CHAMPAGNE (A. T., 32-33-34)
Regione della Francia nord-orientale. Se i limiti storici della Champagne sono variati nel corso dei secoli (v. oltre) la denominazione si riferisce ad una regione che geograficamente possiede un'individualità propria.
La Champagne è formata da strati dell'era secondaria: creta del Cretacico superiore, arenarie argillose, argille e sabbie del Cretacico inferiore; questi strati disposti all'ingrosso in anelli concentrici intorno al Bacino di Parigi, sono inclinati verso il centro della conca occupata dalla città. Il suolo si rialza progressivamente da 100 m. al piede dell'orlo terziario occidentale, a più di 200 m. nelle Argonne. L'erosione vi ha modellato una doppia linea di "coste" (côtes), il cui margine ripido è rivolto verso oriente. La più occidentale, impropriamente chiamata falaise dell'Isola di Francia, è formata dagli strati terziarì che sormontano la creta; l'altra è la "costa" della creta bianca (Monti di Champagne) che sovrasta le argille e le sabbie del Cretacico inferiore. L'inclinazione degli strati e l'esistenza della depressione parigina, hanno determinato la costituzione di una rete idrografica convergente, i cui rami attraversano le "coste" con anguste gole. Gli aspetti della regione possono ricondursi a due tipi principali. Fra le due "coste" si sviluppa, su 60 km. di larghezza, la Champagne arida (Champagne pouilleuse), formata da creta bianca. Questa roccia, permeabile, molto fessurata, assorbe l'acqua che riapparisce soltanto nel fondo delle valli, in sorgenti o sommes. La creta, affiorando dovunque senza ricoprimenti di limo, in quest'immensa pianura largamente ondulata, arida, disboscata e monotona, offre un suolo molto povero.
Una vegetazione forestale pare che non sia mai esistita dopo la comparsa degli uomini; vi sono invece diffusi i savarts, una specie di steppa formata da ciuffi d'erba corti e da cespugli di corniolo e di olmi bassi e contorti. La vite si è rifugiata nelle valli, poco numerose ma molto larghe, le quali vanno approfondendosi via via che si procede verso oriente. La coltre terziaria spicca sulla nudità della Champagne, con i suoi orti, le sue vigne, i suoi villaggi a mezza costa. Due regioni ricche di vegetazione arborea fiancheggiano questa Champagne arida: la regione di Othe a mezzogiorno, la Thiérache a nord, tutte due rivestite di placche terziarie, l'una coperta di foreste sulle alture con orti nelle vallate, l'altra tutta praterie, frammezzate da boschi. Ai piedi della "costa" di creta, si estende la Champagne umida, dovuta all'erosione che, asportando la creta stessa, ha messo a nudo gli strati argillo-sabbiosi del Cretacico inferiore. Questo paese verdeggiante offre ovunque stagni, boschi, sorgenti, e tutto un reticolo di piccole valli a fondo piatto e dai versanti dolci. A nord tuttavia l'aspetto cambia per l'apparire del Cretacico inferiore, formato da un'arenaria argillosa, detta gaize. È, questo, il massiccio boscoso delle Argonne.
Dal punto di vista climatico la Champagne forma una zona di transizione fra la regione parigina e la Francia orientale. L'accentuazione del carattere continentale appare nell'abbassamento delle temperature medie man mano che si procede verso est (Épernay, 10°; Bar-le-Duc, 9°,6), dall'aumento del numero dei giorni di gelo e di quelli della neve. La Champagne pouilleuse è una depressione relativamente poco piovosa (600 mm.), soprattutto in relazione ai paesi più elevati che la circondano (Altopiano della Brie, 650-700 mm., Argonne, 700 mm., Paese di Othe, 750 mm.; "coste" della Champagne che dominano la Champagne umida, 650-700 mm.).
La vita agricola è poco fiorente nella Champagne pouilleuse. I suoi savarts, dove un tempo pascolavano le pecore, sono stati in parte rimboschiti con pini, che forniscono delle impalcature per le miniere e il legname da forno. L'allevamento è tuttavia ancora importante: 123.470 ovini nel 1924, nel dipartimento della Marna. Sobrio, rustico, pregiato per la sua lana, il montone della Champagne è allevato oggi soprattutto per la sua carne, che si vende facilmente a Reims, a Parigi e nelle grandi città del nord della Francia. L'uso dei concimi chimici ha portato una certa estensione dei cereali (per lo stesso anno nello stesso dipartimento 1.182.700 ql. di grano; 943.800 ql. di avena). La costa terziaria è la zona delle vigne che nel 1924 ricoprivano 7780 ettari.
L'allevamento degli ovini ha fatto sorgere nel Medioevo l'industria della lana, localizzata oggi a Reims e a Troyes. La prima è specializzata nella fabbricazione dei tessuti, che dà lavoro a 14.000 operai (5 volte di più che nell'industria del vino); Troyes è specializzata invece nelle maglierie. La Champagne umida ha colture più varie, prati sul fondo valle, campi sulle pendici, orti sulle coste bene esposte. Il minerale di ferro disseminato nelle sabbie vi aveva fatto sorgere un tempo un'industria metallurgica che utilizzava per i forni di fusione il legname dei vicini boschi. Le Argonne sono coperte di foreste appena intaccate dal dissodamento. La sua popolazione di boscaioli emigra d'estate nella Champagne arida per la fienagione, la mietitura e la vendemmia.
La popolazione è ripartita inegualmente, più densa nella Champagne umida (50 ab. per kmq. in media) che nella Champagne arida (meno di 15). Le densità più elevate si trovano nella regione di Reims e di Épernay (da 72 a 150). Le abitazioni, molto sparse nella Champagne umida, nei paesi selvosi della Thiérache e nella foresta di Othe, sono assai aggruppate nella Champagne pouilleuse, formando villaggi annidati nelle pieghe del terreno; nelle vallate ogni somme ha determinato la formazione di un'agglomerazione alla quale essa ha dato il nome (Somme-Suippes, Somme-Tourbe).
Le città si allineano, sia lungo le valli nella pianura - come Sens, antico centro di traffico (15.310 a.), Troyes (55.215 a.), la città del panno, una delle più importanti del Medioevo e le cui fiere furono celebri; Arcis-sur-Aube, Châlons-sur-Marne (31.200 a.) - sia ai piedi della cornice terziaria, come Montereau, Provins, Sézanne, Vertus, Avise, Ay, Épernay e soprattutto Reims (77.100).
I vini. - Il diritto di portare il nome di Champagne è stato accordato dalla legislazione francese (prima dal decreto 17 dicembre 1908, poi da successive disposizioni) ai vini spumanti prodotti da tutti i comuni viticoli dell'antica provincia di Champagne (compresi nei dipartimenti della Marne, dell'Aisne, dell'Aube, e in minima parte della Seine-et-Marne). Alcuni altri comuni di detti dipartimenti e di quello della Haute-Marne, costituiscono la Champagne deuxième zone. La parola Champagne serve anche a indicare alcune zone di produzione del Cognac. Il benedettino Dom Pierre Pérignon (morto nel 1715), cellerario dell'abbazia di Hautvillers, il quale scrisse anche di viticultura e di enologia, per primo trasformò i vini della regione nei vini spumanti universalmente noti.
I migliori vini di Champagne si ottengono in due regioni: 1. la regione di Reims (divisa in alta montagna di Reims e bassa montagna di Reims); 2. la regione di Épernay (divisa in Côte de Marne, Côte d'Épernay e Côte d'Avize). Nell'alta montagna di Reims si hanno terreni argillo-calcarei, con sottosuolo cretoso; se ne ottengono vini di notevole acidità e vinosità. Dalla bassa montagna di Reims s'ottengono vini leggieri, freschi, che favoriscono la buona conservazione dei vini spumanti. Dai vigneti della Côte de Marne s'ottengono vini più alcoolici, meno acidi, di profumo più delicato dei precedenti. Dai vigneti della Côte d'Épernay s'ottengono vini alcoolici, talora un po' molli, più pronti al consumo. Dalla Côte d'Avize s'ottengono vini di grande finezza e di grande profumo.
Il clima della Champagne è favorevole alla coltura della vite, nonostante la latitudine nordica, perché durante l'estate si ha una temperatura abbastanza elevata (media 18°,1). Inoltre i sistemi di allevamento adottati, tutti a ceppo molto basso, permettono ai grappoli di godere anche del calore riflesso dal terreno.
Un tempo il sistema caratteristico di potatura era la cosiddetta taille champenoise: alberello ridottissimo, che non lasciava a ogni vite che uno o due speroni per lo più di tre gemme. Con un lavoro di zappa all'inizio della primavera, ogni anno si sotterrava tutto il ceppo della vite, non lasciando sporgere da terra che i suddetti speroni. In conseguenza di questa sorti di propaggine, rinnovantesi ogni anno, s'aveva un'irregolare distribuzione delle viti sul terreno, la quale, unitamente alla fittezza di piantamento (fino a 50 e più mila ceppi per ettaro) e alla selva dei paletti di sostegno, uno per vite, dava ai vecchi vigneti della Champagne un aspetto quanto mai caratteristico. Le nuove esigenze create dall'invasione fillosserica e la necessità di provvedere quindi all'innesto delle viti su piede americano, vanno gradatamente sostituendo a tali vecchi sistemi altri più moderni, e specialmente la taille de Chablis (ogni vite ha due o tre branche, ciascuna con uno sperone di 3-4 gemme), e la taille de Royat (cordone orizzontale speronato).
I vitigni coltivati nella Champagne sono diverse varietà di Pinots; ma specialmente il Vert doré (nero); il Pinot meunier (nero, ma coperto di una pruina grigia); il Pinot Chardonnay (bianco). Una mescolanza delle uve di queste diverse varietà serve a dare i famosi vini spumanti di Champagne.
La lavorazione di questi vini è assai complessa. Essa può così sintetizzarsi. Pigiatura e torchiatura delle uve eseguite con prudenza, per non far uscire la sostanza colorante dalle bucce; defecazione del mosto in grandi tini; fermentazione del mosto in piccoli fusti (pièces di circa 2 ettolitri) in locali sovente riscaldati (da 15° a 20° C.). Finita la fermentazione, si raffreddano le cantine, si lasciano depositare i vini; indi si fa un primo travaso. Segue una mescolanza di tutti i vini della stessa provenienza (assemblage), seguita da un secondo travaso (per lo più in febbraio), indi da un taglio (coupage) di vini di varie provenienze per ottenere ogni anno tipi costanti. Le masse così ottenute si sottopongono a chiarificazioni con ittiocolla purissima (circa gr. 2,5 per ettolitro), previa aggiunta di tannino in dosi eguali alla colla. A questo punto si procede al tirage: al vino, normalmente secco, s'aggiunge cioè dello zucchero, in ragione di 24 a 26 grammi per litro, e, per lo più, anche fermenti selezionati di razze speciali. Poi il vino viene imbottigliato, e le bottiglie, ben tappate, si portano in locali di fermentazione, dove si dispongono orizzontalmente in cataste. In seguito alla fermentazione dello zucchero, si svolge anidride carbonica, che dà al vino la spuma caratteristica. Però il vino s'intorbida, e, finita la fermentazione, deposita sulla pancia della bottiglia una quantità di fecce. Per procedere alla loro eliminazione, le bottiglie vengono poste inclinate col collo in giù su certe specie di cavalletti a fori (pupitres), e s'inizia allora un'operazione caratteristica: il remuage, che ha per scopo di far scivolare il deposito feccioso verso il collo delle bottiglie. Quando esso si è tutto raccolto sul collo di queste, si procede al cosiddetto dégorgement: si fa cioè saltar via il tappo, e con esso le fecce. Le bottiglie vengono poi colmate con uno sciroppo di zucchero e cognac finissimo, mescolato a vecchio vino (la cosiddetta liqueur d'expédition). Di questo se ne aggiunge più o meno, a seconda che si vogliono ottenere marche di spumanti più o meno dolci (doux, demi-sec, dry, extra dry).
Storia. - Le vicende politiche della Champagne nel Medioevo e l'importanza mondiale raggiunta, fra il sec. XII e il XIV, dalle sue fiere sono strettamente connesse alla sua posizione geografica. Compresa infatti per la maggior parte nel tratto della Saône e ad oriente, per un tratto molto più esteso, nel bacino della Mosa, la Champagne si è trovata sulla via delle invasioni, che dalla Germania miravano al cuore della Francia, ed è stata attraversata dalle grandi vie commerciali, che dalle foci del Rodano, dalla Valle Padana, dalla Svizzera e dall'Alto Danubio erano dirette al bacino inferiore della Senna e ai Paesi Bassi.
Politicamente la posizione di confine tra Francia, Borgogna e Lorena, mentre obbliga la Champagne ad una vigile e costante difesa, le assicura per molti secoli un'indipendenza quasi completa, sebbene fin dal definitivo costituirsi della dinastia merovingia essa sia governata da capi che ne riconoscono la sovranità. Eretta infatti in ducato subito dopo, o pochissimo tempo dopo la divisione fra i successori di Clodoveo, i duchi di cui conosciamo il nome sono personalmente legati alla Corona: il primo di essi, Lupo, è uno dei personaggi più considerevoli del regno di Austrasia; e l'ultimo, Dreux, è figlio di Pipino d'Héristal.
Nel periodo carolingio, all'antico ducato subentra una contea che non comprende l'intero territorio della Champagne, ma la sola diocesi di Troyes, da cui anzi in un primo tempo essa prende il nome, e che da contea beneficiaria si trasforma prestissimo in ereditaria con Eude di Francia, che la trasmette nell'874 al fratello Roberto, da cui viene legata in morte (922) ad Erberto II, conte di Vermandois. S'instaura così definitivamente, sotto questa contea, la contea ereditaria di Champagne, che passa nel 1019 alla casa di Blois. I conti di Blois riescono a poco a poco ad estendere il loro dominio, diretto od indiretto, su tutta la regione di Champagne e di Brie. I dominî diretti, o paesi di obbedienza, sottoposti all'autorità immediata del conte, comprendevano, alla morte di Tibaldo II il Grande (1152), ventotto castellanie, fra cui ChâteauThierry, Bar-sur-Aube, Troyes, Épernay, Maux, Provins, tutti cioè i centri principali della Champagne, a eccezione di Reims che allora ne restava esclusa. Attorno a questi possessi immediati v'era un grandissimo numero di feudi serventi, sparsi non solo nel territorio sottoposto direttamente alla Corona di Francia, ma anche in altri paesi limitrofi; in modo che il conte di Champagne doveva l'omaggio non solo al re di Francia, ma anche al duca di Borgogna, all'arcivescovo di Reims, al vescovo di Langres. Ed anche questa molteplicità di giurisdizioni concorre ad assicurargli un'effettiva indipendenza da ogni sovranità.
All'indipendenza dall'alto si accompagna però una progressiva limitazione della sovranità sui territorî dipendenti, col moltiplicarsi delle donazioni e delle immunità a chiese e monasteri, e con la concessione delle "carte comunali", che si fanno sempre più numerose sotto il governo del conte Enrico, detto appunto per questo il Liberale (seconda metà del sec. XII), e che coincidono col grande svilupparsi delle fiere di Lagny, Bar-sur-Aube e Troyes. Le autonomie cittadine sotto l'alta sovranità di un conte indipendente continuano a svilupparsi per una gran parte del sec. XIII, di pari passo con l'incremento dell'intenso traffico internazionale, finché il matrimonio di Giovanna, figlia ed erede dell'ultimo conte di Champagne, con Filippo il Bello, re di Francia (1284), porta una grave minaccia all'indipendenza del paese col riunire in una stessa persona le due sovranità. L'unione seguita ancora per qualche tempo a conservare un carattere personale, lasciando intatta l'autonomia della Champagne; ma l'invadenza del potere regio va aumentando, finché nel 1364 la Champagne viene definitivamente unita al regno di Francia.
In quest'ultimo e più splendido periodo della contea, tra la seconda metà del sec. XII e i primi del XIV, si ha appunto la grande fioritura delle "fiere di Champagne", le quali costituiscono per tutto questo tempo il più importante centro degli scambî fra il Mediterraneo e il Mare del Nord, sia per la posizione, favorevolissima, della regione, sia per l'indipendenza e per la neutralità della contea.
Nel breve circuito di poche decine di chilometri di raggio si tenevano ogni anno una ventina di fiere; ma fra esse ve n'erano sei che godevano di privilegi assai più estesi, e che raggiunsero fama ed importanza mondiali: due di esse si tenevano a Provins, due a Troyes, una a Lagny ed una a Bar-sur-Aube. Ciascuna di queste fiere durava sei o sette settimane, e poiché avevano luogo in periodi successivi, permettevano agli stessi mercanti di passare dall'una all'altra, e di svolgere la loro attività mercantile nomade tutto quanto l'anno, meno brevi intervalli, che servivano per il trasferimento delle merci e delle persone. In tal modo, mentre si conservava la forma del commercio periodico, le fiere di Champagne finivano con l'essere nel loro insieme un grande centro del commercio internazionale permanente. Le due fiere più importanti erano quella di maggio a Provins e la cosiddetta fiera calda di Troyes, dalla metà di luglio al 14 settembre, le quali per la stagione più adatta raccoglievano tutti quei mercanti stranieri che non dimoravano stabilmente nella Champagne. Ogni fiera alla sua volta si divideva in varî periodi destinati ciascuno alla vendita di determinati prodotti; mentre una o due settimane dopo la chiusura della fiera delle merci erano destinate a regolare i pagamenti per opera dei cambiatori o banchieri. Alle fiere accorrevano assai numerosi i mercanti di tutte le regioni della Francia, delle Fiandre e dell'Italia, e accanto ad essi, pure numerosissimi, Tedeschi, e anche Inglesi, Spagnoli ed Orientali. Fra le merci che vi si vendevano, il primo posto spettava ai panni e alle altre stoffe di lana, che venivano soprattutto dalle Fiandre, e poi anche dall'Inghilterra e dall'Italia; molte seterie, specialmente d'Italia e di Provenza, broccati d'oro e d'argento, e in genere ricche stoffe per ornamento delle chiese, di cui avevano il monopolio i Lucchesi; pelli, cuoi e pelliccerie, tessuti di lino, che in parte provenivano dall'industria locale, in parte s'importavano dalla Germania, dalla Borgogna, dalla Lorena; le materie coloranti, le spezie, i profumi, le gioie e gli altri prodotti d'Oriente. Commestibili e bevande si ritraevano specialmente dalla Champagne o dalle regioni vicine, ma vi si trovava anche il pesce dei mari settentrionali, la birra e i vini di varî paesi stranieri. Le materie prime che vi si vendevano più comunemente erano l'oro, l'argento, le pietre preziose, ferro, acciaio, legname, carbone, sale, incenso, lana, seta, canape, lino, cotone, pelli. Vi si vendevano bestie da soma e schiavi; lavori di oreficeria, articoli di vestiario e di arredamento domestico, mercerie. Le fiere erano, insomma, come un immenso emporio mobile, sul quale si trovavano, senza eccezione, tutti gli oggetti del commercio internazionale di quei tempi.
L'esclusione dei proprî mercanti dalle fiere di Champagne era considerata dalle grandi città mercantili, anche d'Italia, come un danno gravissimo; e bastava perciò quella minaccia perché le sentenze dei soprastanti alle fiere contro i debitori insolventi trovassero esecutorietà nelle città stesse a cui quei debitori appartenevano. Per il grande concorso dì mercanti d'ogni luogo, per la piena sicurezza e per la disciplina che regolava le contrattazioni commerciali, le fiere di Champagne diventano anche centri importantissimi del commercio di cambio e di banca, riuniti nelle mani di banchieri, che erigono le loro tavole sul campo stesso della fiera. In molti contratti stipulati con stranieri anche in città italiane si trova la clausola che il pagamento sarà effettuato nella prossima fiera di Provins o di Troyes. In quei giorni dunque doveva esservi un movimento intenso di danaro o di titoli di credito e una continua occasione di affari lucrosi per la regolazione dei conti, per l'anticipazione di differenze, per il cambio manuale delle monete, per il trasporto di danaro. A questo genere d'affari partecipano Provenzali, Ebrei, Caorsini e Fiamminghi; ma sopra ogni altro gl'Italiani, che intervengono alle fiere in grande numero da tutte le maggiori città mercantili, in cui si è già formato, abbondante ed audace, il capitale mobile. Le grandi società commerciali di Piacenza, di Siena, di Firenze hanno i loro agenti stabiliti nella Champagne; le fiere servono loro come centri importantissimi di acquisto e vendite di merci, come tappe per il loro commercio con le Fiandre e con l'Inghilterra, ma sopra tutto come sede preferita per gli affari di cambio e di banca.
Un'attività così intensa di affari, per cui la Champagne può considerarsi come il centro principale del commercio terrestre di Europa, dura fino ai primi decennî del sec. XIV, quando la sottomissione della Champagne al regno di Francia e alcune improvvide misure fiscali, l'apertura di una linea diretta di navigazione tra l'Italia, le Fiandre e l'Inghilterra, le lotte interne dei Paesi Bassi, determinano la decadenza delle fiere e inducono anche il grande commercio terrestre a seguire altre vie. Gl'Italiani in special modo scompaiono totalmente dalla regione; e il loro allontanamento è la prova migliore che le fiere hanno ormai perduto del tutto la funzione che le aveva rese famose per circa un secolo e mezzo.
Bibl.: D'Arbois de Joubainville, Histoire des ducs et des comtes de Champagne, Parigi 1859-1860; Poinsignon, Histoire générale de la Champagne, 2ª edizione, Châlons-sur-Marne 1898; Longnon, Documents relatifs au comté de Champagne et de Brie, Parigi 1901 e segg.; Bourquelot, Études sur les foires de Champagne, Parigi 1865, in Mémoires de l'Académie des Inscriptions et belles lettres; Goldschmidt, Geschäftsoperationen auf den Messen der Champagne, in Zeitschrift für Handelsrecht, 40; Huvelin, Essai historique sur le droit des marchés et des foires, Parigi 1897; Schaulbe, Storia del commercio dei popoli latini del Mediterraneo sino alla fine delle crociate (dal tedesco, in Bibl. dell'economista, s. 5ª, XI), Torino 1915; Bassermann, Die Champagnermessen, Lipsia 1911; Franchini, Gli Italiani alle fiere della Sciampagna, Roma 1926. Sui vini v. in particolare E. Maumené, Travail des vins, II, Parigi 1890, pp. 1-146; P. Pacottet e L. Guittonneau, Vins de Champagne et vins mousseaux, Parigi 1918; G. Dalmasso, Vini spumanti, Casalmonferrato 1923.