CAMPANA, Cesare
Nato attorno al 1540 all'Aquila, da una famiglia della nobiltà locale, si trasferì nel 1572 circa a Vicenza; e qui, almeno dal 1578, insegnò grammatica al seminario. Nel 1582 passò a Legnago come precettore della scuola pubblica con lo stipendio di 120 ducati annui e la facoltà di tenere in casa quanti scolari desiderasse; proclamato cittadino onorario nel 1583, nel 1584 il Consiglio gli aumentò lo stipendio. Lasciata Legnago nel 1587 - nel 1588 il suo posto risulta occupato da un certo Sante -, fissa nuovamente la residenza a Vicenza, dalla quale ogni tanto si sposta per brevi soggiorni a Venezia, a Verona e a Legnago ove conservava amici ed estimatori; attorno al 1593-94 risiede ad Este in qualità di precettore. Si ha notizia inoltre d'una rapida puntata all'Aquila, dove i concittadini, in segno d'onore, gli donarono un boccale ed un bacile d'argento e lo annoverarono - ricorda il C. con orgoglio - "tra i figli non pur legittimi e cari, ma tra i riguardevoli anche e nobili di patria nobilissima". Tranquillo lo scorrere della sua esistenza a Vicenza, parte impegnata nella stesura di voluminosi lavori, parte assorbita dall'insegnamento che impartiva come pubblico precettore: un erudito settecentesco, il Calvi, ricorda, a proposito di questa sua funzione, la conferma del 20maggio 1601 e la riconferma del 20dic. 1604 da parte del Consiglio cittadino. Di lì a poco, nel 1606, il C. moriva a Vicenza.
Dalla dedica di Giacomo Cescato delle Rime piacevoli di sei begl'ingegni... (gli autori sono Pietro Nelli, Ercole Bentivoglio, Teodoro Angelucci, Tommaso Garzoni, Guido Casoni, Luigi Groto), uscite, per sua cura, a Vicenza nel 1603, a Leonida Belli, ove si accenna a legami "non meno di parentato, che di amor" tra questo e il C., si desume che il C. sposò una Belli di Vicenza, con tutta probabilità sorella di Leonida. Ne ebbe almeno due figli: Agostino, che ultimerà una sua opera rimasta incompiuta, e Pietro, che si farà teatino e morrà a Roma, di cui, a detta del Calvi, esistevano molti manoscritti nella biblioteca, andata poi dispersa, dei teatini di Vicenza.
Pochi altri tratti si possono aggiungere sulla vita così poco movimentata del Campana. A detta d'un rievocatore ottocentesco degli "illustri aquilani", il C. era abile "nell'arte di ricamare in seta ed in oro": lodatissima una sua immagine della Madonna donata a Filippo II di Spagna, che, gradendola, lo ricompensiò lautamente. Il C. fu anche ascritto, come "il Vario", all'Accademia Olimpica di Vicenza almeno dal 1577; in rapporto coll'erudito mantovano Antonio Beffa Negrini, stese la prefazione ai suoi Elogi historici di alcuni personaggi della famiglia Castiglioni... (usciti postumi a Mantova nell'anno 1606); "infiniti favori" ebbe il C. dal coltissimo collezionista Gianvincenzo Pinelli che abitava nella vicina Padova. Le dediche delle sue molte opere nonché di singole parti di esse mostrano il C. amico dei letterati legnaghesi Agostino Agostini e Giovanni Fratta, del principe degli Olimpici conte Sforza Bissari, del segretario del Senato veneto Giovan Carlo Scaramelli; e lo rivelano smanioso ricercatore d'autorevoli protezioni ed avalli da parte di principi come i Gonzaga, i Farnese, i Savoia, di sovrani come Filippo III e di alti dignitari italiani al servizio della Spagna. E resta singolare la sua figura di poligrafo filospagnolo operante in un'area, politicamente e culturalmente, senz'altro ostile alla monarchia cattolica.
Marginale l'attività in versi del C., ridotta al convenzionale poemetto Le lagrime del Bacchiglione per la morte del conte Antonio Valmarana (Vicenza 1577) e alle Rime... dedicate al... conte Agostino Giusti (Verona 1588; irreperibile l'edizione veneziana del 1577, citata, forse per errore, dal Tafuri). Composizioni, quelle del C., fredde e ammanierate, nel solco della tradizione ed estranee ai preannunci della sensibilità barocca, verso i quali il C. ostenta - nel presentare la riedizione, da lui promossa, delle Rime (Vicenza 1603) di Ascanio Pignatelli - una dichiarata diffidenza, lodando, per contro, il Pignatelli per la "facilità grazia e maestria" e "platonica modestia", immuni da "quelle parole vane e lascive che tanto paiono in altri aver occupata la gloria di eccellenti poeti". Né hanno gran valore, nella loro facile sentenziosità, le operette dialogiche I Synarmofili overo della vera nobiltà (Vicenza 1586) e L'Agostini overo della liberalità... (Verona 1588), e i discorsi di circostanza, i quali ultimi attestano comunque il credito di cui godeva il Campana. Si tratta dell'Oratione... nella qual si discorre del publico governo de' signori, recitata alla presentia dell'ill.mo... Thomaso Gritti capitanio e provveditore di Legnago, dell'Oratione... intorno al governo di que' cittadini che sono alle cose publiche preposti recitata nella felice unione delle... comunità di Legnago e Porto, dell'Oratione recitata in nome publico nella fin del governo dell'illustriss. ... Giustiniano Morosini, provveditore et capitanio di Legnago, tutte raccolte in Tre orationi.. nelle quali brevemente si discorre del modo di ben reggere i popoli (Verona 1588), e la seconda comparsa anche separatamente in precedenza (Verona 1583); egualmente dovuta ad un'occasione solenne la De laudibus Atestinorum oratio... publice Ateste habita (Venetiis 1594). Complementari rispetto all'attività storiografica del C. le ricostruzioni araldico-genealogiche, utilizzate nelle opere maggiori, ma pubblicate, non senza piaggeria, anche a parte: Arbori delle famiglie reali di Spagna... cioè re antichi di Spagna, di Legione e di Castiglia, re di Sobrarbe e di Navarra, conti di Castiglia, conti di Barcellona, re d'Aragona, re di Portogallo, dove per via d'elogio si discorre di tutte le cose principali avvenute in quei regni dal principio del mondo fin'a quest'anno... 1590 (Verona 1590); Arbori delle famiglie le quali hanno signoreggiato... in Mantova fino a' tempi nostri, e principalmente della Gonzaga... con gli elogi a ciascuna persona, donde possa... ritrovarsi quanto... è stato fatto... nello spatio di... 690 anni, con gli arbori delle... famiglie Aledrama, Paleologa e Gonzaga... Il tutto da varie historie raccolto (Mantova 1590), fonte primaria del poemetto tassesco sulla Genealogia della casa Gonzaga e certo noti, anche se non citati, ad Antonio Possevino il Giovane, autore d'una storia dei Gonzaga in latino uscita a Mantova nel 1608; Arbori de' signori e conti di Fiandra co' loro elogi a ciascuno, ne' quali... si raccontano le cose da essi operate... fino a' nostri tempi (Vicenza 1594). Di alberi genealogici il C. dovette occuparsi sino alla fine della sua esistenza: ancora nell'ottobre del 1602 chiedeva a Cosimo Pinelli, nipote di Gianvincenzo, "l'arbore della sua nobilissima famiglia", poiché ne stava raccogliendo "alquanti... delle famiglie illustri d'Italia, per aggiungerle a quelle del Sansovino che si ha da ristampare, ampliatene anche molte da lui seccamente trattate". Non sappiamo tuttavia la parte avuta dal C. nella ristampa Della origine et de' fatti delle famiglie illustri d'Italia... (Vinegia 1609) di Francesco Sansovino, ove non è contemplata, comunque, la famiglia Pinelli.
Soprattutto le opere storiche offrirono i risultati più ponderosi e, malgrado la sciatta stesura, più graditi al pubblico delle fatiche del C., al quale vanno, ad ogni modo, riconosciuti un certo scrupolo di documentazione ed una certa diligenza nell'informarsi, preoccupato com'era di reperire il maggior numero di "testimonianze" dirette: "istruttioni" di "persone segnalate", "lettere particolari", "ragionamenti... a bocca". E d'una notevole fonte si fece divulgatore quando uscì, da lui tradotto dal francese, il Discorso veridico sopra la presa d'arme, et mutamento avvenuto nella città di Lione... il 18 settembre 1593... (Vicenza 1593). Non particolarmente felice comunque il suo esordio storiografico con Dell'historie del mondo... libri quattro, ne' quali si narra... quanto è occorso d'anno in anno dall'edificatione di Roma - collocata nel3213 "dalla creation dell'universo" - fin agli anni del mondo 3361 (Venezia 1591), sorta di sommaria cronaca delle vicende principali di Roma da Romolo a Tarquinio Prisco e di quelle coeve di Grecia e nel vicino e medio Oriente. Ad imitazione di Giovanni Tarcagnota, autore Delle historie del mondo... dal principio... cavate dai più degni e più gravi autori... greci e latini, il C. sciorina - traendole "da tutti gli istorici più approvati" e cercando di superarne "le discordanti opinioni" - "le cose degne di memoria", seguite da un'Apologia intorno all'ordine tenuto ne gli anni et nelle altre cose di maggior dubbio... con un ordine... di ridur qual si voglia summa di monete antiche a valor equivalente di scudi d'oro che circolò anche separatamente. Alla "fine della prima parte" che chiudeva il IV libro delle Historie non seguì la seconda: il C. non proseguì in simile fatica compilativa, forse spaventato dalla somma di problemi, se non altro cronologici, che questa comportava, forse sensibile a richieste di lettori avidi di fatti attuali e stanchi di collages ricavati dalla storiografia classica. - Di fatto il C. optò per la storia contemporanea con una monografia sull'Assedio et racquisto d'Anversa fatto dal sereniss. Alessandro Farnese (Vicenza 1595 e, diversa solo nel titolo - Imprese nella Fiandra del sereniss. Alessandro Farnese - Cremona 1595), di cui si varrà il Marino nell'Anversa liberata e che verrà rifusa nella più vasta trattazione del C. Della guerra di Fiandra fatta per difesa di religione da catholici re di Spagna Filippo secondo e... terzo... per lo spazio di anni trenta cinque... (Vicenza 1602). Di carattere monografico pure il Compendio historico delle guerre ultimamente successe tra christiani et turchi et tra turchi e persiani.. sino al.. 1597... Con un sommario dell'origine de' turchi e vite di tutti i prencipi di casa ottomana et un arbore nel quale si contengono tutti gli imperatori di detta casa (Venezia 1597). Non però, malgrado il titolo, La vita del catholico... Filippo secondo... (Vicenza 1605-1608), ché - dato il proposito di non "consumar molte parole per descriver i costumi di quella Maestà" unito alla convinzione che i "particolari domestici" non s'addicono alla "maestà dell'istoria" - la biografia del sovrano è sommersa sin quasi a sparire nel panorama "de' moti d'arme in ogni parte del mondo avvenuti" tra il 1527, quando nasce il re, e il 1583. Segue il Supplimento... cioè compendio di quanto è avvenuto dall'anno 1583 sino al 1596, curato dal figlio Agostino, cui si deve anche l'edizione postuma d'un'altra opera del C., l'Historia universale diquanto è occorso dal 1596 sino al 1599 (Venezia 1609).
Il criterio annalistico col quale il C. affronta i fatti più recenti d'Europa con accenni a quelli degli altri continenti è accolto con favore: le Historie del mondo, concernenti le "cose avvenute" dal 1580sino a tutto il 1595, escono a Venezia nel 1596 e, di nuovo, a Torino nel 1598. Sono pubblicate una terza volta a Venezia, nel 1597-99, come "volume secondo" rispetto al "primo", relativo agli anni 1570-1579, uscito nel 1599. E i due volumi sono stampati ancora a Como nel 1601-02e a Pavia nel 1602.Il secondo reca l'appendice, non del C., d'un'Aggionta... scritta da grave autore sulle "cose notabili avvenute" nel 1595-1600, ch'era stata stampata, separatamente, a Brescia nel 1601;non figura però nell'edizione veneziana postuma del 1607, arricchita invece "delle guerre di Fiandra... poste dentro a' suoi luoghi con molte altre cose degne di memoria che nell'altra impressione mancavano".
Abbondano nelle opere storiche del C. precisazioni "sito" e la "qualità" delle regioni teatro degli avvenimenti; una qualche eco vi hanno le esplorazioni geografiche come quella, "oltremodo animosa", di Barents che nel 1594tentò di raggiungere le Indie orientali costeggiando le coste settentrionali dell'Asia; puntigliosi dettagli d'ordine medico, a proposito d'epidemie o di morti di personaggi di rilievo, spruzzano qua e là di sussiego scientifico le pagine del Campana. Nelle quali tuttavia prevalgono di gran lunga le "attioni militari" sulle "civili"; impegnato infatti "a ragionar delle guerre principalmente", il C. desidera che i suoi scritti dilettino i "vecchi capitani" e giovino a quelli appena entrati nella milizia. La sua attenzione si rivolge pertanto ai "modi del marciare, dell'accamparsi, dell'ordinar gli eserciti e del combattere", agli stratagemmi; e, anche, ai vari "instrumenti" e "macchine", di cui aveva un certo sentore se non altro per aver riordinati "li quinterni... tutti sossopra e confusi" - riportati, inoltre, con un'accurata revisione stilistica, ad "integrità e politezza" dell'Arte militare... con un vastissimo trattato a parte dell'artiglierie di Marco Savorgnan, di cui aveva curato l'edizione postuma (Venezia 1599).Di proposito invece escluse "le cose riposte ne' penetrali de' principi", per le quali si attiene a "quel tanto che communemente si reputa vero", senza dare, con azzardate e temerarie interpretazioni, "la mente" dei grandi sovrani in pasto all'indiscreta e incompetente curiosità del volgo. Non era, a suo avviso, "convenevole che chi non ha da render conto delle attioni sue se non a Dio... sia da persone basse censurato". Il che in realtà, significò voluta coincidenza da parte del C. colle versioni ufficiali della monarchia spagnola sul proprio operato: Filippo II, il campione "incorrotto" della "santa Chiesa e della catholica fede", ha così il crisma della giustizia e del favore divino; e lodevolissimo è pure il sanguinario duca d'Alba. Assimilato alle tendenze più retrive della Controriforma, il C. ostenta una totale chiusura - complementare al suo accentuato filospagnolismo - nei confronti delle "eresie" luterana e calvinista esorcizzate come "nefande fantasie", "chimere", "pessimi humori", "pestiferi segni". La strage di S. Bartolomeo è perciò legittimo "macello di pestifera gente". Se poi "una villa" in Normandia, nel 1583, colpita da una folgore "arse tutta", il C. gioisce per così manifesto "effetto di divina giustizia, essendo tutto quel luogo habitato da calvinisti".
II C. storiografo fu apprezzato, specie per le Historie del mondo, implicitamente dal Possevino, e, con ampia motivazione, dal Ducci, il quale trova le sue pagine esemplari specie "de apparatu instrumentorum", "de loco", "de actione". Ma nel Boccalini - per cui "la anima dell'historia.. è la verità e l'esplicare i più reconditi consigli, i più occulti pensieri dei principi" lo storiografo aquilano suscitava un senso di "nausea": le sue opere ineleganti e "senza il sale della verità" ammorbavano col loro "fetore" il "Parnaso". E i principi, purtroppo, "giubilavano" perché, grazie ad un "ignorantone" come il C., vedevano "finalmente sepolta la verità istorica".
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