LUCCHESINI, Cesare
Nacque a Lucca il 2 luglio 1756, ultimo dei tre figli del marchese Francesco e di Maria Caterina Montecatini. Nel 1764, con i fratelli Girolamo e Giacomo (1753-1820), fu iscritto nel collegio S. Carlo o dei nobili di Modena, dove la famiglia si era trasferita, dato che tanto il padre quanto la madre erano entrati in servizio presso la corte estense. Ebbe tra i suoi insegnanti L. Spallanzani, con il quale mantenne rapporti epistolari anche dopo che, per motivi di salute, dovette abbandonare il collegio modenese. Terminò gli studi, dopo un soggiorno a Reggio nell'Emilia, presso il collegio Nazareno di Roma, dove manifestò spiccato interesse per le lingue classiche, in particolare per quella greca. Tornato in famiglia nel 1776, perfezionò lo studio del greco con il cappuccino Barnaba da Pedona e cominciò a raccogliere un buon numero di testi classici, che avrebbero costituito il primo nucleo della sua cospicua biblioteca.
Ben presto, però, si volse allo studio della teologia e delle Sacre Scritture e, spinto anche dalle polemiche innescate dalla controversa predicazione di S. de' Ricci, vescovo di Pistoia e Prato, volle approfondire l'esegesi biblica studiando (in gran parte da autodidatta) il copto, il siriaco, l'ebraico e l'arabo, che considerava strumenti indispensabili per intendere correttamente il testo sacro, liberandolo dai fraintendimenti di chi lo piegava a interpretazioni poco ortodosse o storicamente infondate.
Agli studi linguistici e teologici il L. unì, inoltre, una viva attenzione per la letteratura moderna, soprattutto teatrale, che coltivò anche con frequenti viaggi in Italia e all'estero, tra i quali quello a Parigi nel 1781-82, di cui resta un vivace resoconto autobiografico (pubblicato in Sforza, 1913).
Il L. vi esprime diverse perplessità sulla cultura illuministica francese e giudizi attenti o curiosi sulla letteratura poetica e teatrale del tempo (particolarmente interessante quello sull'improvvisatrice Teresa Bandettini; sul tema dell'improvvisazione poetica, peraltro, il L. tornò anche in seguito, da un altro punto di vista, nel saggio Esame della questione se i Latini avessero veri poeti improvvisatori, Lucca 1828). Né mancano suoi interventi sulla letteratura contemporanea, come le Osservazioni sul primo canto della Feroniade di V. Monti, del 1784, poi pubblicate nelle Opere, che, pur tra i rilievi eruditi mossi al testo montiano, mostrano una certa contiguità con la poetica neoclassica.
Ai viaggi d'istruzione il L., per gli obblighi politici connessi alla condizione di patrizio, dovette associare soggiorni all'estero e in altri Stati italiani, quale rappresentante diplomatico del governo lucchese. Nel 1792-94 fu a Vienna; nel ricordato resoconto autobiografico lasciò una vivida descrizione della complessa evoluzione, in quegli anni, dei rapporti politico-diplomatici tra Austria e Prussia, ma soprattutto nei dispacci descrisse il dramma della Polonia dapprima agitata dalla rivolta di T. Kościuszko, poi invasa dalle armate prussiane (cfr. Kocój, 2004). Nel 1798, dopo l'invasione francese dell'Italia, fu inviato a Parigi per tutelare gli interessi della Repubblica lucchese, ma i suoi ripetuti colloqui con Talleyrand poco poterono ottenere per il minuscolo Stato, che dal febbraio 1799 divenne una repubblica democratica sotto l'influenza francese. Il L. non poté rientrare in Toscana e dovette trattenersi a Parma. Evacuata Lucca dalle armate francesi dopo la battaglia della Trebbia (luglio 1799), poté finalmente rientrarvi ed ebbe diversi incarichi, sia durante la reggenza austriaca della città nel 1800 sia durante i successivi regimi sotto il dominio francese (tra l'altro fu due volte gonfaloniere di Giustizia: luglio-agosto 1802, marzo-aprile 1804). Nella primavera del 1805 fu nella delegazione inviata dalla Repubblica lucchese a Milano per rendere omaggio a Napoleone incoronato re d'Italia e per informarsi dei suoi progetti sul piccolo Stato. Con la nomina a principi di Lucca di Felice Baciocchi e della moglie Elisa Bonaparte (23 giugno 1805), il L. venne posto a capo del dipartimento per la Pubblica Istruzione, fu consigliere di Stato e censore; in particolare curò la trasformazione dell'antica Accademia degli Oscuri (cfr. Maylender) in Istituto Napoleone.
Dopo il decennio napoleonico mantenne titoli e incarichi anche sotto la duchessa di Lucca Maria Luisa di Borbone (1817-24), ma negli ultimi anni di vita per l'età avanzata e la salute malferma diradò progressivamente gli impegni pubblici, dedicandosi prevalentemente a studi storici, linguistici e letterari.
Tale attività di letterato ed erudito, che colloca il L. nello sfondo della cultura classicheggiante cattolica tra fine Settecento e inizio Ottocento, si svolse in tre campi. In primo luogo, nello studio e nella traduzione dei classici antichi (in particolare la poesia e il teatro greco). In questo settore, accanto a studi di erudizione linguistico-letteraria (le tre dissertazioni Dell'origine del politeismo in Grecia; la Congettura intorno all'alfabeto greco; Dell'istituzione della vera tragedia greca per opera di Eschilo, poi edite nel terzo volume delle Opere, e soprattutto il Saggio d'osservazioni sopra un'opera recentemente pubblicata col titolo: Feste e cortigiane della Grecia, Lucca 1806, violenta stroncatura, in difesa della moralità dell'arte greca, dell'opera di J.-B.-P. Chaussard, Parigi 1801), spiccano le traduzioni, in stile accuratamente classicheggiante, da Pindaro (cui si dedicò sin dal 1772, con il proposito di tradurne l'intera opera, realizzando invece la versione delle sole Olimpiche la prima e seconda Pizia, la terza Istmia, Lucca 1826), da Omero (primi libri dell'Iliade) e della Tavola di Cebete (edita a Lucca nel 1812 in aggiunta a una versione di L. Papi del Manuale di Epitteto; del Papi pubblicò poi le Lettere sulle Indie orientali, Lucca 1829, unitamente a una propria Lettera sull'origine della mitologia indiana).
Il L. si dedicò inoltre, con interesse e strumenti eruditi ben lontani dai metodi della nascente linguistica, allo studio delle lingue europee (oltre all'italiano, il greco e le lingue neolatine, con particolare attenzione per il provenzale: cfr. Parducci), redigendo tra l'altro un'ampia opera d'insieme, Della illustrazione delle lingue antiche, e moderne e principalmente dell'italiana procurata nel secolo XVIII dagl'Italiani. Ragionamento storico, e critico (in due volumi, intitolati rispettivamente Della lingua italiana e delle altre lingue moderne d'Europa e Delle lingue antiche e delle altre moderne, che si chiamano orientali, Lucca 1819; 2ª ed. ampliata ibid. 1826).
Ma il campo in cui il L. esercitò con risultati più attendibili e duraturi la sua infaticabile attività di erudito è quello della storia dello Stato e degli scrittori di Lucca. Nella ricca serie dei suoi contributi, alcuni dei quali utili ancora oggi, vanno almeno ricordati la raccolta Delle memorie e documenti per servire alla storia del Ducato di Lucca (ibid., 1825) e i sette libri Della storia letteraria del Ducato lucchese (I-II, ibid. 1825-31), frutto delle ricerche di un'intera vita, per le quali gli fu d'aiuto il fratello Giacomo, anch'egli erudito e bibliofilo (nonché direttore per un ventennio della Biblioteca pubblica di Lucca).
Ancora impegnato nelle sue molteplici attività di erudito, il L. morì a Lucca il 16 maggio 1832.
Negli ultimi anni aveva progettato e avviato la pubblicazione delle sue Opere edite e inedite (I-XXII, Lucca 1832-34), terminata dopo la sua morte. La cospicua biblioteca privata, ricca di numerosi codici manoscritti, che aveva raccolto insieme con il fratello Giacomo fu acquistata nel 1834 dal governo lucchese e incorporata nella Biblioteca pubblica.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Particolari, f. Lucchesini (documenti sul soggiorno e gli studi del L. e dei fratelli a Modena); Modena, Biblioteca Estense e universitaria, Mss. ital., 842; e 884 (lettere del L. a G. Tiraboschi); Pesaro, Biblioteca Oliveriana, Mss., 1900, f. II, 11 (tre lettere del L. a F. Cassi, 1829-30, cfr. Inventari delle biblioteche d'Italia, a cura di G. Mazzatinti, LII, p. 186); Arch. di Stato di Lucca (cfr. Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, a cura di S. Bongi, I-IV, Lucca 1872-88, ad ind.); i libri e i manoscritti a lui appartenuti sono nel fondo Codici Lucchesini della Biblioteca statale di Lucca. Raccolte di lettere del L. o a lui dirette sono state pubblicate in: E. Gabotto, Lettere inedite di C. L. a C. Taparelli d'Azeglio, in Boll. stor. bibliografico subalpino, XIII (1908), pp. 71-76 (tre lettere, 1812-18); G. Zaccagnini, La corrispondenza epistolare tra C. L. e il p. Carlo Grossi, in Boll. stor. lucchese, XIV (1942), pp. 80-86; il carteggio del L. e dei suoi familiari (la madre e i fratelli Girolamo e Giacomo) con Spallanzani è stato pubblicato da P. Di Pietro, Carteggio tra L. Spallanzani e Girolamo Lucchesini, in Memorie dell'Acc. di scienze, lettere e arti di Modena, s. 6, XX (1978), pp. 113-143 (v. anche Edizione nazionale delle opere di L. Spallanzani, I, Carteggi, V, a cura di P. Di Pietro, Modena 1985, pp. 441-443); V. Monti, Epistolario, a cura di A. Bertoldi, V, Firenze 1930, p. 257. Per testimonianze sull'attività e gli interessi letterari del L. vedi le Lettere inedite di illustri italiani a C. L., a cura di F. Sforza, Lucca 1869; altre lettere e documenti a lui relativi (e in particolare alla passione bibliografica condivisa con i fratelli Girolamo e Giacomo) sono in P. Paganini, Autografi, in Rassegna lucchese, III (1906), 6, pp. 121-133. Documenti relativi agli incarichi politico-diplomatici svolti a Parigi e a Vienna sono editi e studiati in: G. Sforza, Alcuni dispacci del marchese C. L. inviato della Repubblica lucchese a Parigi (1798), Roma 1897; in Powstanie kociuszkowskie w świetle korespondencji pos¢ów pruskich z Wiednia Lucchesiniego i Caesara (I rapporti tra le potenze europee e la rivoluzione di Kościuszko alla luce della corrispondenza con Federico Guglielmo II degli inviati a Vienna G. e C. Lucchesini), a cura di H. Kocój, Kraków 2004 (ma cfr. anche, dello stesso Kocój, Das Verhältnis der europäischen Mächte Preussen, Russland und Österreich zum Kościuszko-Aufstand im Lichte der Korrespondenz Friedrich Wilhelms II. mit den preussischen Gesandten Lucchesini und Cesar in Wien, in Aufklärung, Vormärz, Revolution, XVIII-XIX [1998-99], pp. 10-24). A. Mazzarosa, Elogio di C. L., in C. Lucchesini, Opere, I, Lucca 1832, pp. 199-210 (con la bibliografia completa delle opere); C.E. Muzzarelli, Elogio di C. L., in Giornale arcadico, LIV (1832), pp. 177-186; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, Milano 1833, II, p. 469; III, p. 577; IV, p. 511; A. Vannucci, L., C., in Biografia degli italiani illustri, a cura di E. De Tipaldo, VII, Venezia 1840, pp. 140-146; T. Inghirami, Storia della Toscana, XIII, t. III, Firenze 1844, p. 281; G. Sforza, Il marchese C. L., viaggiatore e diplomatico, in Rassegna nazionale, 1( ag. 1886, pp. 458-482; P. Barsanti, Il pubblico insegnamento a Lucca, Lucca 1905, ad ind.; A. Parducci, Gli studi provenzali del marchese C. L., Perugia 1905 (per nozze Manzoni-Laurenzi); G. Sforza, Viaggi di due gentiluomini lucchesi del sec. XVIII, in Memorie della R. Acc. delle scienze di Torino, s. 2, LXIII (1913), pp. 117-207; U. Bernardini, C. L., A. Mezzanotte, G. Borghi traduttori di Pindaro, Ravenna 1924; M. Maylender, Storia delle Accademie d'Italia, Firenze 1929, IV, p. 164; U. Bernardini, La versione pindarica di C. L., in Boll. stor. lucchese, II (1930); C. Frati, Diz. bio-bibl. dei bibliotecari e bibliofili italiani, Firenze 1933, p. 307; V. Cian, Per la fortuna dell'Alfieri, in Giorn. stor. della letteratura italiana, CXXVI (1949), pp. 357-359 (giudizi su Alfieri nella corrispondenza tra il L. e G. Carmignani); R. Ciampini, G.P. Vieusseux, Torino 1953, pp. 56, 188, 210; M. Parenti, Aggiunte al Diz. bio-bibl. dei bibliotecari e bibliofili di C. Frati, II, Firenze 1959, p. 425; S. Fontana, La controrivoluzione cattolica in Italia (1820-1830), Brescia 1968, ad ind.; M. Paoli, La biblioteca di C. L., in Gutenberg-Jahrbuch, LIII (1978), pp. 371-377; P.G. Camaiani, Un patrizio di fronte alla Rivoluzione francese, in Rass. stor. toscana, XXX (1984), pp. 61-104; Diz. del Risorgimento naz., III, p. 399 (E. Lazzareschi); Enc. Italiana, XXII, p. 564 (A. Mancini).