CERVELLO E COMPUTER.
– Protagonisti a confronto. Complessità strutturale. Ricevere e distinguere le informazioni. Plasticità e memoria. Funzionamento. Conclusioni
Le conoscenze sempre più approfondite sul funzionamento del cervello e la sempre maggiore sofisticazione degli strumenti informatici – di cui calcolatori (computer), smartphone e tablet sono l’espressione più tangibile – ci spingono a confrontare le loro modalità di operare. Tre sono le domande più interessanti: quanto siano assimilabili computer e cervello, quale dei due sia più efficace, e in che misura lo sviluppo di strumenti informatici sempre più potenti e affidabili possa costituire un pericolo per gli individui e per la società. Mentre la discussione su quest’ultima eventualità è prematura per l’insufficienza di dati al riguardo, le differenze e le possibili analogie tra cervello e computer possono essere già analizzate e discusse.
Protagonisti a confronto. – Semplificando, si può dire che sia il cervello sia il computer sono stati messi a punto (rispettivamente dalla natura e dall’uomo) per uno stesso scopo funzionale. Sono entrambi capaci di ricevere segnali dall’esterno, elaborarli, memorizzarli se necessario, ed emettere una risposta. Questa funzione generale però non ci aiuta ad analizzare la loro somiglianza, perché dedurre che il computer sia in grado di operare nello stesso modo del cervello in base al fatto che sono entrambi elaboratori d’informazioni, è come assimilare aeroplani, uccelli e aquiloni perché sono in grado di volare. Anche se il paragone sull’analogia di funzioni comuni è troppo vago, si può ritenere sensata l’idea che per certi aspetti – per es. la capacità di fare calcoli matematici – un computer sia assimilabile al cervello. Da questo punto di vista, pertanto, il confronto è molto interessante.
Una prima osservazione è che il cervello ‘produce’ la mente – responsabile di funzioni psichiche come la cognizione, l’emozione, la coscienza di sé – mentre i computer sono attualmente privi di facoltà mentali comparabili, né è chiaro se potranno acquisirle in futuro.
Un computer digitale è uno strumento a stati discreti che immagazzina rappresentazioni simboliche e le manipola secondo certe regole sintattiche (algoritmi). La teoria computazionale della mente, che non è mai stata convalidata, sostiene che il cervello sia proprio un computer digitale e che il pensiero e le altre funzioni psichiche siano rappresentazioni ottenibili attraverso il calcolo. Secondo questa ipotesi, un computer, seppure attraverso algoritmi molto complessi, dovrebbe essere in grado di produrre le funzioni mentali. Quest’idea è stata avanzata fin dagli albori del computer ed è stata discussa dai pionieri dei calcolatori e dell’intelligenza artificiale, come Alan Turing (1936, macchina di Turing), Alonzo Church (1936, che propose idee simili a quelle di Turing) e John von Neuman (1945, progettazione del primo computer simile a quelli poi effettivamente realizzati). Il computer funziona indubbiamente ‘facendo calcoli’, ma la mente, l’intelligenza o la coscienza sono quantità calcolabili attraverso una manipolazione di simboli guidata da regole sintattiche? Secondo alcuni informatici la risposta è affermativa – anche se fino a oggi nessuno è riuscito a dimostrare questa conclusione – mentre altri sostengono il contrario. Calcolare la coscienza con appositi algoritmi sarebbe un problema – del tipo di quelli chiamati NP-completi nella teoria della complessità – in cui il numero di operazioni necessarie aumenta esponenzialmente con l’aumentare della grandezza del problema, cosicché è possibile che ci possano essere computer con un certo grado di funzioni comparabili a quelle cerebrali. I computer delle ultime generazioni sono più efficienti del cervello nell’eseguire complicati calcoli matematici o richiamare certe informazioni, mentre sono nettamente inferiori al cervello in altri compiti apparentemente semplici come il riconoscimento dei visi, funzione che crea problemi anche ai più raffinati elaboratori, mentre appare un’attività estremamente semplice alla nostra mente. I modelli più recenti sulle modalità con le quali il cervello apprende velocemente a riconoscere e concettualizzare i visi e altre attività del genere si riferiscono a reti probabilistiche di tipo bayesiano, che tuttavia non costituiscono i modelli con i quali vengono oggi ingegnerizzati i computer.
Spesso il cervello impara e prende decisioni in maniera intuitiva o inconscia. Il computer esegue istruzioni date dall’esterno attraverso i programmi e non è capace di fare altro che non sia già scritto in tali programmi. Di fatto, computer e cervello operano in modo diverso se si considera, per es., l’importanza della velocità, o frequenza, di clock (segnale periodico) dei processori (CPU, Central Processor Unit) dei computer. Maggiore è questa frequenza, più numerose sono le operazioni che possono essere eseguite in un dato tempo. La frequenza di clock dei processori attuali (3 GHz) è ormai prossima al limite massimo e per aumentare le prestazioni dei computer vengono utilizzati più processori che funzionano in parallelo. La velocità di clock non costituisce invece un aspetto chiave per i circuiti del cervello, che lavorano a una frequenza di soli 50 Hz, ossia circa 60 milioni di volte inferiore.
Complessità strutturale. – Si possono considerare anche altre qualità del cervello che il computer non possiede, riguardanti la miniaturizzazione, la struttura e la connettività degli elementi responsabili delle operazioni (neuroni e sinapsi), terminali di elaborazione dell’informazione.
Il cervello contiene circa 100 miliardi di neuroni di differenti tipi, e un numero da 10 a 50 volte maggiore di cellule gliali che assistono i neuroni nelle loro attività. Ciascun neurone riceve impulsi per mezzo di fibre nervose denominate dendriti, elabora queste informazioni e invia segnali tramite altre fibre nervose denominate assoni. La comunicazione fra dendriti e assoni avviene tramite le sinapsi, la cui quantità può variare da qualche migliaio a diverse decine di migliaia per ciascun neurone. Così il numero di operazioni elementari che il cervello è in grado di fare in ogni momento è pari al numero dei neuroni per il numero delle sinapsi di ciascun neurone. Considerando che un neurone ha in media 10.000 sinapsi, ne consegue che il numero di operazioni è circa 1015, ossia un milione di miliardi. Per quest’intensa attività il cervello dell’uomo consuma dieci volte più energia degli altri organi del corpo a parità di peso, ma è un consumo irrisorio (equivalente a 20-50 W), se consideriamo che un normale computer ne consumerebbe una quantità un miliardo di volte maggiore per compiere lo stesso numero di operazioni.
Per superare i difetti dovuti alla tradizionale architettura dei microchip, l’IBM (International Business Machines) ha recentemente creato TrueNorth, un microchip ispirato all’architettura del cervello. Grande come un francobollo, alloggia 4096 processori e contiene 1 milione di neuroni e 256 milioni di sinapsi – entrambi elettronici – con un consumo molto basso di energia: è in grado di compiere 46 miliardi di operazioni al secondo per watt di energia consumata. Si tratta del corrispettivo del cervello di un’ape.
L’elevatissimo numero di neuroni e l’intricato sistema di connessioni neuronali – contatti sinaptici e circuiti di neuroni – sono fondamentali per le attività della mente. Per affrontare questo problema, è stato lanciato il progetto del connettoma umano (Human connectome project), che ha lo scopo di costruire una mappa della connettività sia strutturale sia funzionale del cervello umano.
Ricevere e distinguere le informazioni. – Un’altra grande differenza fra cervello e computer riguarda la ricezione e la discriminazione degli impulsi e dei segnali esterni. Il cervello si è evoluto in stretta relazione con l’ambiente esterno e una sua funzione cruciale è distinguere e rispondere all’estrema varietà di stimoli che provengono dall’ambiente o dalle interazioni con le altre persone o cose. Attraverso i cinque sensi, il cervello riceve e discrimina una grandissima varietà d’impulsi. Il sistema olfattivo, per es., sa distinguere migliaia e migliaia di odori diversi. Oltre agli impulsi sensoriali esterni, il cervello riceve una varietà di segnali interni dal sistema nervoso periferico, dai ricordi rievocati, da emozioni e da stati d’animo coscienti o inconsci. Il cervello elabora e integra questi segnali e invia a sua volta segnali al sistema periferico e a parte del corpo, produce decisioni razionali, risposte comportamentali, emozionali o di altra natura tramite il sistema neuronale. In un computer, gli impulsi sono solo di natura elettrica e sono interpretati dai sistemi software, assimilabili ai sistemi sensoriali dell’uomo, ai quali probabilmente si sono ispirati i loro artefici. I due sistemi di ricezione dei segnali sono basati su regole in qualche modo assimilabili, ma utilizzano sistemi totalmente differenti che riguardano la quantità di bit d’informazione processata per unità di tempo e la velocità con la quale i messaggi circolano nelle vie nervose o nei microchip dei computer. Gli impulsi nervosi (potenziali d’azione) viaggiano a una velocità massima di 150 m/s se le fibre nervose sono rivestite dalla guaina mielinica, una specie di isolante lipidico la cui assenza si riflette in una diminuzione della velocità. La malattia degenerativa chiamata sclerosi multipla distrugge progressivamente questa guaina rallentando la trasmissione dei segnali e facilitando il corto circuito.
Gli impulsi in un computer viaggiano alla velocità della luce (circa 300.00 km/s), enormemente maggiore rispetto alle fibre nervose. Da questo punto di vista, il cervello ha prestazioni infinitamente inferiori e non potrebbe mai competere con un microchip, se il confronto fosse basato esclusivamente sulla velocità di trasmissione. Questa supremazia dei sistemi elettronici spiega il motivo per cui sono sempre più impiegati come supplenti di funzioni umane che richiedono reazioni rapide e immediate, equiparabili a un riflesso condizionato di un animale.
Plasticità e memoria. – Il confronto risulta meno semplice per un’altra proprietà del cervello, la plasticità, che è la proprietà dei neuroni e delle sinapsi di mutare assetto circuitale in ogni parte del cervello in risposta all’ambiente esterno e a segnali interni. Inoltre, il cervello ha la capacità di produrre, anche se in misura minore con il progredire dell’età, nuovi neuroni che possono rimpiazzare quelli danneggiati e memorizzare nuovi tipi d’informazione. Questa possibilità di variabilità perenne e ubiquitaria, che mantiene stabili i grandi circuiti neurali, non sembra essere raggiungibile con le attuali architetture dei computer.
Una componente fondamentale della plasticità riguarda la capacità del cervello di memorizzare gli eventi che, di volta in volta, sono giudicati dai sistemi neurali meritevoli di fissazione per tempi più lunghi di quelli che costituiscono la trasmissione di segnali da una sinapsi a un’altra. Da questo punto di vista le sinapsi rappresentano i terminali operativi: in queste minuscole sedi delle dimensioni di pochi nanometri viene valutato se l’impulso che le attraversa deve passare alla struttura postsinaptica immediatamente, rimanere per tempi dell’ordine di minuti o essere fissato per tempi più lunghi, che possono estendersi per tutta la vita di un uomo. Chi non ricorda ‘come fosse ieri’ il giorno della laurea o di un appuntamento che si è concretizzato in una scelta di vita?
Il problema della capacità di memoria di cervello e computer sfugge a paragoni quantitativi e qualitativi, perché scarsa è la confrontabilità. Non si può nascondere ammirazione per la velocità con la quale un computer fissa in pochi istanti un testo lungo anche qualche centinaia di pagine. La velocità di esecuzione appare, da questo punto di vista, incomparabile e si estende anche a tutte le me morie ‘quantitative’ come la memorizzazione e il richiamo di un’immagine, di un motivo musicale o altro. Il cervello dell’uomo, al contrario, appare primeggiare quan do un determinato ricordo stimola una serie di associazioni collegate: la rievocazione mnemonica del dipinto della Monna Lisa può suscitare nel nostro cervello un insieme di altri ricordi che rapidamente affluiscono, affollandosi alla nostra coscienza. Esistono già computer che possono compiere contemporaneamente associazioni così diversificate con un processamento dell’informazione non solo in serie, ma anche in parallelo? Su questo punto le opinioni sono divergenti.
Funzionamento. – C’è una differenza sostanziale tra i due sistemi operativi, che riguarda la loro natura e il loro modo di operare fisico e che costituisce al tempo stesso un valico pressoché insuperabile. Mentre il computer impiega esclusivamente segnali elettrici che si propagano, come accennato, alla velocità della luce, il cervello impiega un duplice sistema binario costituito da segnali elettrici (assimilabili a quelli dei computer, ma molto più lenti) e segnali di natura biochimica. Impulsi elettrici e segnali chimici sono funzionalmente collegati e si alternano in sequenza. Per es., un impulso elettrico (potenziale d’azione) generato nel corpo di un neurone viaggia lungo l’assone; quando raggiunge una sinapsi con un secondo neurone, determina il rilascio di un segnale chimico (neurotrasmettitore) che diffonde nello spazio intersinaptico e viene captato dal dendrite del secondo neurone, dove genera un nuovo impulso elettrico che può portare il secondo neurone a emettere un potenziale d’azione. Ma poiché esistono neurotrasmettitori di tipo eccitatorio o inibitorio, il neurone dovrà valutare, a seconda della preponderanza dei primi o dei secondi, se continuare la risposta o bloccarla. Al tempo stesso, si mette in moto un complesso processo biochimico che causa modifiche a livello della sinapsi, ma può anche coinvolgere il DNA (DeoxyriboNucleic Acid) nel nucleo e modulare l’espressione dei geni. Come risultato si può avere un rafforzamento o un indebolimento della connessione tra il primo e il secondo neurone, che può essere più o meno duraturo. Questa plasticità delle sinapsi è alla base dei processi cognitivi e non ha riscontro nell’architettura degli attuali computer.
L’impiego di sistemi chimici ed epigenetici nell’ambito della trasmissione dell’informazione introduce una grandissima variabilità nella modalità operativa, che si estende alle caratteristiche di un essere vivente riguardanti il comportamento nel suo complesso. Gli studi condotti negli ultimi decenni hanno indicato che il comportamento, sia normale sia patologico – malattie mentali incluse –, è solitamente associato a un cattivo funzionamento della componente chimica della neurotrasmissione e a modifiche epigenetiche nell’espressione dei geni. Fenomeni complessi come l’umore, l’emotività, l’aggressività e altri comportamenti che caratterizzano l’uomo e in larga parte il mondo animale, sono ascrivibili ad alterazioni del codice di comunicazione che riguardano soprattutto la parte biochimica e quella epigenetica, piuttosto che quella elettrica. In sostanza, i circuiti logici del cervello, quelli che in certa misura sono assimilabili a quelli dei computer, sono immersi in un bagno di sostanze chimiche che ne possono sempre modulare il funzionamento.
Conclusioni. – Il nostro cervello non può essere assimilato a un potentissimo elaboratore di algoritmi matematici, ma, grazie alla sua fortissima relazione con l’ambiente esterno e ai diversi meccanismi biochimici ed epigenetici che sono attivi nei neuroni, è in grado di compiere rapidamente operazioni complesse e sofisticate che gli attuali computer non sarebbero in grado di eseguire. Tuttavia, particolari aspetti delle funzioni cerebrali – principalmente quelli cognitivi – possono essere eseguiti da un computer anche meglio che dal cervello.
Con lo scopo di simulare le varie funzioni del cervello, è in corso una grande iniziativa di ricerca, il progetto Blue brain, il cui obiettivo è ricostruire pezzo per pezzo il cervello e creare in un supercomputer un cervello virtuale che potrebbe rappresentare uno strumento formidabile per comprendere meglio il nostro cervello e chiarire le basi di talune malattie che lo colpiscono. Comunque, il campo dell’intelligenza artificiale finalizzato a ingegnerizzare con i computer gli aspetti delle funzioni mentali sembra ancora agli esordi. Del resto, il nostro cervello è il prodotto di qualche milione d’anni d’evoluzione naturale, e non si può pretendere dai costruttori di intelligenza artificiale di ridurre questo tempo a pochi decenni.