Cervello
Il cervello è la parte anteriore dell'encefalo (v. Testa: Encefalo). Di forma ovoidale, è contenuto nella scatola cranica e comprende i due emisferi cerebrali e il diencefalo, distinto in talamo e ipotalamo. I due emisferi, destro e sinistro, sono separati da una scissura mediana profonda, mentre ciascun emisfero è a sua volta suddiviso da altri solchi che delimitano cinque lobi (frontale, parietale, temporale, occipitale e limbico) e svariate circonvoluzioni. Nel cervello si distinguono due sostanze nervose fondamentali: la sostanza grigia della corteccia cerebrale e dei nuclei profondi telencefalici e diencefalici e la sostanza bianca del centro ovale e dei tratti di connessione. Nei Mammiferi superiori, il cervello determina o influenza in maniera essenziale il funzionamento delle altre parti del sistema nervoso centrale, assumendo il ruolo di organo primario per il controllo del comportamento.
Il cervello è la parte più sviluppata e funzionalmente più importante del sistema nervoso dei Mammiferi. Esso presiede sia alle funzioni della vita vegetativa, sia a quelle della vita di relazione, coordinando e integrando in un tutto armonico le attività dei vari organi del corpo e consentendo all'individuo di interagire con il suo ambiente, in modo da aumentare, in ultima analisi, le sue possibilità di sopravvivenza e riproduzione. Di fatto il funzionamento del cervello costituisce il fondamento primario dell'individualità biologica e dell'identità personale, tanto è vero che la legislazione vigente in gran parte del mondo equipara la morte del cervello a quella della persona, indipendentemente dalla persistenza del funzionamento di altri organi, come il cuore, i reni o il fegato.In accordo con la teoria cellulare classica, si ritiene che l'unità di base del funzionamento cerebrale sia il neurone, cellula specializzata nella generazione e nell'invio di segnali elettrici, nella sintesi e nella secrezione di sostanze chimiche, e nelle reazioni alle sostanze prodotte dal neurone stesso o da altri neuroni. L'attività individuale dei neuroni cerebrali si avvale peraltro del supporto strutturale e fisiologico delle cellule gliali, che svolgono funzioni di sostegno, rivestimento e nutrizione nei riguardi dei neuroni: macroglia (oligodendrociti, astrociti) e microglia. Mentre il funzionamento di molti organi non nervosi, come, per es., il fegato o una qualsiasi ghiandola endocrina, può essere visto come la sommatoria delle funzioni delle singole cellule che li costituiscono, ciò non vale per il cervello che opera grazie alla capacità dei neuroni di comunicare tra di loro tramite connessioni sinaptiche selettive, sia eccitatorie sia inibitorie, e di combinarsi in insiemi la cui attività risponde a leggi e persegue finalità che trascendono quelle delle attività dei singoli neuroni. Secondo il principio della specializzazione funzionale, il cervello può essere visto come un complesso di sistemi neuronali parzialmente indipendenti, ciascuno adibito all'espletamento di una propria funzione specifica, come, per es., il controllo della respirazione, della visione, del linguaggio. A identificare un sistema neuronale cerebrale concorrono, oltre alla funzione espletata, criteri anatomici, fisiologici, embriologici, comparativi e per alcuni aspetti anche evolutivi. I neuroni di un sistema funzionale cerebrale sono uniti da connessioni altamente selettive, organizzate secondo principi che possono essere propri del sistema stesso, ma più spesso sono comuni ad altri sistemi; la specializzazione funzionale di ogni sistema deriva infatti più dai suoi collegamenti specifici con la periferia di senso e gli effettori muscolari e ghiandolari che dalla sua organizzazione intrinseca. La specificità funzionale dei sistemi neuronali cerebrali non comporta una loro completa segregazione, anzi le loro attività sono coordinate da collegamenti reciproci e da centri con proiezioni diffuse che hanno il compito di conferire unitarietà alle attività del cervello e quindi di tutto l'organismo. È solo in questo senso, e non certo per negare la separazione di funzioni differenti in diversi sistemi neuronali cerebrali, che si può affermare che il cervello funziona come un tutto unico.
Non vi sono differenze tra i singoli neuroni del cervello umano e quelli degli altri Mammiferi o anche degli altri Vertebrati. Le variabili che differenziano i cervelli delle diverse specie sono le dimensioni del cervello, il numero di neuroni che lo costituiscono e il piano dettagliato delle connessioni tra i neuroni. Nelle varie specie di Mammiferi la massa dell'intero encefalo varia dai 260 mg del topolino ai 25 g del gatto, dai 1350 g dell'uomo ai 2700 g dell'orca e ai 4200 g dell'elefante. È evidente che l'encefalo è grande in animali grandi e piccolo in animali piccoli, ma la relazione tra massa encefalica e massa corporea non è lineare. In realtà è importante considerare il quoziente di encefalizzazione, un indice relativo della grandezza dell'encefalo rispetto al corpo. I Primati hanno un quoziente di encefalizzazione superiore a quello di tutti gli altri Mammiferi, e l'uomo ha un quoziente di encefalizzazione superiore a quello di tutti gli altri Primati. Si può ipotizzare che la massa encefalica includa una componente irrinunciabile che serve al controllo delle attività biologiche elementari, commisurate alle dimensioni del corpo, e una componente variabile al servizio di funzioni per semplicità definibili 'superiori' o 'intelligenti'. L'elevato quoziente di encefalizzazione dei Primati e soprattutto dell'uomo è attribuibile a un maggiore sviluppo della seconda componente e a un maggiore sviluppo del cervello rispetto al resto dell'encefalo, in confronto a tutti gli altri Mammiferi. Si ritiene che le linee evolutive dell'uomo e dello scimpanzé (il primate non umano esistente biologicamente più vicino all'uomo da un punto di vista genetico e biochimico) si siano divise 5 milioni di anni fa. Dalla capacità dei crani fossili di varie specie di Ominidi australopitechi vissuti in Africa da 4,4 a 2,5 milioni di anni fa si ricava che il loro encefalo aveva un volume di circa 400 ml, all'incirca pari a quello dello scimpanzé esistente; tuttavia, poiché i loro scheletri suggeriscono che essi avessero un corpo più piccolo di quello dello scimpanzé, il loro quoziente di encefalizzazione era già maggiore di quello dei Primati non umani tuttora esistenti. Pertanto, sembra che la linea degli Ominidi che ha portato all'uomo moderno sia stata soggetta fin dall'inizio a una pressione evolutiva favorente la selezione di individui con un encefalo e soprattutto con un cervello di grandi dimensioni.
Un ulteriore aumento del volume della capacità cranica e quindi delle dimensioni dell'encefalo e del cervello si è avuto nell'Homo habilis, vissuto da 2,3 a 1,6 milioni di anni fa (500-800 ml), nell'Homo erectus, vissuto da 1,9 a 0,3 milioni di anni fa (750-1250 ml) e soprattutto nell'Homo sapiens, comparso circa 0,4 milioni di anni fa (1100-1700 ml). Resoconti dettagliati su parametri dimensionali del cervello dell'uomo attuale sono stati forniti grazie a numerosi dati autoptici raccolti in Danimarca (Pakkenberg-Gundersen 1997). La media del volume dell'encefalo umano in soggetti di ambo i sessi di età variabile dai 20 ai 90 anni è risultata pari a circa 1350 ml (1430 ml nel maschio e 1260 ml nella femmina, differenza imputabile principalmente alla dicotomia sessuale riguardo al peso corporeo). L'area della superficie corticale è risultata pari in media a 1850 cm2 (1900 cm2 nell'uomo e 1680 cm2 nella donna), e il volume corticale pari in media a 480 cm3 (517 cm3 nell'uomo e 440 cm3 nella donna). Il numero dei neuroni corticali, che costituiscono circa la metà di tutti i neuroni encefalici e la stragrande maggioranza dei neuroni del cervello, è risultato pari in media a 21,5 miliardi (22,8 miliardi nell'uomo e 19,3 miliardi nella donna); dai 20 ai 90 anni di età si constata una riduzione del numero di neuroni corticali dell'ordine del 9,5%, valore corrispondente a una perdita media giornaliera di 85.000 neuroni. Comparativamente, il cervello umano moderno è circa tre volte più grande di quello che ci si aspetterebbe di trovare in uno scimpanzé di peso corporeo pari a quello dell'uomo. L'importanza funzionale del cervello dell'uomo è suggerita dal fatto che la parte dell'encefalo umano avente uno sviluppo maggiore rispetto alle parti corrispondenti dell'encefalo di Primati non umani è la corteccia cerebrale (soprattutto nella regione prefrontale), mentre la differenza volumetrica minima tra l'uomo e gli altri Primati si osserva nel bulbo e nel diencefalo.
Mentre non vi sono differenze significative tra l'uomo e gli altri Primati nello spessore della corteccia cerebrale, che varia da area ad area da 2 a 3 mm, ben diversa è la percentuale del volume totale occupato dalla corteccia cerebrale. Nelle varie specie dei Mammiferi varia infatti dal 15% dei Marsupiali, al 25% dei Roditori, al 50% dei Carnivori, al 75% delle grandi scimmie antropomorfe e a oltre l'80% dell'uomo. L'espansione della corteccia nei Primati e soprattutto nell'uomo è dovuta, più che a un aumento del volume intracranico, al fatto che la superficie degli emisferi assume un andamento spiccatamente ondulato, con salienze, dette giri o circonvoluzioni, che si alternano in maniera abbastanza regolare con rientranze, chiamate solchi o scissure. Questa caratteristica morfologia cerebrale, denominata girencefalia, per contrapposizione con la lissencefalia (cervello liscio) dei Mammiferi inferiori e di altri Vertebrati, è interpretata come il prodotto di una strategia evolutiva atta a incrementare l'area totale della superficie degli emisferi, e, di conseguenza, a espandere la corteccia cerebrale, senza peraltro richiedere aumenti del volume intracranico.
Durante la gravidanza la crescita del cervello rispetto al corpo avviene con la stessa velocità nello scimpanzé e nell'uomo, ma dopo la nascita la crescita del cervello rallenta marcatamente nello scimpanzé, cosicché il volume finale raggiunto dal cervello è solo due volte quello del cervello neonatale, mentre nei primi due anni di vita il cervello dell'uomo continua a crescere con la stessa velocità di quello del feto, quadruplicando così il suo volume neonatale. In tutti i Primati la crescita postnatale del volume cerebrale avviene per aumento non del numero di neuroni, ma dello spazio occupato dall'intreccio dei loro prolungamenti, il neuropilo. Lo scimpanzé adulto possiede un cervello che gli basta per avere: l'autocoscienza, almeno in forma rudimentale; la capacità di comunicare a gesti (ma non vocalmente per inadeguatezza della sua laringe) con la competenza di un bambino di due anni e mezzo; la tendenza ad attribuire il comportamento altrui a processi mentali ('teoria della mente'); l'abilità di ideare e costruire semplici arnesi per il raggiungimento di scopi specifici. Gli aspetti esclusivi, allo stesso tempo biologici e culturali, della specie umana, come il linguaggio, un'autocoscienza basata su una memoria che può spaziare nel passato vicino e lontano come nel futuro, l'arte, la scienza, la tecnologia, l'organizzazione sociale, possono essere ascritti al possesso di un cervello molto più grande di quello di uno scimpanzé, ma non solo a quello (v. mente). Nell'evoluzione umana l'aumento dimensionale del cervello è stato preceduto da una profonda riorganizzazione della struttura cerebrale primitiva, avvenuta presumibilmente in un antenato comune dell'uomo e dello scimpanzé. Questa riorganizzazione include: la riduzione della corteccia visiva primaria e l'espansione di aree visive superiori e di aree polisensoriali nei lobi occipitale e parietale, avvenute tra 3 e 4 milioni di anni fa; la modificazione del lobo frontale, avvenuta tra 2,5 e 1,8 milioni di anni fa soprattutto in corrispondenza dell'area di Broca, specializzata nelle funzioni espressive del linguaggio vocale e probabilmente anche gestuale; la comparsa di un'asimmetria anatomica tra gli emisferi cerebrali, consistente in un maggior sviluppo relativo della parte anteriore dell'emisfero destro e della parte posteriore dell'emisfero sinistro, e caratterizzata da una maggiore lunghezza e un andamento più rettilineo della scissura silviana a sinistra rispetto a quella di destra.
L'affermarsi della comunicazione vocale nella specie umana si fa risalire alla comparsa dell'Homo sapiens, ma è probabile che il linguaggio vocale sia stato preceduto da un lungo periodo in cui gli Ominidi comunicavano con un linguaggio gestuale denotativo, assai più espressivo dei gesti connotativi ed emotivi con cui l'uomo moderno accompagna la parola. La transizione tra linguaggio gestuale e linguaggio vocale può essere stata facilitata dall'emergenza e diffusione di un allele genetico grazie al quale un singolo emisfero, il sinistro nella stragrande maggioranza degli individui, ha assunto il controllo delle mani e dell'emissione vocale.
La corteccia cerebrale è il manto di sostanza grigia che ricopre la superficie degli emisferi cerebrali dei Mammiferi. L'importanza che essa ha nell'organizzazione del sistema nervoso è proporzionale all'evoluzione del cervello e del comportamento, come ben dimostra la semplice analisi comparativa delle percentuali del volume totale intracranico occupato dalla corteccia cerebrale in varie specie di Mammiferi (v. sopra). All'enorme sviluppo della corteccia nel sistema nervoso dell'uomo è lecito collegare l'emergenza di caratteristiche mentali e comportamentali ritenute peculiari della specie umana, tra cui, come già detto, il linguaggio, l'autocoscienza e la logica. Va tuttavia riconosciuto che nessuna funzione può essere localizzata unicamente nella corteccia cerebrale, se si considera che questa può esplicare le sue attività solo interagendo continuamente con il resto del sistema nervoso. Qualsiasi aspetto dei processi mentali, del comportamento, delle regolazioni delle funzioni vegetative costituisce infatti il risultato finale dell'attività complessiva del sistema nervoso, nella quale i contributi della corteccia cerebrale si fondono e si integrano con quelli di molte altre strutture nervose extracorticali.
a) Anatomia. La maggior parte della corteccia cerebrale (circa il 95% nell'uomo) presenta una caratteristica organizzazione a sei strati sovrapposti di cellule, numerati a partire dalla superficie degli emisferi. Questa parte della corteccia, sede primaria del suddetto processo evolutivo di espansione, costituisce la neocorteccia. Il resto della corteccia cerebrale, limitato a porzioni circoscritte delle facce inferiore e mediale degli emisferi, comprende la paleocorteccia e l'archicorteccia, nelle quali l'organizzazione cellulare differisce da quella della neocorteccia per un minor numero di strati, o per irregolarità o addirittura mancanza di stratificazione. La paleocorteccia e l'archicorteccia vengono considerate porzioni evolutivamente antiche della corteccia poiché, al contrario della neocorteccia, sono presenti anche nel cervello di Vertebrati non mammiferi, dove sono al servizio, oltre che del senso dell'olfatto, anche di importanti funzioni di controllo del comportamento da parte della memoria e dell'emotività. Queste funzioni integrative generali sono peraltro mantenute dalle parti più antiche della corteccia anche nei Mammiferi superiori.
I neuroni neocorticali si formano in una matrice cellulare distante dalla superficie emisferica, in un periodo compreso tra il secondo e il quarto mese di vita intrauterina. Essi raggiungono la loro sede definitiva migrando lungo guide fornite da cellule della glia radiale, una componente temporanea del cervello destinata a sparire durante la maturazione. Si ritiene che la formazione della neocorteccia comporti una giustapposizione in senso parallelo alla superficie corticale di molteplici unità relativamente indipendenti, identiche o simili per struttura e funzionamento. Ciascuna di queste unità si estende dalla superficie emisferica alla sostanza bianca sottostante la corteccia; essa è costituita da un aggregato verticale di neuroni migrati lungo una singola guida di glia radiale e uniti tra di loro da sinapsi chimiche.
Tra i neuroni corticali, si distinguono i neuroni piramidali e i neuroni polimorfi che danno origine a fibre di proiezione verso centri lontani, e i neuroni stellati spinosi e non spinosi che assicurano i collegamenti brevi intracorticali. I neuroni stellati non spinosi - circa il 20% della popolazione totale - hanno funzione inibitoria nei confronti di altre cellule corticali, in particolare delle cellule piramidali, e la esercitano tramite il neurotrasmettitore acido gamma-aminobutirrico. I neuroni stellati spinosi, che costituiscono circa il 10% di tutti i neuroni corticali, i neuroni piramidali e i neuroni polimorfi, che insieme rappresentano il 70% del totale, esercitano azioni sinaptiche eccitatorie tramite i neurotrasmettitori glutammato e aspartato. I corpi dei neuroni piramidali si trovano nel secondo, nel terzo e nel quinto strato della neocorteccia; quelli dei neuroni polimorfi si trovano nel sesto strato; e quelli dei neuroni stellati si trovano prevalentemente nel quarto strato. Il primo strato della corteccia non contiene corpi di neuroni ma solo fibre nervose o terminali dendritici o assonici. I neuroni piramidali del secondo e del terzo strato danno origine alle connessioni lunghe con altre aree corticali dello stesso emisfero (fibre d'associazione) e dell'emisfero opposto (fibre commessurali del corpo calloso e della commessura anteriore); i neuroni piramidali del quinto e i neuroni polimorfi del sesto strato proiettano a centri non corticali nel talamo, nei gangli della base, nella formazione ippocampale, nel tronco dell'encefalo e nel midollo spinale. I neuroni stellati spinosi e non spinosi forniscono le connessioni brevi intracorticali nell'ambito di una stessa area o di aree contigue. Le proiezioni che raggiungono la corteccia da centri sottocorticali provengono dal diencefalo, specialmente dal talamo, e dal tronco dell'encefalo. I neuroni corticali contengono anche peptidi, come per es. la colecistochinina, che hanno presumibilmente una funzione neuromodulatrice.
b) Fisiologia. La fisiologia della corteccia cerebrale può essere suddivisa in generale e settoriale, o delle aree corticali. La fisiologia generale della corteccia esamina il contributo che l'attività corticale considerata nel suo insieme fornisce al funzionamento del sistema nervoso. I metodi più utilizzati per lo studio dell'attività globale della corteccia sono quelli elettrofisiologici. L'elettroencefalografia e l'elettrocorticografia hanno rivelato l'esistenza di oscillazioni continue di differenza di potenziale tra elettrodi applicati rispettivamente al cuoio capelluto e alla superficie corticale medesima. Queste oscillazioni od onde elettroencefalografiche sono presenti in stati fisiologici molto diversi come la veglia e il sonno, e anche in condizioni non fisiologiche come l'anestesia generale, o francamente patologiche come l'epilessia. Il carattere incessante delle onde elettroencefalografiche e le modificazioni sistematiche di ampiezza e frequenza che esse esibiscono nelle varie condizioni indicano che la corteccia è sempre attiva, ma che la sua attività cambia qualitativamente a seconda dello stato del soggetto. A riprova di ciò, le registrazioni effettuate mediante l'uso di microelettrodi hanno dimostrato che singoli neuroni corticali tendono a emettere continuamente potenziali d'azione anche in assenza di stimoli esterni. Tuttavia, la distribuzione spaziale e temporale di questi potenziali d'azione varia in relazione al ciclo sonno-veglia, nonché a cambiamenti di reattività all'ambiente circostante legati all'attenzione e alla motivazione. La veglia e l'attenzione sono associate alla cosiddetta desincronizzazione corticale, caratterizzata dalla regolarità degli intervalli tra i potenziali d'azione emessi da ciascun neurone corticale e dalla tendenza allo sfasamento temporale tra potenziali d'azione emessi da neuroni diversi. La diminuzione della reattività psichica e comportamentale, varie fasi del sonno fisiologico e l'anestesia generale si associano alla cosiddetta sincronizzazione corticale, caratterizzata dall'emissione in fase, da parte di più neuroni corticali, di scariche di potenziali d'azione a frequenza relativamente alta, intervallate a periodi prolungati di inattività. Un'eccezione notevole alla corrispondenza tra il sonno fisiologico e la sincronizzazione corticale è costituita dalla fase di sonno con sogni, nella quale l'attività elettrica della corteccia è assai simile, se non identica, a quella della veglia. Una riduzione cospicua e generalizzata dell'attività corticale è incompatibile sia con la veglia e il mantenimento della coscienza, sia con il sonno fisiologico. L'assenza completa di ogni attività elettrica corticale, che si rileva in alcuni stati di coma, è sempre un segno di gravissima sofferenza del sistema nervoso. Il cosiddetto elettroencefalogramma piatto può servire, unitamente ad altri segni clinici, come criterio supplementare per accertare la 'morte cerebrale'. D'altra parte, anche aumenti esagerati e diffusi dell'attività corticale durante accessi epilettici interferiscono gravemente con il normale funzionamento cerebrale, come dimostra la perdita di coscienza che accompagna gli accessi generalizzati all'intera corteccia. Ha importanza per la patogenesi dell'attività epilettica corticale il cattivo o mancato funzionamento dei neuroni inibitori.
La modulazione fisiologica dell'attività della corteccia cerebrale non è intrinseca, ma dipende dalle proiezioni che la corteccia riceve dal diencefalo e dal tronco dell'encefalo. Proiezioni diffuse dal tronco dell'encefalo al talamo e alla corteccia regolano l'attività corticale sia direttamente, sia tramite le loro influenze sulle connessioni talamocorticali. Le popolazioni di neuroni troncoencefalici che danno origine a queste proiezioni si differenziano a seconda del mediatore sinaptico utilizzato: alcune utilizzano l'acetilcolina, altre la noradrenalina, altre la dopamina, altre la serotonina, altre l'istamina, altre ancora il glutammato. Il complesso delle influenze ascendenti determina le modificazioni attenzionali ed emozionali dell'attività corticale. A squilibri e alterazioni della regolazione ascendente dell'attività corticale si tende attualmente a ricondurre la patogenesi di malattie come la demenza, la schizofrenia e la psicosi maniacodepressiva; e sulla conoscenza della neurochimica delle interazioni tra centri sottocorticali e corteccia si basano i tentativi odierni di terapia farmacologica delle suddette malattie. Va tuttavia ricordato che talvolta, specialmente in alcuni casi di demenza senile, i sintomi possono essere causati direttamente da alterazioni degenerative primarie della corteccia cerebrale.
La fisiologia settoriale studia i compiti funzionali differenziati che sono propri di aree corticali specifiche. La specializzazione funzionale delle aree corticali non dipende da una loro propria organizzazione intrinseca, visto che questa è molto simile in tutte le zone della neocorteccia, ma dalle connessioni specifiche e differenziate che collegano ciascuna area con altri centri nervosi. La teoria della specializzazione funzionale delle aree corticali si fonda su tre elementi: in primo luogo, sulla specificità delle alterazioni conseguenti a lesioni di zone circoscritte della corteccia dell'uomo e degli animali; in secondo luogo, sulle caratteristiche differenziali delle attività di singoli neuroni di diverse aree corticali, registrate in esperimenti su animali e durante operazioni neurochirurgiche nell'uomo; infine, sulle attivazioni localizzate di aree corticali, rilevate con metodi elettrofisiologici o con analisi non invasive del flusso sanguigno o del metabolismo regionale in soggetti umani durante l'esecuzione di compiti sensomotori e mentali.
Una distinzione semplicistica ma efficace divide le aree corticali in aree di moto, di senso, per il linguaggio e associative. Di regola, in ciascun emisfero le aree di moto controllano in prevalenza la muscolatura del lato opposto del corpo, e quelle di senso ricevono informazioni sensoriali provenienti in prevalenza dalla metà controlaterale del corpo e dello spazio extracorporeo. Se si prescinde dal rapporto funzionale con le metà opposte del corpo e dello spazio, le aree di moto e di senso dei due emisferi sono praticamente equivalenti dal punto di vista funzionale. Questa equivalenza tra i due lati non vale per le aree associative e per le aree per il linguaggio, poiché in questi casi il piano di organizzazione funzionale specifico della corteccia umana prevede che aree corrispondenti dei due emisferi abbiano compiti diversi.
Le aree corticali di moto si trovano prevalentemente nel lobo frontale, situato nella parte anteriore del cervello. Le aree premotorie sovrintendono alla programmazione dei movimenti in collaborazione con altre aree corticali, come l'area associativa prefrontale, e con i centri sottocorticali, come i gangli della base e il cervelletto, che agiscono sulla corteccia attraverso nuclei con funzione motoria situata nel talamo. Le aree motorie, soggette anch'esse a influenze da parte dei gangli della base e del cervelletto, sono invece deputate all'esecuzione dei movimenti, compito che esse assolvono tramite le loro connessioni dirette con i neuroni spinali e troncoencefalici che innervano i muscoli del corpo e della faccia. Tipico delle aree di moto è l'ordine topografico (somatotopico) della loro organizzazione: la stimolazione elettrica di un determinato punto corticale fa contrarre i muscoli di una determinata parte del corpo, e la corrispondenza è tale che le varie parti del corpo sono rappresentate nella corteccia secondo una sequenza anatomica ordinata. Tuttavia, ogni specifico muscolo è rappresentato più volte nella corteccia, in combinazioni variabili con altri muscoli al servizio di atti motori diversi. Per es., uno stesso muscolo della lingua è rappresentato in un punto della corteccia per un movimento di deglutizione e in un altro punto per un movimento di fonazione. Le parti del corpo che sono dotate di un maggior numero di gradi di libertà nella motilità, come le mani e le dita, hanno rappresentazioni corticali più estese di quelle di parti del corpo che sono meno mobili, come il dorso.
Ogni modalità di senso è rappresentata in più aree corticali di ciascun emisfero. Il principio generale di organizzazione comporta la presenza di un'area primaria per ciascuna modalità di senso per ciascun emisfero. Le aree primarie di senso ricevono dai nuclei talamici specifici le informazioni trasmesse dagli organi sensoriali corrispondenti - occhio, orecchio, cute ecc. - e le trasmettono, sia in serie sia in parallelo, a numerose altre aree corticali il cui compito è quello di elaborare ulteriormente tali informazioni secondo la loro propria specializzazione funzionale. Per es., in ogni emisfero cerebrale dei Primati vi sono oltre venti aree corticali al servizio della vista; alcune di queste sono specializzate nell'analisi della forma e del colore degli stimoli visivi, e altre sono specializzate nell'analisi della posizione e del movimento degli stessi stimoli. Anche nelle aree di senso, soprattutto in quelle primarie, esiste una rappresentazione topografica ordinata della periferia: prendendo come esempio ancora il sistema visivo, le retine sono rappresentate nella corteccia visiva primaria tramite una corrispondenza spaziale ordinata punto a punto. Le aree di senso sono distribuite in varie porzioni della corteccia. Le aree della sensibilità somatica - sensibilità tattile, termica, dolorifica e cinestetica - sono localizzate nella neocorteccia del lobo parietale, subito dietro il lobo frontale. Le aree del senso della vista si trovano nella corteccia del lobo occipitale, posto all'estremità posteriore del cervello, e anche nei lobi parietale e temporale. Le aree del senso dell'udito sono situate nella neocorteccia del lobo temporale, al di sotto del lobo parietale. Le aree olfattive e gustative si trovano nel rinencefalo, sulla faccia mediale degli emisferi cerebrali.
Le aree corticali per il linguaggio sono situate, nella stragrande maggioranza dei destrimani e nel 70% dei mancini, nel solo emisfero sinistro. Si distinguono un'area anteriore nel lobo frontale, la cui lesione interferisce con la capacità di esprimersi a parole o per iscritto, e un'area posteriore nel lobo temporale, la cui lesione interferisce con la capacità di comprendere il linguaggio. Nei mancini che non rientrano nella percentuale del 70% sopra indicata, la specializzazione funzionale di lato delle aree corticali per il linguaggio è per lo più invertita, con dominanza dell'emisfero destro; in una minoranza di casi la rappresentazione corticale del linguaggio è bilaterale. Nei soggetti con rappresentazione unilaterale del linguaggio, le lesioni delle aree dell'emisfero non dominante corrispondenti a quelle del linguaggio causano disturbi percettivi non verbali, come l'incapacità di riconoscere una faccia o di analizzare l'organizzazione spaziale di una scena complessa; in alcuni casi, esse possono anche interferire con la capacità di dare al proprio linguaggio, pur corretto dai punti di vista lessicale, sintattico e semantico, l'appropriata intonazione emotiva, o di cogliere tale intonazione nel linguaggio altrui. Pertanto, la dominanza emisferica non è assoluta, ma varia da emisfero a emisfero in relazione a funzioni diverse.
Le varie aree corticali sono collegate tra loro da speciali aree associative che consentono il collegamento sensomotorio, l'integrazione tra le varie modalità sensoriali e la regolazione generale del comportamento da parte dell'emotività, della motivazione, della memoria e dell'ideazione. Semplificando, si possono individuare tre porzioni associative della corteccia, distinte per sede e funzione. Una grande area associativa prefrontale è importante per l'iniziativa e la programmazione motoria; essa sembra inoltre avere un ruolo essenziale nelle decisioni che dirigono e improntano la condotta generale dell'individuo. Una seconda area associativa, posta alla confluenza dei lobi parietale, temporale e occipitale sulla faccia laterale degli emisferi, svolge funzioni di integrazione multisensoriale e di raccordo tra percezione e linguaggio nell'emisfero di sinistra, e di orientamento nello spazio nell'emisfero di destra. Infine, un'area associativa limbica, che include componenti neocorticali, paleocorticali e archicorticali delle facce mediali e inferiori dei lobi frontale, parietale e temporale, partecipa alla regolazione motivazionale, emotiva e affettiva del comportamento e serve, soprattutto con la sua componente archicorticale, ai processi di apprendimento, di memorizzazione e di rievocazione.In passato si riteneva che l'organizzazione topografica delle aree corticali fosse relativamente fissa, sia nel singolo individuo sia fra individui della stessa specie. Oggi, invece, si è appreso che cospicue variazioni possono essere osservate in conseguenza di esperienze specifiche, come l'uso prolungato di una parte del corpo, a cui corrisponde un'espansione della rappresentazione corticale, o di alterazioni delle vie afferenti. Per es., dopo amputazione di una parte del corpo, la parte dell'area corticale originariamente connessa con la parte amputata può venire invasa da afferenze provenienti da altri distretti del corpo. Questi esempi di organizzazione plastica si riscontrano non solo nel cervello immaturo, ma anche in quello adulto.
L'alto numero di aree corticali dedicate a una particolare modalità di senso o al controllo motorio è uno dei criteri per giudicare il grado di complessità dell'organizzazione cerebrale. Un altro aggregato organizzato di neuroni cerebrali è la cosiddetta colonna corticale, detta anche modulo. In tutta la corteccia cerebrale si riscontrano aggregati verticali di neuroni, uniti tra di loro secondo un piano ripetitivo di connessioni interne che si mantiene identico o molto simile da un punto all'altro. La colonna corticale tipica, avente uno spessore di circa un centinaio di μm, si estende dalla superficie alla parte più profonda della sostanza grigia corticale. Essa consta di un fascio di file ugualmente verticali di 80-250 neuroni (le minicolonne), unite tra di loro da collegamenti orizzontali, in ciascuna delle quali sono riconoscibili tutti i tipi di neuroni corticali, piramidali e non piramidali, eccitatori e inibitori. Nell'ontogenesi del cervello la minicolonna è prodotta dalla divisione iterativa di un piccolo clone di cellule progenitrici del neuroepitelio primordiale e dalla migrazione di loro discendenti lungo cellule di glia radiale. Le minicolonne si aggregano ulteriormente in macrocolonne o moduli aventi spessore di qualche centinaio di μm. Alcune cellule della macrocolonna, in genere cellule piramidali, proiettano al di fuori della colonna stessa formando le connessioni estrinseche efferenti, dirette a più parti del sistema nervoso centrale, che variano, a seconda della zona di provenienza delle proiezioni, dal midollo spinale, a diversi centri sottocorticali, ad altre regioni corticali. Le connessioni estrinseche aderenti al modulo provengono dai nuclei talamici, da altri moduli corticali, dal tronco dell'encefalo e dall'ipotalamo, e anche da altre regioni sottocorticali del telencefalo. Se la connettività intrinseca e il modo di operare interno di ciascuna macrocolonna tendono a essere invarianti, la differenziazione delle connessioni estrinseche delle diverse macrocolonne determina il ruolo funzionale specifico di ciascuna di esse. Per es., nella corteccia visiva primaria si osservano per ciascun punto del campo visivo colonne che elaborano prevalentemente informazioni provenienti da un determinato occhio, o che sono deputate alla visione oggettuale, o cromatica, o spaziale. Le proiezioni coerenti di queste macrocolonne sono dirette separatamente alle mappe visive in altre regioni corticali, alle quali contribuiscono a conferire le rispettive specializzazioni di analisi dei parametri dello stimolo visivo.
La parte del cervello chiamata diencefalo include il talamo, formato dai vari nuclei che trasmettono alla corteccia informazioni di senso, direttive premotorie e motorie e influssi regolatori generalizzati, e l'ipotalamo, un altro complesso di nuclei posto alla base cerebrale, il cui compito fondamentale è quello di coordinare attività comportamentali, vegetative ed endocrine, al fine della sopravvivenza dell'individuo e della specie. La sopravvivenza dell'individuo è basata sull'omeostasi, vale a dire sul mantenimento della costanza fisicochimica dell'ambiente interno in cui vivono tutte le cellule dell'organismo, e sulla capacità di evitare gli eventi potenzialmente lesivi degli organi e dei tessuti. La sopravvivenza della specie è basata sulla riproduzione sessuata e sulla cura della prole da parte dei genitori o dei loro sostituti.
L'ipotalamo interviene in maniera sostanziale nei meccanismi nervosi sia dell'omeostasi sia della riproduzione e delle cure parentali. Ciò dipende dal fatto che esso è connesso per via nervosa con molti altri centri dell'encefalo, ed è anche in grado di secernere ormoni che attraverso il circolo sanguigno agiscono su bersagli non nervosi, e specialmente sull'adenoipofisi che, a sua volta, controlla per via ormonale molte ghiandole endocrine periferiche. Per parte sua, l'ipotalamo è influenzato da ormoni di varie ghiandole endocrine e riceve informazioni relative allo stato interno dell'organismo. Il comportamento alimentare, il comportamento sessuale e parentale, il comportamento di attacco e difesa e la termoregolazione sono tutti sotto il controllo fondamentale dell'ipotalamo.
Nel caso, per es., di una carenza d'acqua da parte dell'organismo, il conseguente aumento della concentrazione delle sostanze disciolte nel plasma sanguigno viene avvertito direttamente da appositi neuroni, i quali attivano i centri ipotalamici della sete e della regolazione della concentrazione dell'urina. Il primo centro spinge l'organismo a ricercare liquidi e a ingerirli (risposta comportamentale); il secondo centro secerne l'ormone antidiuretico o ADH, che agisce sui reni limitando le perdite d'acqua con l'urina (risposta endocrina). Un'analoga coordinazione di risposte interne ed esterne da parte dell'ipotalamo si constata nella termoregolazione, per es. nella reazione al freddo: i termorecettori periferici informano l'ipotalamo, che induce vasocostrizione cutanea tramite il sistema simpatico (risposta vegetativa), il brivido tramite il sistema motore (risposta comportamentale) e la secrezione di ormoni termoproduttivi, come l'adrenalina e la tiroxina, tramite l'attivazione nervosa della midollare surrenale e l'attivazione ormonale dell'adenoipofisi e della tiroide (risposta neuroendocrina metabolica).
Il cervello si distingue dagli altri organi anche per la sua scarsa flessibilità metabolica, che lo obbliga a ricavare l'energia necessaria al suo funzionamento dalla sola scissione aerobica del glucosio. Infatti la produzione cerebrale di lattato tramite la glicolisi anaerobica è trascurabile e una utilizzazione consistente di derivati chetonici degli acidi grassi nel cervello si osserva solo nelle condizioni estreme di un digiuno prolungato per molti giorni. Poiché il cervello è incapace di immagazzinare quantità significative di glucosio in forma di glicogeno e, al contrario del muscolo, non possiede molecole come la mioglobina, atte a legare reversibilmente l'ossigeno, il suo funzionamento e la sua stessa vita dipendono interamente dal continuo rifornimento di ossigeno e glucosio da parte del circolo sanguigno. Peraltro il cervello contrasta la sua vulnerabilità all'ipossia e all'ipoglicemia con la capacità di regolare la propria perfusione sanguigna tramite meccanismi sistemici e locali, anche in presenza di variazioni cospicue della pressione arteriosa. In condizioni basali, il cervello, pur costituendo solo il 2% della massa corporea, riceve circa 800 ml/min di sangue, pari a un settimo della gettata cardiaca, e consuma circa il 60% del glucosio e il 20% dell'ossigeno di tutto il corpo. La spesa metabolica totale del cervello (50 ml/min di ossigeno, necessario per bruciare circa 75 mg di glucosio) e il flusso sanguigno che lo perfonde restano costanti in tutte le condizioni fisiologiche, dal sonno profondo al lavoro mentale intenso, in accordo con il fatto che il numero complessivo di neuroni attivi a ogni istante è statisticamente lo stesso. Ciò che varia nel cervello in funzione delle condizioni fisiologiche è il flusso sanguigno regionale, che di volta in volta aumenta nelle aree cerebrali più attive e diminuisce in quelle meno attive, in conseguenza di azioni vasodilatatrici locali di sostanze liberate dai neuroni nello spazio extracellulare, in quantità proporzionale alla loro attività elettrica (ioni potassio) e metabolica (ioni idrogeno da idratazione dell'anidride carbonica, adenosina). Questa regolazione locale del flusso viene utilizzata da tecnologie - quali la PET (Positron emission tomography), la SPECT (Single-photon emission computerized tomography) e la FMR (Functional magnetic resonance) - che sono rivolte ad analizzare la specializzazione funzionale di regioni cerebrali.
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