ARBASIA, Cesare
In un documento, ritrovato dal Muletti nell'Archivio di Verzuolo (Saluzzo), l'A. appare nominato fin dal 1567 come "egregio pittore" al servizio del comune di Saluzzo. Egli era nato dunque verosimilmente circa il 1547 nei pressi della stessa città di Saluzzo dove risiederà fino al 1570 circa.
I biografi più antichi, tra cui il Pacheco, asseriscono che egli lavorava a Roma con il cordovese Pablo de Céspedes (e ne resta precisa testimonianza negli affreschi conservati nella chiesa,della Trinità dei Monti: di A. sono le Sibille nel sottarco e la Natività nella parete destra), aggiungendo che l'A. ebbe in comune con il pittore spagnolo alloggio e bottega per ben sette anni. Ora, poiché il de Céspedes lasciò Roma nel 1577 e l'A. era a Malaga nel 1579, si può circoscrivere la permanenza a Roma dell'A. dal 1570, dopo la formazione ed il primo soggiorno saluzzese.
A Saluzzo era stato influenzato dal mamerismo piemontese di B. Lanino, aperto ad influenze lombardo-bolognesi e romane; in seguito, a Roma ed in Spagna, l'A. apparirà piuttosto legato alla corrente degli Zuccari e, per quanto riguarda la sua attività quale pittore di paesaggi, al fiammingo G. Soens, prima che a Matteo Brilli documenti che lo citano con il de Céspedes per i lavori nella cappella dell'Annunziata alla Trinità dei Monti (cfr. Gabrielli) hanno autorizzato ad una distinzione di mani, in base al confronto con i lavori lasciati dal pittore in Piemonte, a Saluzzo (decorazione della casa del Comune), Savigliano (1601, coro della chiesa di S. Pietro) e soprattutto nell'aula della Giustizia nel castello di Lagnasco, antico feudo dei marchesi Taparelli d'Azeglio, e hanno permesso di confermare a lui una serie di paesaggi eseguiti all'inizio del pontificato di Gregorio XIII, con la raffigurazione emblematica del drago dei Boncompagni, nella Sala ducale in Vaticano, ed altri ancora nella sala a terreno dello stesso convento della Trinità dei Monti. In tale genere di paesaggi egli si distinse fino ad essere concordemente celebrato appunto in qualità di paesista dal Pacheco e dal Van Mander, mentre la qualificazione di leonardesco riferita dal Palomino va intesa come indicazione generica per distinguerlo dai manieristi michelangioleschi. Pertanto vanno tolte dal suo catalogo opere a lui attribuite, quali le due tavole con l'Adorazione del Bambino n. 221 e il Cristo deriso n. 240 nella Galleria dell'Accademia Albertina a Torino, per le quali è stata ripresa la giusta attribuzione del Berenson al Giampietrino.
Del soggiorno spagnolo dopo il 1579, per cui sono stati di recente indicati nuovi documenti (Llordén), sono gli affreschi nella cattedrale di Malaga, con Storie della Passione nella cappella Maggiore e altri, con la tavola dell'altare, nella cappella dell'Incamazione. Del 1585-6, sono gli affreschi nel sagrario della cattedrale di Cordova, con Scene del Nuovo Testamento, figure di Profeti e martiri; meno interessante il retablo, pure di mano sua, con il Commiato di Cristo dalla Vergine. Nel 1586 lavora con i Peroli agli affreschi del palazzo del marchese di Santa Cruz; a Viso (Cordova), dove la sua maniera appare subordinata alla corrente dei Genovesi presenti a Cordova come a Xescorial.
Nel 1593 l'A. è ricordato negli atti della fondazione dell'Accademia di San Luca a Roma.
Pittore della Camera del duca Carlo Emanuele I fin dal 1601, trascorse gli ultimi anni alla corte sabauda, attivo come ritrattista e pittore di decorazioni. Nel 1607 è citato con i pittori che avrebbero dovuto attendere, insieme con Federico Zuccari, alla grande galleria del Palazzo Reale, voluta da Carlo Emanuele I, e andata in seguito distrutta in un incendio. Da questo anno non si hanno più notizie sulla sua attività; è da considerarsi errata la data di morte riferita dal Palomino al 1602.
Bibl.: C. Van Mander, Het Schilder Boeck, Haarlem 1604, p. 1942; F. Pacheco, Arte de la Pintura, Sevilla 1649, p. 422; A. Baglione, Le Vite..., Napoli 1773, p. 28; A. Palomino y Velasco, El Museo Pictórico..., Madrid 1724, II, p. 819; A. Ponz, Viaje de Españ, Madrid 1772. pp. 787, 1398, 1474, 1629; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Firenze 1822, II, p. 98; IV, p. 166; V, pp. 304 s.; J. F. Quilliet, Le arti ital. in Spagna..., Roma 1825, pp. 33 s.; D. Muletti, Storia di Saluzzo, IV, Saluzzo 1833, p. 59; J. A. Céan Bermudez, Diccionario Histórico de los más illustres professores de las Bellas Artes, I, Madrid 1800, pp. 42 s.; M. Missirini, Memorie... della romana Accad. di San Luca, Roma 1823, pp. 67, 461; A. Baudi di Vesme, L'Arte in Piemonte nella seconda metà dei sec. XVI, in Atti d. Soc. piemontese di archeol. e belle arti, XI(1929), pp. 270-283 (con bibl. e docc.); N. Gabrielli, Studi sul pittore C. A., in Atti d. soc. piemontese di archeol. e belle arti, Il Congresso di Cavalermaggiore (1932), XV(1933), pp. 316-335; Ars Hispaniae, D. Angulo Iñiguez, La pintura del siglo XVI, Madrid 1954, p. 266; A. Griseri, Una revisione nella galleria dell'Accad. Albertina, in Bollett. d'arte, XLIII(1958), p. 78; A. Llordén, Dos artistes en la Catedral de Malaga, 1949; M. Bressy, C. A., in L'Arte, n. s., XXV (1960); XXXVI (1961); U. Thieme-F. Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler, II, p.59; Enciclopedia Italiana, III, p.987.