CHIODATRICE
(fr. riveuse; sp. remachadora; ted. Nietmaschine; (cioè a ricalcarne la punta del gambo per formare un'altra capocchia) adoperati per unioni di lamiere e profilati.
Le chiodatrici propriamente dette lavorano con azione continua e progressiva, sviluppando una pressione statica, che si può, volendo, mantenere indefinitamente. Anzi, sebbene la lunghezza della corsa dell'utensile operatore (stampo) possa essere preventivamente registrata, il ritorno è comandato a mano, indipendentemente dal fatto che la corsa si sia esaurita. In queste macchine si deve dunque trovare sempre un altr'organo che fornisca la reazione necessaria per la pressione statica; perciò le incastellature delle chiodatrici hanno la forma, in generale, d'una staffa: una branca porta lo stampo, l'anello di pressione o premi-lamiera e i meccanismi che li comandano; l'altra il controstampo.
Se la chiodatrice è fissa, l'incastellatura presenta espansioni mediante le quali si appoggia e si fissa sulla fondazione, nella posizione, orizzontale oppure verticale, progettata. Nelle chiodatrici, poi, di grande potenza, talvolta la staffa, invece di essere fusa in un sol pezzo, è formata da due pezzi riuniti da lunghi e robusti tiranti collocati il più vicino possibile al fondo della gola.
Se invece la chiodatrice è mobile - e questo tipo riesce più utile, specie nella costruzione navale, nella grande carpenteria in ferro, nelle officine di calderaio, nei cantieri di costruzione dei ponti, ecc. - l'incastellatura presenta gli adatti organi di attacco per la sua sospensione. Questa, nei modelli più completi, permette di orientare la chiodatrice intorno a tre assi (verticale, orizzontale e parallelo alla direzione delle branche); senza contare che il tutto è sospeso a paranco o a grue perché siano possibili gli spostamenti
Nelle chiodatrici mobili è poi diffisa una costruzione differente da quella a staffa in unico pezzo. In questo caso, però, le due branche sono riunite a cerniera e direttamente su di esse agisce il meccanismo di questo comando; lo stampo e il controstampo sono allora semplicemente fissati alle estremità libere delle branche; ciò che consente di snellirle e d'impiegare la chiodatrice anche in condizioni di ristrettezza di spazio tali da richiedere diversamente la lavorazione con il martello a mano o pneumatico.
Oltre lo stampo e il controstampo v'è un altro organo, utilissimo in ogni caso e indispensabile nelle macchine più potenti, per le quali, infatti, fu dapprima inventato: il premi-lamiera, destinato a premere insieme le lamiere perché aderiscano fra loro, prima ancora che sia iniziata la ribaditura del chiodo. Quando - come nella chiodatura a mano mediante chiodatrici ad urto, e con modelli di chiodatrici a pressione che ne siano sforniti - manca il premilamiera, l'operazione di fare aderire le lamiere fra di loro deve eseguirsi a mano, cercando di assettare il meglio possibile le lamiere intorno al chiodo con pochi e ben diretti colpi di martello, preferibilmente con l'ausilio di un utensile cavo, che abbracci il chiodo e gli ricalchi leggermente le lamiere intorno, fissandole ("tirare a fondo"). Questa operazione è necessaria perché anche quando le lamiere siano state preventivamente spianate alla perfezione, durante la chiodatura possono intervenire deformazioni, dovute o a imperfetta corrispondenza dei fori o all'esagerato schiacciamento del chiodo e delle stesse lamiere; e ancora perché la resistenza delle chiodature - che un tempo s'intendeva affidare alla sola resistenza dei chiodi al cesoiamento - più modernamente si intende attribuire all'attrito fra la superficie a contatto dei pezzi chiodati. Del resto moltissime chiodature, anche di forza, debbono essere ermetiche: la calafatura non avrà un risultato perfetto e durevole, se non quando la chiodatura stessa sia perfetta. Ora, se, quando s'inizia il ricalco del chiodo, in giro ad esso le lamiere non sono perfettamente a contatto, nell'interstizio il gambo si ricalcherà anch'esso formando un gozzo, che terrà le lamiere distaccate anche alla fine dell'operazione, con effetti tanto più deleterî quanto più è pronunziato.
Fra i modi d'azionamento delle chiodatrici, il più importante è l'azionamento idraulico, che meglio si presta alla costruzione di chiodatrici complete, cioè fornite di premi-lamiere. In una disposizione diventata classica lo stampo è portato da un grande cilindro idraulico mobile, in cui l'acqua viene ammessa attraverso lo stantuffo che è fisso; ricavato fondo a fondo nello stesso getto è un altro cilindro minore, lo stantuffo, il quale porta il premi-lamiere. L'acqua in pressione viene ammessa prima nel cilindro minore mediante un tubicino flessibile, poi, quando il premi-lamiere è già arrivato a segno, anche nel cilindro maggiore, dove viene pure a rifluire necessariamente una parte dell'acqua già ammessa in quello minore. Si forma in questa fase la nuova testa, ma la pressione non si leva appena questa è completa; se il chiodo è messo a caldo si aspetti almeno che la testa sia divenuta nera; però, anche se messo a freddo, è bene lasciare agire la pressione per un certo tempo, così da ottenere un netto, ma non eccessivo riscaldamento anche nel gambo e nelle lamiere stesse. Per il ritorno si chiude l'ammissione dell'acqua e si apre lo scarico; allora il doppio cilindro mobile e lo stantuffo minore sono ricondotti indietro da due stantuffini assai più piccoli, i cilindri dei quali sono sempre in comunicazione con la condotta dell'acqua in pressione. L'azionamento idraulico, oltre che mediante l'acqua in pressione distribuita da un impianto centrale, può essere ottenuto mediante una pompa di pressione autonoma, montata o sulla stessa chiodatrice o sulla sospensione e azionata o a mano o mediante motore elettrico, regolato automaticamente per fornire una pressione finale abbastanza prolungata.
Nelle chiodatrici a pressione, l'azionamento pneumatico è alquanto meno semplice di quello idraulico. Infatti, date le molto minori pressioni adottabili per l'aria, i cilindri ad azione diretta avrebbero dimensioni proibitive. Si ricorre a un sistema articolato che moltiplica lo sforzo. Esso si compone in genere di una biella, il cui piede è riportato attraverso un fodero fin quasi sullo stantuffo e la cui testa è guidata circolarmente da un robusto doppio tirante che è imperniato il più vicino possibile all'estremità della guida della slitta porta-stampo; infine di un'asta di spinta robustissima e alquanto più corta del tirante, la quale asta collega la slitta-portastampo con la testa della biella. Il rapporto dello spostamento elementare dello stantuffo con quello del porta-stampo va crescendo dal principio della corsa fino a diventare infinito nella posizione in cui l'asse dell'asta premente coincide con l'asse della guida; sicché va crescendo il rapporto tra la pressione sul chiodo e la pressione pure totale sullo stantuffo, che è all'incirca costante. La corsa di ritorno si ottiene utilizzando la stessa aria che ha servito nella corsa di lavoro. Chiusa la comunicazione con la condotta d'aria compressa, si apre quella fra le due camere del cilindro per richiuderla a pressione eguagliata. Si apre quindi lo scarico della camera posteriore e allora l'aria compressa nella camera intorno al fodero riconduce lo stantuffo alla posizione iniziale. Tutte queste manovre si ottengono nell'ordine voluto mediante apposito cassetto di distribuzione, comandato da una leva a mano.
Lo sforzo specifico finale per formare la testa si suole riferire all'unità della sezione originale del gambo: per chiodature a caldo è dell'ordine di 60 a 100 kg/mmq.; per chiodature a freddo, naturalmente, molto maggiore, dell'ordine di 180 a 200 kg/mmq. Lavorando con questi valori il foro risulta ben riempito, anzi leggermente allargato (~ 10 a 12% del diametro iniziale; ~ 25% della sezione iniziale) senza pericolo di fratture ai margini.
Piuttosto impropriamente si chiamano anche chiodatrici certi martelli pneumatici specialmente adatti per ricalcare, cioè a corsa lunga (da 125 a 250 mm.) e a numero di corse relativamente piccolo (da 750 a 1200 al minuto). Si adoperano generalmente con contro-stampo tenuto a mano o con martinetto, ecc., o, infine, con una leggiera staffa, imitando in qualche modo le chiodatrici statiche. Questi martelli pneumatici appunto perché a corsa lunga sono sempre del tipo a distributore separato o a valvola. Tipi senza valvola avrebbero dimensioni impraticabili.
La chiodatura con chiodatrici a urto, cioè con martelli pneumatici, purché adatti alla dimensione dei chiodi, risulta almeno altrettanto buona della chiodatura a mano (della quale è più del doppio più rapida ed economicamente più conveniente). Tuttavia è incontestabile, specie nella chiodatura a freddo, la superiorità delle chiodatrici a pressione per la perfezione del risultato.