GHIRARDACCI, Cherubino
Nacque a Bologna tra il 1518 e il 1519. La famiglia proveniva da Castel San Pietro, nel contado, ed era giunta a Bologna nel 1518, andando a risiedere nella parrocchia di S. Maria Maggiore; le venne concessa la cittadinanza nel 1530.
Artefice del trasferimento fu il nonno del G., Sante. Il padre Andrea fu attivo come notaio e venne aggregato alla Società dei notai di Bologna nel 1526. Risulta in esercizio sino al 1568; ebbe due mogli e dalla prima, il cui nome ci è sconosciuto, nacquero il G. e, nel 1524, Sante. Risposatosi nel 1557 con Agnese di Cristoforo Norchesi, Andrea morì il 30 marzo 1586, alquanto avanti negli anni, e fu sepolto nella chiesa degli agostiniani di S. Giacomo Maggiore.
Il G. entrò nell'Ordine agostiniano assai giovane, intorno al 1532, e nel 1533 era nella famiglia di S. Giacomo Maggiore di Bologna. In quell'anno aveva già terminato il noviziato e doveva avere preso gli ordini minori, in quanto poté partecipare a un'adunanza della comunità. Dal 1532 al 1548 attese alla propria formazione a Bologna, Roma, Siena e forse Venezia. A Siena, dove nel 1543 aveva ricevuto l'ordinazione sacerdotale, si trattenne sino al 1548 per completare la sua preparazione teologica. Accanto agli studi sviluppò un'intensa attività di calligrafo e miniatore. Nel 1548 rientrò a Bologna, dove da allora risiedette stabilmente nel convento di S. Giacomo Maggiore, allontanandosi solo per brevi periodi (cfr. Casacca, pp. 15 ss.; Sorbelli, pp. XIV ss., che sostiene una maggiore mobilità del Ghirardacci).
Durante la permanenza nel convento di S. Giacomo Maggiore si dedicò principalmente alla miniatura, all'illustrazione dei testi e allo studio delle antiche carte del convento, da cui nacque quella abitudine alla consultazione dei documenti d'archivio che gli consentì poi di affrontare la stesura della Historia di Bologna. La fama di miniatore e calligrafo del G. fu eccellente, tanto che gli agostiniani di S. Giacomo Maggiore lo impiegarono per molti anni nel rifacimento dei loro libri conventuali e corali. Richieste della sua opera giunsero anche da altri ordini: così i certosini di Bologna nel 1559 gli chiesero di scrivere e illustrare i loro libri liturgici. Primo risultato della ricerca storica tra le carte del convento di S. Giacomo Maggiore fu il Libro economico antico (Arch. di Stato di Bologna, Demaniale, S. Giacomo, 122/1728), che offre un'ampia documentazione sui diritti, le ragioni e gli interessi del convento. Nei primi anni Settanta si dedicò anche alla redazione di strumenti di uso liturgico come il Calendarium ecclesiastico (Bologna 1570), che riporta le feste mobili, la cronologia per la celebrazione delle messe e la recita dell'ufficio, assieme con istruzioni per la lettura delle ore canoniche. Il lavoro è dedicato, quasi a sottolineare una sintonia che appare anche in altri gesti del G., al cardinale Gabriele Paleotti, arcivescovo di Bologna. In breve volger d'anni apparvero l'Institutione christiana et catholica del modo di ascoltar la messa (Bologna 1571 e Venezia 1572), di taglio catechistico; l'Ordine di celebrare le messe così solenne come private (Bologna 1571), che richiama quanto prescritto dal nuovo messale romano; gli Avvisi della messa (Bologna 1571; due edizioni a Venezia nel 1578) e opere di devozione, come il Nuovo e spirituale nascimento dell'huomo cristiano (Venezia 1572), volto ad approfondire i temi del sacramento del battesimo. Troviamo inoltre una raccolta di massime di personaggi bolognesi dal titolo Theatro morale de' moderni ingegni (Venezia 1575) e altre opere di impegno storico sul convento di S. Giacomo Maggiore e su famiglie bolognesi, i cui risultati confluiranno poi per la maggior parte nella Historia.
Ricoprì alcuni incarichi all'interno del convento senza però che questi divenissero particolarmente onerosi, proprio per evitare che sottraessero troppo tempo alle sue attività di studio: fu così sindaco, lettore, sottopriore, sacrista e maestro dei novizi. Nel 1582 divenne parroco di S. Cecilia, chiesa annessa a S. Giacomo Maggiore, e conservò l'incarico sino alla morte. Gli ultimi anni della sua vita furono divisi tra i compiti di curato e l'attività di storico, che fu sempre più intensa a partire dagli anni Settanta, quando principiò a comporre la Historia di Bologna. Gli studi preparatori lo impegnarono a lungo e solo nel giugno 1586 poté scrivere al Reggimento bolognese di aver rivisto "con grandissimo studio et fatica tutte le scritture degli Archivi de' principali Monasteri et molte Croniche delle più gravi, che per la città vanno d'intorno, oltre i due Registri novo et vecchio; son buona parte delle più antiche scritture della Camera degli Atti, sì come altri Autori gravi et fideli, che delle cose di Bologna hanno scritto" (Sorbelli, p. XLII). A quella data l'opera, o almeno la sua prima parte, era ormai giunta alla conclusione e il G. chiedeva il beneplacito del Senato per la stampa. Analoga richiesta era stata fatta al pontefice Sisto V, che apparentemente non aveva avuto problemi a rilasciare il privilegio in forma ampia con un motu proprio (il testo in Sorbelli, p. XLV), anche se poi ordinava al vicelegato a Bologna di consentire la pubblicazione solo dopo l'assenso del Senato. Questo manifestò invece una notevole resistenza a concedere la licenza: dapprima nominò una commissione composta da quattro senatori (Poeti, Lambertini, Bargellini e Facchinetti), poi temporeggiò lungamente, tanto che il G. inviò un secondo memoriale il 15 dic. 1587 e ancora un terzo il 29 ag. 1588. Ma quasi contemporaneamente, il 24 ag. 1588, i senatori scrissero all'ambasciatore bolognese a Roma Camillo Paleotti, affinché si adoperasse per far revocare al G. dall'autorità ecclesiastica il privilegio pontificio già concesso. Un'ulteriore lettera del Senato, in data 27 ag. 1588, all'ambasciatore esplicita i motivi dell'opposizione alla pubblicazione della Historia: "della contraddittione che poria essere fra un'historia et l'altra, che levaria il credito; del pregiuditio che ne potria venire al pubblico potendosi allegare qualche punto di essa Istoria contra noi medesimi; dei mali affetti et effetto che potriano nascere negli animi de' viventi in udire ricordare cose spiacevoli, che non sapevano, o che gli erano andate in oblivione" (Sorbelli, p. XLIX). Si esprimevano inoltre dubbi sulle capacità di G. come storico. Infine il Reggimento si adoperò attivamente affinché l'opera non fosse pubblicata in altra località fuori dal dominio bolognese, dove non sarebbe stata necessaria l'approvazione senatoria.
Il sostegno al proprio lavoro che G. incontrò in personalità come Gabriele Paleotti, da sempre attento alla ricerca storica, e Marc'Antonio Sabbatini fecero sì tuttavia che, alla fine di un così tormentato percorso, la stampa della prima parte dell'opera si potesse infine avviare tra il 1593 e il 1594 presso la tipografia di Giovanni Rossi.
Il primo volume della Historia di Bologna, che giunge sino al 1320, vide la luce ai primi del 1596 con una dedica al pontefice Clemente VIII. Nel frattempo il G. continuò la sistemazione del secondo volume, che nel 1598 risultava ormai pronto per la stampa.
La morte del G., che sopraggiunse a Bologna nella notte del 12 dic. 1598, interruppe però ogni ulteriore iniziativa editoriale.
Solo a metà del sec. XVII, su stimolo del predicatore agostiniano Aurelio Agostino Solimani, che divenne anche il curatore dell'edizione, fu possibile pubblicare il secondo volume della Historia (che arriva fino al 1424). La stampa fu ostacolata anche questa volta dal Senato, in quanto la documentazione offerta dal G. sulle relazioni tra Bologna e la Comunità di Medicina era ritenuta dal Reggimento cittadino insufficiente e troppo favorevole alle tesi autonomistiche dei Medicinesi. Per superare le resistenze senatorie Solimani fu costretto a inserire una nota di precisazione, a opera già composta e oramai quasi stampata. L'impresa poté così concludersi, dopo alcuni anni di travagli, con la stampa eseguita nel 1657 presso la tipografia di Giacomo Monti.
A metà del Settecento, su impulso di alcuni eruditi e in particolare del senatore bolognese Francesco Davia, venne ripreso il progetto di portare a compimento l'edizione dell'opera pubblicandone la terza e ultima parte. Al fine di garantire una copertura economica all'iniziativa, si diede vita anche a una società commerciale e si affidò la stampa alla tipografia Venturini di Lucca, che nel 1757 principiava a raccogliere pubblicamente le sottoscrizioni d'acquisto dell'opera. Nel 1758 il volume era ultimato, ma il marchese Guido Bentivoglio di Ferrara intraprese una decisa azione per far sospendere l'edizione, perché temeva che le affermazioni del G. sulla dubbia legittimità della discendenza di Annibale (I) Bentivoglio potessero screditare la sua famiglia. L'azione del Bentivoglio coinvolse sia il Senato bolognese, sia la Repubblica di Lucca, sia il pontefice Benedetto XIV Lambertini. Alla fine, il marchese, dopo lunghe diatribe con gli stampatori, si risolse ad acquistare tutte le 1060 copie già impresse del terzo volume, ancora sciolte e mancanti di indice, frontespizio e di qualche foglio finale, e ne fece distruggere 1059, trattenendone una per sé. Questo esemplare superstite, che consta di 440 pagine e giunge cronologicamente al 1508, dopo essere rimasto nell'archivio della famiglia Bentivoglio, fu acquistato da Luigi Frati nel 1860 per la Biblioteca bolognese dell'Archiginnasio (dove è tuttora conservato: 16.a.I.33). Su questa copia a stampa è stata condotta, con alcune integrazioni, l'edizione di A. Sorbelli per i Rerum Italicarum Scriptores, XXXIII, I.
La storiografia bolognese della prima età moderna si mostrava vivace e multiforme e, soprattutto a partire dalla seconda metà del Cinquecento, avviava una ricerca intesa a mettere in rilievo una comune consapevolezza sociale e cittadina. Essa esprimeva però una situazione di grave ritardo rispetto a città dalle tradizioni storiografiche ben più consolidate, come Firenze e Venezia. Un deciso stimolo agli studi storiografici bolognesi provenne dal cardinale Gabriele Paleotti, di cui sono noti gli influssi su Carlo Sigonio. Anche l'opera del G. si sviluppò grazie alla protezione del cardinale, decisiva nel superare gli ostacoli posti dal Senato alla pubblicazione del primo volume.
In quest'ambito, il lavoro del G., del quale non va dimenticata la significativa scelta del volgare, assunse anche un rilievo quantitativo nuovo, in quanto abbracciava un arco temporale che va dalla fondazione della città al 1509, e fu certamente il più impegnativo tentativo di dare a Bologna quella ricostruzione delle proprie vicende storiche, fino a sfiorare la contemporaneità, di cui la città era priva (l'Historia di Sigonio giungeva solo sino al periodo altomedievale). Ma questo tentativo fu sostanzialmente respinto dal ceto dominante che fece propria, piuttosto, la ben più modesta opera di Pompeo Vizzani. L'impossibilità di portare a compimento operazioni storiografiche di vasto respiro va ricercata nella specifica condizione politica di Bologna e nella particolare forma di governo misto, diviso tra il legato apostolico, rappresentante del centro romano, e il Senato, espressione dell'oligarchia cittadina, i cui divergenti interessi non consentivano una coerente e unitaria ricostruzione del passato. Nella ricerca del G. affiorava inoltre un'ammirazione per l'opera politica di Annibale Bentivoglio, e il modello di governo ideale che il G. sembrava proporre richiama quello di Bologna sotto l'egemonia bentivolesca. Appare quindi evidente come la Historia non fosse in sintonia con i sentimenti prevalenti nell'oligarchia dominante e come il suo modello politico di riferimento fosse tramontato da tempo.
Se si considera l'insieme di questi fattori, non sorprende che il giudizio sul lavoro del G. presso i suoi contemporanei non sia stato particolarmente positivo e che anche l'edizione del primo volume non abbia avuto un significativo successo editoriale, tanto che, per smerciarne le copie invendute, si ricorse, nel 1605, all'artificio di mutare il frontespizio, spacciando questa modifica come nuova edizione. Al G. venne imputata anche una certa difficoltà di esprimersi con chiarezza e persino L.A. Muratori, G. Tiraboschi e G. Fantuzzi espressero giudizi poco lusinghieri su di lui. Alla fortuna del G. nocque, oltre a una scarsa capacità narrativa, il fatto che per l'epoca antica e l'Alto Medioevo, a lungo rimasta l'unica parte diffusa dell'opera, la qualità del suo lavoro fosse inferiore a quella di Sigonio. L'ottica complessiva era fondamentalmente politico-istituzionale, ma va sottolineato come uno degli aspetti caratteristici della Historia l'attenzione quasi esclusiva alle vicende cittadine, mentre dimostra un disinteresse quasi totale per quanto si verifica nel contado. Il giudizio che Luigi Frati espresse ai primi del Novecento appare ancora oggi sostanzialmente valido, allorché sottolineava che se, da un lato, il G. non sa, talvolta, maneggiare le fonti con adeguata maestria, d'altro canto è innegabile che fu il primo ad avvicinarsi ai documenti relativi alla storia bolognese in maniera sistematica (Frati, p. 232).
L'importanza e il valore metodologico della Historia risiedono nel fatto che il suo autore ha assunto come fondamento della ricerca la verifica archivistica delle informazioni, non limitandosi a ripetere affermazioni tradizionalmente date per acquisite. Il nucleo documentale su cui si fonda la Historia va ricercato principalmente nella Camera degli atti del Reggimento cittadino; inoltre sono utilizzati i documenti riguardanti Bologna della Biblioteca apostolica Vaticana, di archivi locali, come quello di Nonantola, e di numerose istituzioni religiose bolognesi, nonché di numerose altre fonti di carattere istituzionale, che il G. non mancò di consultare. Tra gli storici più citati troviamo Leandro Alberti, Carlo Sigonio, Bernardino Corio, Onofrio Panvinio, ma non sono ignorati neppure studiosi stranieri le cui opere erano da poco disponibili in Italia, come Guillaume Budé e Pedro Mexia.
Il ricorso alle fonti documentarie rende la Historia ancor oggi un utile strumento di ricerca e segna abbastanza nettamente il passaggio dal genere cronachistico a quello storico più moderno ("apre la serie degli storici e chiude quella dei cronisti", secondo Sorbelli, p. III).
Del primo volume della Historia non possediamo il manoscritto originale; vanno ricordati come essenziali per ricostruire l'opera: Bologna, Bibl. comunale dell'Archiginnasio, Manoscritti, B.1181, Cronaca delle cose di Bologna (fino al 1123), autografo; B.1735, Della Historia di Bologna, autografo (reca l'imprimatur per la stampa Monti 1657 ed è l'originale usato in tipografia); Mss. Malvezzi de' Medici, cart. 23, sub. 2, Invito di virtù di f. C. Ghirardacci bolognese a f. Hortensio Giovannelli come figliuol carissimo, autografo, datato 1560; ibid., vol. 41, Libro over arbore della honorata famiglia de Fasanini, si d'huomini come donne, nobili cittadini bolognesi, da varie scritture antiche raccolto per il reverendo padre f. C. Ghirardacci bolognese nell'anno MDLXXII, autografo; Ibid., Bibl. universitaria, Mss. italiani, 286 (217), sub. 27 (Capitoli conchiusi tra il pontefice Pio II e i Bolognesi il 16 ott. 1459, autografo); 1208 (1975), Istoria di Bologna dall'anno 1471 al 1508; 1220 (2000), Continuazione della historia di Bologna dal 1393 al 1470; 1223 (2012); 1226 (2018), repertorio alfabetico. I manoscritti 1208, 1220, 1223 costituiscono gli autografi, a uno stadio di elaborazione non ancora perfetto, del terzo volume della Historia.
L'edizione moderna della sola terza parte della Historia di Bologna risale al 1932, a cura di A. Sorbelli, in Rerum Italicarum Scriptores, XXXIII, I (la Prefazione di Sorbelli, fondamentale per la ricostruzione della vita e dell'opera del G., risale al 1915).
Fonti e Bibl.: Le fonti relative al G., le sue opere edite e inedite sono ampiamente descritte in Sorbelli, pp. XIX-XL, e in Casacca, 1916, pp. 47 ss. Ricordiamo che la maggior parte degli scritti ghirardacciani è conservata presso l'Arch. di Stato di Bologna, Demaniale S. Giacomo, bb. 115/1721, 122/1728, e le biblioteche comunale dell'Archiginnasio e universitaria di Bologna. L'attività di parroco della chiesa di S. Cecilia è documentata in Bologna, Arch. arcivescovile, Parrocchie soppresse, S. Cecilia, Primo libro dei matrimoni.
L.A. Muratori, Praefatio, Historia miscellanea Bononiensis, in Rer. Ital. Script., XVIII, Mediolani 1731, p. 240; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, IV, Bologna 1784, pp. 136 s.; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, IV, Milano 1833, p. 87; M. Gualandi, Frate C. G. storico bolognese, Bologna 1852; G. Gozzadini, Lettera di fra C. G. e notizie riguardanti la stampa del suo terzo volume della "Historia di Bologna", in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, II (1863), pp. 179-187; L. Frati, Gli autografi di fra C. G, ibid., s. 3, XIX, (1901), 1-3, pp. 224-244; L. Sighinolfi, Un autografo sconosciuto di C. G., in L'Archiginnasio, II (1907), pp. 166-174; T. Casini, G. C.: della historia di Bologna. Parte terza, ibid., XI (1916), pp. 291-295; N. Casacca, Note biografiche di C. G. dell'Ordine eremitano di S. Agostino, Bologna 1915; A. Sorbelli, Quod satis? A proposito di un opuscolo sul G., in L'Archiginnasio, XI (1916), pp. 246-255; N. Casacca, Per le Note biografiche di C. G.: risposta al prof. Albano Sorbelli, Bologna 1916; G. Fasoli, La storia delle storie di Bologna, in Scritti di storia medievale, Bologna 1974, pp. 663-681; Id., Appunti sulla "Historia Bononiensis" ed altre opere di Carlo Sigonio, ibid., pp. 683-710; C. Casanova, La storiografia a Bologna e in Romagna, in Storia della Emilia Romagna, a cura di A. Berselli, II, Bologna 1977, pp. 613-624; E. Cochrane, Historians and historiography in the Italian Renaissance, Chicago 1981, pp. 253-255; F. Pezzarossa, Una prima verifica dei rapporti fra strumenti culturali e ruoli sociali: la memorialistica e i ceti bolognesi nei secoli XIV-XVII, in Sapere e/è potere. Discipline, dispute e professioni nell'università medievale e moderna. Il caso bolognese a confronto. Atti del IV convegno, Bologna… 1989, III, Dalle discipline ai ruoli sociali, a cura di A. De Benedictis, Bologna 1990, pp. 111-134; R. Garruccio, Tra cronaca e storia. Il Reggimento cittadino quattrocentesco nella Historia di Bologna di C. G. (1519-1598), tesi di laurea, facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Bologna, a.a. 1993-94.