DONATI, Cesare
Nato a Lugo di Romagna (Ravenna) il 10 sett. 1826 da Giuseppe e Rosa Sinigallia, ebbe impediti gli studi da vicende familiari. Non perse però la voglia dell'apprendere. Lettore onnivoro, andò formandosì presto una ricca riserva di nozioni e stirnoli che poi furono essenziali alla sua attività di pubblicista e narratore. Gli eventi del 1848 lo colsero a Finale Emilia, dove si trovava con la famiglia; dopo glì sfortunati avvenimentì della guerra d'indipendenza il D. ed i suoi ripararono in Toscana. Grazie all'aiuto di alcuni amici poté seguire gli studi giuridici presso l'università di Pisa, poi la morte del padre lo costrinse a concorrere al mantenimento della famiglia. Trasferitosi a Firenze, iniziò con grande alacrità una attività di pubblicista letterario e politico, mantenendo però per necessità l'insegnamento privato. Tra il 1854 ed il 1860 collaborò a l'Eco d'Europa (1854-56: diretto prima da C. Bianchi, poi dal D.), a Lo Spettatore (1855-58: fondato e diretto da C. Bianchi, cui il D. succedette), a L'Indicatore (1854-64) e al quotidiano politico L'Indipendenza (luglio-agosto 1859; poi L'Indipendenza italiana, agosto-settembre 1859; diretti dal Donati). Prevalentemente narrativa fu la collaborazione del D. alla Nuova Antologia.
Nel 1859 fu chiamato come segretario al ministero dell'Istruzione pubblica del governo provvisorio della Toscana, quindi passò nella burocrazia del nuovo Stato, prima a Torino, poi a Firenze e Roma, ricoprendo incarichi diversi, tra cui quello di capo di gabinetto di diversi ministri nella Pubblica Istruzione, fino a diventare direttore di divisione.
Morì a Roma il 17 febbr. 1913.
Il D. esordì non giovanissimo, pubblicando a Firenze nel 1858 la sua prima opera in volume: Arte e natura. Diritto e rovescio. Altre prove furono libri di lettura per le scuole, d'ispirazione umoristico-sentimentale e tardoromantica. Sostanzialmente giusto il giudizio del Rabizzani: "Della categoria degli scrittori bizzarri, che ha per capostipite Guerrazzi (quello dell'Asino) e conta i nomi non oscuri del Bini, del Rajberti, del Revere, egli si avvicina più che ad altri ad Antonio Caccianiga per il suo modo famigliare di accettare lo spirito d'ogni lega e l'antitesi di qualunque forma, di prendere il lettore per la giacchetta e le parole con le molle".
L'opera del D., che non fuoriesce da un attardato bozzettismo didascalico, si muove in un ambito culturale moderato. e solo nelle ultime opere, Ibozzetti romani (Roma 1884), in particolare, raggiunge un suo equilibrio tra capacità di rappresentazione e vivacità linguistica.
Altri scritti: Tra le spine, Milano 1869; Povera vita!, ibid. 1874; Foglie secche, Firenze 1875; Rivoluzione in miniatura 1847-1848, Milano 1876, Buon Anno! Novelle e fantasie, Roma 1876; Flora Marzia: storia di mezzo secolo fa, Milano 1876; Per un gomitolo, Torino 1879; La signora Manfredi, Verona 1884; Storie bizzarre, Firenze 1888; Racconti novelle ed altri scritti pubblicati dalle sue figlie, Roma 1912.
Bibl.: A. De Gubernatis, Diz. biogr. degli scrittori contemporanei..., Firenze 1879, ad vocem; A. Albertazzi, Il romanzo, Milano 1902, p. 241; G. Mazzoni, L'Ottocento, Milano 1913, p. 1945; A. D'Ancona, in Il Marzocco, 2 marzo 1913, p. 1; G. Rabizzani, Bozzetti di letteratura italiana e straniera, Lanciano 1914, pp. 121-129; C. Piancastelli, I Promessi sposi in Romagna, Bologna 1924, pp. 80 s.; B. Croce, Letteratura della nuova Italia. Saggi critici, V, Bari 1934, pp. 82 ss.; B. Righini, I periodici fiorentini, Firenze 1955, ad Ind.; C. Rotondi, Bibl. dei periodici toscani, II, (1852-1864), Firenze 1960, ad voces.