CHIODO
La manifattura di questa famiglia dì ceramisti operanti a Savona tra il XVII e il XVIII secolo fu tra le più importanti nella Liguria del Settecento. Da atti dell'epoca si apprende che essa sorgeva in Borgo San Giovanni (Barile, 1959), in zona dov'erano situate diverse altre fornaci che i lavori di scavo hanno permesso di localizzare. Tra i numerosi frammenti ceramici che vi si sono rinvenuti, alcuni recano la marca dei C. (Cameirana, Atti... 1969), che consisteva, di solitei, in un chiodo dalla testa rivolta verso l'alto. I C. ne usavano anche una, costituita da una tromba dalla cui asta pende un vessillo crociato, che veniva applicata, secondo alcuni studiosi, solo sui pezzi di maggior pregio, quando la manifattura aveva ormai raggiunto una certa fama (Morazzoni, 1939). A queste marche si aggiunse, in seguito, quella della "Lanterna".
Probabile capostipite della famiglia fu Giovanni Francesco (frequentemente citato solo come Francesco). Nel 1661; a quattordici anni, fu assunto come apprendista in una delle fabbriche dei Salamone, nota dinastia di ceramisti savonesi (Varaldo, Atti... 1974). Pochi anni dopo, e precisamente nel 1667, Giovanni Francesco sposò una delle figlie del ceramista Paolo Bianchino, Angela Maria (Id., Atti... 1976). Nel 1692 quegli stessi Salamone presso i quali Giovanni Francesco aveva appreso l'arte, essendosi ormai quasi esaurita l'attività della loro manifattura, si impegnavano a vendere a lui e al suo socio, Domenico Peirano, la loro attrezzatura; così infatti avvenne: nel 1694, alla morte dell'ultimo Salamone, gli eredi vendettero tutto ai Chiodo-Peirano per 1300 lire (Id., Atti... 1974). Pochi anni dopo, nel 1698, un'altra celebre manifattura, quella dei Grosso di Albisola, con la relativa marca della "Lanterna", coperta da privilegio, venne rilevata dai due soci (Ferrarese, 1968).
La fabbrica doveva orinai essere ben avviata e avere rapporti commerciali anche con altri paesi, come si deduce da un documento, dell'11 ag. 1699, in cui è riportata la vendita, da parte di Giovanni Francesco e di Domenico Pcirano, di quattro casse di vasellame ad un capitano di nave, tale Giovanni Bartolomeo Sormanok (Varaldo, Atti... 1972). È accertato che nel 1702 Giovanni Francesco era già maestro dell'arte sottile (Rossetti, Atti... 1974). Dopo di allora non si hanno più sue notizie.
Le maioliche uscite dalla manifattura dei C. in questo periodo sono improntate allo stile decorativo di Giovanni Antonio Guidobono, pittore di origine lombarda che lavorà per i C. nella seconda metà del Seicento. A lui si devono quelle maioliche in delicata monocromia turchina su fondo azzurro, dall'ornato ora sobriamente schizzato alla maniera del compendiario, ora svolto in figurazioni più ampie fino a ricoprire tutta la superficie dei piatti e dei vasi. Il suo stile decorativo fu ampiamente ripreso anche da altre manifatture e i C. stessi si avvalsero molto, anche in seguito, dei cartoni di Giovanni Antonio e del figlio Bartolomeo, noto come il "Prete savonese".
Paolo, figlio di Giovanni Francesco, nacque nel 1671, collaborò con il padre e ne continuò poi l'attività insieme con il socio Agostino Peirano. Si sposò due volte: la prima con una certa Margherita Filipponi da cui ebbe una figlia, Maria Anna (nata nel 1697); la seconda con Maria Barbara Fesso da cui nacquero Giovanni Agostino e Giovanni Battista (Varaldo, Atti... 1978). Nel 1715 Paolo e Agostino Peirano intentarono una causa contro il maiolicaro Bernardo Corrado, accusato di aver contraffatto la marca della "Lanterna". Il Corrado, come rileva Barile (1959), contraffaceva la "Lanterna" marcando i suoi prodotti con un'asta con le iniziali "B. C." sovrapposte e una corona sovrastante.
Per l'impossibilità di far fronte alle numerose ordinazioni che giungevano alla loro manifattura, i C. erano costretti ad affidare parte del lavoro ad altre fabbriche. Queste avevano, però, l'obbligo di marcare i pezzi loro commissionati con la "Lanterna" accompagnata dalle iniziali dei decoratori, o da altre sigle, ad evitare possibili contraffazioni. È chiaro perciò che il disegno della "Lanterna" poteva presentare numerose varianti. La marca aveva dato adito a molte altre contraffafazioni, oltre a quella tentata dal Corrado con conseguenti disegni diversi. Del resto gli stessi C., prima di rilevare la manifattura dei Grosso, ne avevano contraffatto il simbolo, disegnando il "chiodo" a tal punto modificato da farlo assomigliare alla "Lanterna" (Barile, 1975). Da un documento notarile redatto nel 1719 risulta che un Agostino Chiodo (di cui non si può affermare con certezza una parentela con Paolo) e il Peirano erano in relazione commerciali con la Spagna: erano infatti creditori del "padrone marittimo Bernardo Oddone, detto il Parmiggiano, di una caratura della barca chiamata Nostra Signora del Vespro, a lui affidata per il servizio del Re Cattolico" e affondata, durante la guerra di successione spagnola (1701-1714), da navi inglesi (Rossello, Atti.. 1971).
La Spagna, a quell'epoca, si era trovata nella necessità di noleggiare imbarcazioni dagli Stati neutrali, e, fra queste, anche imbarcazioni liguri impegnate per il trasporto di merci varie e casse di vasellame. Il re di Spagna risarcì la perdita della "Nostra Signora del Vespro" e dei vasellame dei C. con 200 "pezzi da otto". Alla fine della guerra i C. affidarono nuovamente all'Oddone altre casse di vasellame da vendere (ibid.).
Paolo morì nel 1752 (Varaldo, Atti... 1978). Dei due figli di Paolo, Giovanni agostino nacque nel 1723 (Varaldo, ibid.) e lavorò, in società con Domenico Peirano, fino alla chiusura della fabbrica, che avvenne nell'anno 1770(Morazzoni, 1939).
Nel 1746 Giovanni Agostino sposò Clara Oda dalla quale ebbe due figli. Il 17 nov. 1768 venne nominato maestro dell'arte sottile (Rossetti, Atti... 1974). Ricoprì la carica di console della stessa arte negli anni 1768-70 e di nuovo nel 1782-83 (ibid.). Morì nel 1787 (Varaldo, Atti... 1974.
Il fratello giovanni Battista nacque nel 1733 (Varaldo, ibid.). Fusacerdote, architetto e chimico, e pare che fosse anche pittore di ceramiche (Morazzoni, 1951). Morì nel 1801. Collaborò con il fratello alla manifattura, ma di lui non sono noti documenti che ne comprovino l'attività. Molti studiosi però ritengono che fu in seguito al suo intervento che la manifattura acquistò nuovo slancio (ibid.).
Ècerto comunque che nel sec. XVIII furono portate, da parte dei C., notevoli migliorie ai tomi, alle fornaci, e soprattutto fu curata particolarmente la composizione e la lavorazione dell'argilia, al fine di renderla più morbida e priva di impurità. Il risultato di tutte queste cure, e attenzioni fu la realizzazione di maioliche delicatissime, dalle pareti così sottili e sonanti da poter reggere il paragone con le porcellane orientali. Innovazioni vennero portate anche nei modelli e negli stampi, riuscendo a riprodurre brillantemente i rilievi e le baccellature degli argenti sbalzati; furono migliorati i colori per creare nuove delicate sfumature; furono assunti i migliori pittori.
Come nel Seicento aveva avuto tanta rilevanza l'opera pittorica dei Guidobono, così nel Settecento spicca la figura di Angelo Levantino (Barile, 1959). La sua più tipica decorazione, detta "a macchietta", è caratterizzata da vignette bianche che si stagliano su fondi colorati in manganese viola-rosa e in cui sono schizzate vedutine di paesi, figurine di cavalieri, cavallini caracollanti, tratteggiati dall'artista con rapidi colpi di pennello.
Tra gli altri pittori che lavorarono per questa manifattura figurano anche: Gerolamo Besio, che predilesse i fiori, le farfalle e gli animali schizzati rapidamente; Francesco Ampugnani con i suoi decori dalle delicate sfumature di azzurro, verde e giallo; Gian Tommaso Torteroli, detto il "Sordo". Un posto di rilievo spetta a quel vivace disegnatore che fu Giovanni Agostino Ratti, del cui famoso album di disegni, pubblicato nell'anno 1754. molto si servirono i C. per le loro decorazioni.
Secondo il Morazzoni (1939), tra i pezzi più preziosi della produzione C. sono da ritenere quelli dipinti in turchino e lumeggiati d'oro.
Con la chiusura della fabbrica nel 1770, non si ha notizia di altri C. ceramisti; resta da ricordare soltanto che dal figlio di Giovanni Agostino, Vincenzo, sposatosi con Anna Maria Tagliafico, nacque Agostino, che diverrà comandante del genio e ministro.
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