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. 1. L'uso di c. con funzione di pronome interrogativo, soggetto di proposizione interrogativa sia diretta che indiretta, più raro di quello di c. con funzione di pronome relativo indefinito (v. oltre, 2.), nella Vita Nuova (7 attestazioni contro 40 complessive), nelle Rime (8 contro 39) e nel Convivio (25 contro 91), si fa assai più frequente nei dialoghi delle prime due cantiche della Commedia (delle 90 attestazioni contro le 196 complessive, soltanto una decina occorrono nel Paradiso).
Nelle opere in poesia c. è usato soprattutto in determinate sedi del verso, tra le quali si segnala quella iniziale, con 4 attestazioni su 8 nelle Rime e 21 su 90 nella Commedia, ove altre sedi preferite sembrano la terza e la quinta, rispettivamente con 18 e 13 occorrenze; le sedi meno frequenti sono la settima e, ovviamente, la decima, con una sola occorrenza ciascuna (Pd XXIV 103 Risposto fummi: " Di', chi t'assicura? ", notoriamente riecheggiato dal Petrarca; If XXXII 66 se tosco se ', ben sai omai chi fu).
1.1. Nell'uso di c. interrogativo è tipica la struttura rappresentata in Vn XXXVII 4 manifestando chi è che così parla, e XXXVIII 9 5 Chi è costui, / che vene a consolar la nostra mente, con 3 attestazioni su 7; nelle Rime, in CIV 40 chiese / chi fosser l'altre due ch'eran con lei, con 2 attestazioni su 8; in Cv II IV 1 resta di dimostrare chi sono questi che 'l muovono (il terzo cielo; ma cfr. II XII 9 è da vedere chi furono questi movitori; Il XV 1 si può vedere chi sono questi movitori), e in II III 1 è da sapere chi e quanti sono costoro che son chiamati a l'audienza mia, con 4 attestazioni - di cui una in proposizione interrogativa diretta, IV XII 4 Ohmè! chi fu quel primo che li pesi de l'oro coperto... cavoe? - su 25 complessive. Questa struttura ritorna soprattutto nella Commedia, con 21 occorrenze su 90: ad es. in If IV 74 questi chi son c'hanno cotanta onranza; V 50 Maestro, chi son quelle / genti che l'aura negra sì gastiga?; XIX 31 Chi è colui, maestro, che si cruccia / guizzando più che li altri suoi consorti ?; Pg I 40 Chi siete voi che contro al cieco fiume / fuggita avete la pregione etterna ?; XIV 1 Chi è costui che 'l nostro monte cerchia... ? (cfr. sopra If XIX 31).
In Pg XXIII 52 ma dimmi il ver di te, dì chi son quelle / due anime che là ti fanno scorta (cfr. sopra, If IV 74) si trova l'ultima attestazione di questa struttura, fondamentalmente colloquiale (cfr. oltre), nella Commedia.
1.2. La locuzione ‛ non so chi ', con il significato di " una persona ignota ", come il latino nescio quis onde ovviamente deriva, è soltanto in Pg XXIV 118 Si tra le frasche non so chi diceva (come osserva il Petrocchi, ad l., la lezione chi è sicuramente preferibile a che, " a stento salvabile per ‛ quale essere ' "). Non si confonda, però, questo passo con Pd V 127 ma non so chi tu se', solo apparentemente analogo alla locuzione suddetta; vi si osservi l'uso dell'indicativo prevalente su quello del congiuntivo dopo c. in proposizioni interrogative indirette.
2. C. è usato da D. con funzione di pronome relativo indefinito, come soggetto di proposizione relativa (" egli che ", " chiunque ") o successivo alle preposizioni a ' (12 volte nella Vita Nuova, 3 nelle Rime, 13 nel Convivio e 14 nella Commedia), ‛ per ' (soltanto in Cv II XI 9 Le quali cose in essa si possono belle vedere, per chi ben guarda) e ‛ in ' (soltanto in Pg X 134 la qual fa del non ver vera rancura / nascere 'n chi la vede). È inatteso l'uso di ‛ cui ' in luogo di c. in Pg II 95, ove il pronome funge da soggetto, quei che leva quando e cui li piace: la sintassi della proposizione ricorda quella di una ‛ ragione ' delle Rime dubbie III 7 La terza parte [della ballatetta Donne, i' non so] pone quando questo mi diviene e chi 'l muove.
2.1. Nelle opere in poesia c., anche con funzione di relativo, si trova in determinate posizioni del verso: nella Vita Nuova 5 attestazioni su 10 complessive ricorrono nella prima sede del verso (XXVI 10 2 Vede perfettamente onne salute / chi la mia donna tra le donne vede), e 3 nella sesta (XXII 15 10 e fa peccato chi mai ne conforta); nelle Rime, 9 nella prima e 3 nella sesta sede (CVI 119-121 chi con tardare, e chi con vana vista, / chi con sembianza trista / volge il donare in vender) su 21 complessive; nella Commedia, 17 nella prima (If I 63 chi per lungo silenzio pareo fioco) e 15 sia nella quinta che nella sesta sede (If XVIII 97 Con lui sen va chi da tal parte inganna; V 107 Caina attende chi a vita ci spense).
2.2. I sintagmi in cui c. è preceduto da verbi quali ' essere ' e ' avere ' corrispondono alla deissi indeterminata di " qualcuno " o " nessuno ", secondo che la proposizione reggente sia positiva o negativa. Di questa struttura 3 sono le attestazioni nella Commedia: If XII 42 è chi creda, Pd XXVII 140 'n terra non è chi governi, XVIII 109 Quei che dipinge lì, non ha chi 'l guidi. In questi costrutti - chiari riecheggiamenti del latino est qui - il verbo della proposizione dipendente è sempre al congiuntivo, come in quelli nei quali c. è preceduto da ‛ trovare ', in Rime XCVI 1 Perch'io non trovo chi meco ragioni, e 8 è sì rio, / che 'l ben trova chi albergo li doni, e come nelle tre proposizioni rette dal verbo ‛ volere ' e introdotte da c., in Pd XXI 130-132 Or voglion... chi rincalzi / li moderni pastori e chi li meni / ... e chi di rietro li alzi.
2.3 Nella maggior parte delle attestazioni in cui vale " chiunque ", c. funge da soggetto sia della proposizione principale, pertanto inespresso, sia della relativa dipendente; cfr. Vn XXVI 7 11 che 'ntender no la può chi no la prova; XII 17 allora intenda qui chi qui dubita, o chi qui volesse opporre in questo modo; Rime CVI 43 Servo non di signor, ma di vil servo / si fa chi da cotal serva si scosta; CXIV 9 Chi s'innamora si come voi fate / ... e sé lega e dissolve, / mostra ch'Amor leggermente il saetti. Hanno questa struttura alcuni moduli espressivi del Convivio che, invitando alla riflessione sull'argomento trattato, ne proclamano indirettamente l'ovvietà, accessibile a chiunque: I I 6 Manifestamente adunque può vedere chi bene considera (cfr. II III 13 come può vedere chi bene considera); I III 11 Apertamente adunque veder può chi vuole [" chiunque ", in quanto " chiunque voglia comprendere "] che la imagine per sola forma generata sempre è più ampia... che non è la cosa imaginata nel vero stato (cfr. II III 4 Questa sua sentenza... erronea può vedere chi vuole nel secondo de Coelo et Mundo); I X 13 chi vuole ben giudicare d'una donna, guardi quella quando solo sua naturale bellezza si sta con lei; X 13 le quali chi bene agguarderà, vedrà essere piene di... bellezza.
Il soggetto della proposizione reggente è espresso in Rime LXXVII 6 la gente si guarda da lui, / chi ha borsa a lato, là dov'e' s'appressa: rispetto alla ridondanza del soggetto della proposizione principale, con il quale coincide concettualmente, il pronome relativo indefinito c. corrisponde alla predicazione di un esplicitante, " cioè colui che " (cfr. B. Giamboni Il libro de' vizi e delle virtudi XI 22 " sarebbero ben ricevuti [" tutte le genti " poco prima indicate], chi vi volesse albergare ".
2.4. Invece, il soggetto della proposizione principale è indipendente e diverso da quello della proposizione relativa introdotta da c., in Vn XI 1 e chi allora m'avesse domandato di cosa alcuna, la mia risponsione sarebbe stata solamente ‛ Amore '; Cv II XIII 18 Non solamente in tutti insieme, ma ancora in ciascuno è numero, chi ben considera sottilmente; III VIII 9 conoscer si può la sua presente passione, chi bene là mira; IV XXII 9 sì come veder si puote, chi bene riguarda la precedente ragione. In questi passi non si riconoscerà semplicemente un casuale anacoluto o l'omissione arbitraria di una preposizione come ‛ a ', ‛ per ', né l'equivalente di un attuale " se qualcuno ", - l'indeterminatezza di c. attenua, infatti, una deissi onnivalente -, ma una struttura stilistica propria di scritti didascalici, fondata sull'uso indifferenziato e polivalente di c., in certo modo analogo a quello di ‛ che ', e con un registro linguistico diverso da quello - colloquiale e non privo di confronti in altre lingue romanze - di c. nella locuzione chi è che ' (cfr. 1.1.). Tale uso conferiva al periodare un andamento sospeso, se la proposizione introdotta da c. precedeva la reggente - un ritmo spezzato, nella disposizione opposta -, e la modalità prosodico-espressiva della proposizione dipendente metteva in risalto come in quella si fondessero le caratteristiche connotative dell'eventualità e dell'universalità. Questa modalità era già nel Libro del Giamboni (L 4 " molto sarebbe lungo a contare e crudele e terribile a udire, chi ben volesse ogni cosa contare "), e, ad es., nel Volgarizzamento dei Sermoni di S. Agostino (p. 82): " chi ti percuote l'una gota, para l'altra ", ove non è esplicito il legame tra le due proposizioni, in pieno contrasto con l'organizzazione, razionalmente ipotattica, della sintassi del testo evangelico di Matt. 5, 39 " Si quis te percusserit in dexteram maxillam tuam, praebe illi et alteram ".
3. In 5 passi del Fiore e 16 del Detto, c. funge da pronome relativo indefinito: " egli che ", " quegli che " vale, infatti, in Detto 50 ma ciascun vuole ed ama, / chi di lui ben s'inama, " si innamora "; v. 298 ch'i' son ben, chi pro' caccia, / convien che bestia prenda.
Dopo il verbo essere ', con significato di " una persona tale che " e seguito dal verbo al congiuntivo (cfr. sopra, 2.), c. si trova in Fiore CLIX 2 e' sia chi ben pelar li [danari] saccia; dopo il verbo avere ', in LXXXVI 2 avete ben chi ne farà vendetta, e in Detto 436 se tu ha' chi gli 'ntagli.
Sembra significare " se qualcuno ", ma con modalità affini a quelle sopra osservate (cfr. 2. 4.), in Fiore XCIII 5 Ma chi venisse il fatto riguardando, ed egli avesse... sale in testa, / veder potrebbe in che 'l fatto si ne sta, e particolarmente in XCVII 1 Chi della pelle del monton fasciasse / il lupo e tra le pecore il mettesse, / credete voi... / che de le pecore e' non divorasse?, per la mancanza di coincidenza tra c. e i soggetti delle altre proposizioni. E preceduto dalla preposizione ‛ a ' soltanto in Detto 58 e 62. Ha valore di " chiunque ", in Fiore CXCV 14 credal chi vuol [" chiunque voglia crederlo "], ch'i' la teng'a follia!, ove si nota lo stesso giuoco di parola e la stessa assonanza tra chi e ch'i', " che io ", in un solo verso, che al v. 298 del Detto (v. sopra).
C. introduce una proposizione interrogativa indiretta, in Fiore LXII 14 non t'intrametter d'andar incheggendo chi l'ha recata né chi la saluta, e CLIII 13 i' non so chi vendetta me ne faccia.