MONTI, Cesarina (Rina)
, Cesarina Nacque il 16 agosto 1871 ad Arcisate, vicino a Como, da Francesco, magistrato, e da Luigia Mapelli.
Nel 1875, dopo la morte del padre, si trasferì con la famiglia a Monza, dove nel 1887 ottenne il diploma di licenza presso il liceo Alessandro Manzoni.
Il fratello, Achille, di otto anni maggiore, intraprese la carriera medica, diventando professore di anatomia patologica a Palermo e poi a Pavia. Al contrario di lui, battagliero e polemico, Monti fu una persona estremamente riservata, schiva da ogni espressione di emozione, pettegolezzo o mondanità. Non fu mai impegnata a favore del crescente movimento femminista e tuttavia, incoraggiata dal fratello, fu fin dall’inizio determinata a ottenere una cattedra in un mondo accademico ancora esclusivamente maschile.
Ottenuta il 1° luglio 1892 la laurea a pieni voti in scienze naturali all’Università di Pavia, rinunciò agli incarichi di insegnamento presso scuole secondarie per non interrompere le sue ricerche. Dapprima si dedicò alla mineralogia, diventando assistente di Francesco Sansoni e pubblicando alcuni lavori sul suo Giornale di mineralogia, cristallografia e petrografia (tra gli altri: Appunti petrografici sopra alcune rocce della provincia di Brescia, III [1892] pp. 262-266; Studi petrografici sopra alcune rocce della Valle Camonica, V [1894], pp. 44-71). Nel 1893 passò al gabinetto di anatomia comparata di Leopoldo Maggi, dove rimase fino al 1902, dopo aver ottenuto nel 1899 la libera docenza in anatomia e fisiologia comparata. Dal 1902 al 1905 sostituì il suo maestro nell’insegnamento e nella direzione del gabinetto.
A questo periodo risalgono alcune pubblicazioni sugli unicellulari (Sulle granulazioni del protoplasma di alcuni ciliati, in Bollettino scientifico, XVII [1895], pp. 16-24; Sulle culture delle amebe, ibid., pp. 24-26; I protisti delle risaie. Nota, in Rend. del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, 32 [1899], pp. 159-164). Ospite nel dicembre 1899 della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli, pubblicò i risultati di questi esperimenti in La rigenerazione nelle planarie marine (in Memorie del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, XIX [1900]), pp. 1- 16), citato lodevolmente da Hans Driesch e Hans L. Przibram.
Fin dal 1891 frequentava anche il rinomato laboratorio di neuroistologia di Camillo Golgi per apprendere le tecniche microscopiche allora all’avanguardia internazionale. Tra i numerosi allievi che vi lavoravano si trovavano anche suo fratello Achille e Giovanni Marenghi, a cui si legò sentimentalmente.
In laboratorio mostrò la sua abilità tecnica rivelando che nei muscoli degli insetti i nervi terminano al di là della placca (Ricerche microscopiche sul sistema nervoso degli insetti, in Rendiconti R. Istituto lombardo di scienze e lettere, s. 2, XXV [1892], pp. 533-540; Ricerche microscopiche sul sistema nervoso degli insetti, in Bollettino scientifico, XV [1893], pp. 105-122 e XVI [1894], pp. 6-17). Elogiata da Gustaf Retzius, Santiago Ramón y Cajal e altre autorità nel campo, estendeva il campo delle sue ricerche, scrivendo, tra l’altro, Sul sistema nervoso dei dendroceli d’acqua dolce (ibid., XVIII [1896], pp. 46-57), fornendo una Contribuzione alla conoscenza dei plessi nervosi nel tubo digerente di alcuni sauri (ibid., XIX [1897], pp. 99-106) e, occupandosi di un campo ancora del tutto sconosciuto, un’indagine Su la fina distribuzione e le terminazioni dei nervi nella milza degli uccelli (ibid., XX [1898], pp. 114-117).
La sua produzione neuroistologica culminò nella monografia Ricerche anatomocomparative sulla minuta innervazione degli organi trofici nei cranioti inferiori (Torino 1898), alla quale fu riconosciuto il premio Cagnola del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere di Milano. Nel 1899 fu nominata membro corrispondente di quell’istituto, come pure, l’anno successivo, della Anatomische Gesellschaft e della Association des Anatomistes, le società internazionali più prestigiose nel campo dell’anatomia e dell’anatomia comparata.
Il rapporto con Golgi e il suo laboratorio si interruppe bruscamente quando Marenghi decise di rompere il fidanzamento per sposare la nipote del suo maestro. Rina tacque e si ritirò, mentre suo fratello ebbe con Golgi un aspro dissidio che li rese antagonisti per il resto della vita. Seguì un periodo di cambiamenti. Nel 1903 sposò il geologo Augusto Stella, professore presso i politecnici di Torino e Roma. Dalla loro unione nacquero due figlie, delle quali Emilia seguì le sue orme.
I suoi interessi scientifici si spostarono inizialmente sui fenomeni dell’ibernazione e del letargo, studiati insieme al fratello (per esempio Studi sul letargo, in Archivio di fisiologia, II [1905], pp. 633-637). Ben presto però si volsero al campo dell’idrobiologia, indirizzatavi dal suo maestro, lo zoologo Pietro Pavesi, il quale aveva fornito per primo in Italia un approccio sistematico e analitico a questo tipo di studio; entro pochi anni Monti ne divenne un’esperta di fama internazionale, specializzandosi sui laghi ad alta quota, in particolare sui laghi ossolani e valdostani (Le condizioni fisico-biologiche dei laghi ossolani e valdostani in rapporto alla piscicoltura. Memoria letta al R. Istituto lombardo di scienze e lettere il 6 novembre 1903, Pavia 1903), su quelli tra le valli Vigezzo e Onsernone (Physiobiologische Beobachtungen an den Alpenseen zwischen dem Vigezzound dem Onsernonetal, in Forschungsberichte aus der biologischen Station zu Plön, XII (1905), pp. 63-89) e sul lago del massiccio del Ruitor (Recherches sur quelques lacs du Massif du Ruitor, in Annales de Biologie lacustre, I (1906) pp. 120-167).
Poiché questi laghi si sono formati meno di 10.000 anni fa con il ritiro dei ghiacciai, Monti si pose il problema dell’origine delle loro comunità biologiche, dagli organismi maggiori a quelli più piccoli, poi noti con il termine collettivo plancton. Sviluppò una teoria che distinse tra la colonizzazione attiva, che avviene lungo gli emissari, e quella passiva, per trasporto di altri animali (uccelli, mammiferi o insetti volatori), oppure di agenti atmosferici (precipitazioni o venti).
Monti compilò esaustivi inventari della composizione biologica dei laghi, descrisse alcune specie nuove, tra cui due acari d’acqua dolce (Über eine neue Lebertia-Art, in Zoologischer Anzeiger, XXVI [1903], pp. 688-693; con Ferdinand Koenike, Über eine neue Sperchon-Art, ibid., XXXV [1909], pp. 688-693) ma analizzò anche le qualità fisico-chimiche dell’acqua, la pressione osmotica all’interno degli organismi (La variabilità della pressione osmotica nelle diverse specie animali, in Atti della Società italiana di scienze naturali, LIII [1914], pp. 391- 448) e l’interazione tra i vari fattori ambientali. Di particolare interesse sono i suoi studi sul rapporto tra le caratteristiche geografiche e geologiche degli spartiacque (Limnologische Untersuchungen über einige italienische Alpenseen, in Forschungsberichte aus der biologischen Station zu Plön, XI [1904], pp. 252-275) e lo sviluppo quantitativo e i movimenti migratori di date popolazioni (Un nuovo modi di migrazione del plancton fin qui sconosciuto, in Rendiconti R. Istituto lombardo di scienze e lettere, XXXVIII [1905], pp. 122-132).
Tenne stretti rapporti con colleghi e istituzioni nazionali e internazionali, specialmente con Otto Zacharias e Friedrich Zschokke, ma altresì con il Club alpino italiano e molte associazioni naturalistiche locali. Nei primi decenni del Novecento le infrastrutture turistiche erano ancora poco sviluppate e le attrezzature scientifiche per l’idrobiologia poco sofisticate. Ciò nonostante Monti si lanciò in imprese alpinistiche impegnative: si accampava sulle rive dei laghi, percorreva le acque con una barca smontabile, la Pavesia, appositamente ideata e costruita per lei, e immergeva nelle acque reti di propria invenzione. Poi scendeva a valle con lo zaino stracolmo di bottigliette per analizzare i campioni nel suo laboratorio, un’attività nella quale poteva far valere la sua ampia formazione mineralogica, zoologica, sistematica, comparativa, microbiologica, anatomica, fisiologica e chimica.
Nel 1905 venne incaricata dell’insegnamento di zoologia e anatomia comparata presso l’Università di Siena. Due anni dopo fu chiamata come professore straordinario di zoologia e anatomia comparata all’Università di Sassari, prima donna nel Regno d’Italia a ricevere una cattedra universitaria ufficiale, e nel 1910 promossa all’ordinariato.
A Sassari, lontana dai laghi alpini, riprese alcuni temi tipicamente pavesi, mostrando tuttavia la sua autonomia intellettuale dalle interpretazioni che dominarono la scuola di Golgi. Indagò sulla struttura interna delle cellule nervose, in particolare sui mitocondri e sull’apparato di Golgi (Apparato reticolare interno di Golgi nelle cellule nervose dei crostacei, in Rend. R. Accademia dei Lincei, XXII [1914], pp. 172- 177; I condriosomi e gli apparati di Golgi nelle cellule nervose, in Archivio italiano di anatomia ed embriologia, XIV [1914], pp. 1-45; Intorno alle formazioni endocellulari del connettivo dei crostacei, in Rend. R. Istituto lombardo di scienze e lettere, LI [(1918], pp. 193-208).
Nel 1915 si trasferì a Pavia sulla cattedra di zoologia, coprendo poi anche quella di anatomia comparata. Furono anni segnati dalla guerra e dalla quasi impossibilità di trovare mezzi per la ricerca. Nel 1924 fu comandata a sistemare la sezione naturalistica per la nuova Università di Milano, che aprì l’anno dopo. Rimase nel capoluogo lombardo coprendo la cattedra di anatomia e fisiologia comparata della facoltà di scienze, tenendo corsi di biologia generale e insegnando zoologia e anatomia comparata agli studenti della facoltà medica.
A Pavia e a Milano proseguì le sue indagini limnologiche, che a questo punto avevano dato vita ad una vera e propria scuola. Tra le due guerre fu al centro di quasi tutti i progetti limnologici italiani, estesi anche ai laghi delle colonie, come il lago Tanganica e alcuni laghi albanesi. Riuscì a suscitare in molti dei suoi allievi l’entusiasmo per l’idrobiologia, organizzando gruppi di specialisti che si recavano regolarmente ai laghi subalpini per raccogliere e analizzare i campioni durante vari periodi dell’anno, nonché di indagare sulle probabilità di istaurarvi una piscicoltura.
I risultati più importanti furono raccolti nella monografia sul lago di Como (La limnologia del Lario in relazione al ripopolamento delle acque e alla pesca, studi fatti sotto la direzione di Rina M., Roma 1925) – compilata su ordine del Ministero dell’economia nazionale e frutto di cinque anni di intensa attività da parte sua e dei suoi collaboratori, fra i quali molte donne – e nel primo lavoro sinottico sui laghi subalpini (Limnologia comparata dei laghi insubrici in Verhandlungen der Internationalen Vereinigung für Limnologie, IV [1929], pp. 462- 497). Nel 1930, l’estinzione della vita nel lago d’Orta a causa dell’inquinamento da scarichi industriali attirò l’attenzione generale sulla rilevanza dell’indirizzo ecologico dei suoi studi.
Monti dedicò gli ultimi anni, avvalendosi della collaborazione di sua figlia, ai laghi trentini, nella fattispecie al lago del Molveno (1934), e a uno studio genetico sui cladoceri (1936). Nel 1936, su disposizione del Ministero, venne collocata a riposo.
Morì il 25 gennaio 1937.
Definitivo riconoscimento dei suoi lavori pionieristici fu, nel 1938, l’apertura dell’Istituto di idrobiologia italiano di Pallanza, sulle rive del Lago Maggiore. Per almeno mezzo secolo l’istituto, fondato da Rosa De Marchi Curioni nella villa e in memoria di suo marito Marco De Marchi, collaboratore di Monti, lavorò esplicitamente nello spirito della scienziata ed ebbe come primi direttori tre suoi allievi: Edgardo Baldi (dal 1938 al 1951), Vittorio Tonolli (dal 1951 al 1967) e Livia Pirocchi Tonolli (dal 1967 al 1985).
Fonti e Bibl.: Le fonti primarie su Rina Monti Stella sono molto scarse. Alcuni documenti, prevalentemente amministrativi, si trovano presso il Museo di storia naturale di Pavia (fascicolo delle carte di Rina Monti) e alcune lettere sono conservate nell’Archivio storico dell’Osservatorio astronomico di Brera a Milano (Corrispondenza scientifica) e nell’Archivio storico dell’Università di Milano (Archivio proprio, Ufficio personale, f. personale cessato, f. Rina Monti). Su di lei si vedano: E. Baldi, Rina M., in Studi trentini di scienze naturali, LXXXIV (1937), pp. 85-91; L. Pirocchi, In memoriam Rina M., in Atti della Società italiana di scienze naturali, LXXVI (1937), pp. 55-69; B. Schreiber, Rina M. Stella, in Italian Journal of Zoology, VIII (1937), pp. 77-78; M. Vialli, Rina M., 1871-1937, in Anatomischer Anzeiger, LXXXIV (1937), pp. 399-409; E. Baldi, Rina M., in Rivista di biologia, XXV (1938), pp. 347-361; S. Ranzi, Ricordo di Rina M. Stella nel cinquantenario della sua scomparsa, in Istituto lombardo di scienze e lettere. Rendiconti, CXXI (1987), pp. 173-182; A. Dröscher, Rina M. Stella: a ‘Signora’ between tradition and innovation, in More than pupils. Italian women in science at the turn of the 20th century, a cura di V. Babini - R. Simili, Firenze 2007, pp. 125-148; E. Canadelli, Zoologia e piscicoltura. L’Acquario civico e la stazione di biologia e idrobiologia applicata, in Milano scientifica, 1875-1924, I, La rete del grande politecnico, a cura di E. Canadelli, Milano 2008, pp. 139-160.