BRAICO, Cesare
Nato a Brindisi il 24 ott. 1816 da Bartolomeo e da Carolina Carasco, dopo aver compiuto gli studi secondari nella città natale, si laureò in medicina a Napoli nel 1845. Fu presto noto negli ambienti liberali della città, frequentando C. Poerio, N. Nisco, S. Spaventa, e fu tra i promotori delle grandi manifestazioni cittadine del novembre 1847. Nel gennaio 1848 sottoscrisse, insieme con numerosi eminenti cittadini napoletani, un indirizzo che chiedeva al re il ripristino della costituzione del '20. Il 15 maggio combatté sulle barricate di Santa Brigida, poi trovò rifugio, col Settembrini, nel palazzo del principe di Montemiletto. Dopo la soppressione delle libertà costituzionali aderì alla società segreta dell'Unità italiana e diresse il circolo del quartiere di Montecalvario, cercando di espandere l'organizzazione tra i popolani. Nell'agosto 1849, accusato con N. Nisco di avere fatto opera di subornazione tra le file dell'esercito, fu arrestato e chiuso, insieme con C. Poerio, M. Pironti, V. Dono e altri, nel carcere della Vicaria "in una stanza che aveva ad ornamento della inferriata, quattro troncate teste di famosi briganti", e a conclusione del processo detto dell'"Unità italiana", il 21 genn. '51, fu condannato a venticinque anni di ferri e alla multa di seicento ducati. Il 4 febbraio i rei di stato (C. B., Ricordi della galera, in Lecce 1881, Lecce 1881, p. 33), "legati a due a due con pulsette di ferro" furono condotti alla darsena e qui, vestiti dei panni dei forzati e incatenati, furono imbarcati per Nisida.
Nell'isola giunse, in quello stesso mese, travestito da pescatore, W. E. Gladstone, che dalla visita al carcere trasse il materiale per le celebri Lettere che iniziarono il processo, alla dinastia borbonica innanzi all'opinione europea. Mentre la stampa bollava il regime carcerario del regno meridionale, il B. insieme con i "più pericolosi rei di stato" fu trasferito nella galera di Ischia, ove rimase sino al gennaio 1852, quando le voci di un colpo di mano che Garibaldi avrebbe tentato sull'isola spinsero la polizia a trasferire i condannati a Montefusco, non lontano da Avellino, in "un orribile carcere scavato nel terrapieno sotto il livello della strada e già abolito dagli stessi Borboni come inetto alla vita dell'uomo". Dopo l'epidemia di colera, nell'aprile '55, il B. con un gruppo di trenta prigionieri fu destinato al carcere di Montesarchio. Il gruppo, stretto intorno al Poerio, resistette alle sofferenze e alle sollecitazioni, con le quali lo si voleva spingere a chiedere la grazia. Questa intransigenza morale e l'orientamento unitario dei prigionieri di Montesarchio contribuirono - notò B. Croce (Una famiglia di patrioti, Bari 1949, p. 39) - a "trasformare il partito liberale napoletano in partito italiano".
Nel gennaio 1859 il governo borbonico, per uscire dall'isolamento diplomatico, decise di vuotare le carceri dai condannati politici ricorrendo all'espediente della loro deportazione in America. Il B. ed altri sessantacinque detenuti furono imbarcati sul vapore "Stromboli" e giunti a Cadice furono trasbordati sulla goletta "David Stewart" che avrebbe dovuto condurli a New York; ma essi, guidati dal figlio del Settembrini, si rivoltarono e ottennero che fosse invertita la rotta verso l'Irlanda, ove sbarcarono liberi (16 marzo 1859). Tornato in Italia, il B., che aveva espresso la sua adesione alla politica cavouriana, si arruolò come volontario nell'esercito piemontese e partecipò alla campagna di Lombardia. Date le dimissioni dopo Villafranca, nell'aprile del '60 intervenne alle assemblee di Torino con le quali gli esuli meridionali, nella imminenza della rivoluzione di Sicilia, dichiararono di appoggiare la politica della Società nazionale. Il B. partecipò quindi alla spedizione dei Mille, come ufficiale medico, nel 1º battaglione cacciatori delle Alpi; fu successivamente medico chirurgo di brigata nella 1ª divisione di fanteria, e, col grado di maggiore, medico in capo della 18ª divisione dei volontari, combattendo da Calatafimi al Volturno.
Nel 1861 fu eletto deputato di Brindisi per l'ottava legislatura. Alla Camera avversò la politica della luogotenenza, propugnò l'affrancamento delle decime ex feudali e votò con la Sinistra contro il ministero in occasione del dibattito sull'esercito meridionale (20 apr. '61); si schierò ancora con l'opposizione chiedendo che la guardia nazionale mobile fosse reclutata con criterio non censitario (21 giugno '61). Appoggiò invece nel 1862 il ministero Rattazzi e nel giugno di quell'anno fu insignito della croce di cavaliere dell'Ordine militare di Savoia. Dopo Aspromonte, mentre nel paese le formazioni garibaldine e le associazioni democratiche venivano disciolte, fu nominato dal re presidente del consiglio di sanità in Napoli (dicembre '62). Dopo la parentesi amministrativa che lo costrinse a rassegnare le dimissioni dalla Camera dei deputati, si presentò alle elezioni suppletive e nel corso della stessa legislatura fu eletto deputato di Lucera. Sedette questa volta al centro, votò a favore del ministero Minghetti, appoggiò il trasferimento della capitale a Firenze, s'impegnò per ottenere i fondi necessari per restaurare il porto di Brindisi, ma si staccò dalla consorteria votando con la Sinistra l'abolizione della pena di morte. Nelle elezioni del '65 si presentò candidato nel collegio di Manduria, rivolgendo un generico invito all'unità delle forze liberali, ma non fu eletto. Con decreto del 10 dic. '65 fu nominato commissario di sanità marittima e assegnato dapprima a Livorno, poi a Napoli. Scoppiata la guerra del '66, accorse ancora tra i garibaldini e col grado di sottotenente combatté col 1º battaglione dei bersaglieri genovesi a Rocca d'Anfo e a Monte Suello; qui guadagnò ramenzione al valor militare (decreto 6 1866).
Meno felice fu l'ultima fase della vita e dell'attività pubblica. Nominato consigliere di prefettura (4 marzo 1869) ed assegnato ad Alessandria, "in tale carica - ricorda un rapporto d'ufficio - non fece buona prova", sicché fu trasferito a Forlì (29 sett. 1869); "in ultimo - continua il rapporto - gli si diede il posto d'Archivista, ma, medico e uomo di lettere, ama altre cose che le carte d'archivio". Il 19 genn. 1873 fu assegnato all'Archivio di Stato di Roma e in questa città trascorse gli ultimi anni della sua esistenza, resi amari dalla solitudine e dalle prime manifestazioni d'una infermità mentale che, aggravatasi nel 1883, doveva condurlo alla morte nel manicomio della Lungara il 27 luglio 1887.
Fonti e Bibl.: Per un accurato elenco degli articoli e delle notizie variamente pubblicate sul B. dal 1861 al 1960 vedi A. D., in Il Salento nell'epopea risorgimentale, numero speciale della rivista Informazioni arch. e bibl. sul Salento, Lecce 1961, p. 62. Cfr. anche L. Settembrini, Lettere dall'ergastolo, Milano 1962, pp. 9 s., 104, 636. Per la definitiva determinazione della data di nascita del B., precedentemente riportata nelle biografie con notevoli divergenze, cfr. G. Roma, in La Gazzetta di Brindisi del 12 nov. 1966, che pubblica i documenti di nascita e di battesimo. Lettere inedite del B. dirette a S. Spaventa, G. Libertini ed altri sono custodite a Roma presso il Museo Centrale del Risorgimento, B. 69 (35, 5), B. 367 (55, 1; 55, 2); cfr. anche, per lettere di altri a lui, B. 370. Un altro gruppo di lettere inedite del B. sono custodite presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, Carte Pessina B. 2(7). L'attività parlamentare del B. può ricostruirsi sugli Atti parlamentari, soprattutto degli anni 1862, p. 1633; 1863, p. 4831; 1864, pp. 3248, 3250, 8663. Documenti relativi alle ultime vicende dell'attività amministrativa del B. sono a Roma presso l'Archivio di Stato, Arch. della Direzione, a. 1873, B. IX, XXX; a. 1883, B. IV, 4548; a. 1887, B. IV, 3109. Particolarmente importante la relazione riservata conservata presso l'Archivio del Ministero dell'Interno, Roma, Direzione Generale degli Archivi di Stato, Verbali, II, adunanza 17 febbr. 1883.