizione, sicché non è possibile a rigore sceverare le rappresentazioni dell'una da quelle dell'altra nell'arte romana, salvo quando si tratti di scene mitiche riferibili senz'altro a Demetra, oppure di immagini con relativa iscrizione (come avviene sulle monete) che recano il nome di C.: nel resto dei casi dobbiamo pensare ad una Cerere-Demetra rappresentata in ambiente romano, oppure, per adoperare una espressione del Lenormant, ad una Demetra sotto altro nome. Ne è prova il fatto che l'immagine di C. può essere riconosciuta nei monumenti figurati romani non per un suo particolare atteggiamento o costume, poiché pur essendo sempre improntato a maestà esso differisce nelle singole opere, ma per gli attributi che reca, delle spighe di grano e delle fiaccole, queste ultime evidente richiamo al mito ellenico di Demetra e Kore. Tale essa appare in alcune terrecotte, in molte sculture a tutto tondo (quando beninteso gli attributi non siano di restauro) ed anche in scene di ambiente prettamente romano come in un rilievo dell'arco di Traiano a Benevento. Nelle pitture pompeiane C. è presente poche volte, ma anche qui caratterizzata dalle spighe e dalla fiaccola. Già nelle monete di Capua, variamente datate tra il IV ed il III sec. a. C., appare la testa di C. coronata di spighe che si ritrova nelle monete romane di età repubblicana coniate dagli edili della plebe. Talvolta C. è rappresentata seduta o in piedi, nobilmente ammantata: in questo atteggiamento essa è più diffusa nel corso dell'età imperiale, su coni contrassegnati dal nome della dea che si ripetono nello schema, ma comunque non mostrano di risalire ad un definito prototipo di scultura o di pittura.
Nell'ambiente provinciale, in Africa è localizzato in particolar modo il culto delle Cereres sin dagl'inizî dell'èra volgare e l'immagine di CerereDemetra si ritrova in statuette fittili come quelle scoperte in un santuario a Capo Bon in Tunisia.
Bibl.: L'aspetto negativo di una iconografia propria di C. è rilevato in tutte le trattazioni di carattere generale: Th. Birth, in Roscher, I, p. 859 ss.; G. Wissowa, in Pauly-Wissowa, III, col. 1970 ss.; F. Lenormant, in Dict. Ant., I, p. 1021 ss.; A. Pestalozza-G. Chiesa, in E. De Ruggiero, Diz., II, p. 204 ss.; G. Giannelli, in Encicl. Ital., IX, p. 804 s. C. è probabilmente rappresentata in un busto fittile proveniente da Ariccia, di arte repubblicana: M. Borda, in Studies Presented to D. M. Robinson, I, St. Louis 1953, p. 765 ss. Per la rappresentazione di C. sulle monete di Capua: E. Vitale, Riflessi di primitivo culto italico nelle monete dell'antica Capua, in Numismatica, XII, 1946, p. 58 s. Per le Cereres v. De Ruggiero, Diz. cit. e le recenti notizie di G. Ch. Picard, in Fasti Arch., passim, e specialmente IX, n. 5321.