chiuse e aperte, vocali
In riferimento all’apertura della bocca, allo spazio tra lingua e palato e all’apertura delle labbra le ➔ vocali possono essere aperte o chiuse (nella letteratura meno recente le prime possono esser definite anche larghe e le seconde strette).
Le vocali aperte (ad es., [a] e [ɑ]) sono prodotte con il maggior spazio possibile tra lingua e palato (o velo). Quelle chiuse (ad es., [i] e [u]) sono articolate con il minimo spazio tra lingua e palato (nel caso delle vocali anteriori), ovvero tra lingua e velo (nel caso delle vocali posteriori). In riferimento al grado di innalzamento della lingua rispetto alla sua posizione di riposo, le vocali aperte e chiuse sono denominate, rispettivamente, basse e alte (cfr. figg. 1, 2, 3). Dal momento che il parametro dell’apertura / chiusura non ha carattere binario ma prevede al contrario gradi intermedi, esistono vocali semiaperte (ad es., [ɛ] e [ɔ]) e vocali semichiuse (ad es., [e] e [o]), chiamate anche, rispettivamente, medio-basse e medio-alte.
La tassonomia adottata nell’Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA; ➔ alfabeto fonetico) fa ancora riferimento al parametro di chiusura / apertura piuttosto che a quello basato sui gradi di altezza della lingua, anche se quest’ultimo è preferibile, dato che offre una classificazione fondata univocamente sugli spostamenti della lingua dalla posizione di riposo. Sebbene l’apertura della bocca sia coordinata con l’altezza della lingua (una vocale alta è, di norma, una vocale chiusa), sarebbe teoricamente possibile produrre una vocale alta a bocca aperta e una vocale bassa con la bocca chiusa (l’altezza della lingua condiziona l’apertura della bocca, non viceversa).
È controverso il numero dei livelli di altezza esistenti nelle lingue del mondo: nell’Alfabeto Fonetico Internazionale ne sono censiti sette (tre non sarebbero tuttavia autonomi), anche se nessuna lingua ricorre a tutte le possibilità disponibili (Ladefoged & Maddieson 1996: 289-290). Tra le lingue, le vocali medie sono leggermente più diffuse delle vocali chiuse, a loro volta più comuni di quelle aperte (rispettivamente, 40,5%, 39%, 20,5%).
Il parametro di apertura / chiusura si combina con gli altri due parametri fondamentali nella classificazione delle vocali: l’anteriorità / posteriorità e l’arrotondamento. Le combinazioni possibili non sono tuttavia ugualmente probabili nelle lingue del mondo; i contrasti in verticale (lungo la dimensione apertura / chiusura) sono più rilevanti dei contrasti in orizzontale (lungo la dimensione anteriore / posteriore): se una lingua ha solo due vocali fonologiche, queste si differenzieranno secondo l’opposizione alto / basso, e non secondo l’opposizione anteriore / posteriore.
Esiste una correlazione tra durata intrinseca delle singole vocali e il parametro di apertura / chiusura: a parità di condizioni, le vocali chiuse sono più brevi delle vocali aperte (➔ quantità fonologica).
Le vocali chiuse possono esser articolate con gradi diversi di avanzamento / arretramento della lingua; così come possono essere articolate con le labbra protruse o distese. Esistono pertanto vocali chiuse anteriori, vocali chiuse centrali e vocali chiuse posteriori; vocali chiuse arrotondate e vocali chiuse non arrotondate. Le vocali chiuse sono di solito associate al tratto di tensione, ovvero occupano punti più periferici dello spazio vocalico (a differenza delle vocali medie, solitamente più rilassate e meno periferiche).
Per la serie anteriore non arrotondata, le vocali chiuse sono [i] e [ɪ], variante abbassata e centralizzata. La prima compare nel franc. [paʁˈti] parti «partito»; la seconda nell’ingl. [bɪt] bit «pezzetto». Esiste una vocale semichiusa, notata con il simbolo [e], presente ad es. nel franc. [eˈte] été «estate». Per la serie anteriore arrotondata, quelle chiuse sono [y] e [ʏ], vocale abbassata e centralizzata, presenti, rispettivamente, nelle voci ted. [ˈfyːlnˌ] fühlen «sentire» e [ˈfʏlnˌ] füllen «riempire». Per la serie centrale, le vocali chiuse sono [ɨ], non arrotondata (per es., russo [jɪˈzɨk] jazyk «lingua»), e [ʉ], arrotondata (per es., sved. [hʉɥ̆s] hus «casa»).
Per la serie posteriore arrotondata, esistono [u] (franc. [tu] tout «tutto») e [ʊ], variante abbassata e centralizzata (ingl. [fʊɫ] full «pieno»). La vocale semichiusa [o] è nel ted. [ˈzoːlənˌ] sohlen «risuolare». Nella serie posteriore non arrotondata sono censite [ɯ], presente ad es. nel turco, e [ɤ], semichiusa, tipica di molte lingue orientali.
Le vocali [i] e [u] sono due delle quattro vocali che delimitano lo spazio vocalico e fungono da punti di riferimento per la sua suddivisione. Sono tuttavia articolatoriamente molto diverse: nel caso di [u], all’innalzamento del dorso della lingua verso la regione velare si associa l’arrotondamento labiale. Le due vocali sono molto differenti anche in relazione alla resistenza coarticolatoria (cioè all’entità degli influssi del contesto consonantico adiacente): in molti idiomi [i] ha un’elevata resistenza, a causa della posizione intrinsecamente più alta del corpo della lingua che in una posizione anteriorizzata e innalzata viene ad avere una scarsa mobilità (Recasens 1999). Il contrario si verifica per [u].
Nelle lingue del mondo, sono di solito le vocali chiuse a perdere il carattere sillabico e a diventare ➔ semivocali.
Le vocali medie possono essere semichiuse o semiaperte. Appartengono al primo gruppo [e ə ɤ] per la serie non arrotondata, e [ø ɵ o] per la serie arrotondata. Fanno parte del secondo gruppo [ɛ ɜ ʌ] per le vocali non arrotondate, e [œ ɞ ɔ] per quelle arrotondate.
Sono quattro le vocali aperte censite nell’alfabeto IPA: [a] e [ɑ] per la serie non arrotondata; [ɶ] e [ɒ] per la serie arrotondata. La vocale [a] è presente in italiano, in francese, in tedesco; la vocale posteriore non arrotondata [ɑ] compare ad es. nell’ingl. [‘fɑːðɐr] father «padre». La vocale anteriore non arrotondata [æ] (cfr. ingl. [mæn] man «uomo»), considerata aperta da Mioni (2001: 88) e Albano Leoni & Maturi (20023: 48), è invece descritta come «quasi-aperta» (near-open) nell’Alfabeto IPA (occupa cioè una posizione intermedia tra le vocali aperte e le semiaperte). Un’altra vocale che occupa, sull’asse centrale, una posizione intermedia è [ɐ], considerata una variante «indebolita e centripeta di [a]» (Mioni 2001: 93), presente anche in italiano come esito di /a/ in atonia e nel parlato veloce.
Il parametro acustico correlato con il tratto articolatorio dell’apertura è la prima formante (➔ fonetica acustica, nozioni e termini di). Le vocali chiuse sono caratterizzate dai valori più bassi della prima formante, mentre le vocali aperte hanno i valori più alti: i valori di [i] e [u] oscillano tra i 250 e 350 Hz, quelli di [a] raggiungono i 700-800 Hz. I valori della seconda formante dipendono dalla maggiore o minore anteriorità della vocale: una vocale chiusa anteriore, ad es. [i], ha il valore più elevato della seconda formante (indicativamente, 2100-2300 Hz), mentre una vocale chiusa posteriore, ad es. [u], ha il valore più basso (circa 800-900 Hz). Nel caso di [a] il valore di F2 risulta intermedio tra quello delle vocali anteriori e quello delle vocali posteriori (indicativamente, 1200-1400 Hz). Si vedano a titolo esemplificativo i sonogrammi delle figg. 4, 5, 6.
Per l’italiano è relativamente controversa la caratterizzazione acustica di [a], la cui area di esistenza in Ferrero (1972) appare prossima a quella di [ɔ], mentre in Ferrero et al. (1978) e Albano Leoni et al. (1978) occupa una posizione piuttosto centrale. Il relativo isolamento di [a] nel piano F1 / F2 sarebbe all’origine della sua instabilità acustica: la sua produzione richiede una minore precisione articolatoria rispetto alle altre vocali, dal momento che mancano suoni strettamente contigui (Ferrero 1972).
Nel vocalismo tonico italiano sono censite sette vocali: due chiuse [i] e [u], due semichiuse [e] e [o], due semiaperte [ɛ] e [ɔ] (nei tre casi, una per la serie anteriore, una per quella posteriore), e infine una vocale aperta [a]. Per Mioni (2001) le vocali chiuse, semichiuse e semiaperte sono più abbassate rispetto ai simboli IPA di solito utilizzati nelle descrizioni dell’italiano e sono più correttamente rappresentabili con l’aggiunta di un diacritico che indica abbassamento (ad es. t[e]̞tto). Anche la posizione di /a/ è controversa: nella tassonomia dell’Alfabeto IPA è una vocale bassa anteriore, mentre nelle descrizioni dell’italiano è considerata centrale (Schmid 1999: 129; Mioni 2001: 88; Albano Leoni & Maturi 20023: 49).
L’opposizione fonologica tra le semichiuse e le semiaperte è di scarso rendimento funzionale e si registra in poche varietà della penisola. La distinzione tra semiaperte e semichiuse secondo l’uso toscano è infatti in forte regresso fuori dalla regione: tra le cause, la mancanza di una sistematica differenziazione grafica, le difformi pronunce settentrionali e meridionali, la scarsità di coppie minime del tipo pésca ~ pèsca e bòtte ~ bótte. Del resto, già Devoto (19644: 150) aveva previsto la diffusione di un sistema pentavocalico o comunque, di un sistema in cui ci fosse una sorta di indifferenza al timbro delle vocali medie.
Negli italiani regionali (➔ italiano regionale) sono documentati sia sistemi con sette fonemi (eptavocalici) sia con cinque (pentavocalici). I sistemi eptavocalici hanno una distribuzione delle vocali semichiuse e semiaperte differente rispetto allo standard di base fiorentina: sono localizzati nell’Italia centrale, in Campania, in Basilicata, nel Molise, nel Veneto, nel Trentino. I sistemi con cinque fonemi possono avere anche sette vocali fonetiche, tuttavia il timbro semichiuso e semiaperto è esclusivamente condizionato dal contesto, come in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Liguria, Puglia. Le varietà con il vocalismo pentavocalico si collocano soprattutto nell’Italia meridionale estrema (Sicilia, parte della Calabria, Salento) e in Sardegna.
Il vocalismo romano risulta simile a quello fiorentino, secondo il cosiddetto asse Roma-Firenze (➔ pronuncia; ➔ aree linguistiche; ➔ isoglossa), se si esclude la presenza di alcune parole con una diversa distribuzione delle vocali medie, come ad es. l[e]ttera e col[ɔ]nna. A Napoli il sistema è eptavocalico, ma le semiaperte e le semichiuse hanno diversa distribuzione rispetto alla norma (per es., l[ɔ]ro, u[o]mo) e risultano foneticamente differenti.
Rispetto all’italiano standard, le pronunce dialettali e regionali presentano una varietà decisamente maggiore di timbri vocalici. In molte pronunce meridionali le vocali chiuse, specie atone, possono essere desonorizzate tra consonanti sorde o dopo sorda prima di pausa. Le vocali chiuse abbassate e centralizzate [ɪ] e [ʊ] compaiono come realizzazioni di /i/ e /u/ in sillaba atona e in sillaba tonica nel caso dei proparossitoni (ad es., [dɪˈfːɪʧɪle̞] difficile nell’italiano regionale di Sicilia). La vocale chiusa centrale non arrotondata [ɨ] è presente nei dialetti pugliesi settentrionali e lucani; mentre la corrispondente arrotondata è tipica del trentino orientale: [ˈtʉti] tutti.
In alcuni dialetti settentrionali e meridionali è frequente la resa fonetica del grafema ‹i› impiegato graficamente come diacritico: [ˈʃjɛnʦa] scienza, [ˈbaɲːjo] bagno.
I dialetti cosiddetti gallo-italici e talvolta anche gli italiani regionali corrispondenti hanno vocali chiuse e semichiuse arrotondate: è il caso, ad es., del piemontese [ˈlyŋa] luna o del cremonese [niˈsøːŋ] nessuno.
Esistono diverse articolazioni di vocali aperte: ad es., [æ] è presente come resa di /e/ o di /ɔ/ nell’italiano regionale veneto ([ˈsæːɾa] sera). Una caratteristica che accomuna Puglia, Molise, Abruzzo, Marche, Emilia, Romagna e Umbria alto-tiberina è la palatalizzazione di /a/ tonica, specialmente in sillaba aperta, in [ɛ] o [æ] (ad es. m[ɛ]no «mano»). La vocale [ɑ] può comparire nelle pronunce regionali di Piemonte, Liguria, Toscana, Campania.
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