CROS, Charles
Scrittore francese, nato a Fabrezan nel 1842, morto nel 1888, fratello del precedente. Coltivò dapprima studî di fisica e di chimica - gli vengono attribuite, fra l'altro, l'invenzione della fotografia a colori e la scoperta del principio su cui si basa il telefono - ma dedicò alla poesia gran parte della sua vita. Fu tra i devoti di Baudelaire: e sta fra il parnassianismo e il simbolismo, anche se a una piana comprensione di Mallarmé non giunse mai. Le poesie di Le Coffret de Santal (1873) parvero a Verlaine "des bijoux tour à tour délicats, barbares, bizarres, riches et simples"; e intonazione analoga hanno pure per lo più le poesie posteriori. Sembrò bensì nutrire anche più ambiziose aspirazioni (v. Prométhée enchaîné, tragédie antique d'après Eschyle, 1888; La vision du Grand Canal des deux Mers, 1888, ecc.); ma il suo naturale senso della realtà lo salvò dall'insistervi. E dallo stesso senso della realtà scaturisce l'umorismo un po' facile ma schietto di taluni monologhi - L'homme propre, L'homme qui a voyagé, L'obsession, Le voyage à trois Étoiles, Le hareng saur, ecc. - che lo fecero considerare in quel tempo come un maestro del genere: uno di essi, Le bilboquet, è una spiritosa satira della critica e dei critici.
Bibl.: J. Tellier, Nos poètes, Parigi 1887; A. de Bersancourt, Au temps des Parnassiens, Parigi 1924.