MAGGI (De Mayo, Maggio, Maio, Masi), Cesare (più noto come Cesare da Napoli)
Nacque a Napoli intorno alla fine del secolo XV, probabilmente nel 1488. Non si conoscono i nomi dei genitori; ebbe di certo una sorella, forse due. Incerte le notizie sull'origine familiare: forse figlio di un medico, non ebbe comunque nobili origini.
Erroneamente alcuni biografi, seguendo la prima biografia del M., scritta dal contemporaneo Luca Contile, lo dicono discendente da antica e nobile famiglia campana, legata ai Maggi di Cremona, Como, Brescia e Milano, o lo confondono con il patrizio napoletano Cesare di Majo; ipotesi smentita peraltro dallo stesso Contile, in un secondo profilo biografico del M. scritto alcuni anni dopo la morte di questo.
Si hanno solo poche notizie sull'adolescenza e la giovinezza del M.; rimase presto orfano di padre, e non ebbe buoni rapporti con il secondo marito della madre, la quale non si occupò del figlio. Intorno ai diciassette anni lasciò probabilmente Napoli alla volta di Roma, dove rimase alcuni anni al servizio di un gentiluomo.
Le prime notizie certe sul M. risalgono agli anni 1514-15, quando lasciò Roma per intraprendere il mestiere delle armi, muovendo i primi passi sotto il comando di Renzo da Ceri (Lorenzo Orsini), che, al servizio dei Veneziani, difendeva Crema e Bergamo dalle truppe imperiali e sforzesche. Il M. partecipò alla decisiva battaglia di Ombriano e conquistò in breve tempo la stima di Renzo da Ceri, tanto da essere nominato presto capitano. Al suo seguito lasciò gli stipendi dei Veneziani per passare al servizio di papa Leone X e del nipote Lorenzo de' Medici, capitano generale delle truppe pontificie, impegnate nel 1517 contro Francesco Maria della Rovere, che tentava la riconquista del Ducato di Urbino, di cui il pontefice aveva investito l'anno prima lo stesso Lorenzo. Il M. restò al servizio del Medici anche quando Renzo da Ceri, entrato in aperto dissidio con questo e col pontefice, se ne allontanò.
Tra il 1522 e il 1524 fu nuovamente al servizio dei Veneziani, alleati dei Francesi, come ufficiale di fanteria. La sua presenza è segnalata all'assedio di Parma, a Brescia e in diversi luoghi del territorio lombardo, nuovamente teatro degli scontri franco-spagnoli, dopo la breve tregua seguita al trattato di Noyon (1516) e la riconquista di Milano da parte del nuovo imperatore Carlo V d'Asburgo, che nel novembre 1521 vi insediò Francesco II, fratello di Massimiliano Sforza.
In seguito a difficoltà nel ricevere le spettanze, il M. lasciò il campo e sembra che abbia trascorso qualche mese a Genova, in attesa di decidere la nuova bandiera sotto cui militare. La scelta che compì di lì a poco di passare agli stipendi degli imperiali rappresentò di fatto una chiave di volta nella vita del M., che rimase fedele all'insegna imperiale per più di quarant'anni, salvo poche brevissime interruzioni.
Unendosi agli ufficiali e condottieri italiani che servirono gli eserciti dei conquistatori, il M. poté sviluppare, negli anni, le sue doti di soldato e le sue capacità strategiche, mostrando di saper rispondere adeguatamente alle nuove modalità di combattimento proposte dalle innovative milizie spagnole. Destinato a seguire un percorso di ascesa nella scala del prestigio militare e sociale, divenne fin dai primi tempi capitano di fanteria, alla testa di unità di media portata, composte quasi sempre di italiani, e seppe sfruttare abilmente le prospettive di vittoria offerte dall'artiglieria. Combinò con successo l'abilità nel guidare le truppe allo scontro aperto con la strategia dell'incursione rapida e continua, dell'attacco a sorpresa, della difesa del territorio. Non rinunciò, al tempo stesso, ad agire con l'astuzia e all'occorrenza con l'inganno, né a compiere scorrerie e incursioni, saccheggi e violenze.
Fin dal 1525 il M. fu impiegato in significativi episodi di scontro con l'esercito francese. Non è certo se prese parte alla battaglia di Pavia, ma in quell'anno serviva il marchese di Pescara, Ferdinando Francesco d'Avalos.
I contrasti che ebbe all'inizio del 1526 con Fabrizio Maramaldo e il sospetto di tradimento in cui incorse da parte del marchese del Vasto, Alfonso d'Avalos (nipote di Ferdinando Francesco e dall'anno precedente capitano generale della fanteria in Italia), che lo accusò di voler favorire l'ingresso in Asti del marchese Michele Antonio di Saluzzo, fecero circolare la voce di una minaccia di decapitazione per il M. e per il capitano Alfonso Galante. I due furono invece licenziati, a causa soprattutto dei furti e delle estorsioni di cui si erano resi colpevoli. Ciò non impedì al M. di potere reclutare un buon numero di fanti e di rientrare a servire l'esercito imperiale nel Milanese, ancora una volta sotto Maramaldo. Ebbe con questo nuovi dissidi quando si trovarono alla disperata difesa di Lodi dagli attacchi francesi e veneziani: si mostrò in disaccordo in merito all'organizzazione difensiva dei bastioni e tentò inutilmente di mettere Maramaldo in guardia da Ludovico Vistarini, che sospettava a ragione di tradimento; di lì a poco la città venne occupata e il M. fu imprigionato dai Veneziani e condotto a Crema, dove fu presto liberato. La rivalità con Maramaldo non si attenuò: sfiorarono, in un'occasione, il duello e, in seguito, quando Maramaldo fu nominato maestro generale di campo il M. meditò l'abbandono delle insegne imperiali.
Gli anni successivi videro il M. impegnato con le sue compagnie di fanti italiani in diverse azioni minori, con lo scopo di portare all'obbedienza alcune aree del territorio piemontese (Novara, Domodossola) e soprattutto lombardo (Lomellina, in particolare Mortara, Pavia, Trezzo sull'Adda, il Bergamasco). Alcuni insuccessi e la perdita di molti fanti sull'Adda non gli impedirono di superare la resistenza di numerosi borghi e castelli. Sono ricordati in particolare gli scontri con Gian Giacomo Medici (detto il Medeghino) nel Comasco e la conquista di Sant'Angelo Lodigiano; epico, nel racconto dei contemporanei, il tentato assoggettamento nel 1529 delle Comunità della riviera di San Giulio (sul lago di Orta, presso Novara, una zona considerata importante per il controllo di Milano), i cui abitanti si arroccarono nel castello sull'isola e, unendo le forze, respinsero l'attacco, non senza subire razzie e taglieggiamenti da parte del M. e delle sue truppe.
L'anno successivo all'accordo tra Clemente VII e Carlo V con il trattato di Barcellona (maggio 1529) - che portò la milizia imperiale a servire, contro la Repubblica fiorentina, gli interessi pontifici per il ripristino della signoria medicea in Firenze e il recupero delle terre di Romagna, - il terreno di azione del M. si spostò, in Romagna e in Toscana. Scelto, secondo alcuni, espressamente da Clemente VII per guidare le truppe, il M. ebbe ai suoi ordini artiglieri e contingenti di cavalleria leggera e confermò le sue doti di comando, nonostante le ingenti perdite subite in alcune occasioni, come nel fallito assedio di Castrocaro Terme con Leonello da Carpi, contro il commissario fiorentino Lorenzo Carnesecchi.
Nel 1531, tuttavia, il M. abbandonò per un breve periodo gli stipendi degli Imperiali per servire, proprio contro di essi, Gian Giacomo Medici, allora castellano di Musso, contro cui Francesco Sforza, suo antico nemico, era riuscito dopo il congresso di Bologna a far convergere anche le truppe dell'imperatore. Si trattò comunque di una breve parentesi e, dopo la resa del Medeghino nel febbraio 1532, tornò sotto l'antica bandiera, affiancando Antonio Leyva in Austria, in allerta per la minaccia turca.
Nel 1536 Francesco I occupò la Savoia e il Piemonte. Ebbe inizio la terza guerra franco-spagnola sul territorio italiano. La tregua di Nizza confermò il dominio francese sulle terre piemontesi invase negli anni del conflitto. La regione rimase tuttavia nel ventennio successivo, con fasi alterne, teatro di operazioni di guerra e di lotte per il predominio, fino a quando nel 1559 la pace di Cateau-Cambrésis sancì la sostanziale espulsione della Francia dalla penisola e il definitivo ripristino nella regione del Ducato di Savoia, strettamente alleato con la monarchia spagnola, sotto il governo del duca Emanuele Filiberto.
Fu proprio in Piemonte che il M. servì, in quei due decenni, gli interessi imperiali, spostando dalla Lombardia il baricentro della propria attività di condottiero, insediandosi nella regione e fondando, qui, il nucleo delle proprie fortune.
Base delle operazioni furono i castelli di Volpiano, vicino Torino, cui fu preposto nel 1536, e di Moncrivello, nel Canavese, dove si insediò intorno al 1538 e che elesse a propria dimora, traendone una rendita piuttosto elevata. Fu in questi anni al seguito dell'Avalos nei principali attacchi contro i Francesi comandati da Charles de Brissac e svolse con continuità un'azione di disturbo del nemico, presidiando il territorio, in particolare i valichi (fra tutti Susa al Moncenisio e Pinerolo al Monginevro), attaccando le guarnigioni, provocando scaramucce, tenendo in scacco da Volpiano la strada per gli approvvigionamenti di Torino e tentando più volte, con l'astuzia, di introdursi nella città. Tra il 1543 e il 1544 fronteggiò Blaise de Montluc nei pressi di Carmagnola, ma dovette battere in ritirata. Il 16 luglio 1544 fu investito dal duca di Savoia del titolo marchionale di Moncrivello (che egli aveva acquistato il 21 febbr. 1538; ma poté prenderne definitivo ed effettivo possesso soltanto nel dicembre 1565).
Nel 1546 Carlo V volle il M. in Germania, per contrastare la marcia dei principi protestanti riuniti nella Lega di Smalcalda. Fu a Ratisbona, ad Augusta, a Ulm. Tra il 1551 e il 1553, di nuovo in Italia, servì il governatore di Milano Ferrante Gonzaga nelle azioni militari intorno a Parma, a Pavia e in Piemonte (nelle zone di Asti, Torino, Cuneo e Saluzzo); attaccò a San Martino il campo francese che assediava Volpiano mentre il Gonzaga premeva su Casale Monferrato. Alla fine del 1553 guidò con abilità la cacciata dei francesi da Vercelli. Acquisito grande credito per la sua abilità di capitano e di mastro di campo, assunse da allora in avanti compiti di comando generale, sulla fanteria, sull'artiglieria, e sulla cavalleria leggera. Alla fine del 1555, i Francesi, esausti per i continui attacchi che giungevano da Volpiano, espugnarono la fortezza. Il M., in seguito, prese parte alla difesa di Nizza durante la ritirata delle forze francesi nel 1558.
Malgrado l'età, sembra che il M. continuasse a guidare le milizie, servendo Filippo II, dopo la rinuncia al governo dei domini italiani da parte di Carlo V a favore del figlio. Servì negli anni seguenti il duca di Savoia Emanuele Filiberto, che lo inviò in missione, nell'estate del 1562, a Ginevra per verificare i mezzi difensivi della città, in previsione del mai realizzato piano di conquista piemontese. A questo periodo risale l'attribuzione della contea di Annone, secondo alcuni ottenuta invece dalla nobile famiglia napoletana dei Majo, di cui il M. non faceva parte.
Indice del prestigio acquisito dal M. fu l'invito ad entrare nella Accademia degli Affidati di Pavia, sorta nel 1562, un sodalizio letterario fortemente legato alla vita politica della Lombardia spagnola, che ricercò protezioni ascrivendo nei propri ruoli figure quali, tra gli altri, il marchese di Pescara e lo stesso Filippo II.
Il M. morì il 15 marzo 1568 a Milano (piuttosto che ad Asti come sostengono alcuni).
Fu sepolto in una cappella sepolcrale che lui stesso aveva fatto erigere sulla via che sale al santuario del Sacro Monte di Varallo, di cui fu generoso benefattore. Non avendo avuto figli dalla moglie, Gabriella Valperga dei conti di Masino, lasciò in eredità i propri beni al nipote Giustino Pompeo Lignana, fratello della sorella e di Bernardino Lignana, governatore di Cuneo, di nobile discendenza.
Fonti e Bibl.: Il castello di Moncrivello ha ospitato il 25 ott. 1998 la giornata di studio, coordinata da M. Cassetti, Cesare de Mayo, capitano di ventura, comandante generale di Carlo V per il Piemonte, di cui tuttavia non sono mai stati pubblicati gli atti. Torino, A. Manno, Il patriziato subalpino, vol. MAC-MANA (dattiloscritto), pp. 109 s. (s.v. Maio); M. Sanuto, I diarii, Venezia 1879-1902, XXXII, col. 508; XXXIII, col. 394; XXXV, coll. 319 s.; XXXIX, col. 401; XL, coll. 826, 841, 867, 877, 883; XLI, coll. 8, 371, 377, 417, 641; XLV, coll. 280, 396; XLIX, coll. 57, 403, 404; LI, coll. 93, 99, 108, 109, 122, 132, 218, 318, 345; LII, coll. 75, 207; LIII, coll. 178, 207; LV, coll. 424, 426, 455-457, 463, 465, 467, 683; LVI, coll. 535, 539 s.; Correspondance des nonces en France Carpi et Ferrerio 1535-1540, a cura di J. Lestocquoy, Rome 1961, p. 319; Correspondance des nonces en France Capodiferro, Dandino et Guidiccione 1541-1546, a cura di J. Lestocquoy, Rome 1963, p. 192; Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, VIII, a cura di L. Firpo, Spagna, Torino 1981, p. 275 (F. Badoer, 1557); L. Contile, La historia de fatti di C. M. da Napoli, dove si contengono tutte le guerre successe nel suo tempo in Lombardia et in altre parti d'Italia et fuori d'Italia, Pavia 1564; F. Tasso, Oratione funerale del r.p.f. Faustino Tasso de minori osservanti recitata nelle esequie dell'illustriss. s. C. Maggio da Napoli conte di Annone et marchese di Monte Cribello, capitano generale della cesarea maestà nel Piamonte, et Lombardia, Firenze 1568; Ragionamento di Luca Contile sopra la proprietà delle imprese con le particolari de gli academici Affidati et con le interpretationi et croniche, Pavia 1574, cc. 83v e 84r; P. Totti, Ritratti et elogii di capitani illustri, Roma 1635, pp. 249-251; P. [de Bourdeille seigneur de] Brantôme, Oeuvres, IV, Les vies des hommes illustres et grands capitaines étrangers, pt. I, La Hage 1740, pp. 311-316; G. Adriani, Istoria de' suoi tempi, Prato 1822-23, I, p. 122; II, p. 227; IV, p. 296; V, pp. 280, 320; VI, p. 343; B. Varchi, Storia fiorentina, a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1858, pp. 92, 277, 393; Compendio storico della guerra di Parma e del Piemonte, 1548-1553 di Giuliano Gosellini, a cura di A. Ceruti, in Miscellanea di storia d'Italia, XVII, Torino 1878, pp. 152, 183, 188, 232 s., 237, 240; B. de Montluc, Commentaires de messire Blaise de Montluc maréchal de France. Où sont décrits les combats, rencontres, escaramouches, a cura di G. Maihard de la Couture, Lille 1899, pp. 67 s., 73-75; A. Bossi, L'attestazione del sacco di Orta ad opera di C. M. nel 1529, in Lo Strona, VII (1982), 3, pp. 19-21; P. Merlin, Emanuele Filiberto. Un principe tra il Piemonte e l'Europa, Torino 1995, p. 209; D. Martuscelli et al., Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, III, Napoli 1816; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel regno di Napoli, Bologna 1844, p. 94; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, XCIX, p. 298; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", C. Argegni, Condottieri capitani tribuni, I, p. 165.