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BURALI FORTI, Cesare

di Evandro Agazzi - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972)
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BURALI FORTI, Cesare

Evandro Agazzi

Nacque ad Arezzo il 13 ag. 1861 da Cosimo e da Isoletta Guiducci. Dopo aver compiuto gli studi medi nel collegio militare di Firenze, s'iscrisse nel dicembre 1879 all'università di Pisa, dove si laureò in matematica nel dicembre 1884, discutendo una tesi di geometria su "Caratteristiche dei sistemi di coniche".

Pisa era allora uno dei più importanti centri della matematica italiana: vi insegnavano uomini come Ulisse Dini, Luigi Bianchi, Enrico Betti, Vito Volterra (per non parlare dei fisici, come Luigi e Antonio Pacinotti e Riccardo Felici) e, in particolare, vi era viva quella esigenza di "rigore" logico nella fondazione delle discipline matematiche, e specialmente dell'analisi infinitesimale, che trovava in Europa i suoi più impegnati rappresentanti in personalità come B. Riemann, K. Weierstrass, P. Du Boys-Reymond, R. Dedekind, G. Cantor. All'altezza di costoro si collocava in Italia il Dini, che a Pisa ebbe fra i propri allievi nei corsi di analisi infinitesimale e analisi superiore proprio il Burali Forti. Egli frequentò anche le lezioni di meccanica razionale, meccanica celeste e fisica matematica tenute dal Betti, amico personale del Riemann, che più volte aveva avuto ospite a Pisa e che dal grande matematico tedesco aveva tratto incitamento a dedicarsi a quegli studi di fisica matematica, di teoria dell'elasticità e di topologia negli iperspazi che ne avevano fatto uno dei maggiori matematici europei del tempo. Alcune delle "tesine" orali discusse dal B. nel corso dell'esame di laurea concernono appunto alcuni di questi problemi fisico-matematici coltivati dal Betti. Se teniamo presente che l'opera principale del Dini, Fondamenti per la teorica delle funzioni di variabili reali, esce a Pisa nel 1878 e che quella del Betti sulla Teorica delle forze newtoniane vi appare nel 1879, possiamo farci un'idea del clima di pieno fervore scientifico che caratterizzava gli studi matematici al momento dell'arrivo del B. in quella università. Non solo, ma anche se egli non mantenne in seguito rapporti significativi con l'ambiente dei suoi studi universitari, è innegabile che i due settori in cui principalmente si collocarono poi i suoi contributi scientifici sono proprio quello dell'indagine logica sulla fondazione rigorosa della matematica, da un canto, e quello dell'applicazione di nuovi strumenti allo studio della geometria e alla fisica matematica, dall'altro, che serbano indubbiamente l'eco degli interessi che si coltivavano a Pisa quando egli vi era stato studente.

Dopo la laurea, il B. intraprende la carriera dell'insegnamento, ed è professore di matematica presso la scuola tecnica di Augusta, nel 1885. Di lì passa però ben presto a Torino, avendo vinto nel 1887 il concorso a professore straordinario presso l'Accademia di artiglieria e genio. Raggiunta così una posizione economica tranquilla, sposa nel settembre del 1887 Maria Viciani. Presso la stessa Accademia di artiglieria e genio egli svolgerà, fino agli ultimi suoi giorni, una attività di docente apprezzatissimo, diventando professore ordinario nel 1906, poi unico ordinario, apprezzatissimo, fra i docenti non militari. Fino al 1894 egli terrà pure un insegnamento alla scuola tecnica Sommeiller di Torino.

Proprio nel 1887 entra come insegnante in quella stessa accademia anche Giuseppe Peano, di soli tre anni più anziano di lui, ma già ricco di prestigio per gli originali risultati ottenuti in ricerche di analisi. Fra i due nasce subito un'amicizia destinata a perdurare profonda e a dar luogo anche ad una feconda collaborazione scientifica. Fra i membri della cosiddetta "scuola peaniana", infatti, il B. sarà senza dubbio la personalità matematica di maggiore spicco e, in particolare, risulterà assai larga la sua collaborazione alle successive edizioni del Formulario, ossia dell'opera cui questa scuola dedicherà, in modo collettivo e anonimo, i suoi sforzi per una riesposizione rigorosa dell'intera matematica, fondata sul ricorso alle notazioni e alle tecniche dimostrative della logica peaniana.

L'amicizia col Peano si appoggia, quindi, anche a profonde affinità di interessi scientifici che, in questo momento, appaiono specialmente caratterizzati da vive istanze di ordine logico. Peano, infatti, dopo gli allori colti come analista, si dedica ora (seguendo quella versatilità di interessi che costituirà ad un tempo un suo pregio ed un suo limite) allo studio dei fondamenti logici di due discipline matematiche basilari: l'aritmetica e la geometria elementari, pubblicando a Torino nel 1889 un volumetto in latino, gli Arithmetices principia, nova methodo exposita, in cui applica per la prima volta la sua simbologia logico-matematica alla fondazione rigorosa dell'aritmetica (fanno qui la loro prima comparsa i famosi "assiomi peaniani" per l'aritmetica elementare), oltre ad un analogo volumetto dedicato ai Principi di geometria, logicamente esposti (Torino 1889).

L'anno dopo, il Peano vince la cattedra di calcolo infinitesimale all'università di Torino e la nuova posizione accademica gli consente di valorizzare meglio anche il talento dell'amico: il B., infatti, svolge su invito del Peano lezioni non ufficiali di logica all'università nel 1893-94, il cui frutto costituisce un manualetto di Logica matematica (Milano 1894). Dal 1894 al 1896 egli è, anzi, assistente dello stesso Peano.

La menzione di queste opere del Peano e del B. serve a darci una certa prospettiva su quel clima di ricerca nell'ambito dei fondamenti della matematica che stava diffondendosi in tutta Europa e che aveva in quel momento proprio a Torino uno dei suoi centri più vivi: le celebri ricerche di Hilbert sui fondamenti della geometria elementare, ad esempio, verranno solo un decennio più tardi. In Germania ha frattanto terminato da poco la presentazione delle sue rivoluzionarie ricerche Georg Cantor, esponendo in una serie di articoli sui Mathematische Annalen, fra il 1879 e il 1884, le idee fondamentali della sua "teoria degli insiemi"; ben pochi, tuttavia, sanno apprezzare il valore di questa genialissima novità e i più, anzi, la osteggiano, al punto che una nuova coppia di articoli in cui egli perfezionerà la sua teoria potrà essere pubblicata dal Cantor solo oltre un decennio dopo, tra il 1895 e il 1897. L'importanza delle teorie cantoriane non sfugge però al B., che ad essa dedica fra il 1894 e il 1897 una serie di acuti lavori critici. Ad uno di questi, anzi, spetta addirittura il merito storico di avere aperto la serie delle famose antinomie della teoria degli insiemi, cioè di aver mostrato la prima di un tipo particolare di contraddizioni alla cui comparsa si fa risalire l'inizio della cosiddetta "crisi dei fondamenti", che tanto influì sugli sviluppi della logica matematica e, in genere, di tutta la matematica del sec. XX.

L'antinomia (detta talora impropriamente anche "paradosso") del B. appare in una memoria pubblicata nel 1897 nei Rendiconti del circolo matematico di Palermo col titolo: Una questione sui numeri transfiniti e concerne la nozione di numero ordinale.

Nella teoria cantoriana degli ordinali transfiniti si dimostra che ogni insieme di numeri ordinali è ben ordinato e che a tale buon ordinamento corrisponde un numero ordinale che è maggiore di ciascuno degli ordinali appartenenti a quell'insieme. Si consideri ora - osserva il B. - l'insieme di tutti i numeri ordinali: in base al teorema suddetto, esso deve essere caratterizzato da un numero ordinale che è maggiore di tutti i possibili numeri ordinali, il che è contradittorio, perché anch'esso appartiene all'insieme di tutti gli ordinali. Per la verità, lo stesso Cantor si era reso conto dell'esistenza di questa difficoltà nel 1895 e ne aveva scritto in una lettera ad Hilbert del 1896, ma nulla ne aveva pubblicato, cosicché è al B. che spetta il merito della pubblicazione della prima antinomia relativa alla teoria degli insiemi. La sua memori a, per altro, rimarrà pressoché inosservata fin quando una nuova antinomia sarà scoperta da Bertrand Russell e pubblicata nel 1903; il carattere più elementare dell'antinomia russelliana farà sì che ad essa venga prestata maggiore attenzione, non potendosi più ritenere (come si poteva essere indotti nel caso di quella del B.) che essa possa attribuirsi a qualche difetto nella formulazione di concetti altamente tecnici della teoria degli insiemi, come quello di numero ordinale. Da allora, molte altre antinomie sono state scoperte e il problema della loro eliminazione costituisce uno dei capitoli più affascinanti e impegnativi della teoria degli insiemi e della filosofia della matematica.

L'opera logica del B. non si esaurisce, comunque, in questi primi lavori: a parte la già menzionata collaborazione che fornisce, dal 1895 al 1908, alle successive edizioni del Formulario peaniano, egli lascia nella teoria degli insiemi un contributo importante studiando, nella memoria su Le classi infinite del 1896, l'impiego delle nozioni di classe e di corrispondenza biunivoca, al posto di quella di ordine, per la caratterizzazione degli insiemi finiti: in tal modo egli è il primo che abbia studiato la correlazione fra i due modi diversi e indipendenti di caratterizzare un insieme finito (cioè come insieme che può essere posto in corrispondenza biunivoca con un segmento iniziale dei numeri naturali, oppure come insieme che non può essere posto in corrispondenza biunivoca con una sua parte propria), la cui equivalenza risulterà dimostrabile solo ricorrendo all'"assioma della scelta". Di rilievo sono anche i suoi studi sulla teoria della definizione, corredati da applicazioni alla teoria delle grandezze e a quelle dei numeri reali e complessi. Lo stesso sviluppo tecnico della logica matematica gli è debitore di vari risultati originali, molti dei quali confluiranno nella seconda edizione della Logica matematica, che uscirà, assai ampliata e rifatta, nel 1919 a Milano. È il caso di osservare che quest'opera rimarrà per vari decenni l'unico manuale di logica matematica redatto in lingua italiana.

In modo perfino più incisivo che non nella logica matematica opera il B. in seno alla teoria dei vettori e, in particolare, nella fondazione della teoria delle omografie vettoriali.

Anche qui l'aggancio all'opera del Peano è preciso e importante. È ben noto che, almeno in modo implicito, una certa parte del calcolo vettoriale era stata usata in seno alla meccanica sin dal Rinascimento e che gli studi sulla rappresentazione geometrica dei numeri complessi, sviluppatisi agli inizi dell'Ottocento, avevano proseguito questa implicita costruzione di un'analisi vettoriale. Erano venute poi le costruzioni della teoria dei quaternioni di William Rowan Hamilton, la teoria delle equipollenze di Giusto Bellavitis, il calcolo baricentrico di August Ferdinand Möbius e la teoria delle grandezze estese (Ausdehnungslehre)di Hermann Grassmann ad offrire cornici assai generali entro le quali la teoria dei vettori si trovava inclusa in modo più o meno trasparente, mentre di essa aveva compiuto una originale riformulazione, accompagnata da notevoli applicazioni alla fisica matematica, Josiah Willard Gibbs.

Nonostante questo, tuttavia, si può dire che un calcolo vettoriale in senso stretto non fosse ancora stato formulato come calcolo esclusivamente "geometrico"; a questa fatica pone mano invece il Peano, con un volume edito a Torino nel 1888: Calcolo geometrico secondo l'Ausdehnungslehre di H. Grassmann, in cui, prendendo le mosse dagli intendimenti del Grassmann, che lo studioso tedesco non era riuscito a sviluppare in forma di vera e propria teoria, costruisce un calcolo di pure forme geometriche, entro il quale rientra anche il calcolo vettoriale; quest'ultimo apparirà completamente isolato ed esplicitato tre anni dopo nell'opuscolo Elementi di calcolo geometrico, in cui il Peano opera la riduzione al cosiddetto "sistema minimo" del calcolo geometrico precedentemente delineato: tale sistema minimo è appunto il calcolo vettoriale.

A questa impostazione aderisce immediatamente il B. e, oltre a lui, altri discepoli del Peano, come Mario Pieri e Tommaso Boggio. Inizialmente, tuttavia, la strada delle nuove idee riesce faticosa: l'intento dichiarato di trattare i vettori con i vettori, senza far ricorso alle coordinate, e di introdurli addirittura nella trattazione diretta della geometria differenziale e proiettiva, urta contro inveterate abitudini mentali; lo stesso B. è vittima di questa ostilità, poiché l'avversione per i nuovi punti di vista, da lui vivacemente e polemicamente difesi, gli costa l'insuccesso nell'esame di libera docenza, il che significherà per lui (che non vorrà mai più ritentare la prova) l'esclusione dalla carriera universitaria. Ciò non toglie comunque che egli trovi ben presto consensi presso altri autorevoli matematici: in particolare, Roberto Marcolongo, riconoscendo in lui un vero e proprio maestro, si associa a lui nella presentazione di parecchi lavori sull'unificazione delle notazioni vettoriali, apparsi tra il 1907 e il 1908, nei quali viene anche condotta una rassegna storica e una discussione critica delle varie impostazioni adottate dagli autori precedenti; nel 1909 essi pubblicano a Bologna in collaborazione un volume sugli Elementi di calcolo vettoriale (tradotto in francese l'anno successivo) e propongono la loro notazione per il sistema vettoriale minimo in un articolo apparso nel 1909 sull'Enseignement mathématique, suscitando le immediate reazioni dei seguaci di Gibbs e Hamilton.

La polemica non si spegnerà tanto presto e in essa interverranno anche matematici di grande rinomanza, fra i quali basti ricordare Peano, F. Klein e A. Macfarlane. Nella prefazione al citato volume del 1909, i due autori così rivendicano l'originalità del loro metodo: "Sotto gli aspetti indicati il nostro libro è il primo trattato italiano di calcolo vettoriale. Esso differisce profondamente, in quanto a metodo e notazioni, da tutti i trattati anteriori pubblicati in questi ultimi anni, specialmente in Germania. Ne differisce per il metodo, perché noi intendiamo operare in modo assoluto sugli enti geometrici, mentre ordinariamente i vettori e le loro operazioni compariscono come tachigrafi delle coordinate. Ne differisce per le notazioni, perché quelle razionali da noi seguite sono conformi, nella loro quasi totalità, alle notazioni proposte dai fondatori del calcolo vettoriale". Ricche note storico-critiche concludono questo trattato.

Il contributo del B. alla teoria dei vettori non si limita, comunque, a simili questioni di carattere definitorio e notazionale: fin dal 1896 egli pubblica nei Rendiconti di Palermo vari articoli, nei quali il calcolo vettoriale, da lui chiamato ancora "metodo di Grassmann", viene applicato alla geometria proiettiva e differenziale; nel 1897 esce a Parigi addirittura un suo volume dedicato a questo argomento: Introduction à la géométrie différentielle,suivant la méthode de H. Grassmann. In seguito, egli estenderà le applicazioni alla meccanica dei continui, all'ottica, alla teoria delle trasformazioni di Lorentz, all'idrodinamica, alle più varie questioni di meccanica.

In tutto questo entra però in modo essenziale non già il puro e semplice "sistema minimo", bensì una elaborata teoria di quelle particolari trasformazioni lineari fra vettori che sono note col nome di "omografie vettoriali". Della teoria di queste ultime, anzi, il B. può essere considerato l'autentico iniziatore: in particolare, si deve a lui l'introduzione di quella basilare omografia che è costituita dalla derivata di un vettore rispetto a un punto e che apre di colpo a questa teoria un campo di applicazioni teoriche e pratiche estesissimo. Anche qui la collaborazione col Marcolongo si rivelerà assai feconda: le nuove idee vengono dapprima esposte in un volumetto a cura dei due autori, uscito nel 1909: Omografie vettoriali, cuiseguono ben due volumi in francese, per quanto pubblicati a Pavia, di Analyse vectorielle générale:il primo intitolato Transformations linéaires (1912), il secondo Applications à la mécanique et à la physique (1913). In essi, attraverso l'abbondante illustrazione di applicazioni fisiche e meccaniche, i due autori danno a questa teoria un assetto praticamente definitivo. Oltre che in questi veri e propri trattati, il B. continuerà a produrre risultati nel campo della sua teoria, pubblicandoli in vari periodici specializzati.

Man mano passano gli anni, i nuovi metodi vettoriali acquistano il crescente favore degli studiosi e una vera e propria "scuola italiana" (i cui maggiori rappresentanti sono, oltre agli autori già citati precedentemente, Pietro Burgatti e Tommaso Boggio) li viene riccamente sviluppando. È così che una piccola enciclopedia di Analisi vettoriale generale e applicazioni, in sei volumi, può essere progettata dalla casa Zanichelli: il primo volume di questa ha per autori il B. e Marcolongo e tratta le Trasformazioni lineari (Bologna 1929); essi vi sviluppano e ampliano la loro vecchia trattazione del 1912-13; il secondo volume, che ha per autori, oltre al B., anche il Boggio e il Burgatti, è una Geometria differenziale (ibid. 1930), che sarà l'ultima fatica del B. prima della morte.

Volendo esprimere un giudizio critico spassionato sull'opera vettorialistica del B. e dei suoi collaboratori, bisogna riconoscere, accanto ai grandi meriti di carattere teorico e alla ricchezza di risultati tecnici conseguiti, anche la presenza di alcuni difetti: il proposito di fare a meno a tutti i costi di coordinate, ad esempio, pur apprezzabile come principio di carattere metodologico, fu poi applicato con un rigore puristico tanto assoluto da creare non di rado inutili complicazioni. Anche la notazione vettoriale proposta e difesa dal B. e dal Marcolongo non era esente da difetti pratici e il fatto che la scuola italiana sia stata in pratica la sola ad adottarla ha costituito una ragione di isolamento per i nostri pur valenti studiosi in questo campo di ricerca.

La collaborazione del B. con Tommaso Boggio aveva dato luogo, nel 1924, a un volume, Espaces courbes. Critique de la rélativité, nel quale i due autori respingono con la massima decisione la teoria della relatività. Questa incomprensione per la teoria einsteiniana, che riesce strana presso un uomo rivelatosi in genere tanto aperto alle idee nuove in campo scientifico, era stata motivo di un certo, sia pur temporaneo, attrito con il Marcolongo.

Nella vita il B. fu, comunque, un isolato: il non aver percorso la carriera universitaria e il fatto di non essere neppure maistato membro di alcuna accademia accentuò indubbiamente la sua naturale tendenza a chiudersi in se stesso. Morì, lontano dai suoi, all'Ospizio Mauriziano di Torino, il 21 genn. 1931, chiedendo di non ricevere funerali religiosi.

Opere: il fatto che il B. non abbia avuto una posizione accademica ufficiale ha avuto come deplorevole conseguenza la pressoché totale mancanza di studi a suo riguardo, e ciò si riflette anche nell'assenza di una sua vera e propria bibliografia completa. Fortunatamente, però, i volumi IV, V, VI del Biographisch - Literarisches Handwörterbuch zur Geschichte der Exacten Wissenschaften del Poggendorff recano successivi elenchi di pubblicazioni, forniti dallo stesso B., che possono ritenersi costituire una bibliografia sostanzialmente completa dei suoi oltre duecento lavori. Ci limitiamo perciò a segnalare soltanto i titoli principali.

Fra le opere in volume, gran parte è costituita da testi scolastici per i più disparati ordini e gradi d'istruzione: fra questi mette conto segnalare le seguenti opere di livello universitario: Lezioni di geometria metrico-proiettiva (Torino 1904), il ben noto Corsodi geometria analitico-proiettiva (Torino 1909 e 1926) e i due volumi di Geometria descrittiva (Torino 1921-22). Hanno invece i caratteri di un vero e proprio trattato la Introduction à la géométrie différentielle,suivant la méthode de H. Grassmann (Paris 1897), così come la Logica matematica (Milano 1894; 2 ed. 1919).

Natura di trattato hanno anche le fondamentali opere in collaborazione già menzionate nel corso della voce e cioè, in collaborazione con R. Marcolongo: Elementi di calcolo vettoriale,con numerose applicazioni alla geometria,alla meccanica e alla fisica (Bologna 1909; 2 ed. 1921), seguito da traduzione francese (Paris 1910); Omografie vettoriali con applicazioni alle derivate rispetto ad un punto ed alla fisica matematica (Torino 1909); Analyse vectorielle générale, I, Transformations linéaires; II, Applications à la mécanique et à la physique (Pavia 1912-13); Analisi vettoriale generale e applicazioni. I, Trasformazioni lineari (Bologna 1929); il vol. II è invece in collaborazione con T. Boggio e P. Burgatti: Geometria differenziale (ibid. 1930). Pure in collaborazione con T. Boggio egli scrisse una Meccanica razionale (Torino 1921) e il già ricordato Espaces courbes. Critique de la rélativité (Torino 1924). Un lavoro importante, incluso nella parte IV della prima edizione del Formulaire de mathématique di G.Peano, ma stampato anche separatamente sotto forma di volumetto, è la Teoria delle grandezze (Torino 1893).

Per quanto riguarda le memorie e gli articoli scientifici, si può dire che quasi tutte le più importanti riviste matematiche europee abbiano ospitato scritti del Burali Forti. Fra questi ci limitiamo ad elencare alcuni titoli più significativi riguardanti, rispettivamente, la teoria degli insiemi e il calcolo vettoriale.

a) Teoria degli insiemi: Sulle classi ordinate e i numeri transfiniti, in Rendiconti del Circolo matematico di Palermo, VIII (1894), pp. 169-179; Sur quelques propriétés des ensembles d'ensembles..., in Mathematische Annalen, XLVII(1895), pp. 20-32; Le classi finite, in Atti d. R. Accad. d. scienze di Torino, XXXII(1896), pp. 34-52; Sopra un teorema del sig. Cantor,ibid., pp. 153-161. Una questione sui numeri transfiniti, in Rend. d. Circ. mat. di Palermo, XI (1897)3 pp. 154-164.

b) Calcolo vettoriale: Il metodo del Grassmann nella geometria proiettiva, in Rend. d. Circ. mat. di Palermo, X (1896), pp. 177-195; XI (1897), pp. 64-82; XV (1901), pp. 310-320; Sopra alcune questioni di geometria differenziale,ibid., XII (1898), pp. 111-132; Sulla geometria differenziale assoluta delle congruenze e dei complessi rettilinei, in Atti d. Accad. d. sc. di Torino, XLV(1909), pp. 4-22; Sulla rappresentazione sferica di Gauss, in Atti d. Ist. veneto di sc. e lett., LIX(1909-10), pp. 693-723; Fondamenti per la geometria differenziale su di una superficie col metodo vettoriale generale, in Rend. d. Circ. mat. di Palermo, XXXIII(1912), pp. 1-40; Isomerie vettoriali e moti geometrici, in Memorie dell'Acc. d. sc. di Torino, s. 2, LXV, 14 (1915), p. 37; Sulle derivate delle isomerie vettoriali, in Rend. d. Acc. naz. Lincei, cl. sc. fis. met. e nat., XXV (1916), pp. 709-716; Sugli operatori differenziali omografici,ibid., pp. 51-59; I moti relativi nel calcolo assoluto,ibid., XXVI(1917), pp. 632-37; Operatori per le iperomografie, in Atti d. Acc. d. sc. di Torino, LVII(1922), pp. 147-154.

In collaborazione con R. Marcolongo è da segnalare la serie di articoli Per l'unificazione delle notazioni vettoriali, in Rend. d. Circ. mat. di Palermo, XXIII (1907), pp. 324-328; XXIV (1907), pp. 65-80, 318-332; XXV (1908), pp. 352-375; XXVI (1908), pp. 369-37. Inoltre il lavoro Notations rationnelles pour le système vectoriel minimum, Torino 1908; lavoro di identico titolo compare a cura dei medesimi due autori in L'enseignement mathématique, XIII (1911), pp. 138-148.

Bibl.: Come già si è detto, non esistono in pratica studi sul Burali Forti. Soltanto R. Marcolongo gli dedicò un necrologio sul Bollettino dell'Unione matematica italiana, X (1931), pp. 182-185, piuttosto generico e di impronta più affettiva che scientifica. Le poche notizie in esso fornite si ritrovano tali e quali anche nella pagina dedicata al B. nel volume di F. Tricomi, Matematici italiani del primo secolo dello stato unitario, Torino 1962, p. 26, e nella voce Burali Forti a cura di H. C. Kennedy nel Dictionary of Scientific Biography di Scribner. Sorvolando sulle brevi menzioni che sono reperibili in qualche opera a carattere generale, ricordiamo che notizie sugli sviluppi del calcolo vettoriale, con ampia discussione storica e critica e con una valutazione dei pregi e dei difetti di quello proposto dal B. e Marcolongo, sono reperibili nell'articolo di G. Giorgi, Metodi di calcolo vettoriale e spaziale,notizie storiche e comparative, in Enciclopedia delle matematiche elementari, III, Milano 1947, pp. 99-124.

Vedi anche
Alessandro Pàdoa Pàdoa, Alessandro. - Matematico (Venezia 1868 - Genova 1937), docente nell'univ. di Genova. Allievo di G. Peano, fu uno dei suoi più stretti collaboratori per quel che concerne lo studio dei fondamenti dell'aritmetica e l'istituzione di una rigorosa logica simbolica. Padoa, Alessandro dimostrò, tra l'altro, ... Giuseppe Peano Matematico (Cuneo 1858 - Torino 1932), prof. di calcolo infinitesimale alla univ. (dal 1890) e all'Accademia militare di Torino, socio nazionale dei Lincei (1929); uno dei maggiori matematici italiani moderni. Al nome di Peano, Giuseppe restano legati soprattutto la costruzione di un utile e rigoroso ... Bòggio, Tommaso Bòggio, Tommaso. - Matematico italiano (Valperga 1877 - Torino 1963); prof. nelle univ. di Messina, Firenze e (1909-1948) Torino. Iniziati i suoi studî con G. Peano, dedicò le sue ricerche a svariate questioni di analisi (equazioni differenziali e integrali, funzioni armoniche, funzioni di Green), per ... Vailati, Giovanni Storico delle scienze, filosofo e matematico (Crema 1863 - Roma 1909). Figura di studioso originale, costantemente in contatto con la ricerca e la cultura europea (e statunitense) più avanzata, si occupò di logica, filosofia della scienza, filosofia del linguaggio e storia della scienza (in partic. della ...
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    Matematico (Arezzo 1861 - Torino 1931). Insegnò (dal 1887) all'Accademia d'artiglieria e genio di Torino. È noto particolarmente per i suoi lavori sul calcolo vettoriale e la logica matematica, nell'indirizzo di G. Peano. Collaborò con quest'ultimo al Formulario mathematico ed è autore, tra l'altro, ...
Vocabolario
Céṡare
Cesare Céṡare s. m. – 1. Titolo distintivo degli imperatori romani, derivato dal cognome del generale, triumviro e dittatore Gaio Giulio Cesare (100 o 102 - 44 a. C.). 2. Nell’Impero bizantino, in origine titolo dell’imperatore associato...
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cesio1 cèṡio1 agg. [dal lat. caesius «grigio azzurro, verdastro»], letter. – Azzurro chiaro, celeste, detto per lo più degli occhi: gli occhi tuoi cesii (D’Annunzio); come s. m., il c., il colore cesio.
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