BASSO, Cesio (Caesius Bassus)
Poeta lirico romano, che dové essere di notevole valore, almeno per testimonianza di Quintiliano (Inst. orai., X, 1, 96), il quale, dopo aver detto che tra i lirici romani solo Orazio merita di esser letto, consiglia, se poi se ne voglia leggere un secondo, Basso. Fu amico di Persio e, secondo c'informa la vita di questo (c. 8), dopo la morte di lui, suo editore. Il prenome suo fu Gaio, se a lui si riferisce l'iscrizione dell'età di Tiberio trovata presso Anticoli Corrado (Corpus Inscr. Latin., XIV, 3471). Sarebbe morto, secondo una voce raccolta in uno scolio alla 6a satira di Persio, a lui indirizzata, nell'eruzione del Vesuvio del 79.
Poiché sappiamo di un Basso che scrisse di metrica a Nerone (v. il Commentario di Rufino di Antiochia nei Grammatici Latini del Keil, VI, p. 555) e ricorrono nei grammatici citazioni che si riferiscono a materia metrica sotto i nomi di Cesio e di Cesio Basso, è probabile che lo scrittore di lirica e quello di metrica siano il medesimo. Comunque, al Cesio Basso scrittore di metrica si fa risalire oggi, se non come suo scritto, almeno come dottrina, un frammento De metris mutilo in principio e nei codici confuso con l'Ars di un altro grammatico, Atilio Fortunaziano. In questo mutilo trattato l'origine dei varî metri è spiegata con semplicismo mediante una derivazione dall'eroico (esametro dattilico) e dal giambo (trimetro giambico). La teoria si trova enunciata prima di Cesio da Varrone e dopo di Cesio da Terenziano Mauro, da Aftonio, da Diomede.
Nei Fragmenta Poetarum Romanorum del Baehrens (Lipsia 1886) e in quelli più recenti del Morel (Lipsia 1927) si trovano raccolti insieme sotto il nome di Cesio Basso un frammento di lui, che da Prisciano (Grammatici Latini, ed. Keil, II, p. 527) è dato come desunto dal libro II lyricorum (delle liriche? della trattazione dei versi lirici?) e versi anonimi foggiati a mo' d'esempio nel citato De metris. Questo è pubblicato nel 6° volume della collezione dei Grammatici del Keil (pp. 255-272), nel quale è anche un trattatello De metris Horatii, che non sembra invece di C. B. (pp. 305-312). Andato perduto il Codice Bobbiense scoperto dal Merula nel 1493, il codice più importante del De metris è il codice napoletano IV, A, 11, copiato da quello (secoli XV-XVI).