CERTOSINI
Ordine religioso le cui origini risalgono a s. Bruno di Colonia, che, nel 1084, costituì nelle Alpi del Delfinato, in un luogo deserto chiamato Cartusia, poi Chartreuse, una comunità religiosa composta in quel momento da quattro chierici e due laici. La donazione del luogo, fatta da Ugo, vescovo di Grenoble, fu ratificata nel 1086.Nel tentativo di recuperare l'integrità dell'adesione alla Regola benedettina - fenomeno che tra il sec. 11° e gli inizi del 12° fu alla base della nascita di vari nuovi ordini monastici, dai Camaldolesi, ai Vallombrosani, ai Cistercensi, ai Premostratensi -, la prima comunità costituita alla Chartreuse sembra aver privilegiato fin dagli inizi la scelta di vita eremitica del singolo, sempre naturalmente alla luce del motto benedettino ora et labora.Chiamato a Roma dal suo compagno di studi Ottone di Châtillon - divenuto papa nel 1088 con il nome di Urbano II -, nel 1090 Bruno lasciò la sua comunità, affidandola al successore Landuino; a Roma ricevette dal pontefice, come sede di una nuova comunità, la chiesa di S. Ciriaco alle Terme di Diocleziano, edificio certamente inadatto per la sua ubicazione a un tipo di vita religiosa come quella che si era andata delineando alla Chartreuse e la cui vita come sede di comunità certosina dovette attendere la ristrutturazione michelangiolesca. La fuga del pontefice verso l'Italia meridionale portò Bruno in Calabria, dove ottenne da Ruggero I un luogo posto nella diocesi di Squillace, chiamato Santa Maria e San Giovanni Battista della Torre; lo stesso Bruno lo descrive nella lettera a Raul il Verde, canonico del Capitolo di Reims, come "heremum ab hominum habitatione undique satis remotum", posto in una "planitie ampla et grata inter montes et in longum porrecta", ricca di acque (Lettres des premiers Chartreux). Qui Bruno morì il 6 ottobre 1101. La storia successiva del cenobio ne vide la totale autonomia rispetto alla Chartreuse e alle altre fondazioni certosine, tanto che nel 1192 con il priore Guglielmo da Messina il monastero passò all'Ordine cistercense come dipendenza di Fossanova. Nei pressi della prima fondazione, nei primi decenni del sec. 12°, fu fondato il monastero di S. Stefano del Bosco, in seguito intitolato a s. Bruno, oggi certosa di Serra San Bruno.L'amena descrizione del cenobio calabrese contrasta vivamente con quella della Chartreuse: Gilberto abate di Nogentsous-Coucy, nel De vita sua sive Monodiario libri tres (I, 11; PL, CLVI, col. 854), descrive il luogo che aveva visitato tra il 1115 e il 1117, posto "in arduo et admodum terribili promontorio ad quod difficillimum, et valde insolens iter intenditur; sub eo etiam praerumptissime vallis vorago dehiscit", nonché alcune delle strutture esistenti. La descrizione di Gilberto riferisce della presenza di un "claustrum quidem satis idoneum pro coenobiali consuetudine habentes, sed non claustraliter, ut caeteri, cohabitantes" e inoltre nota che i C. "habent quippe singuli cellulas per gyrum claustri proprias, in quibus operantur, dormiunt ac vescuntur". È difficile però trarre dal testo indicazioni sui reciproci rapporti tra queste parti del complesso monastico e quindi sull'impianto generale della Chartreuse, che nel 1132 fu travolta e distrutta da una valanga. È comunque importante notare l'assunzione di alcune strutture che divennero poi costanti dell'architettura dei C., soprattutto quella del grande chiostro o galilea maior con gli edifici di abitazione disposti lungo i lati, sostanzialmente l'elemento nuovo, caratterizzante in modo inequivocabile l'architettura delle certose.Alla proposta di individuazione delle laure orientali come modello delle certose (Völckers, 1921; Mühlberg, 1951), in connessione con l'ipotesi che nel particolare tipo di vita religiosa attuato dai C. vede una sintesi tra le forme del monachesimo occidentale e di quello orientale, si può affiancare l'indicazione del modello costituito dall'insediamento di Saint-Bernard-de-Romans, una comunità religiosa di tipo cenobitico che sorgeva nella stessa diocesi di Vienne dove poi venne fondata la Chartreuse. Un documento della metà del sec. 11° riferisce dell'autorizzazione concessa dal vescovo di Vienne, Léger, a costruire "duo claustra unum vero iuxta ecclesiam ubi communiter vivant, alterum autem ad proprias mansiones aedificandas" (Aniel, 1983). La totale sparizione del complesso impedisce di sapere se le prescrizioni del vescovo siano state realmente tradotte in pietra, ma è certamente importante l'individuazione del documento per una corretta ricostruzione storica dei modelli della Chartreuse, anche se ovviamente il problema si ripropone più a monte per la comunità di Saint-Bernard-de-Romans.La meraviglia di Gilberto si estende alla descrizione dell'assoluta povertà della chiesa, il cui unico arredo era costituito da un calice d'argento; la tensione trascendentale che annulla ogni decorazione e impone nudità e povertà alle architetture è fortemente affermata anche in testi come la lettera del 1140 di Guglielmo di Saint-Thierry ai C. di Mont-dieu, che condannava e metteva in guardia contro i rischi della concupiscentia oculorum; allo stesso Guglielmo era stato peraltro indirizzato nel 1124 uno dei testi più celebri dell'estetica medievale, l'Apologia ad Guillelmum Abbatem, scritta dallo zio Bernardo di Chiaravalle, le cui asserzioni costituiscono la più radicale e violenta affermazione di un assoluto rigorismo di vita proiettato sull'architettura e le arti.A differenza dei Cistercensi, però, questa idea non si estende alla miniatura: l'unica ricchezza della comunità, come appunto rilevava Gilberto, era costituita dalla biblioteca, dove già i primi C. avevano radunato numerosi codici e che si arricchiva continuamente grazie all'attività di copisti esercitata prevalentemente dai monaci.Nessuna regola di vita fu redatta da s. Bruno e solo tra il 1121 e il 1127 per iniziativa del suo quinto successore, Guigo (1109-1136), furono scritte le Consuetudines Cartusiae, il cui stesso titolo attesta la codificazione di norme ormai stabilizzate alla Chartreuse, basate sull'utilizzazione di molte fonti monastiche antiche, sintetizzate con l'esperienza di quaranta anni vissuti in questa forma di vita solitaria.Le Consuetudines descrivono una comunità monastica costituita da tredici monaci guidati da un priore che vivono nella domus superior, e da sedici fratres laici, diretti da un procuratore, che risiedono nella domus inferior; i nomi delle due distinte unità residenziali, che si riferiscono alla particolare situazione ambientale della Chartreuse, sarebbero passati poi alla terminologia di ogni insediamento certosino senza nessuno specifico riferimento alle singole realtà topografiche.La struttura abitativa della domus superior della Chartreuse prevedeva, oltre alle singole celle, un refettorio e una cucina utilizzati solo nei giorni di festa, un dormitorio riservato ai conversi, che però si fermavano nella domus superior solo in occasione di particolari cerimonie. La loro vita si svolgeva infatti sempre nella domus inferior, articolata in vari edifici, da quelli per la vita comune a quelli per le varie attività lavorative, e dotata anche di una chiesa. Nella domus superior esistevano poi vari altri edifici le cui funzioni andavano dalla sala capitolare alla biblioteca, all'archivio, alle c.d. obbedienze, cioè gli edifici destinati ai servizi della certosa.A differenza di quanto accade per altri ordini religiosi come i Cistercensi, le cui proprietà erano spesso dislocate anche a grande distanza dall'abbazia, una norma specifica delle Consuetudines ("extra terminos heremi nihil omnino possideant") portò i C. a raggruppare le proprietà quanto più possibile intorno alle certose, i cui perimetri divennero così sempre più estesi (Dubois, 1986); la Grande-Chartreuse al momento della fondazione poteva peraltro già contare su una proprietà di oltre ha 1000, che venne poi progressivamente a estendersi fino a quadruplicarsi. La conduzione di queste proprietà avveniva parcellizzando il territorio in unità produttive che facevano capo a grange, cioè a strutture specificamente destinate ad attività agricole ed estrattive.Le prime filiazioni presero il via nel 1115 per impulso di Guigo; in quell'anno vennero fondate le certose di Portes, presso Benonces (dip. Ain), e di Les Ecouges, presso Saint-Gervais (dip. Isère); negli anni seguenti le fondazioni si susseguirono con ritmi abbastanza contenuti, certamente non paragonabili a quelli della contemporanea accelerata espansione dei Cistercensi. Nel corso del sec. 12° si contano infatti trentasei fondazioni, di cui ventitré nella zona delle Alpi, una in Inghilterra, una in Spagna e le altre isolate in Normandia, Piccardia, Borgogna e in altre regioni francesi; durante tutto il sec. 13° le nuove certose furono solo trentasette, poche delle quali ancora superstiti in parti più o meno frammentarie. Secolo d'oro per l'espansione dei C. fu invece il sec. 14°, che vide al contrario la profonda crisi della diffusione cistercense; vennero costituite centododici nuove fondazioni, anche nell'Europa orientale, fino alla Polonia e all'Ungheria, che talora furono erette senza tenere conto delle esigenze di separazione e solitudine che avevano improntato i primi insediamenti dell'Ordine: la certosa di Colonia fu infatti fondata nel 1334 all'interno delle mura della città e lo stesso avvenne nel 1380 per quella di Norimberga. L'espansione dei C. proseguì anche nel secolo seguente con quarantasette nuove certose, per lo più situate in zone marginali.Un testo legislativo elaborato al tempo del generalato di Jancelin (1176-1233) e inserito negli Statuta sacri Ordinis Cartusiensis prevede che nessuna nuova casa possa essere aggregata all'Ordine se priva di dotazioni sufficienti alla sua sussistenza, se costruita in luogo non idoneo e se gli edifici necessari alla vita della comunità non siano ancora stati eretti, a meno che non sia stata stanziata e garantita con sicure cauzioni la somma destinata a supportarne le spese. Il meccanismo delle nuove fondazioni è, come si vede, molto diverso rispetto a quello contemporaneo operato dai Cistercensi, che inviavano un gruppo di monaci idoneo a costituire una nuova comunità in un luogo prescelto dove, se l'impianto generale del monastero è di fatto già programmato, la costruzione segue invece tappe spesso non subitanee, iniziando l'edificazione dal blocco del dormitorio e della sala capitolare e dagli spazi della chiesa contigui a questo edificio. Alla prassi certosina sono certamente imputabili la disomogeneità dell'impianto delle certose e la mancanza di una storia architettonica strettamente connettibile con l'Ordine.Delle prime fondazioni, spesso trasformate nei secoli successivi, sopravvivono alcuni resti architettonici (Aniel, 1983), dei quali però mancano ancora analisi in grado di riferirli alla prima fase architettonica dei vari complessi, in genere costituiti per lo più da strutture in legno. È questa l'importante testimonianza fornita da Ganneron (1893) a proposito della certosa di Montdieu (dip. Ardennes), fondata nel 1132, dove una parte delle strutture originali era ancora visibile agli inizi del sec. 17°: si trattava di edifici costruiti in pietra e legno, disposti intorno al grande chiostro, costituito sostanzialmente da uno stretto corridoio coperto da una tettoia sostenuta da pali fondati su bassi muri interrotti al centro dei quattro lati da porte. Il piccolo chiostro di Montdieu, ricostruito nel 1270, si presentava invece come una struttura in pietra. La certosa era racchiusa da una palizzata lignea, sostituita solo nel 1566 da una muraglia. La chiesa era costituita da un edificio mononave, scandito esternamente da cinque contrafforti, concluso da un'abside semicircolare e coperto da una volta a botte spezzata (Devaux, 1962). Dalla descrizione appare comunque evidente la struttura di un complesso eretto senza la vincolante adesione a un preciso schema di impianto monastico che caratterizza invece l'architettura cistercense.Al di là di questa importante testimonianza, molto poco è noto della prima architettura certosina; mancando inoltre pressoché del tutto analisi archeologiche sulle prime fondazioni, è evidentemente scorretto applicare all'architettura dei secc. 12° e 13° gli schemi tipologici che si consolidarono quanto meno a partire dal 14° secolo. Unica considerazione possibile è quella della presenza di alcuni elementi costanti: la chiesa, le celle, la galilea, o chiostro grande, e il piccolo chiostro con i vari edifici per la vita comunitaria, raccordati però tra loro in modo molto libero, sicuramente condizionato soltanto dalle caratteristiche ambientali.Zadnikar (1972) e Aniel (1983), sulla base delle reciproche posizioni del grande e del piccolo chiostro in rapporto alla chiesa, hanno tentato una classificazione tipologica, presentata nel modo più esaustivo da Aniel. Il tipo A prevede il grande chiostro alle spalle della chiesa e il piccolo chiostro alla destra: questo schema è individuato nelle certose di Portes, Le Reposoir, Lugny, Selignac, Valbonne e nelle due certose italiane di Casotto e Monte Benedetto. La variante A1 è determinata dalla posizione del piccolo chiostro, che in questo caso si pone a sinistra della chiesa; Les Ecouges, Val Dieu e forse la seconda redazione della Grande-Chartreuse appartengono a questo schema.Il tipo B vede la chiesa affiancata a sinistra dal grande chiostro e a destra dal piccolo; secondo Aniel, la prima Grande-Charteuse distrutta nel 1132 aveva questo tipo di impianto, così come Selve-Benite, Arvières II e la certosa catalana di Scala Dei. Nella variante B1 i due chiostri invertono la loro rispettiva posizione rispetto alla chiesa, come accade in Inghilterra a Witham e in Francia a Vaucluse (dip. Jura).Il tipo C mette sullo stesso asse chiesa e piccolo chiostro, mentre il grande sta a destra o, nella variante C1, a sinistra.La certosa di Pesio rappresenta invece il tipo D, con i due chiostri entrambi dallo stesso lato rispetto alla chiesa, in questo caso il destro, mentre nella variante D1, rappresentata dalla certosa slovena di Žiče (Seitz), il blocco dei chiostri è sul lato sinistro.Il tipo E, infine, una sorta di ribaltamento del tipo A, colloca il grande chiostro davanti alla chiesa che ha il piccolo chiostro sul fianco sinistro; esso è rappresentato dalle certose di Bonlieu (dip. Jura) e Berthaud (dip. Hautes-Alpes).Aniel (1983) indica per le certose fondate nel periodo compreso tra la fondazione della Grande-Charteuse e la redazione delle Consuetudines la presenza di tre schemi e di una variante speculare (A, A1, B, C) e invece una maggiore diffusione dei tipi A, A1 e B per il secondo periodo, che si concluderebbe nel 1140, anno del primo Capitolo generale. Solo nel terzo periodo, che arriva agli inizi del sec. 13°, apparvero anche i tipi D ed E. Questa classificazione è però condizionata dalla non conoscenza dell'effettiva realtà delle prime certose e si fonda sull'ipotesi che le loro redazioni più tarde avessero fedelmente seguito la primitiva disposizione delle varie strutture.Non mancano poi edifici che, a causa dei condizionamenti ambientali o per motivi sconosciuti, determinarono l'articolazione delle loro strutture interne in modo molto libero. Se nella certosa di Basseville (dip. Nièvre) manca la struttura del piccolo chiostro e tutti gli edifici per la vita comune sono raggruppati in un unico fabbricato, due certose catalane si inseriscono all'interno di alcune fortificazioni e ne sono fortemente condizionate nell'articolazione dei vari spazi: è il caso della certosa di Sant Pol, fondata all'interno di un castello di m. 50 di lato che già includeva una cappella e un donjon, dove i C. giunsero nel 1269, e di quella di Vallparadís (Valparaiso), fondata nel 1344 all'interno del castello di misure ancora più ridotte donato dalla famiglia di Tarrasa; qui il grande chiostro, di dimensioni molto limitate (m. 149), fu ottenuto abbattendo una delle torri di ronda, ma con il risultato di poter servire a un piccolo numero di celle, prive di aria e di illuminazione. All'inizio del sec. 15° le due certose vennero unificate e trasferite nella nuova e più consona fondazione di Montalegre.In altri casi, come quello della Grande-Chartreuse o della certosa di Villeneuve-lès-Avignon, la sostanziale libertà rispetto allo schema costituito delle certose è attestata dalla costruzione di un secondo grande chiostro, che avviene nel primo caso dopo l'incendio del 1320 e nel secondo nel 1372 ed è reso necessario dalla trasformazione della prima comunità in un 'monastero doppio', costituito cioè da un numero doppio di monaci. Lo stesso sembra sia avvenuto anche nella certosa di Portacoeli presso Valencia, dove però i due grandi chiostri presentano attualmente forme seicentesche, e in quella catalana di Scala Dei.Certose doppie erano anche quella di Parigi e quella di Champmol a Digione, fondata nel 1386 da Filippo l'Ardito, ma in esse era il grande chiostro a estendersi fino a includere nel suo perimetro le varie celle.L'analisi di Leoncini (1979), condotta sulla base di alcuni testi del sec. 12° e del primo 13°, costituisce un'ulteriore conferma all'ipotesi che gli edifici fondati in quel periodo fossero piccoli e poveri; la loro costruzione sarebbe poi stata affidata a maestranze estranee all'Ordine e questo anche per il ridotto numero di monaci e conversi previsto per ogni fondazione. Ma non mancano interessanti personalità, come il converso Ainardo, institutor e propagator, che intorno al 1165 collaborò al primo insediamento dei C. in Carniola nella certosa di Žiče (Seitz), già ricordato nel 1163 in Spagna, poi nel 1171 in Danimarca e nel 1178 in Inghilterra (Zadnikar, 1972); non si sa però quali fossero esattamente le sue competenze e se si estendessero anche al campo dell'architettura.Se l'impianto generale delle certose fu in sostanza determinato più dalle esigenze di massima del tipo di vita monastica dei C. e dalla situazione del luogo che dal rigido adeguarsi a uno schema costituito, più unitario appare il discorso tipologico delle chiese delle certose, anche se interpretato secondo molteplici varianti costruttive e architettoniche; si tratta infatti con regolarità di chiese a navata unica, senza transetto. Le eccezioni sono costituite da edifici costruiti nel Trecento inoltrato, come la chiesa della certosa di Pavia, voluta da Gian Galeazzo Visconti nel 1395, o quella della certosa di S. Martino a Napoli, fondata nel 1329, dove sembra che le navate laterali siano state in seguito trasformate in cappelle (Aniel, 1983). Ma nella sostanziale fedeltà allo schema mononave il discorso architettonico è, come si è detto, sottoposto a molteplici varianti, che si evidenziano sia nei tipi di copertura sia nelle diverse soluzioni adottate per la zona absidale; le terminazioni sono infatti sia poligonali, sia rettilinee, sia ad andamento semicircolare.Un interessante caso italiano è costituito dalla chiesa della certosa di Monte Benedetto, fondata nel 1189 dai C. che nel 1171 si erano stanziati a Losa, nell'alta val di Susa, e che qui poi si trasferirono prima di passare a Banda; l'edificio, esternamente di profilo rettangolare, si articola all'interno in tre campate scandite da archi trasversi a profilo rettangolare che sostengono una volta a botte spezzata (Guida, 1991). Altri esempi sono costituiti dalla chiesa della certosa di Bellary (dip. Nièvre), della metà del sec. 13°, edificio a cinque campate, coperto da volte a crociera costolonata, i cui caratteri rivelano un deciso influsso dell'architettura cistercense - analoghe peculiarità rivela anche la chiesa duecentesca della certosa borgognona di Lugny, fondata nel 1172 -, o ancora dalla chiesa duecentesca della certosa catalana di Scala Dei, coperta da volta a botte spezzata e conclusa da abside semicircolare inserita in una terminazione piatta. Sono anche da ricordare la chiesa consacrata nel 1190 della certosa slovena di Žiče (Seitz), edificio parzialmente rifatto alla fine del sec. 14° con l'inserzione di una terminazione poligonale a sostituire la precedente, rettilinea, nonché i resti delle chiese delle certose di Durbon (dip. Hautes-Alpes) e di Meyriat.L'elemento che caratterizza la struttura interna delle chiese delle certose è la presenza di una netta separazione tra la parte dell'edificio religioso riservato ai padri e quella per i conversi, separazione presente anche nelle chiese di altri ordini, ma che in ambito certosino diventa ancora più netta. Si tratta infatti o di una struttura in muratura, aperta al centro da una porta, del tipo di quella ancora in situ a Pleterje, certosa fondata in Carniola tra il 1403 e il 1407, oppure di un jubé, elemento architettonicamente più articolato, la cui struttura si svolge nella parte alta in una tribuna praticabile; da qui venivano pronunciate le parole della liturgia dalle quali prende il nome: Iube, Domine, benedicere.Tra gli edifici riservati alla vita monastica comune particolare rilievo assume la sala capitolare, articolata in modo molto specifico all'interno dell'Ordine certosino. Prevalentemente a impianto rettangolare, come testimoniano i casi di Vallparadís in Catalogna e di Hinton nel Somerset (fondata nel 1227), le sale capitolari prevedono anche la presenza di un altare; tra i più celebri è quello ricordato nella certosa digionese di Champmol, per il quale venne commissionato uno dei retabli di Melchior Broederlam. A differenza di quanto accade per le strutture con funzioni analoghe in altri ordini religiosi, le sale capitolari certosine si caratterizzano inoltre per essere totalmente chiuse verso il chiostro, dal quale talora sono separate anche da una sorta di anticamera - per es. nel caso di Villefranche-de-Rouergue (dip. Aveyron) - che costituisce un'ulteriore difesa per l'assoluta segretezza delle decisioni prese dal Capitolo, in obbedienza alla specifica norma prevista negli statuti dell'Ordine.La sala del Capitolo è sormontata da un piano riservato all'archivio e alla biblioteca; ne è testimone ancora una volta il duecentesco edificio del Capitolo di Hinton, al cui interno una scala mette in comunicazione i due piani (Hogg, 1975).È ancora la certosa di Hinton a conservare l'importante testimonianza di un'altra struttura per la vita comune dei C., il refettorio, il cui uso era però abbastanza ridotto, limitato ad alcuni momenti dell'anno e della vita monastica. L'edificio è a due navate, coperto da volte a crociera costolonate; strutture mononave sono invece presenti nel sec. 13° a Valbonne (dip. Gard) e nei secc. 14° e 15° a Villefranche-de-Rouergue e a Villeneuve-lès-Avignon, dove il refettorio è di grande ampiezza, in funzione evidentemente di una certosa doppia. Nel refettorio era inserita la cattedra del lettore; di grande rilievo doveva essere quella prevista per la certosa digionese di Champmol, commissionata a Jean de Marville.Questi edifici si disponevano intorno al piccolo chiostro, le cui forme dovevano essere in genere analoghe a quelle della contemporanea architettura degli altri ordini monastici, come testimonia l'intatto esempio di La Lance (cantone di Vaud), costruito intorno al 1320, in cui è attestato il netto influsso dell'architettura cistercense.La galilea, elemento caratterizzante dell'architettura delle certose, era, come si è già visto, più che un chiostro in senso stretto, una struttura di raccordo tra le varie celle e di passaggio verso gli edifici destinati ai momenti della vita comune dei Certosini. Lo stesso nome ne indica la precisa funzione; secondo alcuni Padri della Chiesa galilea significa infatti 'passaggio', 'trasmigrazione', perchè in Galilea Cristo insegnò agli uomini a migrare con lo spirito dalla Terra e dalle cose terrene al cielo; in Galilea inoltre Cristo con la risurrezione passò dalla morte alla vita (Leoncini, 1990) e, in evidente collegamento, per Dionigi il Certosino (Enarratio in capitulum XVII Lucae; Leoncini, 1990) la galilea esprime la vita contemplativa che consiste nel passaggio spirituale dalle cose visibili a quelle invisibili.Occupata al centro dal cimitero della comunità, la galilea aveva forme quadrilatere variabili dal quadrato al trapezio e sistemi di copertura diversi a seconda delle zone. Scarsi, se non del tutto inesistenti, sono i resti relativi a queste strutture nelle fondazioni più antiche; gli scavi hanno restituito le fondazioni di quella di Witham, certosa le cui prime menzioni appaiono tra il 1179 e il 1180, e il perimetro di quella di Hinton; importanti sono invece i resti della galilea della certosa di Scala Dei in Catalogna, già degli inizi del 14° secolo.La cella, luogo dove si svolge buona parte della vita del monaco, è l'elemento più caratteristico e riconoscibile dell'architettura dei Certosini. Se già nella citata descrizione della prima Grande-Chartreuse di Gilberto di Nogent è attestata l'esistenza di celle, solo tra il sec. 12° e il 13° con Adamo Scoto (Liber de quadripertito exercitio cellae) il pensiero certosino elabora intorno a questa parte fondamentale una concezione teologica. La cella viene così equiparata a una Betlemme spirituale, nella quale il monaco riceve la grazia di recare frutti metaforicamente confrontabili con il mettere di nuovo al mondo Cristo. Nella cella, locus voluptatis, bagnato dai quattro fiumi del paradiso, il certosino in ogni istante della sua giornata deve essere dedito a uno di questi quattro esercizi: la lectio, simboleggiata dal Pison; la meditatio, rappresentata dal Ghicon; l'oratio, raffigurata dal Tigri, e l'actio, il lavoro manuale, rappresentato dall'Eufrate (Leoncini, 1990).Le sole celle medievali parzialmente conservate sono quelle della certosa di Villeneuve-lès-Avignon, ormai del pieno sec. 14°; esse comprendono un vestibolo comunicante con la galilea tramite la porta e il piccolo sportello per il passaggio del cibo, una stanza con camino e un'altra non riscaldata. Una scala interna conduce a una stanza superiore destinata a granaio.La disposizione interna delle celle è comunque soggetta a diverse varianti, anche in relazione alle varie condizioni climatiche; uniche caratteristiche che appaiono costantemente privilegiate sono quelle dell'autonomia della singola unità abitativa e del suo isolamento.L'articolazione della certosa, oltre alla struttura della domus superior, prevede, come si è detto, quella della domus inferior, denominata anche correrie, dove si svolgeva sia la vita di lavoro sia quella religiosa dei conversi; per questo essa comprendeva anche un edificio religioso. Si determinava così un'unità autosufficiente, inclusa sempre all'interno del recinto della certosa, il c.d. deserto, spazio di clausura e protezione che deve circondare tutte le certose (Dubois, 1986).Restano parti importanti di alcune correries; a volte si tratta di singole costruzioni, a volte di complessi; è il caso di quella della certosa di Lugny, costituita ancora oggi da tre edifici, di cui solo uno totalmente trasformato. Il principale e più integro, posto su un leggero declivio, si articola su due piani; in quello superiore è posta una cappella, con accesso diretto dall'esterno, scandita in tre campate coperte da volte a crociera costolonate mentre il piano inferiore è costituito da un basso ambiente ugualmente coperto da volte a crociera. I caratteri del complesso denunciano pienamente l'influenza dell'architettura cistercense del primo Duecento.Il timpano della porta di accesso alla cappella reca scolpita l'immagine della croce con al centro dei bracci l'Agnello: si tratta di uno dei rari casi di scultura figurativa pertinente all'ambito certosino, che privilegia quasi costantemente questa iconografia, come è provato anche da due chiavi di volta nella certosa piemontese di Pesio, appartenenti alla ricostruzione promossa nel 1299, e dal portale della cappella della domus inferior di Žiče (Seitz), che reca l'immagine di un Agnello crucifero. A proposito di quest'edificio, va ricordato che sorge nell'od. Spitalič, dove già nel 1189 era documentata l'esistenza di un ospedale (Zadnikar, 1972).Altri importanti resti di domus inferiores sono noti nella certosa provenzale di Val-Sainte-Marie (Aniel, 1983) e in quella inglese di Witham. In Italia, oltre a quella di Pesio - già menzionata nel 1194, nella quale rimangono la cappella di S. Giovanni, il portale d'ingresso e alcune parti medievali di un mulino - e a quella di Monte Benedetto, dipendenza della certosa di Losa, un caso pressoché integro è costituito dal complesso noto con il nome di S. Domenico, che sorge a km. 1 ca. dalla certosa di Trisulti (Righetti Tosti-Croce, 1987; 1990; Vacca, 1991). I C. provenienti da Casotto (la certosa fondata prima del 1172 presso Mondovì) vi si trasferirono nel 1204; esisteva qui un precedente insediamento monastico fondato da s. Domenico da Foligno negli anni 983-986 e poi passato all'Ordine benedettino. Sui resti di questo nucleo si sviluppò la domus inferior della certosa, ancora oggi nota con il nome di S. Domenico o di S. Bartolomeo. Ne sopravvive solo un edificio, le cui murature rivelano peraltro una complessa storia costruttiva, ma intorno a esso i resti di varie murature attestano il più vasto articolarsi del complesso. La costruzione superstite è articolata su due piani con la cappella a navata unica, coperta da volta a botte spezzata al piano alto, con accesso diretto dal pendio sul quale sorge l'edificio; la lunetta della porta è decorata da una semplice croce, motivo che compare anche al di sopra di altre aperture. La parte inferiore dell'edificio è costituita invece da un ambiente rettangolare diviso in due campate e coperto da volte a crociera. I caratteri architettonici e i particolari decorativi dell'intero complesso denunciano l'influsso, se non addirittura la diretta presenza, delle maestranze cistercensi attive nel coevo vicino cantiere di Casamari; la stessa struttura di volta a botte spezzata è, per es., direttamente confrontabile con quella della chiesa cistercense di S. Maria di Palazzolo sul lago di Albano. Nessun riferimento storico preciso consente di datare l'edificio, ma le caratteristiche architettoniche e decorative lo riferiscono ai primi decenni del Duecento.Unico altro documento medievale superstite della certosa, che fu quasi integralmente rifatta tra Seicento e Settecento, è il c.d. palazzo di Innocenzo III, il pontefice che aveva favorito l'insediamento a Trisulti dei C.; si tratta di un edificio a due piani, preceduto da un portico che prospetta sullo spiazzo antecedente la facciata della chiesa, aperto nel piano superiore da bifore pesantemente restaurate.All'interno delle certose non è rara la presenza di residenze private degli stessi committenti che di fatto si impegnarono nella costruzione: è il caso di Filippo VI di Valois nella certosa di Bourg-Fontaine (dip. Aisne), o di Niccolò Acciaiuoli nella certosa di Firenze, fondata appunto a sue spese nel 1342. Ma, oltre a ciò, sono documentati all'interno delle certose anche edifici religiosi riservati ai nobili committenti: a Champmol i duchi di Borgogna si fecero costruire un oratorio, mentre ai primi del Quattrocento il cardinale Angelo Acciaiuoli promuoveva la costruzione della cappella della Vergine nella certosa di Firenze. Si tratta di interventi avvenuti tutti, salvo il caso di Trisulti, fra Trecento e Quattrocento, periodo in cui il ruolo dei ricchi nobili committenti si faceva sempre più deciso, tanto da portare le figure scolpite di Filippo II l'Ardito e della moglie Margherita di Fiandra ai lati della Vergine nel trumeau della certosa di Champmol, opera di Claus Sluter, Jean de Marville e Pierre Beauneveu. In questa certosa i duchi di Borgogna avevano previsto anche il luogo delle loro sepolture.Oltre alle strutture di lavoro che dovevano appartenere alle domus inferiores, le varie attività lavorative, in particolare quelle agricole, furono svolte facendo riferimento a grange; pur non avendo importanza analoga a quella che assumono presso i Cistercensi, alcune grange collegate a certose costituiscono testimonianze primarie di questo particolare tipo di architettura funzionale al lavoro. È, per es., il caso della grangia della certosa di Montdieu (dip. Ardennes), a tre navate (m. 3520), costruita nell'inoltrato Duecento con caratteri architettonici derivati dalle più note strutture cistercensi. Alla stessa certosa appartiene anche la trecentesca Ferme de Bar. Sono poi superstiti parti importanti della grangia della Rivoire, presso la certosa di Arvières, e di quella della certosa provenzale di Montrieux-le-Jeune, nonché, a Cansovero di Morozzo (prov. Cuneo), parti della grangia dipendente dalla certosa fondata prima del 1172 a Casotto.Quanto agli edifici di servizio, la certosa di Villeneuve-lès-Avignon conserva un interessante forno databile al sec. 14°; è una struttura articolata su tre piani: il piano terreno contiene il forno vero e proprio, mentre il primo piano, coperto da volte a crociera, e il secondo erano destinati a conservare il grano e la farina. Un sistema di condutture in legno collega i piani superiori al piano terra, consentendo di convogliare direttamente e agevolmente i prodotti conservati ai piani superiori; l'edificio è inoltre servito da un efficiente sistema di acqua corrente (Devaux, 1962).Nella stessa certosa è di grande interesse anche la cantina, detta du Pape, edificio anch'esso del sec. 14° articolato su due piani, entrambi coperti da volta a botte; il piano terreno è diviso in due campate da un sistema di tre pilastri e il pavimento, in discesa, è collegato a un sistema di raccolta dei liquidi.Anche i C., così come i Cistercensi, ebbero un vivo interesse per i sistemi idraulici e curarono particolarmente l'impianto dei loro insediamenti in relazione a sorgenti e corsi d'acqua; il sistema di condutture sotterranee che convogliano l'acqua di una fonte alla certosa di Montdieu e le analoghe strutture, sempre sotterranee, di Le Liget (dip. Indre-et-Loire), fondata tra il 1176 e il 1183, destano particolare interesse. La chiesa di questa certosa, ridotta ad alcuni resti, conserva inoltre nella muratura un notevole sistema di vasi fittili, funzionali alla perfetta acustica dello spazio sacro e alle esigenze di una liturgia prevalentemente cantata. Vasi acustici sono inseriti anche nei muri della chiesa della certosa di Villeneuve-lès-Avignon e in quella slovena di Pleterje.Il ramo femminile dell'Ordine certosino nacque nell'inoltrato sec. 12°, quando il monastero di Prébayon in Provenza - che fino al 1140 aveva seguito la Regola monastica di s. Cesario di Arles e quindi un tipo di vita in qualche modo simile nel suo rigore a quello certosino - chiese di essere affiliato all'Ordine certosino (Pasztor, 1987). Per ca. un quarantennio Prébayon rimase l'unica certosa femminile; alla fine del sec. 12° se ne contavano in tutto solo due e nel successivo dodici. In Italia certose femminili sono presenti solo in Piemonte, con le fondazioni duecentesche di Belmonte, vicino Busca, Buonluogo e Bricherasio (Pasztor, 1987), alla quale sembra riferibile una piccola chiesa affiancata da un campanile di forme romaniche che sorge presso Virle (Guida, 1991).L'unica certosa femminile con parti medievali ancora ben leggibili è quella di Mélan (dip. Haute-Savoie), fondata nel 1292 per munificenza dei Savoia; la loro insegna, la croce, è scolpita in vari punti dell'edificio. Restano la chiesa - a navata unica, consacrata nel 1290, che, nonostante il restauro del 1774, conserva alcuni elementi originali, come le finestre dell'abside -, la sala capitolare, di imponenti dimensioni, ricavata all'interno di una cappella preesistente, e il refettorio. Anche per il diverso tipo di vita comune delle Certosine, non isolate all'interno di celle singole, l'articolazione delle certose femminili è diversa da quelle maschili; le celle sono sostituite per es. da partizioni interne dell'edificio riservato a dormitorio.
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