NERAZZINI, Cesare
NERAZZINI, Cesare. – Nacque a Montepulciano il 29 maggio 1849, terzogenito di Giovanni e di Elisa Colombi.
Frequentò a Pisa il liceo e l’Università, conseguendo la laurea in medicina e chirurgia il 6 luglio 1872. Ottenuta la specializzazione in ostetricia, nel 1874 fu nominato assistente all’istituto di maternità, ma presto gli si prospettarono opportunità professionali più allettanti. In due occasioni, nel 1876 e nel 1877, prese imbarco come medico di bordo sul Batavia, un mercantile della società Rubattino, in esercizio sul collegamento tra Genova, Bombay e Singapore. A qualche mese dal rientro in Italia dopo la seconda crociera in Oriente, rassegnò le dimissioni dall’ospedale di Pisa per intraprendere una nuova carriera: nel 1878 risultò vincitore di un concorso per sottotenente del corpo sanitario marittimo e il 1° ottobre prese servizio all’ospedale militare di La Spezia.
Grazie all’esperienza accumulata con la navigazione civile, nel febbraio 1879 entrò a far parte, come secondo medico, dello stato maggiore della corvetta Vettor Pisani, in procinto di partire per la sua terza campagna oceanica. La nave, affidata al comando di Tommaso Alberto di Savoia, salpò da Venezia il 31 marzo 1879 e per gran parte dei successivi due anni e mezzo incrociò nei mari dell’Estremo Oriente.
Anni più tardi Nerazzini rievocò per la Nuova Antologia alcuni episodi del viaggio: Sull’Yang-tse Kiang. Ricordi di un viaggio in China, 16 maggio 1899, pp. 272-300; La cremazione di un principe siamese (Ricordi di un viaggio nel Regno di Siam), 16 gennaio 1900, pp. 247-261.
Il lungo periodo d’imbarco accanto a personalità di rilievo – come Luchino Dal Verme e Camillo Candiani – lo mise in luce negli ambienti ministeriali. Nel marzo 1882 fu trasferito all’Accademia navale di Livorno e poco dopo ottenne il primo incarico in Africa: il 15 gennaio 1883 fu distaccato al ministero degli Esteri e destinato ad Assab, con il compito di organizzare il servizio sanitario per i residenti in colonia.
Come direttore dell’ospedale di Assab, avviò la raccolta sistematica dei dati sulle condizioni sanitarie dell’insediamento, offrendo contributi di prima mano alla conoscenza del territorio: Osservazioni mediche sulla Baja di Assab. (Affrica Orientale), in Giornale di medicina militare, XXXII (1884), 1, pp. 22-44; 6, pp. 503-532; XXXIII (1885), 3, pp. 243-281.
Dato l’esiguo numero di ufficiali in servizio in colonia, a Nerazzini furono affidati anche incarichi diplomatici. Nel marzo 1885 fu aggregato alla missione del capitano Vincenzo Ferrari, che si recò dall’imperatore etiopico Giovanni IV per comunicargli la notizia dell’occupazione italiana di Massaua.
L’itinerario seguito dalla missione, da Massaua a Gondar, fu descritto da Nerazzini in una relazione che rimase a lungo una preziosa fonte di informazioni sulla morfologia del territorio e sulla viabilità carovaniera della regione percorsa: Itinerario in Etiopia (1885), in Bollettino della Società geografica italiana, s. 3, II (1889), 12, pp. 968-986; III (1890), 1, pp. 54-81; 2, pp. 140-172.
Nel febbraio-marzo 1886 fu ad Asmara per concordare con Ras Alula le modalità del transito in Etiopia della missione del generale Giorgio Pozzolini, poi annullata a causa delle tensioni suscitate dall’estensione del protettorato italiano sul litorale a sud di Massaua. Il ritorno ad Assab nel giugno 1886 segnalò la svolta avvenuta nella carriera di Nerazzini: vi giunse non più come direttore dell’ospedale coloniale, ma in missione politica a tutti gli effetti, per vigilare sui rapporti col sultano dell’Aussa. Un anno più tardi, quando la responsabilità della politica coloniale passò dagli Esteri alla Guerra, fu messo a disposizione di questo ministero (1° giugno) e destinato a Massaua come addetto diplomatico del generale Alessandro Asinari di San Marzano, comandante della spedizione di rivincita dopo i fatti di Dogali.
Concluso l’incarico, trascorse una lunga licenza in Italia, durante la quale, il 10 settembre 1888, sposò a Montepulciano Egle Carletti (Montepulciano, 27 agosto 1867 - Roma, 27 novembre 1928), figlia del conte Alamanno Carletti e di Filomena Stefanini. Dall’unione nacquero tre figli: Manfredo (1892), Corrado (1893-1916) e Iole (1894).
Il credito acquisito come esperto di questioni africane ne fece uno degli agenti di punta del governo per la gestione dei rapporti con l’Etiopia e per alcuni anni il terreno principale della sua attività fu l’Harar. Vi soggiornò una prima volta nel gennaio-marzo 1889 in missione confidenziale, al fine di accertare l’influenza esercitata dalla Francia nella regione. Quindi collaborò alla stesura dell’agenda dei colloqui con il degiazmac (comandante) Makonnen – governatore dell’Harar per conto del sovrano scioano Menelik – in occasione della sua visita in Italia per la ratifica del trattato di Uccialli (agosto-dicembre 1889). Infine, messo nuovamente a disposizione degli Esteri, tornò in Harar come ‘residente politico’, con il compito di favorirvi le iniziative italiane (aprile 1890 - marzo 1891). La crisi delle relazioni italo-etiopiche, innescata dall’art. 17 del trattato di Uccialli e dalla volontà di Crispi di portare il confine dell’Eritrea al Mareb, fu all’origine del richiamo di Nerazzini, il quale manifestò un netto dissenso rispetto alla politica del governo, che giudicava troppo condizionata da tentazioni espansioniste e dagli imperativi strategici del partito militare.
In uno scritto del 1891 propugnò la necessità di una condotta moderata nella gestione degli affari coloniali, basata sull’accordo con Menelik II, in quanto autorità imperiale riconosciuta, e un programma di penetrazione pacifica da realizzare limitando le occupazioni territoriali e promuovendo le relazioni commerciali con l’Etiopia (La conquista mussulmana dell’Etiopia nel secolo XVI. Traduzione d’un manoscritto arabo, prefazione e note di C. Nerazzini, Roma 1891, pp. XXXV-XXXVIII).
Tali posizioni lo portarono allo scontro col governatore dell’Eritrea, generale Antonio Gandolfi, che affiancò all’epoca dei negoziati con Ras Mangasha e gli altri capi tigrini sui limiti da dare alla zona d’influenza italiana (ottobre-dicembre 1891). Dopo il patto del Mareb, che ai suoi occhi comprometteva la possibilità di mantenere Menelik II nell’orbita dell’Italia, lasciò per diversi mesi il servizio coloniale attivo. Vi fu richiamato dal governo Giolitti nell’aprile 1893 per compiere un’altra missione in Harar, decisa per alleviare le tensioni con l’imperatore etiopico.
Nel febbraio 1894 Nerazzini – la cui ultima promozione, quella a capitano, risaliva al 1885 – rientrò negli organici del Ministero della Marina per regolarizzare gli anni d’imbarco richiesti per l’avanzamento di carriera. Conseguito il grado di maggiore, nel maggio 1895 fu di nuovo distaccato agli Esteri, presso l’Ufficio coloniale, in una fase in cui, a seguito dell’intesa fra Crispi e il governatore dell’Eritrea, Oreste Baratieri, la politica coloniale italiana aveva assunto un’impronta decisamente aggressiva. Nel luglio 1895 fu inviato in missione confidenziale a Zeila per raccogliere informazioni sulla situazione interna dell’impero etiopico nel momento in cui prendeva corpo il programma italiano di espansione nel Tigrè. Registrò con preoccupazione il costante riarmo dell’Etiopia e ammonì più volte i suoi superiori a non cercare lo scontro con Menelik II.
Dopo la sconfitta di Adua, il governo Di Rudinì, alla ricerca di un personaggio autorevole e non compromesso con la precedente politica, lo scelse come plenipotenziario per le trattative con l’Etiopia. Al termine di un negoziato condotto ad Addis Abeba nell’ottobre 1896, stipulò una convenzione per la liberazione dei prigionieri di guerra italiani e un trattato di pace (26 ottobre) che doveva sancire l’amicizia tra i due paesi ma lasciava in sospeso la spinosa questione del confine dell’Eritrea. La mancata soluzione del problema confinario – motivata da Nerazzini con la necessità di ottenere una sollecita liberazione dei circa 1600 prigionieri italiani – fu uno degli argomenti di polemica usati contro Di Rudinì durante il dibattito parlamentare sulla politica africana del maggio 1897, dal quale emerse la scelta del ‘raccoglimento’; nel corso del dibattito l’operato di Nerazzini fu aspramente criticato da Antonino di San Giuliano.
Nel maggio-giugno 1897 fu protagonista di un’altra controversa missione ad Addis Abeba, dove sottoscrisse un trattato di commercio (24 giugno) sostitutivo di quello di Uccialli, ma optò per un ulteriore rinvio della questione confinaria, privilegiando il consolidamento dell’accordo politico con l’Etiopia, che per lui costituiva il presupposto di una duratura regolamentazione territoriale. Al rientro in Italia trasmise al governo un progetto di delimitazione delle frontiere proposto da Menelik II. Pur non avendolo accettato in sede di negoziato, reputandolo non compatibile con le istruzioni ricevute, in seguito lo giudicò un progetto in sintonia con la politica di ‘raccoglimento’.
Fu il suo ultimo incarico in Africa orientale. Nominato console generale (21 novembre 1897) come riconoscimento per l’opera svolta con le missioni presso Menelik II, passò a tutti gli effetti nei ruoli degli Esteri e per i successivi tre anni prestò servizio all’Ufficio coloniale a fianco di Giacomo Agnesa. Furono anni dominati dal riassetto amministrativo dell’Eritrea, inaugurato con la nomina del governatore civile Ferdinando Martini, con il quale Nerazzini ingaggiò una prolungata schermaglia sulla questione delle frontiere. L’esito positivo della trattativa con l’Etiopia (1900), imbastita da Martini sulla base di un tracciato – la linea Mareb-Belesa-Muna – assai più vantaggioso di quello proposto da Menelik II nel 1897 e caldeggiato dallo stesso Nerazzini, segnò il declinare del suo prestigio come esperto di questioni africane.
Nel marzo 1901 fu estromesso dalla gestione della politica coloniale e destinato a Shanghai come console generale. Durante i cinque anni trascorsi in Cina mirò a rafforzarvi gli interessi economici nazionali: il negoziato per un nuovo trattato di commercio con Pechino (maggio-ottobre 1906) rappresentò il passaggio più impegnativo della missione ma non giunse a buon fine per l’impossibilità di ottenere adeguate contropartite in cambio dell’innalzamento dei dazi doganali cinesi.
Richiamato nel novembre 1906, nel luglio successivo, munito di credenziali di inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fu trasferito a Tangeri. Durante la missione in Marocco, svolta quando l’interesse di Roma per il paese era ormai superato, si segnalò solo per il rinnovo della convenzione col governo del sultano relativa alla fabbrica d’armi italiana di Fez (19 giugno 1910), atto stipulato alla vigilia del suo definitivo rientro in patria.
Morì a Montepulciano il 4 febbraio 1912.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Carte Nerazzini; Roma, Archivio storico-diplomatico del Ministero degli Affari Esteri, Arch. storico del Ministero dell’Africa italiana, Archivio Eritrea, Serie P. Politica (1891-1916), Carte Tittoni; Arch. centrale dello Stato, Carte Martini; Documenti diplomatici italiani, s. II e s. III, vari volumi, ad indices; Camera dei deputati, Discussioni, sessione 1882-86 (XVI), sessione 1895-97 (VII), sessione 1897 (I); Documenti diplomatici presentati al Parlamento italiano, 1888 (XVIII), 1890 (XIV, XV, XV-bis), 1891 (XVII), 1892 (XVII-bis), 1896 (XXIII, XXIII-bis, XXIII-ter). C. Conti Rossini, Italia ed Etiopia dal trattato d’Uccialli alla battaglia di Adua, Roma 1935, ad ind.; R. Truffi, Precursori dell’Impero Africano. Lettere inedite, Roma 1937, pp. 101-164; L’Italia in Africa, I, Etiopia-Mar Rosso, V-VIII, a cura di C. Giglio, Roma 1966-77, ad indices; IX, a cura di D. Giglio, ibid. 1981, ad ind.; C. Giglio, Il trattato di pace italo-etiopico del 26 ottobre 1896, inProceedings of the third international conference of Ethiopian studies…1966, I, Addis Ababa 1969, pp. 237-251; A. Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale. Dall’Unità alla marcia su Roma, Roma-Bari 1976, ad indicem; C. Zaghi, La conquista dell’Africa. Studi e ricerche, I-II, Napoli 1984, ad ind.; A. Poma - L. Valenti, Le carte di C. N. nell’Archivio di Stato di Siena, in Bullettino senese di storia patria, XCVIII (1991), pp. 310-322; E. Iacona, C. N., un ufficiale medico al servizio della diplomazia italiana in Africa (1883-1897), in Fonti e problemi della politica coloniale italiana. Atti del Convegno… Taormina-Messina…1989, I, Roma 1996, pp. 113-148; L. Monzali, L’Etiopia nella politica estera italiana, 1896-1915, Parma 1996, pp. 55-72, 89-101, 133-151; A. Francioni, Medicina e diplomazia. Italia ed Etiopia nell’esperienza africana di C. N. (1883-1897), Siena 1999 (alle pp. 518 s. un elenco degli scritti di Nerazzini); F. Guazzini, Le ragioni di un confine coloniale. Eritrea 1898-1908, Torino 1999, pp. 11-109; R. Caulk, «Between the Jaws of Hyenas». A diplomatic history of Ethiopia (1876-1896), a cura di Bahru Zewde, Wiesbaden 2002, ad ind.; A. Francioni, Il «banchetto cinese». L’Italia fra le treaty powers, Siena 2004, pp. 155-244; F. Tamburini, La fabbrica d’armi italiana di Fez (1886-1916), in Clio, XL (2004), 2, pp. 261-288.