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CHAPLIN, Charles Spencer

di Gian Luigi Rondi - Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)
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CHAPLIN, Charles Spencer (IX, p. 933)

Gian Luigi Rondi

Dopo gli anni del muto, che vedono Ch. imporsi con una serie di opere che ne fanno uno dei poeti maggiori della settima arte, l'avvento del sonoro, pur trovandolo polemico ("è venuto a rovinare l'arte più antica del mondo, l'arte della pantomima, e ad annullare la grande bellezza del silenzio", dichiara), non sminuisce la sua genialità, via via anzi esaltata, anziché offuscata, dalle nuove tecniche. Il primo film di questo periodo, Modern times (Tempi moderni, 1936), satira aggressiva e feroce delle macchine che riducono l'uomo in schiavitu, riflette ancora, intenzionalmente, i modi e le strutture del muto; nel secondo, però, The great dictator (Il dittatore, 1940), la tecnica sonora è dominata fino in fondo, al servizio di un film in cui Ch., accantonando in parte il personaggio Charlot, con bastoncino e bombetta, prosegue con più aperti toni di rivolta, in un clima di tragica amarezza, l'antico discorso a favore degli oppressi e contro gli oppressori, con esplicita allusione, questa volta, alle dittature nazi-fasciste. Altrettanta amarezza, e una rivolta che coinvolge tutte le ipocrisie e le nequizie della società contemporanea, compaiono nel film che segue, Monsieur Verdoux (1947), in cui l'ironia, i gags e le caricature, pur senza scomparire - come invece, e in modo definitivo, il personaggio Charlot - si fanno spesso in secondo piano, privilegiando una dolente e aspra requisitoria, di altissimo livello morale e drammatico.

Cinque anni dopo, un nuovo capolavoro, Limelight (Luci della ribalta), in cui la filosofia altruistica di Ch. si sublima nella descrizione romantica del tramonto di un vecchio clown che supera il proprio fallimento dando ad altri i motivi e gli strumenti per vincere. Ancora satira, invece, e nei confronti adesso di quella società americana che con i suoi puritanesimi politici e morali aveva tanto a lungo perseguitato Ch., in A King in New York (Un re a New York, 1957), nuova protesta a favore della non violenza, svolta in sapiente equilibrio tra il graffio e la beffa. Solo commedia, al contrario, nell'ultimo film, A countess from Hong Kong (La contessa di Hong Kong, 1966), in cui, nonostante le riserve di una certa critica, i gags e i contrattempi di un gioco scenico dai modi volutamente antiquati raggiungevano felicemente il divertimento allo stato puro. Da quel giorno, comunque, pur continuando a occuparsi dei propri film curandone di persona talune riedizioni (di recente, 1976, ha preparato la sonorizzazione, con musiche proprie, del suo celebre A woman of Paris, Una donna a Parigi, 1923), Ch. ha vissuto quasi esclusivamente nell'eremo svizzero del Manoir de Ban, a Corsier sur Vevey, dove si è ritirato con O. O'Neill, figlia del grande drammaturgo americano, sposata nel 1943, e che gli ha dato ancora quattro figli. Fatto segno a onori d'ogni sorta (la regina Elisabetta lo ha creato baronetto d'Inghilterra, a Oslo gli hanno dedicato un monumento vicino a quello di Ibsen), l'ultimo suo contributo effettivo alla storia del cinema, insieme con A countess Jrom Hong Kong, resta, nel 1964, un prezioso libro di memorie, La mia autobiografia. È morto a Corsier sur Vevey il 25 dicembre 1977.

Bibl.: L. Delluc, Charlot, Parigi 1921; P. Leprohon, Chaplin ou la naissance d'un mythe, ivi 1935; M. Villegas Lopez, C. Chaplin el Genio del cine, Buenos Aires 1943; M. Bessy, R. Florey, Monsieur Chaplin ou le rire dans la nuit, Parigi 1952; G. Sadoul, Vie de Chaplin, ivi 1952; Autori vari, La figura e l'arte di C. Chaplin, Torino 1952; G. Viazzi, Chaplin e la critica, Bari 1955, con esauriente bibliografia; M. Martin, C. Chaplin, Parigi 1966; M. Bessy, R. Livio, C. Chaplin, ivi 1972; F. Savio, Il tutto Chaplin, Venezia 1972, con filmografia completa e i film dal 1914 al 1916 ritrascritti scena per scena.

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