ZANAZZIO, Cesira
ZANAZZIO (Zanazio), Cesira (in arte Cesira Ferrani). – Nacque a Torino (così risulta dall’atto di morte; Pollone, Registro dei decessi, Parte I, n. 6, anno 1943, sub data 4 maggio 1943) l’8 maggio 1863, figlia dell’avvocato Giovanni, di Gattinara, baritono dilettante, e di Agata Ferraria, di Camburzano presso Biella. Ebbe una sorella, Lidia (1872-1953), valente pianista, che le fu profondamente legata per tutta la vita (fu affettuosamente chiamata «la Ferrani che non si vede»; Negro, 1943, p. 28).
Iniziò gli studi musicali in famiglia, seguita dallo zio Luigi Ernesto Ferraria, pianista e compositore, insegnante di Lidia. A Torino studiò canto dapprima con Vittorio Oreste Pasquarelli, direttore del coro del teatro Regio, indi con Antonietta Fricci (Frietsche).
Con il cognome Zanazzio, nel maggio del 1886 si presentò in concerto al teatro Alfieri di Torino (Gazzetta musicale di Milano, XLI (1886), p. 172) e in settembre in un concerto di beneficenza a Camburzano. Nell’Annuario teatrale italiano per l’anno 1887 è elencata come Zanazio (p. 520), ma al debutto teatrale, nel febbraio del 1887 al Regio di Torino (Micaela nella Carmen di Georges Bizet), comparve con il doppio cognome Ferrani-Zanazio (Gazzetta musicale di Milano, XLII (1887), p. 86: «La voce di questa nuova artista è fine, pieghevole, resistente; aggraziata la personcina, perfetto il metodo di canto»); dopo d’allora, mantenne sempre il nome d’arte. In primavera fu Gilda nel Rigoletto di Giuseppe Verdi (al Carignano di Torino e ad Alessandria) ed Eudossia nell’Ebrea di Fromental Halévy al Comunale di Bologna. In seguito a un’audizione con Giulio Ricordi, le venne affidata la parte di Elsa nel Lohengrin di Richard Wagner, che impersonò al Comunale di Ferrara (Carnevale 1889), a Udine (gennaio 1890, cfr. Lo staffile, XI (1900), 1-2, p. 4), a Trento e a Brescia (giugno e agosto 1891).
Il 24 gennaio 1891 aveva riscosso un buon successo di pubblico e critica nell’Otello di Verdi al Carlo Felice di Genova: «Cesira Ferrani, una gentile figurina dalla voce fluente, bene modulata, fu una Desdemona soave [...] è giovanissima, certo, ma le è riservato certamente un brillante avvenire artistico» (così Il Caffaro, cit. in Frassoni, 1980, p. 399). Sempre nell’Otello calcò le scene del Comunale di Trieste in primavera. Nel 1892 fece ritorno al Carlo Felice di Genova per una stagione di Carnevale diretta da Arturo Toscanini: fu dapprima Amelia nel Simon Boccanegra il 9 gennaio 1892, indi affrontò il suo primo personaggio verista, Suzel nell’Amico Fritz di Pietro Mascagni, e concluse il 18 febbraio con Loreley di Alfredo Catalani. Fu poi al Bellini di Catania (Mefistofele di Arrigo Boito, L’amico Fritz), all’Alighieri di Ravenna (Otello), prima di prendersi una pausa di alcuni mesi nella sua villa di Camburzano.
Qui le giunse una lettera di Giacomo Puccini: «Sono molto contento che Ella abbia preso quest’ultima determinazione, così si potrà riposare e prepararsi per la battaglia mia tremenda!... Sarà una Manon ideale per figura, per talento e per voce» (Puccini, 2015-2018, I, p. 200). Inaugurata la stagione del Regio di Torino il 26 dicembre 1892 come Eva nei Maestri cantori di Wagner, il 1° febbraio 1893 fu l’eroina eponima nella prima della Manon Lescaut, al fianco di Giuseppe Cremonini (Des Grieux), Achille Moro (Lescaut) e Alessandro Polonini (Geronte), direttore Alessandro Pomè. Il trionfo nel capolavoro pucciniano, di cui fu poi eccellente interprete per tutta la sua carriera sia in Italia sia all’estero, la consacrò definitivamente agli occhi della critica: «Auguriamo a tutti i compositori la fortuna di un’interprete quale fu la signorina Cesira Ferrani per la Manon di Puccini. La Ferrani non eseguì, creò la parte di Manon; la creò con la sua intelligenza, con il suo cuore: la visse. Certo essa fu una preziosa collaboratrice del Puccini: fu grande attrice e grande cantante» (Cosmorama, LVIII (1893), 6, p. 6). Dopo aver preso parte alla Basoche di André Messager (Lisetta), a maggio del 1893 partì per la prima tournée in Sudamerica: si produsse al teatro de la Ópera di Buenos Aires nel Lohengrin, nel Mefistofele e nella prima locale di Manon Lescaut; le stesse opere ripeté nel teatro São José di San Paolo del Brasile, aggiungendoci il Falstaff di Verdi (Nannetta). Rientrata in Italia, fu ancora Manon al Costanzi di Roma e al Carlo Felice di Genova (26 dicembre 1893; il 14 febbraio 1894 fu anche la prima Theòra nell’opera omonima di Ettore Edoardo Trucco).
A metà marzo del 1894 calcò il palcoscenico della Scala di Milano nella prima di Fior d’Alpe di Alberto Franchetti (Maria) e in maggio fu diretta da Toscanini nel Re di Lahore di Jules Massenet al teatro Alighieri di Ravenna. Nel 1895 fu dapprima all’Opéra di Monte Carlo (L’amico Fritz), indi a Mosca e in aprile a Varsavia per Manon Lescaut; a novembre fu scritturata dal Comunale di Bologna ancora per Manon Lescaut e per la prima assoluta di Consuelo di Giacomo Orefice, direttore Leopoldo Mugnone. Inaugurata la stagione di Carnevale 1896 al Regio di Torino con il Falstaff diretto da Toscanini, il 1° febbraio diede voce a Mimì nella prima assoluta della Bohème di Puccini. Divenne presto un suo cavallo di battaglia: nel solo triennio 1896-98 cantò La bohème al Sociale di Trento, al Grande di Brescia, a Varese e al Politeama Genovese, che diede ventitré recite dell’opera. Scritturata dal São Carlos di Lisbona per la stagione 1896-97, cantò Mefistofele, Pagliacci di Ruggero Leoncavallo (Nedda) e La bohème; proseguì poi il tour in Argentina, a Buenos Aires, dove si produsse ancora nella nuova opera pucciniana (maggio 1897) e nella prima locale del Werther di Massenet, e in Uruguay (teatro Solís di Montevideo, agosto-settembre 1897; cfr. Cosmorama, LXII (1897), 30, pp. 2 s.). Rientrata in Italia, nel novembre del 1897 fu al Dal Verme di Milano (Manon Lescaut) e di nuovo al Regio di Torino per il Carnevale 1898, in Ero e Leandro di Luigi Mancinelli e La bohème. All’Alfieri di Asti e di nuovo al Politeama Genovese ricantò ambo gli spartiti pucciniani.
Per l’autunno 1898 la cantante rifiutò nuove scritture e si ritirò in riposo a Camburzano, in attesa di partire per una tournée egiziana: nel dicembre-gennaio 1898-99 si produsse al teatro chediviale del Cairo (La bohème) e al Zizinia di Alessandria (La bohème, L’amico Fritz). In primavera cantò nel Mefistofele alla Fenice di Venezia e fu poi chiamata a partecipare ai festeggiamenti della prima esposizione voltiana, organizzata a Como per i cent’anni dall’invenzione della pila: al Sociale fu dato l’Otello di Verdi, direttore Edoardo Vitale («Per l’Esposizione Volta», L’Indipendente, 12 maggio 1899, p. 1). Per la stagione lirica 1899-1900 venne richiesta nuovamente a Lisbona (São Carlos, dicembre), dove non solo cantò in alcune opere predilette (La bohème, Werther, Manon Lescaut, Lohengrin, Pagliacci), ma affrontò anche il ruolo eponimo della Serrana di Alfredo Keil. Sempre a Lisbona, il 30 marzo, tenne un concerto nella sala della Sociedade de Geografia, accompagnata al pianoforte dalla sorella Lidia. Dopo aver calcato le scene del San Fernando a Siviglia nell’aprile del 1900, nel 1901 fu di nuovo protagonista nella première genovese (Carlo Felice) delle Maschere di Pietro Mascagni e in Manon Lescaut, mentre il 25 novembre dello stesso anno creò la parte di Flora nella prima dello Chopin di Orefice al Lirico di Milano, direttore Rodolfo Ferrari.
Nel 1902 fu dapprima a Trieste, dove cantò nel Lohengrin e nell’Erodiade di Massenet (Salomè), indi al Massimo di Palermo per sei recite della Manon di Massenet, con Giuseppe Anselmi (Des Grieux), Giuseppe De Luca (Lescaut) e Mugnone direttore; fu poi ancora Mimì in ottobre al Dal Verme di Milano e in dicembre al Liceu di Barcellona. Nella primavera del 1903 cantò «con rara abilità» Adriana Lecouvreur alla Pergola di Firenze, mettendo «in evidenza finezze di interpretazione e squisitezza di gusto» (Gazzetta dei teatri; cit. in De Angelis, 2010, p. 418), titolo che replicò anche al Comunale di Bologna, sempre con la bacchetta di Tullio Serafin. Il 17 novembre fu nuovamente al Lirico di Milano per la prima esecuzione di Storia d’amore di Spiro Samara (Spyridon Samaras) e a dicembre partì per il Portogallo, scritturata dal São João di Porto (La bohème).
Sempre nel 1903 realizzò a Milano alcune incisioni per la Gramophone & Typewriter Company: si trattò in primis di arie tratte dalla Bohème e da Manon Lescaut, ma anche da Lohengrin, Erodiade, Mefistofele e dal Faust di Charles Gounod, che non le rendono giustizia sotto il profilo vocale né interpretativo. Negli ultimi anni di carriera le apparizioni in scena si diradarono: nel gennaio del 1905 fu di nuovo a Porto, sempre nella Bohème, e al Politeama Rossetti di Trieste (La Navarrese di Massenet), mentre il 2 aprile 1908 fu l’eroina eponima nella prima italiana di Pelleas e Melisanda di Debussy alla Scala di Milano, direttore Toscanini, dove si fece ammirare «per la dizione chiara e corretta e per la bellissima azione scenica» (Ars et Labor, LXIII (1908), 2, p. 832). Con la stessa opera diede un precoce addio alle scene il 28 marzo 1909 al Costanzi di Roma, decisione sopraggiunta fors’anche in seguito alla dolorosa scomparsa della madre.
Morì a Pollone, nel biellese, il 4 maggio 1943. Sempre in compagnia della sorella Lidia, si era ritirata dapprima a Torino, poi a Santa Margherita Ligure, infine a Camburzano e appunto nella vicina Pollone. Legate affettivamente e artisticamente, le due sorelle riposano nel cimitero di Camburzano.
Dotata di una voce soave, duttile, ben impostata, nonostante il volume limitato seppe dar vita a una Manon «dalla dizione briosa, dal fraseggio miniato, dai chiaroscuri preziosi» (Celletti, 1964) e a una Mimì perfetta, per vocalità e interpretazione. Lo stesso Puccini la dichiarò «insuperabile interprete del mio lavoro» e si augurò affettuosamente di poter «avere sempre un’anima come la sua ad interprete delle mie povere note!» (Puccini, 2015-2018, I, p. 243). Donna di cultura, cantante affascinante e di bell’aspetto, fu particolarmente apprezzata per la correttezza esecutiva, l’espressività e il talento interpretativo, grazie al quale poté immedesimarsi nei personaggi di giovani donne sensuali eppur fragili, restituendoli con appassionata eleganza e raffinato gusto scenico e musicale.
Fonti e Bibl.: F. Benevides, O Real Theatro de São Carlos de Lisboa. Memorias 1883-1902, Lisboa 1902, pp. 114 s., 142; P. Negro, Ricordo di Cesira Ferrani prima “Mimì”, in Illustrazione biellese, XIII (1943), 5-6, pp. 28 s.; R. Celletti, Le grandi voci, Roma 1964, p. 273; G. Berutto, I cantanti piemontesi dagli albori del melodramma ai nostri giorni, Torino 1972, pp. 120, 122; A. Basso, Storia del Teatro Regio. Il teatro della città dal 1788 al 1936, Torino 1976, pp. 448 s., 483; M. Scott, The record of singing, I, London 1977, pp. 149-151; E. Frassoni, Due secoli di lirica a Genova, I, Genova 1980, pp. 399, 403 s., 439; M. Moreau, Cantores de ópera portugueses, II, Lisboa 1987, pp. 89, 205, 247, 251, 256, 539, 564; M. De Angelis, Il melodramma e la città. Opera lirica a Firenze dall’Unità d’Italia alla Prima guerra mondiale, Firenze 2010, pp. 190, 418; G. Puccini, Epistolario, a cura di G. Biagi Ravenni - D. Schickling, I-II, Firenze 2015-2018, ad ind.; A. Galazzo, Luigi Ernesto Ferraria e Cesira Ferrani, zio e nipote, Biella 2018.
Si ringrazia Aldo Salvagno per aver fornito numerose informazioni.