Chip genomico
Importante strumento delle cosiddette nanotecnologie, noto anche come microarray a DNA. È un supporto solido, solitamente di vetro, o di nylon, su cui vengono depositate le sequenze di migliaia di differenti geni (in genere oligonucleotidi sintetici). La potenza della tecnica risiede nelle ridotte dimensioni dei supporti utilizzati e nella possibilità di analizzare contemporaneamente il profilo di espressione di centinaia di migliaia di geni: questo consente di avere sia informazioni statiche riguardo all’espressione genica (vale a dire in quale tessuto viene espresso il gene) che informazioni dinamiche (la correlazione tra il pattern di espressione di un gene rispetto ad altri geni). Il principio su cui tale metodica si basa è l’ibridazione base specifica, ossia l’appaiamento tra basi complementari (la T si appaia con la A e la G con la C). Elementi importanti della tecnologia sono: il probe (o sonda), ovvero l’acido nucleico (oligonucleotide) a sequenza nota che viene depositato sulla matrice (vetrino o membrana di nylon), e il target, ossia il campione di acido nucleico libero la cui identità o abbondanza deve essere determinata. Numerose sonde depositate in una posizione nota su un supporto solido a formare una microgriglia costituiscono un array (spesso anche detto microarray). Ogni spot di DNA (sonda) è generalmente più piccolo di 200 μm di diametro e un intero array contiene generalmente migliaia di spot. L’array può essere strutturato in maniera predefinita da una sintesi fotolitografica di oligonucleotidi in situ, o da sonde di DNA che possono essere applicate direttamente alla superficie mediante l’utilizzo di ‘pin’ o tecnologia inkjet, un sistema automatizzato di deposizione. Il target, invece, è rappresentato da acido nucleico marcato con nucleotidi radioattivi o legati a molecole fluorescenti.
→ Genetica. Diagnosi genetiche