BAUDELAIRE, Charles-Pierre
Poeta e critico francese. Nacque a Parigi il 9 aprile 1821. Della sua educazione giovanile si può dire che non fosse trascurata, ma che le mancasse il sostegno ed il conforto di caldi affetti famigliari. Nel 1827 gli morì il padre; la madre, passata a seconde nozze col tenente colonnello Aupick, seguì il nuovo marito a Costantinopoli, a Londra, a Madrid, ove questi, entrato nella diplomazia, fu successivamente ambasciatore. Il B., rimasto in Francia, fece i primi studî a Lione e li proseguì, sino al baccellierato, nel liceo Louis-le-Grand di Parigi. Uscitone nel 1839, dichiarò di volersi dare alla letteratura, non senza sgomento dei suoi tutori, ai quali parve che quelle velleità mascherassero malamente nel giovine il gusto dell'ozio e della dissipazione, cosicchè nel 1841, per toglierlo alle tentazioni parigine, lo indussero a fare un viaggio nell'India. L'assenza durò dieci mesi, ma il B. non giunse sino a Calcutta, ove la nave era diretta. Le peripezie di quel viaggio rimangono misteriose; certo il poeta raccolse allora molte di quelle impressioni e immagini di paesaggi esotici e tropicali che troviamo nelle sue liriche. Tornato in Francia nel febbraio del 1842 e uscito poco dopo di minorità, intaccò rapidamente l'eredità paterna: donde dissidî e conflitti, spesso assai aspri, col padrigno e con la madre. Lavorava anche; e conquistò dapprima riputazione come critico d'arte.
Ai due Salons del 1845 e 1846 seguirono il saggio sull'esposizione universale del 1855, il Salon del 1859, una monografia su Delacroix, un articolo sui caricaturisti, e qualche saggio minore. Ebbe l'intenzione ma non il tempo di rimaneggiare e ordinare in due volumi tutti quei saggi. Come rappresentante del gusto romantico, come polemista anticlassico, come affermatore dei diritti dell'intimità spirituale contro le pretese della forma corporea tradizionale, il B. non ha certo un rivale nella critica francese. E alcune delle sue stroncature (Vernet, Scheffer) sono dei modelli. Anche nel segnare i limiti di Ingres, pur riconoscendone il valore, egli è maestro. Tuttavia il motivo fondamentale della sua critica è l'entusiasmo per Delacroix, ch'egli esalta come il vero rappresentante del romanticismo in opposizione al falso rappresentante, al "retore" Victor Hugo. E i critici migliori sono oggi d'accordo nell'osservare che Delacroix è appunto un retore come Hugo. La sensibilità pittorica fu dunque minore nel B. che la sensibilità poetica. Egli proiettò nell'opera di Delacroix, soprattutto quel fantasma poetico che egli stesso aveva creato, e di cui l'opera di Delacroix era stata soltanto un'occasione. Invece quando si trovò a contatto con un vero e grande artista, il suo amico Manet, non lo riconobbe se non in parte, e senza entusiasmo.
Ma il B. mirava più alto; ambiva soprattutto alla fama di poeta e veniva lentamente componendo - era artista difficile e scrupolosissimo - quelle liriche, delle quali alcune furono dapprima pubblicate sparsamente in varie riviste, ma tutte insieme uscirono in luce, a cura di un editore-tipografo dilettante, il Poulet-Malassis, soltanto nel 1857, a Parigi, sotto il titolo divenuto famoso di Fleurs du mal.
Levarono grande rumore, ma lì per lì parve essenzialmente un rumore di scandalo. Alcuni poeti e artisti sentirono subito l'originalità, la potenza e, talvolta, anche la profondità tragica di quella poesia, ma la maggior parte dei lettori, e i giornali, che badano al gusto del pubblico e lo secondano, si dissero offesi dall'audacia e dal cinismo di certe descrizioni e di certe ostentate perversioni; donde recriminazioni e proteste che tirarono addosso al B. un processo per offesa alla morale. E in verità c'era in lui, radicato nella sua anima di poeta, che in quanto tale era sempre pura e sempre sincera, un istinto di cinismo spavaldo, un gusto irritante per la mistificazione, che offendeva i lettori ingenui o superficiali e che gli suscitò contro innumerevoli e tenaci avversarî. Si pensi, - è un particolare assai significativo - che egli voleva da prima intitolare la sua raccolta di versi: Les Lesbiennes. Il processo intentatogli secondava le indignate proteste di quella strabocchevole maggioranza che il suo amico Gustavo Flaubert chiamava sdegnosamente ora "bourgeois" ed ora "philistins". Il poeta fu assolto; ma all'editore fu imposto di togliere dal volume le sei poesie più immorali o più perverse. Le reiette furono: Lesbos, Femmes damnés, Le Lettré, A celle qui est trop gaie, Les Bijoux, Les Métamorphoses du vampire, le quali furono più tardi (1866) pubblicate a Bruxelles sotto il titolo, Les Épaves. Una seconda edizione dei Fleurs du mal, arricchita di molte liriche nuove, ma in cui non erano comprese le sei incriminate, uscì a Parigi nel 1861.
Il B. era ormai famoso e molte vie gli erano aperte; ma dopo quel primo zampillo la sorgente della poesia parve esausta in lui. I Petits poèmes en prose, scritti e pubblicati ad intervalli negli anni seguenti, sono fantasie, ma sembrano, almeno talvolta, l'opera di un poeta che abbia perduto il dono divino del ritmo. Ricorse anche per ispirazione a poeti spiritualmente affini, avidi come lui di sensazioni strane e di visioni allucinanti, inclini a cercare nell'artificio un rifugio contro la semplicità rude della natura, e in una parte del suo libro Les Paradis artificiels: opium et haschisch (Parigi 1860) egli ora traduce, ora riassume e commenta Le confessioni di un mangiatore d'oppio del De Quincey. E già sin dal 1846-47 il B., sottile conoscitore della lingua inglese, aveva "scoperto" il grande poeta americano Edgardo Poe, e gli era parso di trovare quasi un fratello, più ricco di energie fantastiche e più fecondo. Certe poesie e certe novelle del Poe esprimevano - egli ha confessato - fantasmi e visioni che già vivevano e si agitavano in lui, senza aver mai potuto trovare una forma. Prese a tradurlo con paziente sottile ammirazione, e lo conquistò alla letteratura francese, pubblicando Les histoires extraordinaires (Parigi 1856); le Nouvelles histoires extraordinaires (Parigi 1857); Les aventres de A. Gordon Pym (Parigi 1858); Eureka (Parigi 1863) e Histoires grotesques et sérieuses (Pangi 1865). Nei volumi V e VI delle Œuvres complętes del B. si possono leggere due suoi notevoli saggi critico-psicologici su E. Poe. Il suo istinto critico, quando si trattava di artisti la cui anima fosse in "corrispondenza mistica" con la sua, era vigile e sicuro; ed ebbe a dimostrarlo anche con lo scritto: Richard Wagner et Tannhäuser à Paris (Parigi 1861), appassionata difesa del dramma musicale wagneriano, rappresentato e clamorosamente fischiato quell'anno nella capitale francese.
Nel 1861 il B. subì gravi perdite finanziarie, essendo stato coinvolto nel fallimento dell'editore Poulet-Malassis. Tre anni dopo (1864) lasciò Parigi per Bruxelles, ove sperava trarre guadagni da conferenze e da una ristampa delle sue opere. Non vi trovò che delusioni e contrasti, che gli riuscirono tanto più dolorosi, in quanto la sua salute ormai declinava e la fibra era logora. Si diede al bere ed abusò dell'oppio: di qui più gravi turbamenti fisiologici e un accesso di paralisi, che lo costrinse a trascorrere gli ultimi due anni della vita in case di cura, prima a Bruxelles, poi a Parigi, ove morì il 31 agosto 1867.
Solo nel 1886 fu pubblicato un suo scritto - più che studio critico, sfogo letterario, - Un dernier chapitre de l'histoire des œuvres de Balzac. Nel 1887 Eugène Crépet pubblicò, a Parigi, le œvres posfthumes et correspondance inḫdite de Ch. Baudelaire (ove si legge, tra l'altro, un diario spirituale del poeta: Mon cœur mis މ nu), alle quali il Crépet premise un notevole studio biografico. Negli anni 1868-70 erano state pubblicate a Parigi le Œvres complętes del B., a cura di un amico, Charles Asselineau.
A una prima lettura le poesie del B. dànno l'impressione di un'arte sapiente e sottile, raffinata e plastica, che rinserra e domina una torbida corrente di emozioni complesse e perverse, le quali hanno la loro radice nella lussuria e si risolvono ora nel dolore e ora in aperta rivolta contro i divieti della morale comune; e anche il critico più diffidente vi deve ammirare il vigore di un'intelligenza che getta luce sino negli angoli più tenebrosi dello spirito e domina pertanto le immagini impure, sinistre, atroci, evocate dalla fantasia. Tale virtù è del vero poeta, e basta a redimerlo da ogni accusa moralistica. Ma dopo la sua morte, e principalmente negli anni tra il 1875 e il 1890, il B. fu acclamato in Francia novatore e introduttore di nuovi modi di poesia da una generazione che scoperse nei suoi versi una passione assai più tragica e profonda, di quanto i contemporanei del poeta avessero sospettato. Poiché l'autore dei Fleurs du mal, scrutando implacabilmente nelle sue demenze la lussuria e l'erotismo e insistendo con sottigliezza da poeta-casuista nell'analizzare quell'angoscia, quell'amari aliquid cui già il pagano Lucrezio accenna fuggevolmente, era giunto a esplorare quel fondo oscuro dello spirito umano, nel quale, come già aveva detto il Novalis, la lussuria, la crudeltà e l'istinto mistico appariscono indissolubilmente associati. È stato detto, non certo per fargliene lode, che il cristianesimo ha avvelenato con l'idea della colpa l'antico Eros e lo ha reso insieme più diabolico e più attraente. Ma dalle tristezze, lungamente assaporate, che esso porta oramai con sè nasce il rimorso e spesso anche un più intenso desiderio di spiritualità e di purezza. Tale desiderio, tra le malinconie dell'animal triste, balena in talune poesie del B., il quale, del resto, nella vita pratica ostentò sempre sentimenti monarchici e cattolici. Di qui la strana indulgenza di molti credenti sinceri per i Fleurs du mal. Leggevano certi versi, come quello famoso che descrive lo svegliarsi dello spirito dal torpore lussurioso:
Dans la brute assoupie un ange se réveille;
o come questi altri, in cui freme un disgusto di sé e della propria miseria veramente cristiano:
Ah! Seigneur! donnez-moi la force et le courage
De contempler mon coeur et mon corps sans dégoût!
e ne deducevano che l'animo del B. era incamminato per quella via che conduce logicamente alla contrizione e alla conversione. D'altra parte con la sua sensualità acuita dall'analisi il poeta avverte sotto la varieta delle apparenze sensibili l'unità originaria e come tra esse apparenze, per quanto multiple e diverse, corrano corrispondenze mistiche, per cui ciascuna di esse può essere immagine e simbolo di altre innumerevoli. Perciò i poeti simbolisti o neomistici, che si raggrupparono in Francia e fuori di Francia in molteplici scuole, procedono, in molta parte, dall'opera sua. E poiché, come ha scritto bene Theofile Gautier in un famoso saggio introduttivo ai Fleurs du mal, "egli ha saputo stringere più da vicino l'inesprimibile e ritrarre quelle gradazioni fuggevoli che ondeggiano fra il suono e il colore, e quei pensieri che somigliano ad arabeschi o a temi di frasi musicali", il B. è un po' anche il padre spirituale di quei poeti che si chiamarono decadenti, pei quali la parola non deve mai essere idea, ma suono ed elemento di suggestione musicale. Gli spiriti più sani, equilibrati e classici d'istinto - il Carducci per esempio - lo hanno avuto in sospetto o lo hanno detestato; gli spiriti emotivi, complessi, sinuosi, contraddittorî, hanno per lui un culto, che con gli anni è andato sempre crescendo.
Oltre alle opere ricordate, sono state edite nel II e III volume delle citate Œvres complętes: Curiosités esthétiques e L'art romantique; nel 1924 a Parigi Vanités critiques.
Traduzioni italiane: I Fiori del male, prima traduzione italiana di R. Sonzogno, Milano 1893; Poemetti in prosa, a cura di G. Ragusa Moleti, Milano 1884; Reliquiae, a cura di R. Sonzogno, Milano 1895; I Paradisi artificiali, traduzione di B. Chiara, Lanciano 1912; Liriche, Milano 1911; La Fanfarla e il giovane incantatore, traduzione di E. Scaglione; Pagine sull'arte e la letteratura, a cura di C. Pellegrini, Lanciano 1920; una versione delle Variétés critiques, in L'Esame, 1924.
Bibl.: Th. Gautier, Ch. Baudelaire, prefaz. ai Fleurs du Mal, ed. Calman-Lévy, Parigi 1868; Ch. Asselineau, Ch. Baudelaire, sa vie et son oeuvre, Parigi 1869; Ch. Baudelaire: Souvenirs, Correspondance, bibliographie, par Ch. Cousin e Spoelberch de Lovenjoul, Parigi 1872; F. Brunetière, Nouvelles questions de critique, Parigi 1890; id., Essais sur la littérature contemporaine, Parigi 1892; id., L'Évolution de la poésie lyrique en France au XIXe siècle, II, Parigi 1894, p. 231 segg.; P. Bourget, Essais de psychologie contemporaine, in Oeuvres complètes, I, Parigi 1899; F. Gautier, Ch. Baudelaire, Bruxelles 1904; B. Croce, Ch. Baudelaire, in Poesia e non Poesia, Bari 1924; L. F. Benedetto, L'architecture des Fleurs du Mal, in Zeitschr. f. franz. Spr. u. Lit., 1912; Le Tombeau de Ch. Baudelaire, a cura di S. Mallarmé e di altri, Parigi 1896; M. Bonfantini, Baudelaire, Novara 1927.