Rossi, Checco di Meletto
Forlivese (varianti latine del prenome: Ceccus, forma non romagnola, Franciscus, versione ‛ notarile '; della paternità: de Mileto, errore o abbellimento retorico; del cognome: de Russis, più vicina al volgare, de Rubeis, Rubeus, latinizzazioni umanistiche), nato verosimilmente intorno al 1320 se considera maior il Boccaccio; fu notaio e poi cancelliere di Francesco Ordelaffi signore di Forlì, forse già al tempo in cui troviamo presso l'Ordelaffi anche il Boccaccio (1347-1348), in ogni caso sicuramente dal 1354 (bibl. Corsiniana, cod. 33 E 27, f. 71r). Agli stessi anni appartengono i suoi primi prodotti letterari: l'iniziativa di una tenzone (con due sonetti suoi) alla quale parteciparono con altri rimatori anche Boccaccio e Petrarca; e una corrispondenza poetica di genere bucolico, iniziata dal Boccaccio col carme Postquam fata sinunt, a cui risponde il carme del R. Iam medium lucis, e proseguita dal Boccaccio con l'egloga Tempus erat placidum, poi rifiutata dall'autore che la rielaborò col titolo Faunus nel Buccolicum carmen, III. Alla stessa corrispondenza si lega, ma sembra non direttamente, un secondo carme del R., Non tam praepetibus, forse del 1353.
In alcuni versi di quest'ultimo carme (19-23) fu veduto dal Carrara un epicedio di D.; l'interpretazione fu dimostrata erronea dal Massèra, come riconobbe il Carrara stesso. Ciò nonostante, rimane cospicuo l'interesse di quella corrispondenza poetica per la fortuna del D. bucolico e per la storia del primo umanesimo romagnolo, poiché essa risale, come altri casi e la precedente egloga di Giovanni del Virgilio inviata da Cesena al Mussato, all'esempio di quella di Giovanni del Virgilio con D., della quale ripete l'impostazione, di dialogo bucolico narrato in un'epistola metrica. L'influsso di quei testi (compresa l'egloga al Mussato) è confermato da numerosi particolari ed echi verbali (v. Carrara, Cecco da Mileto, pp. 8, 11, 13, 24; Martellotti, pp. 342-344; e anche Di Benedetto, p. 118 n. 2; si può aggiungere una derivazione sicura, nell'ultimo carme del R., v. 17 " - Quid faciemus? - ait ", dalla prima egloga di D., II 57). Poco più tardi il Boccaccio darà al Faunus e all'intero Buccolicum carmen, sull'esempio del Petrarca, la nuova impostazione di dialogo bucolico non più calato in una cornice narrativa ma direttamente rappresentato.
La successiva produzione del R., ancora tutta inedita, comprende un'altra egloga ‛ narrativa ', e con altri testi ce lo mostra ancora vicino al Petrarca: un'epistola metrica, accompagnata da una in prosa, s'inserisce nella protesta collettiva degli amici del Petrarca per il suo servizio presso i Visconti (1354), mentre sembra perduto un " carmen egregium " in favore dell'Ordelaffi nelle sue difficoltà politiche, a cui risponde la Fam. XXI 3 (1357). Alcune epistole in prosa degli anni 1361-63 sono documento insieme della mutata situazione politica di Forlì e del passaggio del R. ai servizi della parte vincente: prima presso il legato cardinale Egidio Albornoz, poi presso Malatesta Ungaro Malatesti. Sono anche i dati più tardi finora conosciuti della sua vita.
Bibl. -La più recente edizione della tenzone volgare in Antonio da Ferrara, Rime, a c. di L. Bellucci, Bologna 1967, 118-122 n. XLIV 1-I, con la bibl. precedente (e cfr. p., CCXVIII); la corrispondenza bucolica in G. Boccacci, Opere latine minori, a c. di A.F. Massèra, Bari 1928, 89-95, 290-294, con la bibl. prec. (e v. anche 304-305); l'ultimo carme del R. è edito e discusso in A.F. Massèra, Il preteso epicedio bucolico dantesco di un letterato forlivese, in " Felix Ravenna " IX (1913) 366-374; per il testo primitivo del Faunus v. F. Di Benedetto, Considerazioni sullo Zibaldone Laurenziano del Boccaccio e restauro testuale della prima redazione del " Faunus ", in " Italia Medioev. e Umanistica " XIV (1971) 111-129 e tavv. XII-XIV; per gli scritti posteriori si vedrà uno studio non ancora pubblicato di A.F. Massèra, Corrispondenze poetiche del Boccacci; e per ora la descrizione del codice principale, Laurenziano Gaddiano 101, in A.M. Bandini, Bibliotheca Leopoldina Laurentiana, II, Firenze 1792, 96-97, 99.
Si veda inoltre: E. Carrara, Cecco da Mileto e il Boccaccio, in " Giorn. stor. " XLIII (1904) 1-27; ID., La poesia pastorale, Milano s.d. [ma 1909] 84-87; A.F. Massèra, art. cit. (e la recens. di E. Carrara, in " Bull. " n.s., XX [1913] 193-199); R. Weiss, Il primo secolo dell'umanesimo, Roma 1949, 62, 88-90; G. Billanovich - F. Cada, Testi bucolici nella biblioteca del Boccaccio, in " Italia Medioev. e Umanistica " IV (1961) 201-221, passim; A. Campana, Civiltà umanistica faentina, in Il Liceo " Torricelli " nel primo Centenario, Faenza 1963, 300; G. Martellotti, La riscoperta dello stile bucolico, in D. e la cultura veneta, Firenze 1966, 342-346.