CHIGI
. Nobile famiglia senese e romana. Si asserì che discendesse da un ramo dei conti dell'Ardenghesca, signori di Macereto nel contado senese. I documenti ce la presentano nel sec. XIII in Siena, dove la famiglia, che era di banchieri, acquistò nobiltà nel 1377 e tenne pubblici uffici, mentre due dei suoi, il beato Giovanni Da Lecceto, eremitano (1300-63), mirabile soccorritore di appestati, e la beata Angela (1400), pure eremitana, la illustravano con la loro santità. Nel sec. XV, la famiglia si divise nei due rami di Mariano e di Benedetto. Mariano (1439-1504) fu banchiere famoso, ambasciatore ad Alessandro VI e al Valentino, ricostruì il palazzo di Via del Casato in Siena, commise al Perugino la celebre tavola del Crocifisso per l'altare della famiglia in S. Agostino; Sigimondo (1479-1525), suo figlio, genero di Pandolfo Petrucci e autorevolissimo in Siena, adornò il palazzo con i dipinti del Sodoma ed eresse la principesca Villa delle Volte.
Ma più famoso fu un altro dei figlioli di Mariano, Agostino il Magnifico, nato circa il 1465, morto a Roma nel 1520. Appaltatore di saline e dell'allume della Tolfa, tesoriere della Chiesa, dalla sua casa di Roma annodò relazioni commerciali con tutta l'Europa: ebbe ventimila dipendenti, raccolse una sostanza che si disse salire a 800.000 ducati, sovvenne alle imprese guerresche di Cesare Borgia, all'esilio dei Medici, alle prodigalità di Leone X. Dai Senesi ebbe in dono Portercole (1507); vide Leone X testimone alle sue nozze e al suo testamento (1519). Spiegò uno sfarzo non mai veduto; ma insieme fu amico di letterati, del Bembo, del Giovio, dell'Aretino; aprì una tipografia, donde uscì il Pindaro, primo libro greco stampato in Roma (1515); commise al Peruzzi, o forse a Raffaello, il disegno, a Raffaello stesso e al Sodoma la decorazione della celebre villa fuori di porta Settimiana, che, acquistata nel 1579 dai Farnese, ha il nome di Farnesina; fece decorare da Raffaello la cappella di S. Maria della Pace, e ancora da Raffaello fece disegnare e da lui e da Sebastiano del Piombo ornare di dipinti la cappella di S. Maria del Popolo, dove fu sepolto.
Dopo, decadde questo ramo della famiglia; il banco fu chiuso (1528), le sostanze sperperate: i Chigi si ritrassero in Siena, dove tuttavia i discendenti di Sigismondo continuarono ad avere uffici e onori. Ne risorse la fortuna con Fabio, cardinale, che nel 1655 fu papa Alessandro VII (v.). I più stretti congiunti del papa vennero a Roma e abitarono il maestoso palazzo di Piazza Colonna; qui furono raccolte per cura del pontefice e dei nipoti una ricca pinacoteca e una biblioteca (v. chigiana, biblioteca). Flavio, nipote del papa, fu nel 1657 creato cardinale; Agostino, altro nipote, fu fatto nel 1658 principe di Farnese, nel 1661 principe di Campagnano, nel 1662 duca di Ariccia; l'imperatore lo creò nel 1659 principe dell'impero. Discesero da lui i Chigi di roma, i quali continuarono a salire, anche morto il pontefice. Sigismondo, fratello di Agostino (1649-77), fu a diciotto anni cardinale e poi legato di Ferrara; Augusto di Agostino (1662-1744) fu creato da Clemente XI nel 1712 maresciallo della Chiesa e custode perpetuo del conclave, la quale dignità divenne ereditaria nella famiglia; Agostino, suo figlio (1710-69), sposò nel 1735 Giulia Albani, di famiglia patrizia veneziana forse oriunda dell'Albania, per il quale matrimonio, all'estinguersi della famiglia Albani nel 1852, il primogenito di casa Chigi assunse il cognome e le armi degli Albani. Appartennero a questa linea Flavio (1711-71), cardinale nel 1753; Sigismondo (1736-93), che fu, probabilmente nel 1780, "padrone" del giovine Monti ed ebbe da lui nel 1783 dedicati gli Sciolti; Agostino, primo dei Chigi Albani (1771-1855), autore d'un prezioso diario romano dal 1801 al 1855, in 21 volumi, ancora per gran parte inedito; Flavio (1810-1885), che fu prima ufficiale nella guardia nobile, poi nunzio a Monaco (1850-61) e a Parigi (1861-73) e nel 1873 cardinale; Agostino (1858-96), caduto valorosamente ad Adua.
Da Benedetto di Agostino (sec. XV) discese la linea dei Chigi di Siena, illustrata da Camillo, ambasciatore nel 1550 a Carlo V, da Scipione, fratello suo, insigne cittadino e nel 1552 fra i capi della repubblica liberata, da un altro Scipione (1584-1633), musicista di molta fama, mecenate, capitano del popolo, gonfaloniere; ma più che da ogni altro, da Carlo Corradino (nato a Siena nel 1802, morto a Fivizzano nel 1881). Questi, entrato nella marina sarda, vi si distinse nella spedizione di Tripoli (1825); ne uscì nel 1839, per non rinunziare alla cittadinanza toscana. Governatore dell'Elba dal 1840 al 1846, vi acquistò alte benemerenze per il progresso economico dell'isola: fu, nel momento difficile dell'annessione al ducato di Modena, gonfaloniere di Fivizzano. Nel 1848 dimostrò senno nelle difficili pratiche dell'organizzazione delle milizie toscane e delle relazioni con l'esercito sardo, eroico valore a Curtatone. Nominato comandante della guardia civica fiorentina, si dimise, quando le milizie furono sciolte dal giuramento di fedeltà al granduca; ma non appoggiò la reazione granducale, e quando fu nel 1859 nominato gonfaloniere di Siena, fece, primo tra i magistrati cittadini della Toscana, votare l'annessione. Entrò nel 1860 nel senato, e vi pronunziò nel 1867 un fiero discorso contro la proposta di soppressione delle corporazioni religiose.
Figlioli di lui furono Francesco (1842-99), capitano di vascello e aiutante di campo del re, e Fabio (1849-1906), che per eredità assunse il casato dei Chigi Saracini Lucarini, col quale si denomina oggi il principale ramo senese della famiglia.
Altri rami sono quelli dei Chigi Zondadari di Siena e dei Chigi Montoro di Viterbo. Raccolse il primo l'eredità del cardinale Flavio senior, il quale lasciò i suoi beni e il marchesato di san Quirico a Bonaventura, primogenito della sorella Agnese e di Ansano Zondadari senese (1693). Ne discesero Marcantonio (1658-1722), Gran Maestro di Malta (1720), Anton Felice (1665-1737), riunzio in Spagna, legato di Avignone, cardinale (1712); Alessandro (1669-1744), arcivescovo di Siena (1714); Anton Felice (1739-1823), nunzio a Bruxelles (1785), donde fu espulso da Giuseppe II, arcivescovo di Siena (1795) e caldo partigiano della restaurazione nel 1799, cardinale (1801); Angelo Bonaventura (1773-1847), governatore di Siena dal 1831; Bonaventura (1841-1908), senatore del Regno.
Il ramo dei Chigi Montoro venne da Francesco C., fratello di Agostino il Magnifico (1469-1519), il quale si stabilì nello splendido palazzo di Viterbo. Un pronipote suo, Lorenzo, sposò nel 1625 Dianora, ultima erede dei marchesi di Montoro, e il figliolo Lorenzo ebbe il titolo di marchese; Giovanni, sposando Maria Virginia Patrizi, assunse nel 1736 il cognome Patrizi: dalla figlia sua Porzia Maria, sposa nel 1770 a Francesco Naro, discende la famiglia dei Naro-Montoro-Patrizi di Roma.
Bibl.: Sono ancora inediti fra i codici chigiani della Casanatense di Roma (la. I, i; 2536); i Chigiae familiae commentarii di Fabio C. (Alessandro VII). Tra le opere a stampa, si veda U. Frittelli, Albero genealogico della nobil famiglia C., Siena 1922; cfr. inoltre: D. Angeli, in Marzocco, XXXIV (1929) num. 28; E. Veo, in Nuova Antologia, CCCXLV e CCCXLVI (1929). Su Agostino il Magnifico, v. G. Cugnoni, A. Chigi il Magnifico, in Archivio della R. Società romana di storia patria, II, IV, VI (1879-1881 e 1883), e, a parte, Roma 1878-83; Förster, Farnesina-Studien, Rostock 1880. Su Carlo Corradino, v. F. Piccolomini-Bandini, Ricordi militari del conte C. C. C., Siena 1917; F. Jacometti, C. C. C., in Bull. senese di st. patria, XIX (1912).