STUDIATI BERNI, Cesare
STUDIATI BERNI, Cesare. – Nacque a Pisa il 14 gennaio 1821 da Pietro, medico e docente universitario, e da Giuseppa Castinelli, sorella dell’architetto Ridolfo.
Primogenito di tre fratelli, Alessandro e Luisa, fu l’ultimo di una dinastia di medici: Cesare e Pietro. Attestati fra i cittadini pisani prima del 1494, il capostipite degli Studiati fu un certo Studiato, detto Malasoma.
Il nonno Cesare (Pisa, 1735), si laureò in medicina nel 1761 e fu direttore del collegio greco-russo a Pisa per circa tre anni. Sposò nel 1774 Teresa Mugnai e dal matrimonio nacquero Alessio, Pietro e Maddalena, nata postuma. Fra il 1775 e il 1776 seguì il conte Alessio Orlov a San Pietroburgo insieme alla moglie Teresa alla corte di Caterina II, con la promessa di ricoprire la carica di direttore del collegio greco-russo. Arrivato a destinazione apprese che l’incarico era stato già assegnato; gli rimase così la scelta fra la carica di direttore del corpo di Marina a Kronštad e quella di medico a corte. Dopo un soggiorno durato dieci mesi tornò a Pisa, continuando la sua attività di medico. Morì a Firenze nel 1783.
Il padre Pietro nacque a Pisa nel 1781; laureatosi in medicina nel 1802, divenne medico primario del Dipartimento di sanità di Pisa nel 1808. Insegnò presso l’Università di Pisa, ottenendo le cattedre di patologia medica, di igiene, di terapia e di medicina legale. Nel 1808 gli Studiati aggiunsero al loro cognome quello dei Berni in seguito a un legato testamentario di Luisa Studiati, vedova di Giuseppe Berni, che lasciò l’intero patrimonio dei Berni al nipote Pietro, a condizione che venisse aggiunto il cognome del marito a quello Studiati. Con l’eredità arrivò anche la villa di Molina di Quosa, sede fin da allora della famiglia.
Profondo conoscitore e traduttore degli scritti di Gilbert Blane e di François Broussais, Pietro si interessò alle discipline della fisiologia, della patologia e della farmacopea. Georgofilo dal 1818, si dedicò – insieme a Gaetano Savi, titolare della cattedra di storia naturale e successivamente di anatomia comparata e zoologia – alla nuova serie del Giornale de’ letterati e fu membro di numerose accademie scientifiche e letterarie. Alla fine degli anni Trenta divenne medico personale di Luigi Bonaparte e dal 1838 fu professore emerito, ottenendo la nomina a medico primario della sanità di Livorno. Presidente dell’Accademia Labronica e socio corrispondente della Società medico-fisica fiorentina dal 1839, nello stesso anno partecipò al primo Congresso degli scienziati. Morì a Pisa nel 1841.
Le attività accademiche e scientifiche di Pietro furono determinanti per la formazione del figlio. Infatti, durante l’adolescenza, Studiati Berni dimostrò un grande interesse per le materie mediche, realizzando tavole anatomiche e studiando i metodi per la conservazione dei cadaveri; dal 1838 fu accanto al professor Filippo Civinini nelle preparazioni anatomiche eseguite per il gabinetto fisiopatologico dell’Università di Pisa.
Nel giugno del 1840 si addottorò in medicina con la tesi Dei caratteri della febbre. Dopo la morte del padre, avvenuta nel luglio del 1841 in seguito a una polmonite, fu costretto a disertare le pratiche mediche tenute presso l’ospedale fiorentino di S. Maria Nuova, obbligatorie per conseguire la matricola in medicina, per occuparsi degli affari della famiglia. Il 21 ottobre del 1843 fu nominato dissettore anatomico e l’incarico gli valse in luogo del praticantato.
Nell’ottobre 1845 conseguì la laurea in medicina e chirurgia e collaborò attivamente alla nascita del Museo zoologico di Pisa sotto la direzione dei professori Savi e Filippo Pacini. Dal luglio del 1847 ebbe l’insegnamento di anatomia descrittiva degli animali domestici, l’istituzione della quale fu perorata dal professor Savi, nel quadro di un riordino degli studi zooiatrici in Toscana.
Pervaso dalla fede liberale fin da giovanissimo, nel 1846 Studiati Berni fu fra i firmatari della protesta contro l’arrivo in Toscana delle suore del Sacro Cuore di Gesù. Legato da sincera amicizia a Giuseppe Giusti, fu propagandista ardito e ispirato, diffondendo a Lucca e Pisa opuscoli clandestini insieme a Rinaldo Ruschi e allo zio Ridolfo Castinelli. Partecipò attivamente alla fase risorgimentale e alla preparazione del Quarantotto, nel quale ebbe un ruolo importante. Nominato tenente di una delle compagnie della guardia universitaria istituita dal granduca Leopoldo II, fece parte del battaglione universitario di volontari pisani e senesi con il grado di capitano e nel campo di Curtatone allestì le trincee insieme allo zio Castinelli; durante una sortita fra Peschiera e Bozzolo nella notte del 28 maggio, catturato dagli austriaci insieme a Ruschi e a Francesco Michelazzi, fu condotto nella fortezza di Mantova. Grazie allo scambio di prigionieri negoziato da Ubaldino Peruzzi e all’intervento del professore Carlo Matteucci, non prese la via dello Spielberg e nel luglio del 1848 tornò a casa. Nei mesi trascorsi a fianco dei volontari e in prigionia, tenne un intenso carteggio con la madre e con Marco Tabarrini.
Tornato dal fronte non si separò più dall’Università, dedicandosi allo studio e alla sperimentazione, spaziando in differenti campi di ricerca, dall’anatomia alla paleontologia, dalla fisiologia alla chimica e all’igiene. Importanti e significativi furono i suoi contributi per l’agronomia, l’enologia e gli studi bacologici.
Nel 1850 uscì a Pisa la sua prima opera, Intorno ad alcuni argomenti di fisiologia generale, dedicata alla memoria del padre e del suo maestro Paolo Savi.
Nel 1852 fu confermato nel consiglio amministrativo della Cassa di risparmio di Pisa, della quale era già socio dal 1848.
L’anno successivo, divenuto socio corrispondente dell’Accademia dei Georgofili, lesse davanti all’adunanza la sua memoria, Sulla possibilità e convenienza di attuare la pescicoltura in Toscana (in Giornale agrario toscano, n.s., V (1855), pp. 21-45).
Dopo dieci anni trascorsi come dissettore nel gabinetto di anatomia, mancandogli una sufficiente gratificazione economica e una precisa direzione degli sbocchi dei suoi studi, nel 1853 chiese la cattedra di medicina pubblica, già ricoperta dal padre e vacante per la collocazione in disponibilità del titolare, il professore Carlo Arcangeli.
Nonostante questa richiesta, dettata dall’indeterminatezza in cui lavorava da molti anni, nel 1854 ottenne l’incarico di dissettore alla cattedra di anatomia umana e l’anno successivo gli fu assegnata la supplenza di fisiologia, divenuta poi incarico effettivo nel novembre del 1856. Dal mese di marzo dell’anno successivo ebbe anche la supplenza della cattedra di chimica, in luogo del professor Cesare Bertagnini.
Nominato membro della commissione giudicante dell’Esposizione agraria toscana del 1857, allestita nei palazzi reali delle Cascine a Firenze, strinse amicizia con il barone Bettino Ricasoli, presente nella sezione vini e spiriti. L’incontro fra lo scienziato e il proprietario terriero fu l’occasione per un lungo sodalizio scientifico-enologico con importanti implicazioni.
Il progetto di creare un buon vino che potesse competere con i vini presenti sui mercati esteri era un problema antico per il Granducato. Infatti in Toscana, sebbene fosse una regione votata alla viticoltura dal punto di vista sia climatico sia morfologico, si producevano vini scadenti e difficili da esitare sui mercati. La causa della qualità mediocre dei vini era da ricercare nei metodi di coltivazione della vite, di norma consociata alle colture arboree; nel sovrabbondante e disordinato numero di vitigni presenti sui poderi, quasi sempre scelti in base alla maggior produzione che potevano dare più che al valore enologico del vitigno. La precocità della vendemmia e le tecniche di vinificazione che ben poco avevano di razionale facevano il resto. Esistevano alcuni vini eccellenti, ma la loro produzione era scarsa come pure la loro commercializzazione.
Il barone Ricasoli aveva intrapreso già da tempo l’opera di valorizzazione delle sue terre nel Chianti attraverso la razionalizzazione della coltura della vite e la scelta dei vitigni, con l’intenzione di creare un buon vino comune da pasto che fosse commerciabile. Ricasoli aveva però bisogno della scienza chimica per scoprire i segreti che nascondeva la fermentazione e controllare e correggere i processi di vinificazione, effettuati ancora in modo tradizionale. Questa intuizione fu alla base di una lunga e proficua collaborazione fra Ricasoli, precursore dell’industria del vino, e Studiati Berni, l’uomo di scienza: una collaborazione in cui l’enologo pratico, razionale e innovatore, preparava il lavoro al chimico.
L’approccio di Studiati Berni fu quello di effettuare numerosi saggi acidimetrici sui vini e sulle uve, individuando gli acidi liberi presenti e suddividendo questi ultimi in due tipi, quelli già esistenti nelle uve e quelli nuovi, prodotti nel corso della fermentazione. Le alterazioni chimiche dovute all’invecchiamento furono studiate usando sia il metodo del chimico, sia quello del manifattore, con l’intento preciso di costruire un vino capace di sopportare l’invecchiamento e il trasporto e rimanere gradevole al palato. Resosi perfettamente conto che la chimica coeva non poteva far luce su molti di questi argomenti, continuò a studiare con ordine e perseveranza, mettendo a confronto i risultati delle ricerche, convinto che soltanto la stretta collaborazione fra «la classe dei mercanti e manipolatori abili e intelligenti di vini» (Sulla produzione ed il commercio di vini nelle province centrali d’Italia. Lettera al marchese Luigi Ridolfi, in Giornale agrario italiano, VII (1873), 2) e la scienza poteva dare risultati proficui e importanti per l’industria del vino.
Divenuto socio ordinario dell’Accademia dei Georgofili nel 1857, ebbe l’incarico di relazionare su due scritti del dottor Angelo Maestri, Frammenti anatomici fisiologici e patologici sul baco da seta (Pavia 1856) e Nuove osservazioni fatte nel decorso dell’allevamento dei bachi nel 1857 (Continuazione degli Atti della R. Accademia economico-agraria dei Georgofili di Firenze, n.s., 1858, vol. 5, pp. 145-161). Iniziò così, parallelamente alla docenza universitaria, la sua collaborazione con la prestigiosa accademia fiorentina, negli Atti della quale pubblicò un buon numero di memorie anche di argomento bacologico.
Nel 1858 divenne vicepresidente della Cassa di risparmio di Pisa, rivestendo la carica di presidente dall’anno successivo fino alla morte.
Nel novembre del 1859 fu nominato professore ordinario di fisiologia e direttore del gabinetto fisiologico di Pisa. Nel suo discorso inaugurale pronunciato in aula magna, palesò il suo indirizzo scientifico «fondato tutto sulla osservazione e sull’esperienza» (Dell’odierno carattere della fisiologia. Discorso inaugurale del Professor Cesare Studiati letto nell’aula magna dell’Università di Pisa nel dì 10 aprile 1859, Pisa 1859, p. 14), così come fu il suo insegnamento.
Lontano dalla politica coeva, non disdegnò l’elezione, nel 1859, all’Assemblea toscana, ma rifiutò la nomina a gonfaloniere di Pisa, propostagli da Bettino Ricasoli, scegliendo di dedicarsi interamente ai suoi studi.
Assestatosi definitivamente nella docenza universitaria, il 27 agosto del 1860 sposò Giuseppina Agostini della Seta, dalla quale ebbe tre figli: Teresa, Laura e Pietro; nello stesso anno fu nominato cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Negli anni Sessanta iniziò uno scambio epistolare con il direttore del Museo civico di storia naturale di Milano, il professor Emilio Cornalia, scienziato di spicco nel campo degli studi sulla pebrina e autore, insieme a Carlo Vittadini, della scoperta dei ‘corpuscoli oscillanti’, i microorganismi responsabili della terribile epizoozia che colpì gli allevamenti di baco da seta in Europa e in tutta la penisola. Grazie a questo contatto divenne socio effettivo della Società italiana di scienze naturali di Milano e lesse il rapporto di Louis Pasteur, ideatore del metodo cellulare, l’unico in grado di produrre seme bachi sano, tramite l’osservazione con il microscopio.
Una volta affermato il concetto che la pebrina poteva essere prevenuta, se non curata, per mezzo dell’osservazione microscopica delle uova, fu promotore, in collaborazione con la Camera di commercio di Pisa, della diffusione di tale pratica fra gli allevatori del comparto sericolo pisano. Il suo scopo, oltre quello scientifico, fu eminentemente pratico, finalizzato ad agevolare gli allevatori e trarne qualche deduzione «che potesse avere pratica utilità» (C. Studiati Berni, Intorno al significato pratico della presenza dei corpuscoli oscillanti nelle uova dei bachi da seta. Ricordi del Prof. C. Studiati, letti all’adunanza dell’8 marzo 1863, Firenze 1863).
Dedicò gli anni successivi all’insegnamento e all’attività sperimentale, continuando a pubblicare i risultati delle sue ricerche: nel 1877 uscì a Pisa uno studio Sulla attività o non attività della dilatazione dei vasi e sopra alcune questioni che hanno attinenza con quella e l’anno successivo pubblicò, sempre a Pisa, un’indagine Sul carattere fisiologico del tessuto adiposo e sulle sue relazioni con l’intero organismo; del 1881 fu la pubblicazione a Napoli di uno studio Sul fenomeno psicologico dell’attenzione.
Nel giugno del 1884 fu nuovamente eletto nel consiglio comunale cittadino. Attento anche al sociale, durante gli oltre trenta anni di presidenza della Cassa di risparmio di Pisa promosse la costituzione di una cassa per le pensioni degli operai, una pensione, cioè, mensile vitalizia, con l’aggiunta di una quota sussidiaria da assegnare agli operai depositanti. Nell’ottobre del 1893 ebbe la nomina a preside della facoltà di medicina e chirurgia e pubblicò a Torino uno studio sperimentale, Contributo per lo studio delle funzioni della pelle, condotto insieme al suo aiuto, il dottor Daddi. Nel maggio del 1894 ricevette la nomina a cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia.
Scienziato e studioso attento, cercò sempre di coniugare scienza e pratica a vantaggio della «materiale agiatezza dei popoli» (C. Studiati Berni, Sulla possibilità e convenienza di attuare la pescicoltura in Toscana, cit., p. 44), nella convinzione dell’assoluta necessità di legare inscindibilmente la scienza all’agricoltura e alla nascente industria. Ebbe ampi e numerosi scambi epistolari con le personalità scientifiche e politiche dell’epoca: Cosimo e Luigi Ridolfi, Carlo Bassi, Francesco Bonaini, Neri Corsini, Giovanni e Pietro Cuppari, Carlo Matteucci, Raffaele Lambruschini, Enrico Mayer, Silvestro Centofanti, Jacob Moleschott, Hugo Kronecker, Ubaldino Peruzzi, Giovan Pietro Vieusseux, Vincenzo Malenchini, oltre a numerosi istituti accademici scientifici italiani ed esteri.
Morì nella sua villa di Molina di Quosa, presso Pisa, il 20 novembre 1894; fu tumulato nel cimitero cittadino alle 6 del mattino, come da disposizioni testamentarie.
Fonti e Bibl.: L’archivio privato Studiati Berni è notificato presso la Sovrintendenza per i beni archivistici di Firenze; rimasto ininterrottamente presso la villa della famiglia a Molina di Quosa nel comune di San Giuliano Terme (Pisa) fino alla morte di Piero Studiati Berni nel 2014, attualmente è stato trasferito a Massaciuccoli, nel comune di Massarosa (Lucca), nella proprietà del figlio Cesare, e il riordino delle carte è tuttora in corso. Per la vita e l’opera di Cesare Studiati Berni si veda Archivio di Stato di Pisa, Comune, Divisione D, n. 625, c. 445; Archivio di Stato di Firenze, Ricasoli, Carteggio, 1-144; Milano, Museo civico di storia naturale, Fondo Emilio Cornalia, C. S. B. a Emilio Cornalia, b. 7, f. 16; Pisa, Regia Camera di commercio, Protocollo delle deliberazioni dal 1 gennaio 1863 al 3 ottobre 1866, vol. I.; Biblioteca universitaria, mss. 930.61, 942.100; Curtatone e Montanara, Pisa, numero unico, 1899, Giornali pisani, 152.1.
Alla memoria di C. S. Commemorazione letta dal Vice Presidente della Società della Cassa F. Buonamici, Cassa di risparmio di Pisa, Pisa 1895, pp. 13 ss.; N. Carranza, La Toscana negli anni 1848-1849 nella corrispondenza di Marco Tabarrini con C. S., in Bollettino storico pisano, XXXVI-XXXVIII (1967-1969), pp. 169-221; D. Barsanti, L’Università di Pisa dal 1800 al 1860. Il quadro politico e istituzionale, gli ordinamenti didattici, i rapporti con l’Ordine di S. Stefano, Pisa 1993; per la rilevanza sia dell’allevamento del baco da seta, sia della produzione serica nella penisola, C. Zanier, Alla ricerca del seme perduto. Sulla via della seta fra scienza e speculazione (1858-1862), Milano 1993, passim; per l’attività e gli incarichi di Pietro Studiati padre, M. Del Tacca, Storia della medicina nello Studio generale di Pisa dal XIV al XX secolo, Pisa 2000, pp. 125-201; Alla ricerca dell’arte di guarire. Storia della sanità a Pisa dal medioevo al 1861, a cura di A. Zampieri - L. Zampieri, I, Pisa 2007, pp. 190 ss.; Z. Ciuffoletti, Alla ricerca del vino perfetto. Il Chianti del barone di Broglio, Firenze 2009, pp. 57-74; G. Cosmancini, L’arte lunga. Storia della medicina dall’antichità a oggi, Bari 2009, pp. 293 ss.; G. Fornaciari - V. Giuffra, Manuale di storia della medicina, Pisa 2011, pp. 281-325.