CASSARO, Cesare Gaetani e Lanza principe di
Nacque a Palermo nel 1712 dal principe Pietro e da Aloisia Lanza e Reggio. Nell'anno 1750, come figlio primogenito succedette al padre, il quale era morto il 9 gennaio, nel possesso dei titoli e dei beni e ricevette investitura del principato il 29 novembre 1750. L'8 gennaio 1756 assunse la carica di governatore della Compagnia della carità di S. Bartolomeo. Nel maggio del 1764 venne eletto capitano di giustizia di Palermo e il successivo 9 settembre prese possesso dell'ufficio. Le pur scarse notizie fornite dalle fonti permettono di affermare che svolse azione sagace e rapida per rendere dura la vita ai delinquenti: il 17 sett. 1764 veniva infatti condannato alla pena capitale un reo di omicidio da tempo ricercato e il 2 luglio 1765 veniva impiccato un masnadiero colpevole di diversi furti. Quest'azione energica dovette contribuire ad accrescere la popolarità, oltre che il prestigio, del C., tanto che egli venne confermato nella carica per il successivo anno indizionale. Altro provvedimento che lo rese popolare fu l'avere introdotto l'uso di aprire al ballo, durante il carnevale, il teatro S. Caterina "ove - come riferisce un cronista - fu lecito a qualsivoglia persona, sì uomo che femmina, di andare a ballare sotto abito di maschera".
Il 28 dic. 1767 moriva la moglie del C., Vittoria Ventimiglia Spinola; due anni dopo il principe passava a nuove nozze, sposando per procura, il 20 luglio, a Venezia, Elisabetta Grimani. Al suo giungere a Palermo la giovane sposa veniva accolta gioiosamente dal marito e dalla nobiltà locale e per tre giorni il palazzo del C. rimase aperto alle feste cui prese parte anche il viceré. Il 7 agosto questi dava una serata di gala in onore della giovane principessa.
Già candidato non eletto nel 1772 alla suprema carica cittadina, l'anno successivo il C. veniva eletto pretore di Palermo e il 5 luglio prendeva possesso dell'alto ufficio.
Egli assumeva l'alta carica in un momento particolarmente carico d'incognite per la città. Fin dall'inverno un notevole malumore aveva incominciato a serpeggiare tra la popolazione: la lievitazione lenta ma continua dei prezzi dei generi di prima necessità, la mancanza di alcuni di essi anche per l'imboscamento fattone dagli sfruttatori, le voci sempre più insistenti che responsabili di questo stato di cose fossero le autorità cittadine e lo stesso viceré, la tassa imposta sulle aperture delle case avevano creato in Palermo una condizione di tensione che minacciava di esplodere da un momento all'altro in una rivolta popolare. Inoltre la scarsezza sul mercato di carbone, dovuta anch'essa all'accaparramento fattone da alcuni commercianti, aveva messo in crisi l'artigianato perché gli operatori del settore erano stati costretti dal prezzo alto raggiunto dal carbone, salito da 8 a 24 tarì la salma, a sospendere la loro attività licenziando anche gli apprendisti che lavoravano nelle loro botteghe.
A metà giugno il malcontento popolare sembrava avere raggiunto il punto critico. Pubblicamente s'inveiva contro gli amministratori cittadini recenti e passati ai quali s'imputava le scarsezza dei viveri, la cattiva amministrazione, l'avere favorito per interesse personale o per ignavia l'imboscamento dei generi alimentari che scarseggiavano sul mercato. Il Di Blasi riferisce che correva insistente la voce che il popolo si sarebbe rivoltato contro la nobiltà e il viceré a metà luglio, quando si sarebbero trovati tutti riuniti nel palazzo di città per assistere alla processione in onore, della, santa protettrice.
L'assunzione della carica di pretore da parte del C. valse a calmare subito lo stato di agitazione dominante: "Il principe di Cassaro non conosceva debiti - scrive il Villabianca - e, portando naturalmente un certo carattere di generoso disinteresse ed inflessibile severità nei saggi divieti al pubblico befie pertinenti, ... non temeva le opposizioni e mirava a farsi fama nelle sue cariche".
Appena in possesso del suo ufficio il C. si pose all'opera per eliminare diversi abusi e frodi, specie nel commercio del pane, che colpiva particolarmente gli strati più poveri della popolazione. Inoltre, poiché il Senato abbisognava di una forte somma per potere. con grosse provviste di grano e di generi alimentari, arginare la carestia imperversante, il C. otteneva dal viceré che la Regia Corte concedesse alla città un mutuo straordinario per l'acquisto di generi di prima necessità e dava garanzie nomine proprio, impegnando le finanze personali per il bene pubblico.
Questo logicamente concorse ad aumentare la popolarità del C., il cui nome già al momento dell'elezione era stato accolto con simpatia perché, quando aveva retto l'ufficio di capitano di giustizia, aveva dimostrato d'essere disinteressato e generoso, severo, inflessibile, giusto e soprattutto non disposto a compromessi: i provvedimenti adottati appena assunta la carica di pretore contribuirono a confermare questa fama.
D'altra parte, il C. si preoccupava anche di dare impulso ad alcune opere pubbliche nell'intento di impegnare mano d'opera facendo diminuire il numero dei disoccupati che vagavano per le vie della città. Cosi provvide alla ricostruzione della torre-lanterna del molo, andata parzialmente distrutta durante una tempesta: venne rifatta più alta e con un apparato illuminante più potente. Inoltre fece iniziare il restauro del salone del Banco pubblico nel palazzo senatorio e adattare a ufficio per impiegati del Banco stesso una parte della sala riservata ad armeria del Senato.
Tutto questo, unito alla azione di repressione del mercato nero intrapresa con decisione, valse a ridestare la fiducia nei pubblici poteri e i timori di sommossa imminente furono, dissipati. Ma a metà agosto del 1773 il C. cominciò a soffrire di dolori renali dovuti a calcoli che resero necessario l'11 settembre un interventochirurgico, che non ebbe esito felice. Le condizioni del C. s'andarono aggravando rapidamente, mentre il popolo organizzava processioni e riti religiosi per propiziargli la salute. A un certo punto parve che queste manifestazioni nascondessero l'intento di creare uno stato d'ansia e di tensione nel popolo per far esplodere qualche movimento inconsulto. Il 20sett. 1773 il C. spirò nel suo appartamento nel palazzo pretorio, mentre il popolo era già in armi per le vie di Palenno a imprecare contro gli affamatori che si sarebbero fatti avanti per impadronirsi della.città.
Quasi certamente si deve ascrivere a merito del C. se la rivolta contro il viceré Fogliani non era esplosa prima, sia per la fama di rettitudine di cui godeva la famiglia e lui stesso sia per i provvedimenti da lui presi. per venire incontro alle necessità più impellenti del popolo. Al diffondersi delle notizie sempre più scoraggianti sullo stato di salute del C., tornò a crearsi in città uno stato di tensione e ansiosa aspettativa che poteva ben prestarsi a strumentalizzazioni. Ma né allora né poi si è riusciti a trovare prove valide circa l'esistenza di sobillatori che operassero tra il popolo per scatenarlo contro le autorità, mentre è certo che la carestia che investì Palermo nel 1773 offrì al popolo motivì validi per provocare la rivolta spontanea contro accaparratori, contrabbandieri e commercianti senza scrupoli senza bisogno di alcuno stimolo artificioso.
Fonti e Bibl.: F. M. Emanuele e Gaetani di Villabianca, Appendice alla Sicilia nobile, I, Palermo 1775, pp. 128-32; Id., Diario palermitano, in G. Di Marzo, Bibl. stor. e letter. di Sicilia, XVII, Palermo 1874, pp. 169, 352; XVIII, ibid. 1874, pp. 193, 197, 223, 235, 244; XIX, ibid. 1875, pp. 43, 89, 178 s., 198; XX, ibid. 1875, pp. 27, 162-66, 216 ss., 221-43; G. E. Di Blasi, Storia cronologica dei viceré, luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia, Palermo 1842, pp. 629-32, 637; F. San Martino de Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobil. di Sicilia, II, Palermo 1924, pp. 323 s.; E. Pontieri, Il tramonto del baronaggio sicil., Firenze s.d. (ma 1943), pp. 20-23, 281, 307 (nell'indice il C. è erroneamente indicato come principe di Sortino).