PICHEGRU, Charles
Generale francese, nato presso Arbois (Giura) il 16 febbraio 1761, morto a Parigi il 5 aprile 1804. Appartenne a famiglia di operai, ebbe la prima educazione dai frati minimi, come destinato allo stato ecclesiastico. Riuscito però a entrare nella scuola militare di Brienne, vi fu condiscepolo di Napoleone. Arruolatosi nel 1783 nel 1° reggimento d'artiglieria, vi divenne aiutante. Scoppiata la rivoluzione, egli si scagliò con discorsi incendiarî contro l'ancien régime e venne eletto presidente del club rivoluzionario di Besançon e comandante di un battaglione di volontarî del Gard. Segnalato da Saint-Just e da Robespierre, venne promosso colonnello, poi in breve tempo generale di brigata e di divisione, poco dopo gli fu affidato il comando dell'armata della Mosella e del Reno (1793). Di corporatura gigantesca, con una larga faccia quadrata su un collo di toro, ferreo nel mantenere la disciplina, dotato di un'ambizione sconfinata e abile nel tessere intrighi (pare che la disgrazia di Hoche presso il Comitato di salute pubblica sia in parte dovuta a sue manovre), quanto audace e pronto nelle sue decisioni, ben presto si rivelò un generale di grandi possibilità, e con le battaglie di Cassel, Courtrai e Menin preparò quella vittoria decisiva di Fleurus che pose l'Olanda alla mercé della Francia rivoluzionaria. La fama conquistata esasperò l'ambizione del P., che complottò con i realisti per restaurare la monarchia, intralciando perfino, almeno così pare, le operazioni militari del generale Jourdan. Sospettato, fu esonerato dal comando e gli fu offerta un'ambasciata, per allontanarlo dalla Francia. Egli rifiutò. Nominato nel 1797 membro e presidente del Consiglio legislativo dei Cinquecento, fu rovesciato dal colpo di stato del Barras (18 fruttidoro 1797) e deportato a Caienna, di dove riuscì a fuggire dopo un anno (1798). Rifugiatosi in Inghilterra, di là seguitò a lavorare per una restaurazione borbonica ponendosi decisamente contro Bonaparte. Partecipò nel 1803 alla congiura di Cadoudal; ma, venuto a Parigi per abboccarsi col generale Moreau, fu imprigionato. Dopo un anno di carcere duro fu trovato strangolato nella Torre del tempio, in circostanze non chiarite. Della sua morte fu accusato Napoleone, ma senza sicuro fondamento.