Chiaramontesi
Antica consorteria magnatizia fiorentina, detta anche dei Chiermontesi o Chermontesi.
G. Villani (IV 11) li ricorda tra le famiglie abitanti in Or San Michele. In questa zona della città, verso la fine del sec. XIII, essi acquistarono la maggior parte delle case in cui si aprivano botteghe e depositi di panni francesi, fiamminghi e inglesi, onde averne il monopolio dei fitti, unitamente ai Cavalcanti, ai Bostichi e ai Lamberti, loro soci nella speculazione.
L'aumento eccessivo delle pigioni obbligò l'arte di Calimala a intervenire, costringendo i C. e i loro soci a cederle il diritto di stima degli affitti, con la minaccia di provvedimenti radicali nei loro confronti. In alcune loro case poste nel popolo di San Michele Bertelde (presso l'odierna via Tornabuoni) - così come in altre di proprietà dei Becchenugi - ebbe sede, all'inizio del sec. XIV, l'attività dello Studio fiorentino. Possedevano anche terre nel piviere di Ripoli, ove (1185) un Chiaramontese di Rinaldino di Malpiglio acquistò terre da alcuni dei Ciurianni. Il figlio di questo Chiaramontese, Francesco, è citato fra i consiglieri del comune presenti al giuramento della pace conclusa con i Senesi nel 1201, e fu console l'anno successivo. Gherardo, altro figlio di Chiaramontese e fratello di Francesco, fu console dell'arte dei Mercanti nel 1212 e sindaco del comune, nel 1219, per ricevere in accomandigia dai Guidi il castello di Montemurlo.
L'esercizio proficuo della mercatura, del quale più volte le fonti danno notizia indiretta; il possesso di fondi rustici e di case in città; la partecipazione alla vita pubblica di Firenze in posizioni 954 di rilievo, documentata fino dal sec. XII, diedero ai C. la fama di potenza e di ricchezza della quale, oltre a G. Villani, si fanno eco Marchionne di Coppo Stefani (rubr. 229) e il Compagni (I 2).
D. non ne fa il nome, ma accenna implicitamente ai C., due volte (Pg XII 103-105 si rompe del montar l'ardita foga / per le scalee che si fero ad etade / ch'era sicuro il quaderno e la doga; Pd XVI 105 quei ch'arrossan per lo staio), ricordando un fatto recente (l'Ottimo lo narrerà per esteso) che ebbe eco negativa anche nella Firenze mercantesca, abituata agli scandali collegati con il fervore dell'attività economica. Vergogna per tutta la consorteria era stato, secondo D., il comportamento di Durante C., frate della penitenza ma, ciononostante, abilissimo affarista. Questi, nella seconda metà del sec. XIII, si era arricchito con la mercatura e possedeva in Borgo Pinti un magnifico giardino che i concittadini gl'invidiavano per le migliaia di aranci e limoni che lo allietavano. Ma la sua ricchezza non aveva origini limpide, e ciò divenne noto a tutti dopo che fu accertato che egli, valendosi dell'incarico di soprintendente alla vendita del sale, si era procurato grossi guadagni alterando la misura ufficiale dello staio. Scoperta la frode, Durante fu punito con la morte e lo staio, di legno che era, fu rifatto di ferro.
Non fu, però, solo questo il motivo della crisi dei C.; guelfi e poi Bianchi, essi si alienarono le simpatie dei Donati a causa dell'atteggiamento di Geri, figlio di Durante, e dei suoi fratelli; nei mesi del suo priorato (15 giugno-15 agosto 1301), Geri partecipò alla deliberazione dei provvedimenti contro i seguaci di Corso; quest'ultimo, più tardi, se ne vendicò bandendo la discendenza di Durante e facendone distruggere le case con il tanto amato giardino.
Il bando politico e la conseguente rovina economica furono aggravati dall'inclusione dei C. fra le famiglie esiliate con la ‛ riforma ' del 1311. La dispersione dei consorti si accentuò, tanto che le memorie dei C. non vanno oltre il sec. XIV. Di essi si ricorda anche un Francesco, frate domenicano in Santa Maria Novella e dottore in diritto canonico, del quale si diceva che conoscesse a memoria tutti i Decretali (fra 1270 e 1304). Il Boccaccio (Dec. IX 1) introduce un Alessandro C. come protagonista di una sua novella; bandito da Firenze, Alessandro viveva a Pistoia.
Bibl. - Le fonti cronistiche sono riprese dagli eruditi fiorentini dei secoli XVI-XVIII (V. Borghini, Discorsi, II, Firenze 17552, 56; B. de' Rossi, Lettera a Flamminio Mannelli... delle famiglie e degli uomini di Firenze, ibid. 1585, 57; P. Mini, Discorso della nobiltà di Firenze e de' Fiorentini, ibid. 16142, 147; id., Difesa della città di Firenze e de' Fiorentini, ecc., Lione 1577, 296, 306); Davidsohn, Storia, ad indicem (rielabora i dati contenuti nelle fonti cronistiche e documentarie, considerando le vicende familiari dei C. nel quadro della storia politica e sociale di Firenze).