CANTELMO, Cesare
Secondogenito di Antonio e di Margherita Pandone, figlia di Camillo barone di Cerco, il C. ebbe due fratelli poco noti, Onofrio e Camillo, ed una sorella, Giovanna, andata in sposa ad un nobile francese, Jérôme de Ligny. Viene menzionato per la prima volta nel contratto di matrimonio con cui il 25 giugno 1528 sposò a Genova Battistina Negroni; da quest'unione nacquero tre figli: Antonio e Cesare (morti prima del 1570), e Alessandra, che sposò François de Roland, signore di Reauvillé.
In data e in circostanze sconosciute passò, come tanti suoi compatrioti napoletani, al servizio del re di Francia. Francesco I lo impiegò in una prima missione diplomatica in Oriente a partire dal marzo 1532, quando accompagnò Antonio Rincon nell'ambasceria che doveva convincere Solimano a rinunciare ad una progettata spedizione contro i Cristiani. Trattenuto a lungo a Ragusa a causa di una malattia, il Rincon fu ricevuto a Belgrado da Solimano soltanto il 5 luglio quando era ormai troppo tardi per richiamare indietro l'armata turca, che venne fermata, dalla guarnigione di Güns (Köszeg). I servizi resi in quest'occasione fruttarono al C. "gentilhomme napolitain" cento scudi d'oro da parte di Francesco I. Nel febbraio del 1535 il La Forest fu inviato dal re presso il sultano ed il C. fu incaricato di accompagnarlo fin presso il Barbarossa, ma sbaglia l'Ursu affermando che fosse ambasciatore di quest'ultimo.
Dal 1537 sembra sia stato uno dei cento gentiluomini della casa reale; nel 1538 poi ricevette anticipatamente le sue 400 lire tornesi di stipendio "à cause d'un voyage dont le roy l'a chargé".
In effetti il C. stava per prendere nuovamente la strada di Venezia e dell'Oriente assieme all'ambasciatore Rincon, cui era stato affidato il difficile compito di mantenere i buoni rapporti tra Solimano e Francesco I, nel momento in cui quest'ultimo aveva appena sottoscritto le tregue di Bomy e di Monçon, che inauguravano una politica di riavvicinamento a Carlo V. Dopo gli incontri di Aigues-Mortes e di Nizza, l'incarico divenne ancora più difficile da eseguire. I diplomatici arrivarono a Ragusa il 16 marzo e il C. restò a fianco del Rincon fino all'ottobre: senza alcun dubbio fu lui a portare in Francia le lettere di Rincon al re e ad Anne de Montmorency scritte il 28 ottobre da Pera. Nel gennaio del 1539 il re gli faceva assegnare 225 lire per le spese sostenute durante i due mesi trascorsi dal suo ritorno da Costantinopoli, dove egli stava di nuovo per recarsi con la risposta del sovrano. All'epoca di questa nuova missione ebbe il ruolo di semplice corriere, incaricato però di trasmettere messaggi a voce, come sempre avveniva quando il messo era persona di fiducia. Il nunzio in Francia diede notizia della sua partenza al cardinal Farnese il 28 dicembre; la sua missione però ebbe inizio nell'aprile e si concluse nel luglio del 1539 col ritorno del messaggero a Senlis presso il re. In questo viaggio il C. aveva l'incarico di portare somme abbastanza rilevanti a Rincon, a Barbarossa e all'arcivescovo di Ragusa, ma doveva anche compiere una missione diplomatica: Francesco I infatti, nella speranza di rientrare in possesso del Milanese per vie pacifiche e con l'appoggio dei Veneziani, chiedeva al sultano di accordare loro una tregua che interrompesse la guerra scoppiata nel 1537; in essa doveva essere compreso anche Carlo V.
Il C. partì dunque dalla corte il 4 0 il 5 aprile e il 14 dello stesso mese era a Venezia. Durante il viaggio, avrebbe dovuto fare tappa a Milano per comunicare al marchese del Vasto, luogotenente generale di Carlo V, le ragioni del suo viaggio in Oriente e consegnargli alcune lettere di Francesco I. Il del Vasto però si era già trasferito a Genova, dove il C. gli inviò lettere e memoriali, proseguendo subito per Venezia. Vi arrivò il 14; il 15 fu ricevuto in udienza ed ebbe ottima accoglienza. Avvertiti del suo arrivo da Jean-Joachim de Passano ambasciatore di Francesco I, i Veneziani avevano già preparato le istruzioni e i memoriali che intendevano affidargli e così poté ripartire il 19, forse in compagnia di Lorenzo Gritti, dopo avere informato della sua missione l'ambasciatore imperiale e il nunzio apostolico.
Il suo arrivo a Costantinopoli diede modo all'ambasciatore Rincon di ottenere una lettera per Francesco I, nella quale il sultano si dichiarava disposto ad accordare una tregua all'imperatore se avesse restituito al re di Francia i territori occupati. Questa condizione mostra bene fino a che punto Francesco I intendeva profittare dell'alleanza turca che gli era stata tanto rimproverata alcuni anni prima, con l'aria di volerla utilizzare per il bene generale della Cristianità. In realtà la tregua generale, scopo ufficiale della missione, non fu ottenuta. All'ambasciatore di Carlo V che dopo il ritorno del C. chiese notizie sul risultato di essa, Anne de Montmorency rispose che né il C. né Rincon avevano potuto conferire col sultano. Ayas Pascià aveva dichiarato loro che il suo signore era ben al corrente dei preparativi dei Cristiani, ma non li temeva e non avrebbe concesso la tregua prima d'aver massacrato la guarnigione di Castelnuovo. Alla fine, per intervento del Gritti, la tregua fu conclusa per quattro mesi, ma solo con Venezia. Dello stesso tenore erano le scuse addotte da Francesco I nelle istruzioni a Christophe de Siresmes inviato presso Carlo V nell'agosto 1539, per discolparsi dall'accusa di aver favorito una pace separata tra i Veneziani ed i Turchi.
Soddisfatto del suo ambasciatore, il re di Francia gli concesse il 20 gennaio del 1539 una pensione di 300 lire tornesi per dieci anni e il 18 settembre dello stesso anno il diritto di mantenere un alloggio nel castello di La Colonne, presso Sennecey (Saône-et-Loire); inoltre, cosa ancora più importante, nell'agosto gli aveva accordato lettere di naturalizzazione.
Il C. era tornato da appena un mese quando dovette essere di nuovo inviato in Oriente. Quest'ultimo viaggio durò dall'ottobre del 1539 alla metà di marzo del 1540 e gli ambasciatori stranieri, che avevano iniziato ad interessarsi a lui all'epoca della sua precedente missione, si mostrarono in quest'occasione molto attenti. Ciò non toglie tuttavia che egli rimanesse un personaggio secondario nella gerarchia diplomatica, un "homo lezero" come dicevano i Milanesi del secolo XV; del resto non era nell'uso sottoporre a viaggi lunghi e pericolosi uomini di alto rango. Il nunzio segnalò l'inizio del viaggio il 27 agosto, e che l'ambasciatore di Carlo V a Venezia attendeva già il 3 settembre il suo arrivo. Ma egli giunse solo il 18 ott. nella città veneta, dove la caduta di Castelnuovo (agosto 1539) aveva posto l'alternativa di rafforzare l'alleanza con l'imperatore ed il papa o chiedere al Turco una tregua generale accettando la mediazione offerta dalla Francia. L'esitazione dei Veneziani lo indusse a proseguire il viaggio senza le loro istruzioni: a Costantinopoli non ottenne la tregua generale ufficialmente desiderata. Quanto a Venezia, essa preferì trattare direttamente con Solimano. Il C. lasciò Costantinopoli il 15 genn. 1540, il 2 marzo sbarcò a Venezia e prima del 12 arrivò in Francia. Secondo una lettera di Montmorency all'ambasciatore francese presso Carlo V, il re sarebbe rimasto molto soddisfatto dei risultati della sua missione, ma egli non desiderava più tornare in Oriente, la qual cosa gli procurò dei fastidi: la rendita di 100 lire tornesi che aveva ricevuto dal re fu posta sotto sequestro. Tuttavia nel dicembre del 1543 ottenne un decreto di dissequestro; conservò inoltre la carica di gentiluomo di camera e lo si trova menzionato come cavaliere dell'Ordine nel 1570 e come signore di Nioux.
A quest'epoca viveva ad Avignone con la sua famiglia, dove si era ritirato da quando aveva abbandonato la vita pubblica. Il suo nome non ricorre più ormai che in atti privati, tranne che nel 1562 quando figura nel numero dei gentiluomini fedeli alla religione cattolica, in occasione di un tentativo di introdurvi la Riforma.
Viveva ancora alla fine del 1571, ma morì prima del 27 ott. 1573; sua moglie gli sopravvisse e fece testamento il 27 giugno 1576. I suoi due figli furono gentiluomini di camera del re e del seguito del fratello del re, il futuro Enrico III.
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