chirurgia
chirurgìa s. f. – Tra la fine del 20° e l’inizio del 21° sec. si sono registrati straordinari progressi in diversi settori della c. generale. La c. dei trapianti d’organo, la c. conservativa nel trattamento delle neoplasie della mammella, la nascita e l’evoluzione della c. oncologica, la c. mini-invasiva e videoassistita, la c. fetale e pediatrica sono alcune delle novità più rivoluzionarie. I trapianti d’organo sono diventati, in autorevoli centri di riferimento, procedura quasi routinaria. La c. vascolare ha incorporato tecniche di radiologia interventistica. L’imaging diagnostico ha permesso di migliorare la diagnosi precoce, modificando così la storia naturale di alcune neoplasie. Si è rivolta inoltre maggiore attenzione alla preparazione del paziente all’intervento e alle tecniche anestesiologiche. Le terapie postoperatorie oncologiche, grazie alla ricerca farmacologica, hanno contribuito ad aumentare la remissione di alcuni tumori. La biologia molecolare, infine, ha favorito lo sviluppo di nuove tecniche di diagnosi precoce con la finalità di interventi mirati alla fase preclinica della malattia.
Chirurgia oncologica. – La c. oncologica è formalmente divisa in diverse aree, dai confini spesso sfumati. In ciascuna area va considerata la possibilità di interazione con altre specialità per ottenere il risultato migliore. Chirurgia preventiva. La trasmissione ereditaria di alcune alterazioni genetiche può essere associata a un elevato rischio di cancro. La c. preventiva interviene rimuovendo l’organo bersaglio, prima che in esso si sviluppi il cancro. Se l’insorgenza della malattia non è certa, si valutano attentamente le diverse strategie di controllo e di terapia. Chirurgia diagnostica. Per la diagnosi di neoplasia, il chirurgo deve acquisire mediante biopsia un frammento di tessuto neoplastico. Il prelievo può essere eseguito preoperatoriamente in endoscopia, con guida ecografica o della TC (Tomografia computerizzata), con c. open o in laparoscopia a seconda dell’organo o della sede da esaminare. Chirurgia finalizzata alla stadiazione. La conoscenza precisa della diffusione di una neoplasia (stadiazione) è fondamentale per la scelta della migliore strategia terapeutica. A tal fine si ricorre a esami di laboratorio e all’imaging diagnostico, per es., ecografia, ecoendoscopia, TC, RM (Risonanza magnetica), PET (Positron emission tomography), PET-TC. Un ruolo importante riveste la laparoscopia, associata talvolta all’ecografia intraoperatoria, che permette l’acquisizione di importanti dati circa l’estensione di una neoplasia, l’esecuzione di biopsie ecc. Chirurgia per il trattamento del tumore primario. La c. radicale del tumore primitivo ha finalità curative ed è la prima modalità di trattamento in tumori confinati clinicamente al sito anatomico di origine. Essa consiste nell’asportare il tumore primario e i suoi linfonodi regionali; ma in alcuni casi, al momento dell’intervento chirurgico, sono già presenti micrometastasi clinicamente silenti, causa della ripresa della malattia neoplastica. Si preferiscono quindi interventi chirurgici meno demolitivi e meno traumatizzanti, ma altrettanto efficaci, soprattutto se integrati con altre modalità terapeutiche. Questo nuovo tipo di c. è stato definito c. adeguata e varia a seconda del tipo e della sede del tumore. Principio cardine è quello di asportare tutta la neoplasia con margine periferico sano senza lasciare tessuto neoplastico residuo, resecare in blocco gli organi contigui infiltrati dalla neoplasia e asportare i linfonodi locoregionali. Chirurgia delle metastasi. Le cellule tumorali possono dare origine a metastasi, ossia localizzazioni tumorali in sedi anatomiche diverse da quella di partenza, propagandosi dal tumore originario attraverso il sistema linfatico (metastasi linfonodali) o il sistema circolatorio sanguigno (metastasi a distanza). Se un tempo si eliminavano tutti i linfonodi associati al tumore, a partire dagli anni Ottanta del 20° sec., in alcuni tipi di neoplasie, si è preferito togliere soltanto il linfonodo sentinella, ossia quello in cui per primo arrivano le cellule metastatiche da un sito tumorale. Lo svuotamento linfonodale va eseguito solo in caso di riscontro di cellule tumorali nel linfonodo sentinella. Alla c. si affiancano a volte metodiche meno invasive, per es. il laser, il calore, il freddo ecc. Il trattamento delle metastasi epatiche si avvale anche di tecniche mini-invasive alternative alla c., che utilizzano energia capace di indurre una termoablazione delle cellule tumorali, come la radiofrequenza (RF), la laser-ipertermia (radiazione luminosa monocromatica, focalizzata e coerente, che si diffonde nei tessuti e induce calore), le microonde e gli ultrasuoni focalizzati a elevata intensità (US). Chirurgia citoriduttiva. È rappresentata dall’asportazione della massa principale del tumore, con residui macroscopici di malattia. È indicata quando non è possibile rimuovere radicalmente il tumore a causa della sua estensione locoregionale e, riducendo la massa tumorale, facilita il successivo impiego di radioterapia o chemioterapia. Chirurgia palliativa. Il suo unico scopo è migliorare la qualità di vita del paziente, quando un trattamento curativo radicale non è possibile. È indicata per risolvere problemi meccanici, quali ostruzioni, e nel controllo del dolore per certe neoplasie. Prevede interventi poco invasivi, spesso con metodiche endoscopiche. Chirurgia riabilitativa e ricostruttiva. Gli interventi chirurgici demolitivi possono avere gravi conseguenze, a livello funzionale e anche psicologico. Per migliorare la qualità di vita dei pazienti si ricorre, quindi, alla c. ricostruttiva e riabilitativa. Esempi classici sono la ricostruzione della mammella e il confezionamento di una nuova vescica. Retrostadiazione. Da quanto esposto appare evidente il ruolo fondamentale giocato dalla c. nella lotta contro i tumori. È però importante sottolineare i mutamenti avvenuti nelle strategie di lotta al cancro, intervenendo nel momento più opportuno con tutti i mezzi disponibili (timing). Un tempo si procedeva con l’asportazione della neoplasia, intervenendo poi con la radioterapia, per evitare le recidive locali, e la chemioterapia, per distruggere le cellule neoplastiche. In questo senso si parlava di terapia adiuvante come completamento della c., e si riteneva dannoso irradiare una sede prima di operarla. Attualmente, c. e radio- e chemioterapia hanno ognuna il proprio ruolo: la c. asporta, la radioterapia ‘sterilizza’ localmente e la chemioterapia completa il trattamento sul piano generale. Si è più elastici nel timing e perciò si parla di terapia neo-adiuvante. Con la radioterapia e/o con la chemioterapia prima dell’intervento, il tumore può regredire anche radicalmente e diventare asportabile, se prima non lo era, oppure si può preservare una parte anatomica o una funzione, a parità di risultati in termini di sopravvivenza. Questo nuovo concetto di terapia modulata è definito retrostadiazione. Per ottenere la massima radicalità dell’intervento è possibile praticare la radioterapia intraoperatoria (IORT, Intraoperative radiotherapy), che consente di erogare una dose elevata di radiazioni durante l’intervento chirurgico sul focolaio neoplastico. La grande esperienza acquisita ha permesso a società scientifiche, Regioni e Ministero della Salute di formulare linee guida (ovviamente sempre in evoluzione) per la scelta della terapia integrata, a seconda del tumore, dell’organo e dello stadio.
Chirurgia mini-invasiva e robotica. – Comprende le tipologie di intervento con accessi minimi che utilizzano in maniera singola o combinata la laparoscopia, la toracoscopia e l’endoscopia. L’utilizzo combinato di queste diverse modalità sta rapidamente cambiando la c. generale e le sue varie specialità. I vantaggi sono una migliore visione del campo chirurgico, l’assenza di manipolazione diretta di altri organi addominali con l’indubbio vantaggio di una ripresa postoperatoria, un più breve decorso postoperatorio e un buon gradimento da parte del paziente. Tuttavia, esistono anche svantaggi, quali l’insorgenza di complicanze strettamente legate alle terapie chirurgiche impiegate e al tempo necessario ad acquisire pratica nell’eseguirle. A differenza delle laparotomie e delle toracotomie tradizionali, l’accesso al campo operatorio in c. mini-invasiva è ottenibile con incisioni molto piccole (5-12 mm), nelle quali vengono introdotte delle cannule, denominate trocar, attraverso le quali sono inseriti gli strumenti chirurgici, l’ottica e gli accessori che servono per qualsiasi intervento. L’immagine chirurgica viene quindi trasmessa alla videocamera digitale e da qui trasferita al monitor per la visualizzazione dell’intero addome o del torace. Per quanto riguarda la c. robotica, v. .