DOPPLER, Christian
Fisico e matematico, nato il 29 novembre 1803 a Salisburgo in Austria, morto a Venezia il 17 marzo 1853. Cominciò i suoi studî nella città natale per continuarli poi all'istituto politecnico e all'università di Vienna. Fu dapprima ripetitore di matematiche superiori all'istituto politecnico, in seguito ebbe la nomina di professore alla scuola tecnica di Praga. Dopo tredici anni di soggiorno in questa città passò a Chemnitz per l'insegnamento della fisica e meccanica all'Accademia delle foreste e miniere. Nel 1848 si trasferì a Vienna come insegnante di geometria pratica all'istituto politecnico; nel 1851 ebbe infine la cattedra di fisica e la direzione dell'istituto fisico dell'università di Vienna. Il suo nome è legato a un fenomeno interessantissimo da lui scoperto, noto col nome di effetto Doppler (v. appresso). Altri notevoli contributi ha dato il D. a molti problemi di matematica e di fisica, di natura teorica e sperimentale.
principio di doppler (detto anche principio di Doppler-Fizeau). - Riguarda le variazioni di frequenza osservate nella ricezione di onde elastiche o elettromagnetiche, per effetto del moto relativo tra la sorgente da cui partono le onde, l'osservatore che le riceve e il mezzo in cui si propagano. In acustica l'avvicinarsi della sorgente fa crescere l'altezza del suono percepito dall'osservatore, mentre l'allontanarsi rende il suono più grave. Analogamente in ottica si osservano piccoli spostamenti delle righe spettrali emesse da una sorgente in moto, spostamenti che vanno verso il violetto nell'avvicinamento, verso il rosso nell'allontanamento. Doppler nel 1842 stabiliva la teoria di questo interessante fenomeno applicandola, a torto, alla spiegazione della luce colorata delle stelle. La prima conferma sperimentale delle vedute di Doppler fu data tre anni dopo da Buys Ballot nel campo dell'acustica (Pogg. Ann., LXVI, 1845, p. 321), con le sue esperienze eseguite sulle ferrovie olandesi. Nel 1848 H. L. Fizeau indicava la possibilità di misurare la velocità degli astri mediante gli spostamenti delle loro righe spettrali (il lavoro originale è stato ripubblicato in Ann. Chimie et Phys., XIX, 1870, p. 211) ma la prima prova sperimentale di questi spostamenti fu data da E. Mach nel 1860 (Pogg. Ann., CXII, 1861, p. 58). La prima esperienza di laboratorio è quella di A. Bielopolski che nel 1900 constatava uno spostamento delle righe di Fraunhofer dello spettro solare per effetto di multiple riflessioni su specchi in rapido movimento (Ac. Sc. Saint Petersbourg, XIII, 1900, p. 461).
Effetto Doppler in acustica. - Assumiamo come sistema di riferimento il mezzo in cui si propagano le vibrazioni sonore e denotiamo con u e v rispettivamente le velocità della sorgente S e dell'osservatore O che per semplicità supporremo dirette secondo la congiungente SO e in ogni caso inferiori alla velocità c di propagazione del suono. Sia inoltre T l'intervallo di tempo che intercede tra l'emissione di due onde consecutive (periodo effettivo delle vibrazioni), e T′ l'intervallo analogo che separa l'arrivo delle due onde all'osservatore (periodo apparente). Un'onda lanciata da S all'istante iniziale, arriva all'osservatore dopo il tempo t necessario alla propagazione lungo il tratto SO = r che separa la posizione iniziale della sorgente e quella finale dell'osservatore (quindi t = r/c). L'onda successiva viene lanciata dopo l'intervallo di tempo T durante il quale la sorgente si è spostata della quantità SS′ = uT, e perviene all'osservatore dopo il tempo T′ durante il quale questi si è spostato del tratto OO1 = vT′. Lo spazio percorso dalla seconda onda è quindi r − uT + vT′e il tempo impiegato a percorrerlo
per conseguenza l'arrivo di quest'onda avviene all'istante T+(r−uT+vT′)/c. Poiché la prima onda è arrivata all'istante
l'intervallo T′ tra i due arrivi (periodo osservato) è dato da: T′ = T + (r−uT+vT′)/c − r/c, da cui
Riferendosi alle frequenze ν, ν′ che stanno nel rapporto inverso dei periodi corrispondenti T, T′, si ottiene la relazione
che rilega la frequenza osservata ν′ a quella effettiva ν.
Come caso particolare supponiamo la sorgente fissa (u = 0) e l'osservatore mobile con la velocità a; la frequenza apparente sarà
Supponendo invece fisso l'osservatore (v = 0) e mobile la sorgente con la velocità − a, benché si abbia lo stesso moto relativo di prima tra sorgente e osservatore, si ottiene per la frequenza osservata un altro valore
S'intuisce da qui come, ponendo una sorgente e un osservatore su un corpo e un'altra sorgente sincrona (cioè della stessa frequenza effettiva) e un osservatore su un secondo corpo, sia possibile mediante misure di frequenze (apparenti) di determinare non solo la velocità relativa dei due corpi, ma anche la velocità di ciascuno di essi rispetto al mezzo di propagazione. Il metodo viene a fallire se a è molto piccolo di fronte a c (come accade sempre nell'analogo fenomeno ottico); in tal caso infatti le due frequenze ν1 e ν2 divengono praticamente indistinguibili e per conseguenza i cambiamenti di frequenza sono unicamente determinati dal valore a della velocità relativa tra sorgente e osservatore:
In ciò che precede si è supposto di aver da fare sempre con velocità dirette secondo la congiungente SO, sorgente-osservatore; se così non fosse, siccome è evidente che velocità normali a questa direzione non possono aver peso sui nostri fenomeni, basterà prendere le cosiddette velocità radiali cioè le componenti delle velocità effettive lungo la direzione SO. Se la velocità u della sorgente forma l'angolo ϕ e quella v dell'osservatore l'angolo ψ con SO, si otterrebbe dunque
Effetto Doppler in ottica. - I risultati sopra riferiti restano validi anche nel campo dell'ottica con questo di speciale: che la velocità di propagazione c è d'ordinario grandissima rispetto alle altre (u, v). In questo caso si può anche dare la seguente enunciazione generale (secondo le idee di W. Michelson) del principio di Doppler: sia τ il tempo che all'istante generico t si richiede per la propagazione della vibrazione dalla sorgente all'osservatore, se τ varia con t, l'osservatore constaterà una variazione di frequenza data approssimativamente dalla formula ν′ − ν = ν dτ/dt. Ciò, naturalmente, da un punto di vista puramente pratico; teoricamente i risultati a cui si perviene sono però diversi a seconda delle ipotesi che si fanno sulla maniera di propagarsi della luce. Nell'ipotesi primitiva del Lorentz, dell'esistenza di un mezzo fisso di propagazione (etere cosmico assolutamente fisso) possono ripetersi all'incirca le considerazioni sviluppate nel caso del suono (almeno per la propagazione nel vuoto). Nell'ipotesi di una propagazione di tipo balistico si perviene immediatamente alla formula ν′ = ν (1 − a/c) in cui a denota la velocità radiale della sorgente rispetto all'osservatore (M. La Rosa, Rend. Acc. Linc., XXXIII, 1924, e più recentemente dal punto di vista dei quanti di luce: S. Timpanaro, ibid., XII, 1930, p. 334). Anche la teoria della relatività dà per l'effetto Doppler un'espressione che si può ritenere equivalente a quelle date dalle altre teorie. Col solito significato dei simboli si trova infatti
Questa formula dà, a differenza delle teorie solite, una variazione di frequenza anche quando la velocità v è normale alla direzione di propagazione SO (ψ = π/2), poiché allora
ma al solito, data la piccolezza di v/c, questa conseguenza è difficilmente verificabile. Allo stesso risultato porta infine la teoria relativistica dei quanti di luce (L. De Broglie, Ondes et mouvements, Parigi 1926).
Riflessione su uno specchio in moto. - Indicando con v la componente della velocità dello specchio nella direzione della normale alla superficie riflettente, la teoria elettromagnetica classica conduce alle formule
in cui i e r denotano rispettivamente l'angolo d'incidenza e l'angolo di riflessione. Supponendo v/c molto piccolo, cos r è vicino a cos i e si può anche scrivere
Nel caso di n riflessioni successive si avrebbe
formula verificata da A. Bielopolski e da Q. Majorana.
Applicazioni dell'effetto Doppler. - Tra le più importanti citeremo: 1. misura delle velocità radiali degli astri, che ha reso e rende tuttavia incalcolabili servizî all'astronomia; 2. spiegazione dell'allargamento delle righe spettrali per il fatto del movimento delle particelle emittenti e conseguenti conferme della teoria cinetica dei gas; 3. deduzione della legge di Wien sull'irraggiamento; 4. determinazione della velocità dei raggi canale.
Bibl.: M. Cantone, O. Chwolson, H. Ollivier, M. Laue, Hand. der exp. Physik, XVIII. Per la parte relativistica si può consultare J. Becquerel, Principe de la rélativité, Parigi 1922.