CERVOTTO (Cervotus, Cerbotus, Cirvotus, Zervoctus, Zerbottus) d'Accorso
Nacque a Bologna dal celebre giurista Accorso e dalla sua seconda moglie Aichina sul finire del 1240 o all'inizio del 1241, come si può dedurre dal fatto che nell'ottobre del 1265 non aveva ancora compiuto i 25 anni ed era perciò assistito da un curatore. Pur non avendo particolare predisposizione per lo studio, frequentò le lezioni di diritto civile nell'università di Bologna e, grazie all'influenza paterna, si addottorò nel 1257 (o nel 1258) a soli 17 anni, non senza suscitare scandalo sia per la troppo giovane età, sia per lo scarso ingegno. L'autorità e il prestigio di Accorso riuscirono comunque a sopire i dubbi intorno alla validità di tale laurea e già nel 1259 il giovane C. venne iscritto, insieme con il padre e il fratello Francesco, nella matricola della Società dei Toschi col prestigioso titolo di legum doctor.
Incline alla prodigalità, C. diede ben presto prova di sconsideratezza rendendosi garante di un certo Guidoclerio, il quale contravvenne ai suoi obblighi fuggendo dal palazzo del podestà, e così il 31 dic. 1262 venne condannato a pagare una forte multa. Rimasto erede di una parte dei numerosi beni paterni posti in Bologna e alla Riccardina, ne dovette vendere non pochi al fratello Guglielmo e ad altre persone già nel corso del 1265 per pagare i suoi debiti, e anche negli anni successivi fu più volte costretto a prendere denaro a mutuo dando in pegno, o addirittura alienando, buona parte di quanto gli era ancora rimasto dell'eredità dei genitori. L'esercizio dell'avvocatura non gli fruttava evidentemente guadagni sufficienti per il suo tenore di vita e neppure come amministratore pubblico riuscì a fare fortuna. Quando infatti verso la fine del 1265 venne nominato podestà del Comune di Ripatransone nella Marca d'Ancona scelse subito come giudice ed assessore il reggiano Pietro di Oneta affidandogli tale incarico fino a tutto il settembre del 1266, ma le cose presero ben presto una brutta piega per C., il quale, venuto in odio alla popolazione e destituito dal suo ufficio, dovette ritornarsene a Bologna ove ottenne il diritto di rappresaglia contro tutti gli abitanti della Marca e solo il 15 dic. 1270 giunse finalmente ad un accordo con i rappresentanti di Ripatransone per il risarcimento dei danni subiti.
Poco quotato anche come giurista, C. beneficiava tuttavia del grande prestigio paterno, e fu questo probabilmente il motivo per cui il 28 sett. 1273 venne chiamato a insegnare diritto civile nello Studio padovano con uno stipendio di 500 lire. Forse proprio per far fronte alle spese del viaggio, o forse per dare soddisfazione ai numerosi creditori, il 7 ott. 1273 si risolse a vendere al fratello Guglielmo, la ricca biblioteca che aveva quasi totalmente ereditato dal padre e che comprendeva ben sessantatré volumi. Ne ricavò la notevole somma di 500 lire, ma non fece neppure questa volta un buon affare, mentre per contro l'avveduto Guglielmo procurò subito di far fruttare il suo nuovo acquisto dando i libri in locazione agli studenti. Allo scadere dell'anno di insegnamento non pare che C. sia stato confermato professore a Padova, ma non poté neppure ritornare in patria, essendone stato bandito nel corso del 1274 come partigiano dei Lambertazzi. Un miglioramento della situazione politica gli permise (dopo il 1277) di ristabilirsi a Bologna, ma dopo pochi anni venne nuovamente bandito, condannato a morte come ribelle ed i suoi beni furono confiscati. Da un documento del 1288 risulta che era stata distrutta anche la casa dove aveva abitato e lui stesso compare in un elenco di banditi redatto nel 1280. La moglie, Iacobina da Riolo, morì nel 1285 lasciando eredi i poveri, il che fa pensare che C. non avesse alcun figlio.
C. - secondo la cronologia tradizionale - sarebbe morto esule non più tardi del 1287; esiste tuttavia un documento del 4 ag. 1293 (Arch. di Stato di Bologna, Lettere del Comune, I, reg. 6, c. 3r) in cui il podestà ed il capitano del Popolo di Bologna lo invitano a far ritorno in città e a leggere nello Studio, purché accetti di giurare la parte della Chiesa. Non si sa se C. abbia o no accolto tali proposte, ma sembra comunque necessario dedurne che la sua morte avvenne non prima del 1293.
La produzione giuridica di C. è assai scarsa e di limitato valore. Di lui si conoscono alcuni consigli, talora dati in collaborazione con altri dottori bolognesi, che sono stati in parte pubblicati (Chartularium Studii Bononiensis, Bologna 1909-16, I, p. 157; III, pp. 241 s.). Volle anche seguire le orme paterne componendo delle glosse, ma con scarso successo: "Zervottus fuit grossus intellectu et ideo videmus quod glosse Cervine parum habent saporem", osservò ironicamente Baldo. Tali glosse andarono per lo più smarrite, ma alcune passarono nella Glossa ordinaria e di esse il Savigny ha compilato un elenco basato sulle testimonianze degli scrittori del diritto comune. Va tuttavia ricordato che spesso vennero indicate per derisione col nome di "Cervotinae" o di "Cervinae" le glosse errate, indipendentemente dal fatto che ne fosse stato autore C. o qualcun altro. Nell'elencazione del Savigny vengono attribuite a C. le seguenti glosse: "officium" a Cod. 2,1,1 ed "officio" a Dig. 27,3,1,3; "singularia" a Dig. 12,1,15; "mihi cum illo" a Dig. 17,1,3; "sed iudicio" a Dig. 2,13,9; "si Attilicinus" a Dig. 28,5,60 (59),7. Su di esse, e in particolare sulle ultime due, le testimonianze antiche non sono comunque apodittiche e permane un certo margine d'incertezza intorno al loro autore; di conseguenza deve venir accolto con riserva anche il tentativo operato dal Savigny di rivalutare la personalità scientifica di C., al quale Bartolomeo Cepolla (Opera omnia, Lugduni 1577, p. 639) attribuì pure la glossa "accumbit" a Dig. 50,16,124 sull'autorità di Paolo da Castro. Anche in questo caso si tratta però più di una supposizione che non di un'attribuzione sicura.
Fonti e Bibl.: Chartularium Studii Bononiensis, Bologna 1909-1937, I, III, V, VII, VIII, X, XI, ad Indices; A. Gloria. Monumenti dell'Università di Padova(1222-1318), Venezia 1884, p. 234; G. N. Pasquali Alidosi, Li dottori bolognesi di legge canonica e civile, Bologna 1620, p. 56; P. A. Orlandi, Notizie degli scrittori bolognesi, Bologna 1714, p. 85; G. Pancirolo, De claris legum interpretibus e M. Mantua, Epitome virorum illustrium, Lipsiae 1721, pp. 121, 440; G. M. Mazzuchelli, Gli Scritt. d'Italia, I, 1, Brescia 1753, p. 89; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, I, Bologna 1781, pp. 38-41; L. V. Savioli, Annali bolognesi, III, 1, Bassano 1795, pp. 343, 424, 471, 492; F. M. Colle, Storia scientifico-letter. dello Studio di Padova, II, Padova 1824, pp. 41 ss.; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università... di Bologna, Bologna 1848, p. 10; F. C. von Savigny, Storia del diritto romano nel Medio Evo, II, Torino 1857, pp. 398-402; G. Gozzadini, Delle torri gentilizie di Bologna, Bologna 1875, p. 578; M. Sarti-M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus, I, Bononiae 1888-96, pp. 203-06, 243; A. Gaudenzi, Statuti delle Società del popolo di Bologna, I, Roma 1889, p. 412; B. Brugi, Il catalogo dei libri degli stationarii negli Statuti della Univers. bolognese dei giuristi, in Studi e mem. per la storia dell'Univ. di Bologna, V, Bologna 1920, pp. 23 ss.; L. Colini-Baldeschi, Rolandino Passeggeri e Nicolò III,ibid., VIII, ibid. 1924, p. 169; G. Zaccagnini, La vita dei maestri e degli scolari nello Studio di Bologna nei secc. XIII e XIV, Genève 1926, p. 23; H. Kantorowicz, Accursio e la sua biblioteca, in Riv. di storia del diritto ital., II(1929), pp. 40, 47 ss., 193 ss., 210; P. Torelli, C. di Accursio, in Enciclop. Ital., App. I, Roma 1938, p. 403; S. Stelling-Michaud, L'Université de Bologne et la pénétration des droits romain et canonique en Suisse aux XIIIe et XIVe siècles, Genève 1955, p. 105; G. Rossi, Consilium sapientis iudiciale, I, Milano 1958, pp. 105 s.; P. Colliva, Docum. per la biografia di Accursio, in Arti d. Conv. internaz. di studi accursiani, II, Milano 1968, pp. 391, 399, 425, 445; T. Diplovataccio, Liber de claris iuris consultis, a cura di H. Schulz - H. Kantorowicz - F. Rabotti, in Studia Gratiana, X, Bononiae 1968, pp. 93, 160; R. Davidsohn, Storia di Firenze, IV, 3, Firenze 1973, pp. 312 s.