BIRAGO, Cesare
Nacque, in data imprecisata, nella seconda metà del sec. XV, da Giampietro, detto Pietrino, e da Angela di Princivalle Lampugnani.
La famiglia Birago, pur di antica tradizione guelfa, aveva servito sin dall'inizio gli Sforza, e Giampietro in particolare aveva primeggiato tra i fautori di Ludovico il Moro, dal quale ebbe privilegi e favori. Il B. seguì le orme del padre, segnalandosi anch'egli al servizio di Ludovico il Moro, come diplomatico e militare. "Camerero" dello Sforza, nel 1498 risulta impegnato in una missione diplomatica alla corte di Mantova, presso il marchese Francesco Gonzaga, uno dei principali condottieri italiani del tempo.
Il 24 giugno 1498 Ludovico il Moro aveva concluso un accordo col Gonzaga, che accettava di assumere la carica di capitano generale dell'imperatore in Italia per muovere alla testa di un esercito sforzesco contro Venezia, a nome dell'imperatore Massimiliano in quel momento alleato di Milano, ma nell'interesse precipuo dello Sforza. L'accordo concepito per la durata di tre anni prevedeva da parte del Moro il versamento di 40.000 ducati annui al Gonzaga e di 30.000 per gli uomini d'arme e la promessa di concedere in feudo al marchese, dopo la conquista, le città di Brescia, Peschiera, Verona e Vicenza.
Il 24 sett. 1498 arrivò a Milano la patente imperiale con cui Massimiliano nominava il marchese Francesco Gonzaga capitano generale in Italia. Qualche giorno dopo lo Sforza dette al B. l'incarico di recarsi alla corte di Mantova per notificare ufficialmente al marchese la nomina, esprimergli le felicitazioni di Ludovico, che aggiungeva anche la nomina a suo luogotenente generale, e annunciare l'imminente consegna del bastone di capitano generale e dello stendardo, emblema del luogotenente generale del ducato. Partì da Milano il 29 settembre e, giunto a Mantova il 3 ottobre, chiese subito udienza al Gonzaga, dal quale fu accolto con molta benevolenza, ma senza ottenere alcuna risposta precisa. L'accoglienza formalmente assai cordiale del marchese non trasse in inganno il B., che avvertì nel suo atteggiamento volutamente evasivo oscure riserve. Tentò di sondare la marchesa Isabella, parente dello Sforza, ma anche da lei ebbe solo generiche assicurazioni di amicizia, che lo indussero a premere sul Gonzaga per costringerlo a pronunciarsi chiaramente sulla questione. Il risultato fu che la mattina del 6 ottobre il marchese lo congedò con l'assicurazione di avere già comunicato al Moro, tramite l'agente mantovano a Milano, le ragioni della sua insoddisfazione. In effetti il Gonzaga aveva incaricato il suo agente a Milano Giorgio Brognolo di notificare a Ludovico il Moro che si riteneva sciolto dall'impegno contratto con l'accordo del giugno perché il diploma imperiale atteso per quattro mesi era arrivato troppo tardi. Si trattava di un mero pretesto che mai nascondeva il proposito di ritornare al servizio di Venezia, con la quale aveva già iniziato opportune trattative. Il B. ritornò di lì a qualche giorno a Milano per confermare allo Sforza il totale insuccesso della missione.
Una seconda missione diplomatica svolse il B. per il Moro nella primavera del 1499, quando si recò a Roma, dove la diplomazia sforzesca era impegnata, insieme con quella napoletana, nello sforzo di attirare Alessandro VI nell'alleanza con Milano e Napoli contro la Francia. Di questa missione resta però traccia solo in una rapida annotazione del Sanudo (II, col. 561) in data del 25 marzo 1499: "et era passato per Bologna domino Cesar di Birago, va a Roma per il ducha di Milan".
Di ritorno a Milano, con tutta probabilità nel corso della stessa primavera del 1499, il B. si recò poco tempo dopo ad Alessandria come capitano dell'esercito concentratovi da Ludovico nel tentativo di bloccare la invasione francese del ducato. Disfattosi l'esercito sforzesco e crollata la resistenza, la città fu occupata dai Francesi il 29 agosto ed egli cadde prigioniero insieme con altri capitani ducali. Il pieno successo della spedizione francese, che spazzò via in pochi giorni il dominio sforzesco, risvegliò l'antica passione guelfa dei Birago, che non esitarono a passare in blocco dalla parte del vincitore. Nel settembre del 1499 il B., già libero, poté rientrare così a Milano con un salvacondotto del comandante dell'esercito francese, Gian Giacomo Trivulzio.
L'occupazione francese, inizialmente bene accetta ai Milanesi, non mancò tuttavia di suscitare un diffuso malcontento che degenerò in aperta rivolta. La fazione ghibellina rialzò la testa, trascinando anche una parte dei guelfi nel fronte antifrancese, con non poca preoccupazione del Trivulzio, che si sforzò invano di sedare il fermento milanese con vari provvedimenti. Nel gennaio del 1500 la situazione precipitava e il Trivulzio, nella previsione di dovere abbandonare la città, compilò una lista di quarantotto ostaggi, scelti fra i notabili milanesi più in vista per tendenze antifrancesi, da condurre in Francia. Nella lista figura anche il nome del B., ritenuto evidentemente per il suo passato sforzesco un elemento infido. Ma i timori del Trivulzio sulla fedeltà dei Birago alla Francia risultarono infondati: il 1º febbr. 1500, quando già nella città infuriava la rivolta e il Moro era alle porte, fu pronunciata una solenne dichiarazione di fedeltà al re di Francia da parte della nobiltà e del clero di Milano, alla quale parteciparono due Birago: il fratello di Cesare, Galeazzo, e il reverendo Antonio. La famiglia aveva ormai deciso di legare le sue sorti alla Francia, al punto da rifiutare quindi ogni collaborazione alla effimera restaurazione sforzesca.
Col nuovo secolo le notizie sul B. diventano scarse e frammentarie: secondo il Litta, egli avrebbe militato nell'esercito francese ritornato poco dopo in Lombardia e, nel 1512, come vari altri membri della famiglia, l'avrebbe seguito in Francia. Certo è che nel 1515 risulta in Svizzera, trattenuto agli arresti sotto l'accusa di un non precisato tradimento. Il 13 aprile alla dieta di Lucerna i rappresentanti dei cantoni si occuparono del suo caso, sollecitati anche dai parenti del B., rimasti a Milano dopo la cacciata dei Francesi, che chiedevano la consegna del prigioniero alla giustizia ducale. Il 29 aprile la dieta decise di consegnarlo al giovane duca Massimiliano Sforza perché lo sottoponesse a processo alla presenza di appositi inviati svizzeri. Di quale tradimento si fosse reso colpevole non è noto, né si sa quale esito abbia avuto il processo. Certo è che al declinar dell'estate egli risulta già in libertà. Il 1º sett. 1515 venne infatti mandato insieme con altri tre notabili milanesi ad offrire la città, "con condizione però che aspectare volessi octo giorni a venire", a Francesco I, disceso in Italia alla testa di un potente esercito, e accampato a Boffalora, a circa due miglia da Milano.
La scelta del B. era evidentemente dettata dal desiderio di compiacere il re di Francia, inviandogli una persona gradita, esponente della fazione guelfa milanese. I quattro inviati, "explicata la loro legazione, furono da Sua Maestà umanissimamente raccolti" (Prato, p. 336). Francesco I accettò di aspettare otto giorni prima di entrare a Milano, a condizione però di mandare subito il Trivulzio ad assediare il castello, dove si erano trincerati il duca e gli Svizzeri. Di lì a poco, comunque, la battaglia di Marignano decise le sorti della guerra, e l'11 ottobre Francesco I fece il suo ingresso in Milano.
Ritornata la pace, i Francesi istituirono nel 1518, nel quadro della riorganizzazione dell'amministrazione milanese, un consiglio di sessanta decurioni, incaricato dell'elezione di tutti i magistrati cittadini, tra i quali fu chiamato il 1º luglio il B. insieme con altri membri della sua famiglia.
La ripresa del conflitto franco-asburgico nel 1521 costrinse i Francesi ad abbandonare ancora una volta Milano, dove fu restaurato il governo ducale con Francesco II Sforza. Il B., fuggito, come altri della sua famiglia, con i Francesi, fu sottoposto alla confisca dei beni nel 1522. Il 15 nov. 1525 il conte G. B. Lodrone scriveva a Carlo V chiedendo, in ricompensa delle benemerenze acquisite al servizio imperiale, la concessione di certe proprietà confiscate al Birago. Se l'imperatore acconsentì alla richiesta del Lodrone non è noto, ma già nel luglio del 1525 il fratello del B., Galeazzo, anch'egli fuoruscito in Francia, fece le prime avances per passare al servizio imperiale insieme con i figli e con i fratelli, a condizione di essere reintegrati in tutti i possedimenti in Lombardia. Le trattative si trascinarono per circa un anno: il 27 ag. 1526 l'abate di Nájera scrisse a Carlo V che il duca di Borbone, comandante in quel momento delle truppe imperiali, aveva accolto il gruppetto dei Birago reintegrandoli nei loro beni. Il B. rientrò così a Milano, ma non vi restò a lungo, se, come vuole il Litta, morì a Locarno nel 1527.
Aveva sposato Camilla Secco e in seconde nozze Laura Francesca di Gaspero Della Torre, dalle quali ebbe cinque figli: Giacomo Antonio abate di San Vincenzo in Prato, Girolamo, Carlo e Ludovico, che militarono nell'esercito francese raggiungendo i più alti gradi, e Biagio.
Fonti e Bibl.: Storia di Milano scritta da G. A. Prato, in Arch. stor. ital., III (1842), p. 336; Die eidgenassischen Abschiede aus dem Zeittraume von 1500 bis 1520, a cura di A. Ph. Segesser, III, 2, Lucern 1869, pp. 867, 871; Calendar of letters,despatches,and state papers,relating to the negotiations between England and Spain…, III, 1, Henry VIII, 1525-1526, a cura di P. De Gayangos, London 1873, pp. 465, 857; M. Sanuto,Diarii, II, Venezia 1879, coll. 21, 561, 1186, 1256, 1304; J. d'Auton,Chronique de Louis XII, a cura di R. De Maulde La Clavière, II, Paris 1891, p. 329; L. G. Pélissier,Documents sur les relations de Louis XII,de Ludovic Sforza et du marquis de Mantoue de 1498 à 1800, in Bulletin histor. et philol. du comité des travaux histor. et scientif., 1893, pp. 310-312, 315-316; M. Formentini,Ilducato di Milano, Milano 1877, p. 119; L. G. Pélissier,Louis XII et Ludovic Sforza (8 avril 1498-23 juillet 1500), I, Paris 1896, p. 204; II, ibid. 1897, pp. 36, 213, 217, 247, 291; E. Picot,Les Italiens en France au XVIe siècle, in Bulletin italien, I (1901), pp. 132 ss.; P. Litta,Famiglie celebri italiane, Birago di Milano, tav. IV.