CHIMICA DELLE INTERFASI
Una fase rappresenta la regione omogenea di un sistema chimico, entro la quale in condizioni di equilibrio le sue proprietà si mantengono uniformi. L'interfase costituisce la regione di confine fra due fasi diverse.
Se le due fasi a contatto sono un gas e un solido, l'interfase si può identificare con la superficie di quest'ultimo. In realtà nelle regioni di confine esiste una gradualità nel passaggio dai valori delle proprietà fisiche di una e dell'altra fase, che si manifesta entro una breve distanza che definisce lo spessore dell'interfase.
Si possono individuare diversi tipi di interfasi (solido-liquido, solido-gas, liquido-liquido, liquido-vapore):
Interfasi
La formazione di ciascuna di esse è associata a una variazione dell'energia libera del sistema, la cui entità viene chiamata energia libera superficiale di eccesso.
Adsorbimento. - Un tipico fenomeno che si manifesta alle interfasi è l'adsorbimento, attraverso il quale alcune specie presenti nelle fasi omogenee si addensano in corrispondenza di una interfase. Per es. nel caso di una interfase solido-gas alcune molecole provenienti dalla fase fluida aderiscono alla superficie del solido formando lo strato adsorbito. La quantità di sostanza adsorbita dipende dalla temperatura e dalla pressione, secondo gli andamenti illustrati in fig. 1, relativi all'adsorbimento ammoniaca-carbone. Le curve riportate nella figura descrivono la relazione che intercorre, a temperatura assegnata (in gradi Kelvin), fra la pressione p di un gas e il suo volume adsorbito v. Esse vengono chiamate isoterme di adsorbimento.
Le forze che intervengono nell'adsorbimento possono essere di natura puramente fisica, ovvero dello stesso tipo di quelle, dette di van der Waals, che condizionano il comportamento dei gas reali e che danno origine ai processi di condensazione dei vapori. In questo caso esso viene chiamato fisico.
In particolare l'energia di interazione di una molecola gassosa con una superficie solida risulta espressa dalla somma delle interazioni della molecola stessa con i diversi atomi del solido:
Φ = ΦR + ΦD = B Σri−12 − C Σri−6 [1]
ΦR e ΦD indicano rispettivamente i termini repulsivo ed attrattivo dell'energia di interazione, ri è la distanza della molecola dal generico atomo iesimo della superficie, B e C sono due parametri caratteristici del sistema in esame.
Nello scrivere l'espressione precedente si è assunto che l'interazione fra una molecola presente nella fase gassosa e un atomo della superficie si possa descrivere mediante il potenziale di Lennard-Jones, in cui è presente un termine attrattivo inversamente proporzionale alla sesta potenza della distanza (forze di dispersione) e uno repulsivo inversamente proporzionale alla dodicesima potenza della distanza.
Le sommatorie presenti nell'equazione [1], con buona approssimazione, si possono valutare effettuando una integrazione sul volume del solido. Si ricava la seguente espressione:
In essa ϱ è il numero di atomi del solido per unità di volume, z la distanza della molecola dalla superficie e zo il valore della distanza di equilibrio in corrispondenza della quale [dΦ(z)/dz]=0.
L'andamento della [2] in funzione di z è illustrato in fig. 2; il valore Φo corrispondente al minimo si identifica con il calore liberato nel processo esotermico di adsorbimento fisico.
Le molecole provenienti da una fase fluida possono aderire alla superficie di un solido anche attraverso la formazione di veri e propri legami chimici. A titolo illustrativo in fig. 3 viene illustrata la natura di tali interazioni nell'adsorbimento dissociativo dell'idrogeno sulla superficie di un metallo di transizione quale il nichel. In questo caso l'adsorbimento viene chiamato chimico (o chemioadsorbimento) e gioca un ruolo importante nei processi catalitici.
Lo studio delle caratteristiche chimico-fisiche delle interfasi riveste una notevole importanza per l'indagine del comportamento di molti sistemi naturali, inclusi quelli biologici. Inoltre interviene in molti settori applicativi che riguardano sia la tecnologia chimica sia la preparazione di materiali dotati di particolari proprietà. Per es. i già menzionati fenomeni di adsorbimento fisico su una superficie solida intervengono nei processi di separazione di miscele di componenti aventi proprietà fisiche molto simili.
L'adsorbimento alle interfasi liquido-gas e liquido-liquido trova una ricaduta applicativa nei seguenti settori: a) impiego di tensioattivi, con particolare riferimento alla detergenza; b) formazione di schiume; c) formazione di emulsioni e di lattici polimerici; d) impiego di membrane liquide.
Le indagini sul comportamento termodinamico delle interfasi traggono origine da un lavoro classico di J. W. Gibbs, Influence of surface of discontinuity upon the equilibrium of heterogenous masses (1875-78). Tale approccio è stato sviluppato e modificato successivamente da altri autori, in particolare da E. A. Guggenheim.
Secondo questa impostazione l'interfase s separa due fasi omogenee adiacenti α e β, ed è caratterizzata da un volume e da uno spessore finito come illustrato in fig. 4. Dal punto di vista termodinamico essa può essere trattata in modo analogo ad una fase massiva, tenendo però presente l'esistenza di un termine che rifletta la presenza di un'energia interfacciale γ. Se caratterizziamo con σ l'interfase, l'energia interfacciale viene definita come segue:
Fσ è la funzione energia libera di Helmholtz dell'interfase e A l'area della superficie. In altri termini il prodotto γdA esprime la variazione di energia libera associata alla formazione di un elemento di superficie dA, tenendo costanti la temperatura T, il volume Vσ e il numero di moli nσi dei diversi componenti presenti nell'interfase.
Dimensionalmente la γ è espressa da una forza per unità di lunghezza e viene misurata in Newton/m.
L'energia libera di un'interfase a temperatura e pressione costanti può essere espressa mediante la seguente relazione:
essendo P la pressione e μi il potenziale chimico dell'iesimo componente presente nell'interfase stessa. Essa costituisce una funzione omogenea del prim'ordine che soddisfa a una equazione differenziale detta di Gibbs-Duhem, la quale per un sistema isotermo assume la forma:
In realtà il termine VσdP risulta trascurabile rispetto agli altri, per cui l'espressione precedente si può approssimare nel seguente modo:
avendo indicato con Γi = nσi/A la concentrazione superficiale del componente i.
La [6] è nota come isoterma di Gibbs, e trova larga applicazione nello studio dei processi di adsorbimento alle interfasi.
Nel caso di una interfase solido-gas è legittimo assumere che la superficie AA′ di fig. 4 si identifichi con la superficie solida e che il piano BB′ si trovi nella fase gassosa a una distanza pari al valore medio dello strato in cui sono localizzate le specie adsorbite. Per sistemi nei quali è presente un solo componente nella fase gassosa, la [6] assume la forma:
È opportuno introdurre una grandezza π mediante la seguente relazione:
essendo γo il valore della tensione interfacciale in assenza di adsorbimento. La grandezza π viene chiamata pressione superficiale o pressione di spargimento (spreading pressure); essa si può assimilare ad una pressione bidimensionale esercitata dalle molecole adsorbite sul piano della superficie. Essendo γo una grandezza caratteristica del solido, vale la relazione dπ = − dγ; inoltre se si attribuisce al gas un comportamento ideale si può scrivere dμ = RTdlnP, essendo R la costante dei gas. Combinando le relazioni precedenti si ricava la seguente forma dell'isoterma di Gibbs:
Il comportamento delle molecole nel film superficiale può essere descritto a sua volta mediante una equazione di stato del tipo:
che mette in relazione la π alla Γ. Se si attribuisce alla fase adsorbita un comportamento ideale l'equazione di stato assume la semplice forma:
che sostituita nella [9] fornisce la seguente isoterma di adsorbimento:
Essa risulta adeguata per la descrizione degli equilibri di adsorbimento solo a pressioni molto basse e quindi con gradi di ricoprimento della superficie molto piccoli. All'aumentare del grado di ricoprimento diventano significativi sia gli effetti dovuti al volume delle molecole, che tendono a non sovrapporsi reciprocamente, sia le interazioni attrattive laterali fra le molecole stesse. In questo caso risulta opportuno esprimere il comportamento di stato della fase adsorbita mediante la seguente equazione, mutuata da quella di van der Waals valida per i gas reali, sostituendo al volume la superficie e alla pressione la π
dove α è un parametro che riflette l'entità delle interazioni attrattive fra le molecole, mentre β è la cosiddetta coarea delle molecole stesse. Sostituendo l'ultima equazione nella [9] si ricava la seguente isoterma di adsorbimento, detta di Hill-de Boer:
essendo ϑ = Γ/Γo il grado di ricoprimento della superficie, espresso dal rapporto fra la concentrazione superficiale Γ e il suo valore Γo corrispondente alla formazione di un monostrato.
L'andamento della precedente isoterma è descritto in fig. 5 nella quale viene riportata una famiglia di isoterme, ciascuna delle quali è caratterizzata da un particolare valore del parametro (2α/βRT). Si può osservare che per bassi valori di ϑ, ovvero a bassi ricoprimenti, l'isoterma ha un andamento prossimo a quello lineare, e pertanto risulta compatibile con l'equazione [12]. Inoltre per (2α/βRT)>6,75 le isoterme presentano una parte tratteggiata, corrispondente a zone instabili, che deve essere sostituita da un tratto verticale indicante la presenza di una transizione di fase superficiale. Tale comportamento è confermato dai risultati sperimentali.
Teoria del doppio strato. - In quasi tutte le interfasi esiste una segregazione di cariche elettriche positive o negative, in una direzione perpendicolare alla superficie di separazione. Questo fenomeno può essere dovuto sia all'adsorbimento preferenziale di particolari ioni, sia all'orientazione di molecole dipolari, o infine a un trasferimento di carica da una fase all'altra.
Su una superficie solida sono spesso presenti dei gruppi funzionali che derivano dalla insaturazione degli stessi atomi superficiali. Per es. su una superficie di silice sono presenti dei gruppi ossidrilici che derivano dalla idratazione della SiO2. Se tale superficie è a contatto con una fase acquosa hanno luogo processi di dissociazione ionica del tipo:
Sulla superficie risultano pertanto segregate delle cariche negative che esercitano una azione attrattiva sugli idrogenioni presenti nella soluzione, con conseguente formazione di un doppio strato, come illustrato in fig. 6 per una superficie piana (fig. 6A) e per una particella sferica (fig. 6B).
Lo studio teorico delle caratteristiche di tali doppi strati è stato approfondito da vari autori con un diverso livello di dettaglio. I primi e più significativi lavori sono quelli dovuti a Gouy e Chapmann, pubblicati all'inizio del secolo, che hanno ispirato la successiva teoria di Debye e Huckel, relativa al comportamento delle soluzioni di elettroliti forti.
In tali lavori si assimila la superficie a un piano infinito sul quale è distribuita una carica elettrica continua, a contatto con una soluzione contenente ioni puntiformi di carica opposta. A distanza infinita dalla superficie il potenziale elettrico è uguale a quello esistente nella soluzione; in prossimità della superficie esso varia gradualmente sino ad assumere il valore che ad essa corrisponde. La distribuzione degli ioni nella direzione z perpendicolare alla superficie è espressa dall'equazione di Boltzmann:
dove Ni(z) ed Ni(`) indicano il numero di ioni per unità di volume della specie i alla distanza z e a una distanza infinita dalla superficie; zi è la valenza dello ione, e è la carica elettronica, k la costante di Boltzmann, mentre ((z) indica il potenziale elettrico nel punto z, relativo a quello esistente nella soluzione. Esso è legato alla densità della carica spaziale ϱ(z) dalla equazione di Poisson:
dove εo è la permittività dello spazio vuoto ed εr la costante dielettrica della soluzione. A sua volta la densità di carica si può esprimere mediante quella degli ioni presenti nella soluzione, dati dalla [15]:
Il doppio strato è costituito dalla superficie e dalla soluzione; globalmente esso risulta elettricamente neutro per cui la carica σ per area unitaria della superficie deve bilanciare la carica esistente in soluzione. Pertanto:
essendo ((0) il valore del potenziale sulla superficie. Inoltre l'integrazione della (16) fornisce la seguente espressione:
essendo:
Il parametro χ è a sua volta espresso dalla seguente relazione:
Esso ha le dimensioni dell'inverso di una lunghezza, che rappresenta lo spessore del doppio strato. In tab. 1 vengono riportati alcuni valori di χ.
Le equazioni precedenti descrivono l'andamento del potenziale ( di un doppio strato in funzione della densità di carica superficiale σ e della densità degli elettroliti presenti nella soluzione. Tali andamenti sono illustrati in forma grafica nelle figg. 7 e 8. Nella prima di esse viene riportata la variazione del potenziale superficiale 〈L1>((o) all'aumentare della densità di carica superficiale σ per un elettrolita univalente avente una concentrazione di 10−2 moli/l in soluzione acquosa. In fig. 8 viene invece illustrata una famiglia di curve esprimenti la diminuzione del potenziale ((z) nella soluzione all'aumentare della distanza z; la relativa densità di carica superficiale vale 0,00158 coulomb/m2. Ciascuna curva corrisponde a un particolare valore della concentrazione dell'elettrolita nella soluzione. Si può osservare che tanto maggiore è tale concentrazione tanto più marcata è la diminuzione del potenziale poiché risulta più elevata l'azione di schermo esercitata dagli ioni sulla carica superficiale.
La teoria del doppio strato di Gouy-Chapmann presenta diverse limitazioni, le più significative delle quali consistono nell'aver assunto gli ioni puntiformi e aver considerato una distribuzione continua della carica superficiale. Un suo miglioramento è dovuto a Stern, che ha introdotto due importanti modifiche nel modello precedentemente descritto. La prima consiste nel tener conto del fatto che gli ioni hanno un determinato volume e pertanto non possono raggiungere una distanza dalla superficie inferiore al loro raggio. Inoltre si tiene anche conto che a brevi distanze dalla superficie possono esistere interazioni chimiche specifiche degli ioni con gli atomi stessi della superficie.
Lo sviluppo di tali concetti modifica l'andamento delle curve che esprimono la diminuzione del potenziale elettrico ( in funzione della coordinata z, che assumono l'andamento illustrato in fig. 9.
Si può osservare che per 0 ≤ z ≤ δ il gradiente del potenziale è costante, mentre per δ ≤ z ≤ ∞ la diminuzione del potenziale è descritta dalla funzione di Gouy-Chapmann.
La conoscenza delle caratteristiche di un doppio strato elettrico riveste importanza in diversi settori, come per es. l'elettrochimica elettrodica e la descrizione del comportamento delle dispersioni colloidali (v. anche chimica dei colloidi, in questa Appendice). La stabilità di questi sistemi è infatti condizionata dalla presenza di un doppio strato sulla superficie delle particelle, che sta all'origine della loro repulsione reciproca. La diminuzione di tale repulsione, dovuta per es. a un'alterazione della natura e quantità delle specie ioniche presenti nella soluzione può portare alla coagulazione delle particelle (gelificazione di un sol).
Tensioni interfacciali. - Anche in corrispondenza di due interfasi fluide, liquido-vapore e liquido-liquido, esiste uno sbilanciamento delle forze intermolecolari cui sono soggette le molecole che si trovano in prossimità dell'interfase. Infatti, come illustrato in fig. 10, le molecole che si trovano nel cuore di ciascuna fase sono mediamente soggette a uguali forze di attrazione che si manifestano in tutte le direzioni. Viceversa le molecole collocate all'interfase si trovano sotto l'azione di una forza non bilanciata avente una componente non nulla diretta verso il cuore del fluido. In tab. 2 vengono riportati i valori della γ di alcuni liquidi a contatto con l'aria. In questo caso essa viene chiamata tensione superficiale.
L'esistenza della forza interfacciale permette di interpretare diversi fenomeni. Di particolare interesse sono quelli che si manifestano in corrispondenza delle superfici curve sulle quali è presente una pressione P diretta verso l'interno della concavità e legata ai raggi principali di
Una conseguenza di tale effetto è costituita dal fatto che una goccia di liquido è caratterizzata da una tensione di vapore P(r), superiore a quella P0 del liquido stesso e legata al suo raggio della seguente relazione:
essendo M il peso molecolare del liquido e ϱ la sua densità.
Un'ulteriore conseguenza si riscontra nei fenomeni capillari, in virtù dei quali i liquidi salgono nei tubi di piccolo diametro sino ad un livello h, come illustrato in fig. 11. Alla sommità del liquido contenuto nel tubicino si forma un menisco, di altezza x, legato alle caratteristiche geometriche del sistema, mediante la seguente relazione:
dove g è la costante di gravità e ψ è un angolo caratteristico, detto di contatto, che dipende dalla natura del liquido e del solido di cui è costituito il tubicino.
I valori delle tensioni interfacciali di un liquido possono essere significativamente modificate mediante l'aggiunta di quantità relativamente piccole di particolari sostanze, dette tensioattivi, le cui molecole sono caratterizzate da una lunga coda idrofoba e da una testa idrofila che può subire dissociazione ionica. Un esempio tipico ci viene offerto dagli acidi organici impiegati nella detergenza, in cui è presente una catena idrocarburica relativamente lunga e un gruppo carbossilico -COOH. Queste molecole hanno la tendenza ad adsorbirsi sull'interfase portando alla formazione di monostrati orientati, con significative diminuzioni dei valori dell'energia interfacciale.
Questo fatto rende più stabili le dispersioni e ha pertanto una significativa ricaduta nelle tecnologie connesse con la formazione di schiume ed emulsioni; risulta inoltre di notevole importanza nei problemi ambientali connessi con l'eliminazione delle nebbie.
Bibl.: A. W. Adamson, Physical chemistry of surfaces, New York 1967; D. J. Shaw, Introduction to colloid and surface chemistry, Londra 1970; R. Aveyard, D. A. Haydon, An introduction to the principles of surface chemistry, Cambridge 1973; M. J. Jaycock, G. D. Parfitt, Chemistry of interfaces, New York 1981.