CERVETERI
Paese della provincia di Roma, a circa 45 km. a NO. del capoluogo, in vista al Tirreno, dal quale dista in linea d'aria meno di 6 km. Cervèteri sorge a 80 m. s. m. su uno sprone tufaceo, che scende con ripidi fianchi, specialmente a NO. verso il Fosso Manganella, ma è spianato in alto, lasciando spazio per l'abitato che ha forma di rettangolo molto regolare. È sul sito dell'antica Caere (v. appresso). Nei primissimi tempi dell'era cristiana Cere fu sede vescovile, e anche più tardi ebbe qualche importanza come luogo fortificato a breve distanza dal mare, il più notevole tra Roma e Civitavecchia; della forte cinta murata (sec. XII) restano ancora cospicui avanzi. Ma nel sec. XIII quasi tutti gli abitanti l'abbandonarono, trasferendosi a Cere Nova, l'attuale Ceri, 7 km. più a oriente, sul Fosso Sanguinara. Al vecchio centro rimase perciò il nome di Caere Vetus, onde Cerveteri. Esso risorse nel sec. XV, allorché appartenne agli Orsini, poi ai Farnese, poi ancora agli Orsini e infine, nel secolo seguente, ai Ruspoli, i quali edificarono, all'estremo NE., il palazzo a pianta quadrata, con torri cilindriche agli angoli, che è ancora il principale monumento del paese. Questo ha 1875 ab. nel centro e 3045 in tutto il comune, vastissimo (155 kmq.), nel quale sono anche, oltre a Ceri (142 ab.), i vecchi casali di Sasso (115 ab.) e Castelgiuliano (236 ab.), e Cerenova, in basso, lungo la Via Aurelia. Si accede a Cerveteri dalla stazione ferroviaria di Palo che dista km. 8.
La città antica. - Caere era una delle più antiche e potenti città della Dodecapoli etrusca. La città fu dai Greci chiamata col nome probabilmente fenicio di Agylla. Come porto di mare ebbe a sua disposizipne Alsium (oggi Palo), e forse anche Pyrgi, più a nord (oggi Santa Severa), tra Roma e Civitavecchia (Centumcellae). Cere sembra essere stata in guerra con Roma ai tempi di Tarquinio. A Cere, secondo la leggenda, si rifugiarono i Tarquinî, cacciati da Roma nel 509. Al tempo dell'invasione gallica del 390, Cere fu scelta come luogo di rifugio delle Vestali e delle sacre reliquie. Dopo la caduta di Veio anche Cere dovette sottomettersi a Roma perdendo la metà del territorio (351 a. C.). Ebbe allora la cittadinanza senza suffragio, e solo molto più tardi ottenne la pienezza dei diritti. Durante l'impero, il municipio di Cere (iscritto nella tribù Voturia?) ebbe a godere un trattamento particolarmente favorevole, specie da parte di Augusto, Claudio, Traiano. Tra le magistrature di Cere (da documenti epigrafici) troviamo un dictator (dictatores), l'aedilis iuri dicundo, l'aedilis annonae, gli Augustales, il praefectus C. Caesaris, il censor perpetuus, il quaestor. Sono ricordati inoltre il Senatus populusque Caeres, gli aediles Etruriae, e per il sec. III d. C. un curator Pyrgensium et Caeretanorum.
La città sorgeva sopra un altipiano tufaceo, del circuito totale di circa 6 km. Era circondata di mura nel lato NO., mentre negli altri era forse sufficiente difesa lo strapiombo dei dirupi; rimangono resti qelle mura, in perfetta opera isodoma, databili al sec. V-IV a. C., con tracce di sei porte. Dai copiosi trovamenti di terrecotte templari si può stabilire l'esistenza in Cere di almeno otto templi. Nell'età romana Cere decadde e l'abitato si restrinse di molto; tuttavia dovette avere, almeno da Augusto a Claudio, una vita abbastanza fiorente, come dimostrano le tracce sicure d'un teatro, e quelle probabili d'un anfiteatro. Il trovamento più importante della Cere romana è dato da una serie di statue imperiali e di sculture decorative ora nel Museo Lateranense.
La necropoli si stendeva, sin dall'età villanoviana, tutt'intorno alla città, oltre i torrenti che la limitavano. I sepolcreti più importanti sono tre: quello del Sorbo, che in recenti scavi del Mengarelli ha dato un gran numero di tombe villanoviane a pozzo e a fossa, mentre nel 1836 aveva rivelato la celebre tomba Regolini-Galassi, di età orientalizzante, la più ricca di tutte le tombe etrusche conosciute finora e la cui suppellettile è al Museo Gregoriano; il sepolcreto di Monte Abetone, con il tumulo Campana, quello con basamento quadrato, e altri; e il vastissimo sepolcreto della Banditaccia. Quest'ultimo, che già ebbe a subire devastazioni dal 1834 in poi per opera di ricercatori e commercianti di antichità, è stato nella sua parte più importante ridato alla luce e sistemato dagli scavi governativi condotti da R. Mengarelli dal 1912. Molte centinaia di tombe a camera, dal sec. VII al III, di tutte le forme e dimensioni insieme con le vie sepolcrali riattate e i tumuli rialzati, sono ora accessibili, e formano il più grandioso complesso monumentale dell'Etruria. Le tombe più importanti del sepolcreto della Banditaccia sono: la Tomba delle Sedie e degli Scudi (scoperta nel 1834), la Tomba dell'Alcova (1845), quella dei Tarquinî (1845), quella dei Sarcofagi (1845), quella dei Rilievi (1850), celebre per la decorazione in stucco, riproducente nell'architettura, nei mobili e in tutti gli oggetti d'uso appesi alle pareti, l'interno d'una casa etrusca del sec. IV (v. arredamento), e, tra quelle di recente scoperta, la Tomba dei Capitelli, quella della Casetta, dei Vasi Greci, del Tetto Stramineo, della Cornice, e altre moltissime. La caratteristica essenziale delle tombe ceriti è la loro decorazione prevalentemente architettonica, incavata nel masso: porte, soffitti, letti, sedie, interni di case riprodotti dal vero nei minimi particolari e nel maggior numero di varietà, costituiscono la più importante documentazione d'architettura etrusca. Si aggiunga la messe abbondantissima di materiale archeologico, specialmente vascolare, in cui tutte le età sono largamente rappresentate, e in cui grandissimo è il numero di vasi greci, tra i quali non pochi firmati.
Anche nel territorio numerosi sono i monumenti archeologici: le tombe etrusche di Monte dell'Oro, quelle della Zambra di Montironi, il tumulo di Montetosto, e molti resti di ville romane.
Fiorentissima fu Cere come centro d'arte: come opere d'una particolare scuola cerite si debbono considerare i sarcofagi fittili arcaici, il più bello dei quali è a Villa Giulia, altri al Louvre; le idrie ceretane; le terrecotte templari. Sin dall'età ȧrcaica Cere dovette essere sede di un'attivissima scuola di coroplasti, della quale si può cogliere il riflesso sino in monumenti dell'età imperiale romana.
V. tavv. CCXXIII e CCXXIV.
Bibl.: G. Dennis, Cities and Cemeteries of Etruria, 2ª ed., II, pp. 226-284; E. De Ruggiero, Dizion. epigrafico, II, 11-12; A. Solari, Topografia storica dell'Etruria, I, Pisa 1914, passim; G. Tomassetti, La Campagna Romana, II, Roma 1910, p. 516 segg.; L. Canina, Etruria Marittima, I, Roma 1846, p. 135 segg.; A. Della Seta, Il Museo di Villa Giulia, Roma 1918, p. 119; G. Pinza, Materiali per la etnologia ant. toscano-laziale, Milano 1915; id., in Röm. Mitt., 1907, pp. 135-154; R. Mengarelli, Nuove esplor. nella necr. di Caere, in Not. scavi, 1915, p. 347; id., in Studi Etruschi, I (1927); Corp. Inscr. Lat., XI, p. 533 seg. (Bormann), 3592-3714; A. Fabretti, Corp. Inscr. Ital., 2346-2410 (ivi Glossarium italicum, s. v. Agylla e Caere); G. Beloch, Röm. Gesch., Berlino 1926, p. 363 segg.