FRULLANI, Cesare (Ceseri)
Nato nel 1535 da Pierantonio, nella zona del Padule di Fucecchio nella Valdinievole, fu il fattore di Castelmartini per il granduca Francesco I de' Medici. La vita e l'opera del F., nonché la drammatica parabola della sua vicenda, gravitano esclusivamente intorno al lago di Fucecchio, territorio nel quale e per il quale lavorò. L'interesse per questa "persona semplice", come egli stesso si definisce nella dedica "a lettori" del suo trattato, nasce con le ricerche di A. Prosperi sulle Carte Strozziane dell'Arch. di Stato di Firenze (I, 116), dove è conservato il manoscritto Gl'avvenimenti del lago di Fucecchio e modo del suo governo, di Ceseri Frullani da Cerreto Guidi, ultimato nel 1599.
Il lago di Fucecchio era stato creato nel 1435 con la "provvisione" secondo la quale doveva alzarsi uno sbarramento in località Ponte a Cappiano e un argine lungo il fiume Gusciana per permettere la pesca. La conseguente sottrazione di terreno da coltura causata dalla sollevazione delle acque fu da allora ragione di annosi conflitti tra le Comunità confinanti e tra queste e i Medici. Nel 1515 Alfonsina Orsini, vedova di Piero de' Medici, aveva proposto l'essiccamento del lago, allo scopo di ricavare terreni di cui appropriarsi, ma i lavori si limitarono alla demolizione della pescaia e al restringimento del perimetro. Nel 1559 Cosimo I si oppose alla bonifica, ma rese quella zona una sua sede di soggiorno e di caccia, facendo costruire la villa di Cerreto Guidi dall'architetto B. Buontalenti. Il duca ordinò inoltre che il livello delle acque fosse rialzato e pagò i lavori con tributi imposti alle Comunità.
Le grandi iniziative di Cosimo per la sistemazione dei flussi delle acque e la formazione di una burocrazia tecnica preposta allo studio, alla misurazione e al riassetto dei terreni, con l'istituzione della magistratura dei Capitani di parte, furono il contesto nel quale si formò un esperto conoscitore del Padule come il F., che dopo un fortunato incontro con il successore di Cosimo, Francesco I, avvenuto nel 1579 nel bosco di Poggioni, visse otto anni di grazia. Da quell'incontro nacque una collaborazione che durò fino alla morte del granduca (1587) e all'avvento di Ferdinando. In mancanza di notizie su quegli otto anni di attività amministrativa del F. ci si può soltanto affidare alla sua stessa opera e alla documentazione dei fondi giudiziari dell'Archivio di Stato di Firenze. Tra il 1589 e il 1590 il F., la moglie e i suoi due figli Alessandro e Girolamo furono infatti arrestati. La data di inizio della prigionia si può desumere da una sua supplica del 4 marzo 1593, nella quale dice di essere in carcere da "più di quaranta mesi" (Arch. di Stato di Firenze, Otto di guardia e balia, Suppliche, 2288 n. 101). Dei figli si sa che finirono in prigione per un'aggressione al rettore della chiesa di S. Stefano di Corliano e che morirono durante la detenzione, tra il 1592 e il 1593.
Solo con la mediazione del figlio Simone e dopo l'accoglimento di una supplica il F. poté ottenere la libertà. La condanna per frode, ricavabile dalla sentenza che condannò il F. il 15 giugno 1590, non consente di spiegare cosa fosse accaduto, non essendo disponibile il fascicolo processuale. L'emarginazione per errori o presunte frodi non era del resto cosa inusitata per il personale della burocrazia tecnica del Granducato; anche D. Fratini, uno dei capimastri dei Capitani di parte con cui il F. aveva lavorato, a causa di un presunto errore di stima fu per un periodo estromesso dalle sue funzioni, essendovi in seguito reinserito. Il F. rimase invece in carcere più dei due anni cui fu condannato, uscendone soltanto nel 1593.
Il manoscritto - dedicato al granduca Ferdinando e mai pubblicato - è una fonte di conoscenza della vicenda del Frullani. L'esigenza di scrivere Gl'avvenimenti è da lui stesso collegata al momento dell'arresto e della prigionia, vissuta come un'occasione per potersi riscattare dimostrando la sua capacità amministrativa. Il F. accenna alle vicende che lo coinvolsero nel periodo della guerra dei Carafa e racconta che un padre agostiniano gli predisse il carcere e si rivolse a lui ricordandogli la sua milizia in favore dei Carafa e il tentativo di salvarsi nascondendosi in un convento. Né il criptico accenno ai Carafa, né la sua attività di fattore possono chiarire l'autentica ragione del suo arresto. La sua difesa del lago di Fucecchio e la contrarietà da lui espressa per l'assenza di una pianificazione organica degli spostamenti dei flussi idrici è però un elemento di comprensibile contrasto con il granduca Ferdinando. Il F. non riteneva che si dovesse abbassare il livello delle acque per ricavare terra coltivabile, perché ciò causava "nocumento de' corpi e delle piante: perciocché di presente si vede, mentre che il lago era alto in questi ultimi tempi era l'aria purificata, seguendone manco nebbie, ma poiché s'è abbassato rarissime son state le piene ricolte dell'ulive" (c. 106v). La politica di crescita agricola, di sviluppo delle coltivazioni, voluta da Ferdinando doveva male accordarsi con il lavoro del F., così come nel 1584 il suo ridisegno dei confini del lago eseguito con il Fratini non si era conciliato con gli interessi di Piero de' Medici. Il "ritorno alla terra", cui si orientò la politica agricola di Ferdinando, e il tentativo di dare spazio al commercio dovette fondarsi sul recupero e la bonifica dei territori paludosi; nonostante gli sforzi maggiori fossero dedicati alle terre della Chiana, i migliori risultati furono ottenuti proprio intorno a Fucecchio e in Valdinievole.
L'impellenza della crisi dell'agricoltura, che comportò la carestia nel 1590, doveva giocare decisamente a sfavore del Frullani. Non è la sfiducia nelle coltivazioni che egli esprime nel suo trattato, quanto la critica a interventi disorganici sul delicato equilibrio del Padule; a suo avviso quell'ambiente avrebbe potuto conciliare pesca e coltivazione, nonché consentire la costruzione di poderi e fattorie. Proprio tale organicità mancò alla politica ferdinandea, più orientata a soddisfare la fame di terre da coltivazione che a realizzare piani in grado di conciliare armonicamente molteplici fattori: l'esigenza di allontanare la carestia, gli interessi contrastanti delle Comunità viciniore e l'utile della famiglia che dominava su uno "Stato patrimoniale". La scrittura degli Avvenimenti fu infine per il F. la riaffermazione di un modo di vedere l'amministrazione del Padule, l'estremo e vano tentativo di riaffermare il ruolo di utile consigliere del principe. Rappresentato in emblemi arcadici e classici, il sovrano è qui un novello Marc'Aurelio attento ai suggerimenti del contadino. Il senso sembra tutt'altro che agiografico, ma anzi esortatorio, incitando il F. (nella dedica) a che "si provvedessi alla salute di quella provincia con più cura che prima non s'era fatto".
Per fare ciò il F. preferisce dare un tono "minimo" al suo discorso; "non di storia si trattava, ma di avvenimenti, non d'un amplo dominio ma di una piccola realtà com'era quella del lago di Fucecchio" (Prosperi, 1985, p. 205). A sostegno del discorso stava l'esperienza, la "ragionevol pratica", le fonti scritte e - in mancanza di queste - le possibili "conietture". Furono però fatali al F. la frizione tra le due sfere, il principe come privato possidente del Padule, interessato all'acquisizione di terre agricole, e anche capo dello Stato cui doveva demandarsi il ruolo di equilibratore, nonché l'incapacità del sistema economico di uscire dalla crisi dell'agricoltura in tempi rapidi.
La data della sua morte svanisce nella già scarsa documentazione disponibile; non del tutto scompaiono invece le tracce della sua famiglia nella zona di Cerreto Guidi: il figlio Simone fu rettore di S. Pantaleo e un Frullani fondò nel 1632 l'oratorio di S. Maria ad Nives, detto il Lazzeretto.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Soprastanti alle Stinche, Offerte, 176, ff. 232v, 255; Otto di guardia e balia, Affari straord., 2601 n. 136, 2602 n. 70; ibid., Suppliche, 2288 n. 101; ibid., Sentenze, condanne e bandi, 2270, f. 56v n. 387; A. Prosperi, Notizia di C. F. da Cerreto Guidi, in Renaissance studies in honor of Craig Hugh Smyth, a cura di A. Morrogh, Florence 1985, I, pp. 203-216.