BETTELONI, Cesare
Figlio di Giacomo, e di Angela Buella, nacque a Verona :il 26 dic. 1808. Compì i primi studi a Corno, nel collegio Gallio, dove insegnava uno zio paterno, e li continuò a Verona, nel seminario e poi nel liceo cittadino. Rimasto orfano di padre, non poté frequentare l'università a causa della gracile salute. La sua inclinazione alla poesia già era affiorata nei primi tentativi letterari del soggiorno comasco: ma il suo vero e proprio esordio poetico ècostituito dalla pubblicazione di un poemetto, Il lago di Garda (Milano 1834), elegante e fervido omaggio all'amato Benaco. Nel 1834 pubblicava a Verona anche, anonima, una piccola silloge, Un mazzetto di fiori, Poesie,che raccoglie, più che liriche originali, imitazioni da poeti stranieri come il Mathisson, il Moore, Jean Paul e Byron, ed è significativa soprattutto come specchio di un orientamento di gusto, di sensibilità, di "simpatie" letterarie; nel 1831, inoltre, il B. aveva tradotto e pubblicato, sul Poligrafo,periodico veronese, la Favoladei carpioni di Girolarno Fracastoro, in cui si avverte quel gusto per la poesia descrittiva e didascalica che aveva caratterizzato, nel Cinquecento, la civiltà umanistica e letteraria di Verona.
Il gusto per un romanticismo sepolcrale si accentua nei sonetti che il B. cominciò a scrivere nel 1834 e pubblicò, nel 1836 a Milano, col tit. Ghirlanda di fiori sulla tomba d'un'amica,dove, nell'assunzione della più illustre forma di metro chiuso e nell'eco di evidenti suggestioni petrarchesche, si delinea il tentativo di equilibrare nei moduli di una tradizione classica il pathos dell'ispirazione. Se in questa prima fase della poesia del B. innegabili sono gli influssi dei preromantici (del 1829 è l'inno dedicato al Pindemonte) e dei romantici, in particolare del Manzoni, per una ricorrente ispirazione religiosa (del 1832 è un inno Alla Vergine Maria),neppure è da escludere qualche influsso della scuola romantica veneta e del suo capo Luigi Carrer (del 1836 è un viaggio del' B. a Venezia.)
Il B. si sposò con Giovanna Bertoldi l'11 sett. 1839; il matrimonio non riuscì felice e presto i due coniugi si divisero; il B., che dovette separarsi anche dall'unico figlio (e il suo dolore si esprime nei versi di una delle sue liriche più commosse, L'amor mio,del 1841), sempre più amaramente avvertì il peso dei suoi disturbi nervosi e della solitudine. Tentò di reagire distraendosi, viaggiando, e tra il 1841 e il 1843 si recò a Monaco, a Vienna, a Dresda, a Praga, a Berlino. Nel 1843 tradusse, in un linguaggio solenne, di derivazione montiana e foscoliana, la tragedia Lucrezia di F. Ponsard, uno dei corifei del classicismo francese dei tempo: opera che venne rappresentata con successo a Milano verso la fine di quell'anno e pubblicata, nella stessa città, nel 1844. Nel 1848 scrisse, e lesse agli amici, una quarantina di poesie di facile e quasi improvvisata stesura, che valgono soprattutto come testimonianza civile e patriottica, per l'ispirazione satirica e polemica contro l'Austria (rimaste per lungo tempo ignorate e inedite, vennero date parzialmente alla luce da G. Polver, alla vigilia della prima guerra mondiale, nell'opera: Radetzky a Verona nel 1848 - Cronistoria documentata e illustrata con poesie inedite di C. B., Verona 1913)
Le sofferenze fisiche e morali del B. sono illustrate con eloquenza negli sciolti dei sermone Infermità e dolori dedicato al conte Carlo Albertini nel 1852. Negli ultimi anni. del resto, poco egli poté dedicarsi a lavori poetici di più rigoroso impegno: e quasi un divertissement egli stesso considerava le traduzioni di favolette e di epigrammi (soprattutto da francesi: La Fontaine, J. L. Aubert, A. V. Arnault, L. Halévy, ecc.), cui si venne dedicando negli ultimi anni della sua vita (e che G. Biadego raccolse nel volume postumo Favole ed epigrammi,Verona 1890).
L'opera più alta cui il B. affidò il virile lamento per il suo destino, attigendovi stilisticamente l'acine della sua maturità artistica, è costituita dagli Ultimiversi di Callofilo Benacense (Firenze 1855), un centinaio di sonetti, notevoli soprattutto nei casi in cui più felicemente l'autore riesce a equilibrare la disperata coscienza della sua sventura e gli oscuri presagi di una drammatica fine, in un linguaggio alto e virilmente dominato (monotono risulta tuttavia l'insistente riecheggiare di moduli e accenti petrarcheschi, sia nel lessico sia nel tessuto sintattico e nelle rime, così come scopertissima si fa, in altre prove, la presenza del Leopardi: per es. nella canzone, del 1855, Aduna donna).
Il B. morì suicida il 28 settembre 1858 a Bardolino.
Bibl.: F. De Sanctis, "Alla sua donna", poesia di Giacomo Leopardi,in IlCimento,s. 3, III, vol. VI (dicembre), pp. 1023-1037; G. L. Patuzzi, C. B., Cenni biografici e critici,Verona 1875; P. G. Molmenti, Nuove impressioni letterarie,Torino 1879, pp. 47-53; C. R. Barbiera, Mondo sereno, schizzi letter. e biografici,Cesena 1883, pp. 265-275; G. Biadego. C. B. Discorso commemorativo, con docum. e la bibliogr. dei poeta,Verona 1902 (poi in Discorsi e Profili letterari.Milano 1903, pp. 265 ss., infine in Letteratura e patria negli anni della dominaz. austriaca,Città di Castello 1913, pp. 119-146); A. Luzio, in IlCorriere della sera,5 sett. 1902; R. Dusi, L'arte betteloniana (C. e Vittorio B.),Verona 1914; V. Betteloni. Impressioni critiche e ricordi autobiografici,Napoli 1914, pp. 75-90; S. Benco, Le più belle pagine di V. Betteloni,Milano 1927: Appendice su C. B.,pp. 235-238; G. Brognoligo, Vittorio Betteloni, note biografiche e critiche desunte dal suo carteggio,a cura e con prefazione di A. Alberti, Bologna 1938, passim; G.Faiani, Albero genealogico della famiglia Betteloni,Verona 1939, pp. 118; M. Marchi, Ilpoeta del Benaco, C. B.,Verona 1939; G. Mazzoni, L'Ottocento,Milano 1960, II, pp. 748, 1254; F. Ulivi, Poeti minori dell'Ottocento italiano,Milano 1963, pp. 187-192.