LAMBERTINI, Cesare
Nacque a Trani nel 1475 da Pietro e da Nenna Bonismiro.
Il padre proveniva da un ramo di un illustre casato bolognese trapiantato in Puglia e appartenente a quella nobiltà minore di origine non feudale affermatasi con la gestione di dazi, gabelle e altri privilegi ottenuti tramite acquisto o per concessione regia. Il nonno paterno, Nicola Antonio, era stato giudice. Il padre, detto Petruccio, fu giurisperito e, come molti giovani pugliesi di famiglie nobili e ricche, aveva studiato diritto civile a Padova e diritto canonico a Bologna addottorandosi in utroque iure. Tornato a Trani aveva dovuto, secondo l'uso del tempo, farsi riesaminare dall'Università di Napoli prima di poter patrocinare. La madre proveniva da una delle più antiche e ricche famiglie tranesi.
Il L., secondogenito di quattro figli, destinato alla carriera ecclesiastica, ricevette la prima tonsura da Paolo de Turculis, vescovo di Conversano e amico di Petruccio, e il 1° ott. 1491, a soli 16 anni, era già suddiacono e canonico della cattedrale di Trani. Il 18 novembre, morto l'ultimo possessore, su designazione dei patroni, tra i quali suo padre, ebbe dal vicario dell'arcivescovo di Trani i benefici di patronato laico della cappella di S. Giacomo in duomo e della chiesa dei Ss. Filippo e Giacomo. Un atto di enfiteusi attesta inoltre che il 2 marzo 1493 il L. era diacono, capo e amministratore della Fraternita di S. Giovanni Evangelista, cioè del capitolo dei canonici della cattedrale.
Il 16 ott. 1493 il L. partì alla volta di Padova per seguire gli studi di diritto verso cui era stato indirizzato dal padre. Si addottorò dopo tre anni, quindi passò a Bologna per un periodo di approfondimento. Tornato a Trani, nel 1500 divenne arciprete e poi vicario della cattedrale S. Nicola Pellegrino. Il 22 sett. 1508 fu eletto da Giulio II vescovo di Isola (oggi Isola Capo Rizzuto, in Calabria) conservando i suoi numerosi benefici. Dopo essere stato consacrato a Trani, raggiunse la nuova sede, ma non vi si trattenne a lungo.
La diocesi di Isola, che non superava i 1500 abitanti ed era soggetta a frequenti scorrerie di corsari barbareschi e di Turchi, era sede di scarsa importanza e non soddisfaceva le ambizioni del L., che preferì restare nella sua città natale: numerosi documenti di epoche diverse lo citano come testimone di contratti nuziali e di altri atti notarili, o come officiante di matrimoni nobiliari e di cerimonie religiose a Trani e in altre località della Puglia.
Il L. fu provveditore generale dell'archidiocesi di Bari durante il vescovado dello spagnolo S. Merino, che detenne la carica dal 1513 al 1530 senza mai risiedere in città. Nell'ottobre 1517 il L. accompagnò da Bari a Napoli Isabella d'Aragona e la figlia Bona Sforza e fu uno dei testimoni del matrimonio di quest'ultima con Sigismondo I Jagellone, re di Polonia, celebrato il 6 dicembre. L'11 maggio 1523 consacrò a Trani la chiesa di S. Sebastiano e il 17 genn. 1524 celebrò a Giovinazzo la solenne messa funebre in onore di Ferdinando Di Capua, duca di Termoli, morto a Milano il 29 nov. 1523. Nella primavera del 1524 fu inviato a Venosa per verificare lo stato della cattedrale che minacciava di andare in rovina. Nel 1529 pose la prima pietra per la ricostruzione dell'antica cattedrale di Acquaviva di cui era arciprete.
Nei primi mesi del 1528 il Regno di Napoli fu invaso dai Francesi di Odet de Foix visconte di Lautrec e dai Veneziani loro alleati. Vista la scarsa propensione del marchese di Corato, governatore di Trani, ad approntare un'efficace difesa della città, il L. e il fratello primogenito Nicola Antonio, detto Colantonio, concessionario della dogana imperiale, temendo vendette nei loro confronti, tentarono di fuggire. Il L. riuscì a rifugiarsi a Bari mentre Colantonio ne fu impedito dal governatore e, quando Trani passò sotto il governo del provveditore veneziano V. Soranzo (la città accolse le truppe della Repubblica tra il 22 e il 23 marzo 1528, il castello si arrese il 30 marzo), fu privato del suo ufficio e incarcerato; i registri della dogana furono bruciati e dispersi. Il L., confidando nella propria condizione di ecclesiastico, accorse in aiuto del fratello ma fu arrestato. Liberati dopo che un'epidemia di peste scoppiata in città aveva ghermito la moglie e cinque dei sette figli maschi di Colantonio, lasciarono la città. Il L. si rifugiò a Bitetto, poi a Bari, infine ad Acquaviva; il fratello ad Andria. Dopo la sconfitta francese di Aversa (30 ag. 1528), il governatore veneziano di Trani inasprì i provvedimenti contro i seguaci del partito imperiale e i fratelli furono spogliati di tutti i beni, compresi i libri ecclesiastici e di diritto del L., il danaro e gli oggetti preziosi nascosti nel convento di S. Giovanni, di cui il L. sarebbe diventato procuratore qualche anno dopo, e il palazzo di famiglia, in cui si insediarono Soranzo e C. Orsini, capitano al soldo della Repubblica.
Avvicinandosi la pace tra Venezia e l'imperatore Carlo V e la partenza dei Veneziani dalla Puglia, il 31 ott. 1529 il L. scrisse da Acquaviva due lettere a Merino, suo protettore, pregandolo di intervenire presso l'imperatore per recuperare i beni confiscati, restituire al fratello l'ufficio di doganiere, con il privilegio dell'ereditarietà, o per concedergli, in alternativa, qualche altro ufficio dotato di rendite sufficienti a vivere decentemente, come la dogana di Barletta o la gabella della giumella (il dazio sui cereali e i legumi) della stessa città. Quanto al suo episcopato di Isola, lamentava la perdita di circa 600 ducati di grano a causa della guerra e il rifiuto del barone G.A. Rocco, affittuario di terreni episcopali, di corrispondergli le quote relative. Chiedeva poi di poter trasmettere la carica episcopale a uno dei suoi nipoti indicando, in ordine di preferenza, Giovanni Girolamo, figlio di Colantonio e di Maria Palagano, già avviato alla carriera ecclesiastica, Angelo Fresario Lambertini, dottore in utroque iure, figlio dell'unica sua sorella e Tommaso, ancora minorenne, anch'egli figlio di Colantonio. Affermava infine di non volere più tornare a Trani, città in cui si era consumata la rovina sua e della sua famiglia, e si proponeva come vicario della diocesi di Bari.
Le lettere del L. (Beltrani, 1898) non giunsero mai al loro destinatario ma caddero nelle mani dei Veneziani insieme con alcune lettere scritte lo stesso giorno sullo stesso argomento a diversi destinatari dal fratello Colantonio. Nonostante ciò, dopo la pace di Bologna (23 dic. 1529) e la restituzione di Trani agli Imperiali (20 febbr. 1530), il L. e il fratello rientrarono in possesso dei loro beni e delle loro concessioni.
Il L. resse la diocesi di Isola fino all'8 giugno 1545, quando rinunciò, riservandosene il titolo, l'amministrazione e le rendite (detratti 150 ducati), in favore del nipote ventitreenne Tommaso, priore di S. Nicola Pellegrino di Trani, soldato di S. Paolo e familiare del papa.
Il L. morì tra la fine del 1550 e il 20 marzo 1551, data in cui fu nominato il suo successore alla carica di rettore della cappellania di S. Magno nella cattedrale di Trani, resasi vacante per la sua scomparsa.
Scrisse un Tractatus de iure patronatus in tre libri, terminato nel 1523. Pubblicato per la prima volta a Venezia dieci anni dopo, ebbe negli anni successivi numerose edizioni: Venezia 1572, 1573, 1584, 1607; Lione 1579, 1582; Francoforte 1608, 1631. È la maggiore e più antica opera su un diritto particolare che regola, sotto l'aspetto materiale e pratico, i rapporti tra coloro che fondano e dotano chiese e cappelle (o i loro legittimi eredi), i sacerdoti designati a esercitarvi il culto e a goderne i benefici e le autorità ecclesiastiche superiori. Il primo libro tratta delle procedure di acquisizione del giuspatronato, il secondo dell'esercizio di tale diritto, il terzo dei diritti dei patroni, in particolare della designazione dei sacerdoti.
Il trattato, da cui si desumono numerose informazioni sulla famiglia Lambertini e sulle altre famiglie nobili di Trani, fornisce preziose notizie sui costumi del clero, non sempre esemplari, sugli ordinamenti municipali, sulle leggi che regolavano il funzionamento delle organizzazioni mercantili e artigianali della città, sui "seggi" della nobiltà, sugli usi e le consuetudini che riguardavano i matrimoni e le doti, i rapporti di parentela e i funerali, le questioni patrimoniali, le eredità, la vita della comunità ebraica e degli ebrei convertiti.
Fonti e Bibl.: N. Toppi, Biblioteca napoletana, Napoli 1678, p. 63; L. Paglia, Istorie della città di Giovenazzo, Napoli 1700, p. 270; G.B. Tafuri, Istoria degli scrittori nati nel Regno di Napoli, III, 1, Napoli 1750, pp. 450 s.; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, II, Napoli 1787, pp. 169-171; G. Beltrani, Su gli antichi ordinamenti marittimi della città di Trani, Barletta 1873, pp. 43, 76 s.; Id., Un documento inedito del secolo XV relativo all'Università di Trani, in Il Buonarroti, s. 2, IX (1876), pp. 324-326; Id., Un paragrafo dell'opera di Enrico Guglielmo Schulz sui monumenti del Medio Evo nell'Italia meridionale, in Arch. stor. artistico archeologico e letterario della città e provincia di Roma, IV (1878-79), pp. 29-31; Documenti relativi agli antichi seggi de' nobili ed alla piazza del Popolo della città di Trani, a cura di G. Beltrani - F. Sarlo, Trani 1883, pp. 99 s., 275, 324; G. Beltrani, C. L. e la società familiare in Puglia durante i secoli XV e XVI, I, 1, Milano-Napoli-Pisa 1884, ad ind.; Id., Disastri antichi e recenti nella storia di Trani, Trani 1898, passim; V. Vitale, Forges Davanzati, i manoscritti di Vincenzo Manfredi e Filippo Festa, Trani 1901, pp. 158, 160 s., 171; Id., L'impresa di Puglia degli anni 1528-1529, in Nuovo Archivio veneto, n.s., VIII (1907), pp. 27, 48; La Puglia nel secolo XV da fonti inedite, a cura di F. Carabellese, II, Bari 1908, p. 322; V. Vitale, Un giurista tranese del secolo XVI, C. L., Trani 1909; Id., Trani dagli Angioini agli Spagnoli, Bari 1912, ad ind.; G. Beltrani, Per Trani, per la Terra di Bari, per la regione pugliese, Trani 1920, pp. 59-61, 65 s., 78 s., 81, 88-90; V. Vitale, Un particolare ignorato di storia pugliese: neofiti e mercanti, Napoli 1926, p. 16; Siberene, cronaca del passato per le diocesi di Santaseverina, Crotone e Cariati, a cura di G.B. Scalise, Chiaravalle Centrale 1976, pp. 87, 506; F. Russo, Regesto vaticano per la Calabria, III, Roma 1977; IV, ibid. 1978, ad indices; Hierarchia catholica, III, p. 213.