CHERSIPHRON (Χερσίϕρων, Chersâphron)
Architetto cretese, di Cnosso, attivo ad Efeso all'inizio del VI sec., dove iniziò, insieme al figlio Metagenes, la costruzione del tempio di Artemide. Plinio (Nat. hist., xxxvi, 95-97) riporta che le fondamenta furono poste su terreno paludoso per difenderlo dai terremoti e dalle frane; fu però necessario, data la grandezza dell'edificio, porre al di sotto delle fondazioni uno strato di carbone pestato e lana. Le misure date, e il periodo di 120 anni impiegato per la costruzione (avvenuta col concorso di tutta l'Asia), sì riferiscono quasi sicuramente all'Artemision più recente, innalzato in sostituzione di questo, distrutto nell'incendio del 356. Certo è che Ch. non portò a termine l'opera, e neppure quindi vide le colonne poste su basi adorne di rilievi (columnae caelatae), fatte per incarico del re Creso. Anche il tempio arcaico, come poi quello del IV sec., era ionico periptero; solo lo stilobate era posto ad un livello inferiore. Lo Hogarth non ritiene Ch. architetto del cosiddetto "tempio D o di Creso", ma di quello "C", precedente al "D", non periptero; l'ipotesi non è generalmente condivisa. L'erezione dell'architrave è attribuita da Plinio (loc. cit.) a Ch. (è spiegato il metodo impiegato, ed è ricordato l'intervento della stessa Artemide per l'erezione dell'architrave della facciata); da Vitruvio invece (iii, 2, 7, p. 70, 5 e x, 2, 11-12, p. 249) al figlio Metagenes, mentre Ch. è detto aver posto solo le fondamenta e presieduto all'erezione delle colonne. Secondo Vitruvio (vii, 12) i due architetti avrebbero illustrato la loro opera in un volume. Altre fonti che ricordano Ch. sono lo stesso Plinio (Nat. hist., vii, 125) e Strabone (xiv, p. 640).
Bibl.: H. Brunn, Geschichte d. griech. Künstl., II, Stoccarda 1889, pp. 324-5; 344-9; 384; O. Puchestein, in Arch. Anz., V, 1890, c. 141 ss.; E. Fabricius, in Pauly-Wissowa, III, 1899, c. 2241, s. v.; S. Ferri, Plinio il Vecchio, Roma 1946, p. 262; W. Dinsmoor, The Arch. of Anc. Greece, Londra 1950, pp. 47, nota 3, 127, 131.