CARMENTO (Carmenti, Carmentus), Cesare
Nacque in Faenza verso la metà del sec. XV. Non conosciamo con precisione né la data della sua nascita né i precedenti e la collocazione sociale della sua famiglia. Fece i suoi studi nelle lingue classiche e per sua diretta testimonianza sappiamo che insegnò grammatica e letteratura greca e latina nelle scuole di Faenza. Di lui si possiedono scarsissime notizie, risalenti a una annotazione del Flamini (col. 841), dove il C. è definito "orator et poeta egregius". Si allude qui indubbiamente all'attività letteraria del C., mista di prosa e di verso, secondo la moda umanistica. Di questa produzione, se c'è stata, niente ci è pervenuto né manoscritto né a stampa; con ogni probabilità essa era strettamente connessa con le esigenze didattiche dell'insegnamento del Carmento. Tuttavia il termine "orator" nella sua duplice significazione quattrocentesca (di origine dotta) di "prosatore" e "ambasciatore" può alludere anche ad eventuali incarichi diplomatici ricoperti dal C. per commissione della propria città.
Quando, nel settembre del 1489, il Poliziano pubblicò la prima Centuria dei suoi Miscellanea, il C., a cui l'opera fu mostrata da Iacopo Ruffini, amico del Poliziano altrimenti sconosciuto, ne comunicò entusiasta la sua sincera ammirazione all'autore. In una lettera che l'Ambrogini inserì nel proprio epistolario (nell'ed. lionese, IV, 3, pp. 109-110) il C. loda senza riserve i Miscellanea come superiori alle Noctes Atticae di Gellio e vede nel Poliziano un emulo degli antichi. Il suo tono è di una modestia e di una deferenza estrema: non vorrebbe accattivarsi la simpatia del Poliziano solo per il fatto di insegnare le sue stesse discipline, lui "humili de plebe", ma seguirne l'esempio come una luce "in densis tenebris". Sensibile a questi complimenti il Poliziano, che non lo conosceva, gli fece pervenire una copia dei Miscellanea.Del dono il C. lo ringrazia in una lettera datata da Faenza 21 genn. [1490] (cod. Capp.235, ff. 78r-78v; I. Maïer, 1965, pp. 418 s.), dicendosi incapace di ricambiarlo se non con una lettera, "da semplice maestro di scuola com'è" (f. 78r). Nella lettera vi è anche allusione ai drammatici eventi vissuti da Faenza dopo la morte di Galeotto Manfredi (1488), quando i Faentini si opposero con le armi alle pretese di Giovanni II Bentivoglio. Questa atmosfera di insicurezza impedisce al C. di trovare l'"otium" (riservato invece al Poliziano dal clima sereno della Firenze medicea) necessario per scrivere e pensare. Dopo le consuete lodi e le reiterate profferte di amicizia, il C. chiede al Poliziano anche il dono di una sua lettera (f. 78v). Il Poliziano nel frattempo, anticipando tale richiesta, aveva risposto alla prima delle due lettere del C. con una missiva in data 13 genn. 1490 (IV, 4, p. 110), che si incrociò con la seconda di queste, alla quale per quanto sappiamo non fu più data risposta (cfr. I. Maïer, cit., p. 419 e n. 3).
Ma da una frase della lettera del Poliziano ("Venio nunc ad epistulas tuas") si deduce che egli vide più lettere del C.; inoltre almeno un'espressione del Poliziano ("cupiebam sic invicem ferre laudibus, ut par pari relatum cognosceres… talionem… denique a nobis expecta") sembra riecheggiare quasi letteralmente passi della seconda lettera del C. ("si liceret paria tecum libenter facerem… epistolare quod possum munus retento", f. 78r). Si può supporre che il Poliziano intese rispondere a entrambe le lettere del C., anticipando la data della sua risposta onde sembrare puntuale alla prima lettera.
A questa lettera del Poliziano il C. rispose ancora con un'epistola datata da Faenza il 28 genn. 1490, ribadendo di non poter scambiare con lui un dono o un servizio di pari valore, ma di voler contare sul suo favore e sulla sua amicizia (cod. Capp., ff. 78v-79r; I. Maïer, cit., pp. 419 s.). Il Poliziano aveva omesso nell'edizione definitiva del suo epistolario la seconda parte della propria lettera, in cui chiedeva al C. di vendere per proprio conto a Faenza gli esemplari dei Miscellanea che gli aveva inviato. Così si intenderebbe la risposta del C.: "Miscellaneorum tuorum venditionem procuramus; ubi vendiderimus omnis pecunia ad te advolabit" (f. 79r). In questi esemplari dovevano mancare (in corrispondenza al testo greco dell'inno callimacheo a Pallade, cfr. Misc.80; anche Misc. 68 presenta citazioni di frammenti di Callimaco) alcune parole o sigle greche, e il Poliziano doveva aver pregato il C. di ripristinarle. Così si può capire la frase del C.: "Carmina illa Callimachi [ossia il testo greco integro dell'inno] si ad me miseris, ego manu mea adscribam, ubi deesse scribis [cioè nella parte della lettera tralasciata], quasquam graecas notas [lettere o abbreviazioni]: uti graecissare [valermi della lingua greca] raro soleo, ita ducere non satis belle scio [non so scrivere con bella grafia]" (f. 79r). Infine in un biglietto non datato del suo epistolario (VII, 16, p. 204) il Poliziano si scusa con il C. per non aver risposto alle sue lettere, perché "troppo occupato". Ma queste lettere del C. sono andate perdute sia nella tradizione manoscritta che ci ha conservato le altre sia perché il Poliziano le ha escluse dalla sua silloge.
Fonti e Bibl.: Le lettere inedite nel codice Capp. lat.235, ff. 78r-79r della Biblioteca Apostolica Vaticana, sono ora pubblicate da I. Maler, Les manuscrits d'Ange Politien, Genève 1965, pp.417-420. La lettera edita del C. sta in A. Politiani Opera, I, Lugduni 1550, pp. 109 s.La Maïer (Ange Politien, Genève 1966, pp.430 s.)tende a datarla al novembre-dicembre 1489. Elementi biogr. del C. in I. A. Flaminio, Epistula de laudibus urbis Faventiae, in Ad Rerum Ital. Script. A. Muratorii Acussiones Historicae Faventinae, Venezia 1771, col. 841; Bibl. Apost. Vat., Vat. lat.9266: G. M. Mazzuchelli, Gli scrittori d'Italia, f.70r; B. Mittarelli, De literatura Faventinorum, Venetia 1775, pp. 40 s.; L'Imparziale (Faenza), 30 giugno 1842, p.138; Faenza, Bibl. com., G. M. Valgimigli, Memorie stor. di Faenza (Ins.), XII, pp. 133 s.;A. Messeri-A. Calzi, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, p. 581.