certezza
. Sostantivo esclusivo del Convivio. A proposito della geometria è detto (II XIII 27): questi due [il cerchio e il punto] a la sua certezza repugnano, e qui indica la c. propria di ogni scienza che proceda con metodi dimostrativi (" certitudo pertinet ad dignitatem scientiae ", dice s. Tommaso in Sum. theol. I 1 5 ad 1) e i cui primi principi siano indubitabili. D. stesso poco oltre conferma: la Geometria... è sanza macula d'errore e certisfima per sé e per la sua ancella, che si chiama Perspettiva, intendendo che la c. interna (per sé) alla Geometria, consistente nella mancanza d'errore nelle sue dimostrazioni, fa sì che le sue conclusioni divengano, a loro volta, principi certi per la sua ancella, cioè la Prospettiva, che è scienza gerarchicamente a essa subordinata. Nello stesso capitolo, al § 30, è affermato esplicitamente il principio della c. e dignità delle scienze. Parlando dell'Astrologia come altissima di tutte le scienze, D. spiega che, sì come dice Aristotile nel cominciamento de l'Anima, la scienza è alta di nobilitade per la nobilitade del suo subietto e per la sua certezza (cfr. Arist. Anima I 1 402a 1, " Bonorum et honorabilium notitia opinantes, magis autem alteram altera, aut secundum certitudinem, aut ex eo quod quidem et meliorum et mirabiliorum est ").
Tale principio, comunemente accettato dalla cultura medievale, chiarifica la nozione di c. qui affermata da D.: ciò che fa degna una scienza è, da un lato, il suo oggetto - tanto più ‛ nobile ' quanto più elevato e separato dalla materia - e dall'altro la c., derivante dalla congruenza interna dei procedimenti dimostrativi (v. ALBERTO MAGNO, nel Comm. al De Anima 112 " quarum [cioè le cause che fanno più nobile una scienza] una est certitudo quam facit de suis conclusionibus per demonstrationes firmissimas, quae procedunt ex primis et veris vel ex his quae per prima et vera sumpserunt fidem, sicut videmus arithmeticam et geometriam in Mathematicis omnes alias excellere "). Tale è il caso dell'Astrologia, che oltre il nobile e alto subietto, ch'è de lo movimento del cielo, è alta e nobile per la sua' certezza, la quale è sanza ogni difetto, sì come quella che da perfettissimo e regolatissimo principio viene (Cv II XIII 30), c. che è tanto più salda in quanto procede da principi primi di elevata compiutezza e correttezza. In Cv IV XIII 8, D. riprende una definizione aristotelica secondo cui " 'l disciplinato chiede di sapere certezza ne le cose, secondo che [ne] la loro natura di certezza si riceva " (Eth. I 3, 1094 b 23-25 " disciplinati enim est in tantum certitudinem quaerere secundum unumquodque genus in quantum rei natura recipit "), dove la nozione di c. investe al tempo stesso il procedimento conoscitivo a parte subiecti e il materiale di tale conoscenza, a parte obiecti. D. stesso poco oltre chiarifica: in che mostra che non solamente da la parte de l'uomo desiderante, ma deesi fine attendere da la parte de lo scibile desiderato, nel senso che ogni conoscenza, derivando in ogni caso da una adaequatio dell'intelletto alla cosa, non può avere c. maggiore di quella che la cosa conosciuta sopporta. Questo principio di adeguazione della c. della conoscenza alla cosa conosciuta D. ripete - riprendendo la definizione aristotelica - in Mn II II 7 e Quaestio 60. Di c. dell'intelletto liberato dalla lite di dubitazioni D. parla in 'Cv II XV 5, dove è adombrato il tema della illuminazione ', che chiarifica e rende certa la ragione.
Un sapore polemico ha l'affermazione di II XIV 19 la Divina Scienza... non soffera lite alcuna d'oppinioni o di sofistici argomenti, per la eccellentissima certezza del suo subietto, lo quale è Dio; D. che era al corrente delle infinite ʽ liti d'oppinioni ' e dei sofismi dei teologi, applica con coerenza alla teologia il su esposto principio della c. delle scienze. La Divina Scienza, in quanto ha come oggetto quello più nobile e certo, cioè Dio, gode - tra tutte le scienze - della c. maggiore, che ignora per ciò stesso ogni argomentazione opinabile basata sull'abilità dialettica e sulla discussione litigiosa.