WINTHER, Christian Ferdinand
Poeta danese, nato a Fensmark, presso Næstved, il 29 luglio 1796, morto a Parigi il 30 dicembre 1876. Fu, anche nella realtà quotidiana dell'esistenza, il tipico rappresentante di quel mite romanticismo borghese, che in Danimarca continuò a dominare negli spiriti dopo l'età romantica vera e propria, fino al naturalismo. Da quando, studente a Copenaghen nel Convitto della "Regens", componeva l'"inno della Regens" (Regenssang, 1820), fino a quando nel 1848 fissò definitivamente nel matrimonio con Julie Werlin il suo destino, visse d'amori e di canti. Fu, prima - fra le più memorabili - la passione per la sua alunna Alvilde Müffelmann, quando egli, superato l'esame di teologia (1824), assunse temporaneamente in casa Müffelmann le funzioni d'istitutore. Fu poi, poco dopo il ritorno da un viaggio in Italia (1830-31), la passione per Sophie Hansen, la quale non ebbe, come Alvilde, l'accortezza di dirgli di no, e un melodrammatico congedo - attraverso la lirica Ravnens Kvide (1834) - mise bruscamente fine all'avventura, con strascico di rimpianti e di malinconie in ambo i cuori. E fu infine la passione per Julie Werlin, nata Lüttans, la quale era la moglie di un pastore protestante: egli era invece lettore di una principessa; e anche dopo il divorzio della donna, i due amanti dovettero sospirare ancora lunghi anni prima di sposarsi.
E si comprende come, fra tanti palpiti del cuore, non mancassero al W. gli spunti per sempre nuove poesie (Digte, 1828; Digte, gamle og nye, 1832; Nogle Digte, 1835; Sang og Sagn, 1840; Haandtegninger, 1840 e 1846; Digtninger, 1843; Lyrime Digte, 1849: Nye Digte, 1851). Naturalmente il tono muta con gli anni e con gli eventi: prima è romantico-idillico (v. nella prima raccolta le romanze idilliche Trøsnittene); poi tende al byroniano-patetico; infine diventa borghese realistico su un fondo sentimentale alla Biedermeier. E anche le forme della lirica mutano, di raccolta in raccolta, oscillando fra la lirica pura e la romanza e la novella in versi. Ma una cosa rimane costante, e costituisce forse la ragione ultima del fascino che la poesia del W. esercita: il dono del canto. Il getto melodico è di una spontaneità perenne; nei momenti migliori, specialmente nelle liriche, è un getto semplice, limpido, puro. E, malgrado il più mansueto, domestico tono, non è, per certi riguardi, infondata l'affermazione che in Til Een, il ciclo di canti ispirati dall'amore per Julie Werlin (1ª parte in Digtninger, 1843; 2ª parte in Lyriske Digte, 1849; ma il W. continuò ad aggiungervi sempre nuovi canti fino alla morte), la Danimarca ha ricevuto il suo Buch der Lieder. L'onda melodica era nel W. così congenita e naturale, che continuò a Huire con identica facilità anche quando la vita del W., nella nuova sedentarietà coniugale, si venne a poco a poco placando (Nye Digtninger, 1852; Sang og Sagn, 2ª ed. accresciuta, 1858; Brogede Blade, 1865, ecc.). Solo che dal tono preminentemente lirico, la poesia del W. si venne sempre più orientando verso un tono lirico-narrativo. Il poema Hjortens Flugt (1855), nella sua struttura multivaga in serie di romanze, nella sua musicalità e nella colorita freschezza delle sue romantiche situazioni, è forse l'ultima espressione ingenua che il Romanticismo - ormai prossimo a trasformarsi o a morire - abbia avuta in Europa: e resta opera notevole, anche se il W. s'illuse invano di diventare così "l'Ariosto della Danimarca".
Opere: Samlede Digtninger, voll. 9, Copenaghen 1859; nuova ed., voll. 11, ivi 1870-72; Ffterladte Digte, ed. L. Liebenberg, ivi 1879. Buona scelta: Poetiske Skrifter, a cura di O. Friis, voll. 3, ivi 1927-29 (contiene anche aleune delle prose, fra le quali la migliore delle novelle in prosa: En Aftenscene).
Bibl.: G. Brandes, in samlede Skrifter, II; N. Bogh, CH. W., Et Livstillede, voll. 3, Copenaghen 1893-1901; P. Levin, Ch. W., ivi 1896; W. Andersen, in Litteraturbilleder, I, ivi 1903; J. Clausen, Ch. W.s Digtcyclus Til Een, con 51 nuove poesie inedite, ivi 1918; W. Andersen, Den danske Litteratur i det nittende Aarhundrede, I, ivi 1924.