Peirce, Charles Sanders
Filosofo statunitense (Cambridge, Massachusetts, 1839 - Milford, Pennsylvania, 1914).
Risentì molto, nella sua giovinezza, dell’influenza del padre Benjamin, matematico e astronomo. Dopo un periodo di studi alla Harvard University, entrò (1861), nell’U.S. coast and geodetic survey, il servizio geodetico e costiero degli Stati Uniti, dove rimase per un trentennio, svolgendovi gran parte della sua attività di ricerca scientifica. Studiava intanto i metodi di classificazione con L. Agassiz e si laureava in chimica, occupandosi inoltre di filosofia della scienza e di logica. Dal 1869 in poi condusse una serie di ricerche astronomiche all’osservatorio di Harvard, i cui risultati furono poi pubblicati nel 1878 con il titolo di Photometric researches. Nel 1875 svolse anche attività di ricerca sul problema della gravità, giungendo alla conclusione che negli esperimenti con il pendolo fino allora condotti erano da rilevarsi errori sistematici. Fu il primo a servirsi della lunghezza d’onda di un raggio luminoso come di un’unità di misura standard. Si occupò anche di matematica, in particalar modo dei problemi dei fondamenti, di algebra lineare, di teoria degli insiemi, di aritmetica transfinita e di topologia. Fu membro, negli anni Settanta, del famoso Metaphysical club, di cui fecero parte, tra gli altri, Oliver W. Holmes, Fiske, James. Insegnò, soltanto per brevi periodi, alla Johns Hopkins University di Baltimora, alla Harvard University e al Lowell Institute di Boston. Dopo il suo ritiro dall’U.S. coast and geodetic survey (1891) visse in pressoché totale solitudine fino alla morte.
I suoi scritti filosofici trattano di una grande varietà di temi e di problemi. I primi abbozzi di una filosofia sistematica sono fortemente influenzati dalla Critica della ragion pura (➔) (tendendo a un’analisi critica delle categorie kantiane, rifiutate sulla base dell’inadeguatezza della logica formale a esse connessa), oltre che da motivi speculativi di tipo platonico, dal pensiero di Duns Scoto e dalle elaborazioni logico-ontologiche degli scolastici. La necessità di strumenti logici più aderenti alle sue effettive esigenze speculative spinsero successivamente P. a una serie di ricerche nel campo della logica, che saranno determinanti per il costituirsi di questa in disciplina scientifica, anticipando genialmente molti sviluppi posteriori; in questo campo vanno notati i suoi contributi, valorizzati poi da Ernst Schröder nelle Vorlesungen über die Algebra der Logik (1890-1905), in materia di algebra di Boole, modificata e radicalmente trasformata per estenderne le applicazioni, l’introduzione di un anello di collegamento tra logica delle classi e logica delle proposizioni e l’elaborazione, sviluppando idee di De Morgan, di una logica delle relazioni, forse il suo apporto maggiore. Lo studio dei modi d’inferenza lo condusse anche, oltre che ad approfondimenti in campo logico, a formulare una teoria della probabilità e a un esame rigoroso dei principi del metodo scientifico, sottolineandone, anche in connessione con le più generali teorie della conoscenza, le caratteristiche di ipoteticismo e di fallibilismo. La teoria epistemologica di P. forse più nota è peraltro quella che, espressa per la prima volta nel saggio How to make our ideas clear (1878; trad. it. Come rendere chiare le nostre idee), fu poi diffusa e divulgata da James (1898) con il nome di pragmatismo (➔): partendo dall’analisi della situazione di dubbio-credenza (belief) presente all’avvio di ogni ricerca, P., dopo aver chiarito il valore del belief come abitudine (habit) utile alla sopravvivenza e definito l’habit come ciò che collega l’azione ai suoi effetti, giunge alla conclusione che l’oggetto della ricerca non è che l’insieme degli habits che lo riguardano; in altri termini, null’altro che l’insieme degli effetti pratici e delle conseguenze sperimentabili cui dà luogo. Le indagini nel campo della logica e le ricerche di un’adeguata teoria della conoscenza indussero infine P. alla costruzione di una semiotica (➔), come teoria dei segni, in cui convergono molteplici fili delle sue indagini; il processo di pensiero, colto a livello segnico, mostra la necessità della presenza di una particolare relazione, considerata da P. irriducibile, quella triadica, relazione caratterizzante il processo segnico che va sempre in effetti concettualizzato secondo tre aspetti: dell’oggetto (o referente), del segno e dell’interpretante; in altri termini, ogni segno, per essere tale, ha bisogno di un referente e di un interpretante, concepito come una sequenza tendenzialmente infinita di azioni che interpretino il segno originario. La stessa logica delle relazioni permise inoltre a P. di elaborare una complessa classificazione delle scienze. Negli ultimi anni si nota l’evolversi della riflessione di P. in direzione nettamente metafisica: il mondo è visto come un continuum, come un organismo vivente, e P. abbozza le linee di una cosmologia evolutiva in cui dal caos originario sarebbe emerso l’attuale Universo, in cui il peso del caso tende progressivamente a ridursi. Il pensiero di P., oltre alle accennate influenze in campo logico, ha avuto enorme importanza per le filosofie contemporanee: si rifanno in varia misura a P. sia il pragmatismo di Dewey, sia la semiotica di Morris, sia le correnti di filosofia della scienza sorte in ambito americano come, per es., l’operazionismo di Bridgman e certe posizioni metodologiche di Quine. Gli scritti di P., usciti pressoché tutti postumi, sono stati in gran parte pubblicati negli 8 voll. dei Collected papers (a cura di P. Weiss e di Ch. Hartshorne i primi 6, 1931-35, a cura di W. Burks i rimanenti 2, 1958; trad. it. parziale in Scritti di logica e in Le leggi dell’ipotesi: antologia dai Collected papers).
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