CERESA, Giovanni Felice Alessandro, conte di Bonvillaret
Nacque a Torino il 21 ag. 1752 da Secondo Domenico e da Lucia Perfetta Vaschieri. Magistrato, avvocato al Senato di Piemonte aveva sposato Chiara Orsula, figlia di Cristoforo Biandrà conte di Reaglie, presidente nel Consiglio di Stato.
Nel 1792 acquistò il feudo di Bonvillaret (Moriana), che il sovrano eresse a contea, concedendo al C. e ai suoi discendenti il titolo nobiliare (17 luglio), poi il comitato (21 agosto). Durante il dominio napoleonico il C. assunse un atteggiamento apertamente favorevole al governo francese con il quale collaborò, ricevendo la nomina a titolare della terza cattedra di diritto civile presso l'università di Torino (25 maggio 1805). In tale funzione fu autore di un Précis de la legislation fraçaise à l'usage des élèves de la Faculté de droit de Turin, edito a Torino nel 1811, e di un Précis historique de l'ancienne législation française, Torino 1812. Al ritorno della monarchia il C. prese parte, prima osservatore, poi protagonista, al tentativo di rinnovamento della legislazione.
Il ripristino delle Regie Costituzioni del 1770, ormai inadeguate, aveva fatto sorgere numerosi e urgenti problemi, legati a dottrine giuridiche superate, come quelle delle fonti del diritto, del procedimento penale (lo stesso re dimostrò di esserne conscio quando, il 10 giugno 184, abolì la tortura), oltre alla difficoltà di conciliare la legislazione piemontese con l'ambiente della ex Repubblica ligure, ora annessa al regno sardo. L'incarico di elaborare la riforma fu dal re affidato in un primo tempo al conte C. Cerruti, primo presidente del Senato di Torino, che si propose di creare un vero nuovo codice, organico, chiaro e moderno, sebbene un primo limite fosse già evidenziato dall'aver egli designato tutti magistrati all'elaborazione dell'opera: chiara rivelazione dell'intento di evitare che l'attività riformatrice sconfinasse, dall'ambito tecnico, in quello politico.
Il C., finora attento osservatore di questi preliminari (di cui avrebbe dato uno studio fondamentale nel suo Ragguaglio storico ed analitico sulla riforma dell'anticalegislazione del Piemonte, in dipendenza dalregio biglietto del 25 di febbr. 1820 comparso il 15 ottobre), fu chiamato a partecipare all'opera dopo il 19 nov. 1816, quando il Cerruti propose al Borgarelli, nuovo primo segretario di Stato per gli Affari interni, la creazione di tre commissioni per la riforma. Queste, nella prima delle quali sedeva il C., furono incaricate di operare la riforma della legislazione attraverso una revisione delle regie costituzioni. Ciò significava, come sottolineò il C., nel suo Ragguaglio, abbandonare il progetto di un codice realmente nuovo per limitarsi a un ammodernamento di singole norme in un ambito legislativo prefissato. Il progetto avrebbe dovuto essere pronto entro il 1817, per passare all'esame di un congresso di magistrati. Il 17 luglio 1817 il Borgarelli unificò le tre commissioni per accelerarne i lavori, e diede istruzioni di dare la priorità alla riforma del sistema giudiziario. Lo scopo era dare la precedenza ai settori più arretrati, ma con ciò era posta una nuova limitazione alla possibilità che la riforma riuscisse realmente innovatrice: era accantonata infatti l'idea d'una riforma globale a favore d'una riforma settoriale, tecnica e limitata a singoli aspetti formali. Le commissioni elaborarono un progetto secondo le istruzioni del Borgarelli, ma alcuni provvedimenti del 10 e del 24 novembre e del 14 dic. 1818, confermando di fatto il sistema giudiziario esistente, disattendevano, secondo il giudizio del C., l'operato delle commissioni stesse, le quali dovettero interrompere i lavori. L'unico elaborato noto dell'attività delle commissioni è uno scritto del C., composto tra la fine del 1816 e l'inizio del 1817, dal titolo Osservazioni preliminari sul metodo, e sulli mezzi da adottarsi per eseguirela riforma, e lariorganizzazione delle Regie Costituzioni (cfr. Soffietti).
Il 14 sett. 1819 succedette al Borgarelli Prospero Balbo, che richiese alle commissioni un rendiconto dei lavori e il 22 febbr. 1820 annunciò la volontà del re di creare una giunta superiore di legislazione con il compito di incentivare l'opera delle commissioni e di elaborare un progetto di riforma basato sul testo delle regie costituzioni; la giunta non avrebbe avuto potere deliberativo, ma il progetto avrebbe dovuto essere sanzionato dal re. Tre giorni dopo la giunta fu nominata nellepersone dell'avvocato generale Gloria, del procuratore generale Montiglio e del Ceresa. Probabilmente dietro suggerimento del Balbo, essa decise di far precedere la discussione sulla riforma dell'organizzazione giudiziaria; ma già il 28 aprile sottoponeva al Balbo una serie di quesiti abbastanza avanzati - come quello sull'abolizione delle fonti di diritto legate al sistema prerivoluzionario e sull'opportunità di ispirarsi al codice del Regno delle Due Sicilie, ricco di istituti recepiti dalla legislazione francese - e si dichiarava contraria a far precedere la riforma giudiziaria a quella civile e criminale, essendo la prima subordinata alla seconda; presentava infatti uno schema di progetto in cui la riforma giudiziaria seguiva quella civile e criminale. Il Balbo interpellò il Consiglio di conferenza, che stabilì doversi comunque dare la precedenza alla riforma giudiziaria. Si delineava così un conflitto fra la giunta e il Balbo, che avrebbe generato lunghe discussioni ritardando i lavori. Il 1º agosto il Balbo presentò al Consiglio di conferenza una memoria sui criteri che la giunta avrebbe dovuto seguire e propose che il progetto ultimato fosse sottoposto all'esame di un congresso composto dal ministri, dai capi dei dicasteri ministeriali membri del Consiglio di conferenza, dai primi presidenti dei Senati di terraferma e da altri eventualmente nominati dal re. Il re decise che, oltre al congresso ministeriale, avrebbe esaminato il progetto anche un congresso di magistrati, che si sarebbe pronunciato per ultimo, con evidente vantaggio. La giunta presentò il suo progetto, denominato "prima minuta", il 12 sett. 1820; il 26 fu presentato al Consiglio di conferenza. Sebbene il C. lo dicesse conforme alle direttive del Balbo del 1º agosto, il progetto se ne discosta in diversi punti qualificanti. Il Balbo a sua volta presentò un suo progetto, la "minuta seconda", stampato il 14 ottobre, che si differenziava da quello della giunta soprattutto per la proposta creazione di magistrati criminali competenti per reati passibili di pene superiori al carcere: reminiscenza dei Tribunali straordinari napoleonici istituiti in sostituzione della Corte d'assise. I due progetti furono presentati al Congresso dei ministri, cui partecipava, la giunta di cui il C. era membro e che iniziò le sedute il 25 ottobre per concluderle il 7 novembre, e al Congresso dei magistrati, cui ugualmente il C. partecipò come alto magistrato, e che iniziò le sedute il 18 novembre.
Del secondo si hanno scarse notizie mentre del primo importa qui ricordare due questioni relative alla prima seduta: in essa fu deliberato di limitarsi all'esame del progetto del Balbo - disconoscendo così l'attività della giunta - e si discusse su un significativo quesito di J. de Maistre: se fosse o no necessario e opportuno modificare la vigente legislazione. Il quesito costrinse i presenti a rivelare le rispettive posizioni, che variarono dall'incondizionata volontà di riforma espressa dal C., dal Gloria, dal Pinelli e dall'Amico, attraverso le proposte di riforme parziali più o meno estese del Balbo, del Cerruti e di diversi altri, fino al reciso rifiuto di ogni riforma espressa dal Maistre, che temeva lo slittamento dalla riforma alla costituzione. Gli argomenti con cui il C. sostenne la necessità della riforma furono quelli dei numerosi cambiamenti già da tempo verificatisi, in particolare quelli seguiti all'annessione di Genova, e la necessità di una maggiore uniformità e solidità degli ordinamenti. Il Congresso votò infine la prosecuzione dei lavori, i quali infatti continuarono nelle commissioni, che nel dicembre consegnarono al Balbo una parte del progetto di riforma del libro terzo delle regie costituzioni. Ma l'ostilità degli ambienti più retrivi non disarmava: il 30 dic. 1820 il Senato di Savoia presentò una "rimostranza". Il giorno seguente il Borgarelli pronunciò un inaspettato discorso in cui esortava il re a non fare innovazioni in campo legislativo. L'episodio suscitò gravi apprensioni, anche perché il re non credette di dover rimuovere il Borgarelli dalla carica di primo presidente del Senato di Piemonte.
Tuttavia la riforma era ormai pressoché compiuta: il 28 genn. 1821 il Balbo scriveva al San Marzano definendo soddisfacenti i risultati delle discussioni in seno al Congresso, e in una minuta del discorso conclusivo del Congresso stesso si trattava della legge organica di riforma del sistema giudiziario e si preannunciava un codice ordinato e completo, civile, di procedimenti penali, penale e commerciale. Il C., insieme con il Gloria, fu autore di un'ultima opera, le Osservazioni sulli due progetti, o sia piani dell'organizzazione giudiziaria (cfr.Soffietti), che, fra l'altro, tratta dei criteri direttivi dell'intera riforma, sostenendo ancora una volta l'opportunità di prendere ad esempio il modello francese, dall'esperienza rivelato il più scevro di inconvenienti. Ma la riforma, alla quale il C. aveva dedicato anni di lavoro e di lotte, non poté essere varata: la sua approvazione fu impedita dallo scoppio dei moti del 1821.
L'anno precedente il C. aveva ricevuto dal re diversi riconoscimenti: la croce di cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, il titolo e grado di consigliere di Sua Maestà (25 gennaio) e la nomina a vicedirettore del Debito pubblico interno costituito negli Stati di terraferma con l'editto 24 dic. 1819.
Il C. morì a Torino il 9 ag. 1823.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Sezioni riunite, Archivio Governo francese (1789-1814), sez. 11, categoria 14, art. 2, mazzo 1689; Ibid., Sezioni riunite, Patenti e Biglietti (1792-1793), registro 89, pp. 29 s.; Ibid., Sezioni riunite, Patenti e Biglietti (1819-1820), registro 20, pp. 294, 295; Bibl. naz. di Torino: A. Manno, Il Patriziato subalpino, V(datt.), p. 381; C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese,II, Torino 1881, pp. 28 s., 296 s.; F. Sclopis, Storia della legislaz. ital., Torino 1863, III, 1, pp. 199-242 passim; I. Soffietti, Sulla storia dei principî dell'oralità, del contraddittorio e della pubblicità nel procedimento penale. Il periodo della Restauraz. nel regno di Sardegna, estr. da Riv. di storia del diritto ital., XLIII-XLIV (1971-72), pp. 8, 16, 26 s., 29, 33-6, 51, 61 ss., 85, 101.